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Introduzione
L'analfabeta di domani è colui che non
sarà in grado di leggere l'immagine
(László Moholy-Nagy)
Ecco la definizione di immagine, di ogni
immagine: l'immagine è ciò da cui io
sono escluso
(Roland Barthes)
In un'epoca che è stata definita a torto o a ragione "civiltà dell'immagine" e nello
stesso tempo in cui la velocità in tutti i settori della nostra vita è diventata un obbligo so-
stanziale, non si può fare a meno di osservare che l' "immagine in movimento" della pel-
licola cinematografica è lo specchio dei tempi che viviamo: il treno dei fratelli Lumière
che "travolge" gli spettatori è così reale da diventare un simbolo archetipico dell'unione di
immagine e movimento.
Del resto, capovolgendo questo assioma, il turismo "globalizzato" sta diventando
sempre di più "movimento per le immagini", se è vero che alcuni luoghi sono in grado di
suscitare emozioni e passioni tra gli spettatori di un film.
La globalizzazione (o più esattamente, l'interdipendenza tra i vari Paesi e la rete glo-
bale in cui tutti siamo connessi) se da una parte ha senz'altro favorito anche gli sposta-
menti per diletto, trasformando mete lontane in periferie vicine del villaggio globale,
dall'altra ha creato «il luogo dell'esotismo addomesticato, un'attrattiva alla portata di chi-
unque possa permettersi un viaggio organizzato o un'antenna parabolica»
1
.
In questo lavoro ci occuperemo perciò di turismo, soprattutto nella sua declinazione
di categoria esperienziale, perché indotti a viaggiare inconsciamente stimolati dall'imma-
gine d'un luogo come siamo indotti ad acquistare un prodotto di uno spot pubblicitario.
2
1
G.Belli, Introduzione in F. Bonami (a cura di) Universal Experience, Lo sguardo del turista - catalogo della mostra del MART di
Rovereto, 11 febbraio – 14 maggio 2006, organizzata dal Museum of Contemporary Art, Chicago.
2
Scrive U. Eco: «per quanto distratto, il turismo rappresenta un modo in cui molti si riappropriano del mondo. Solo che una volta l'e-
sperienza del viaggio era decisiva, si tornava diversi da come si era partiti, mentre ora s'incontrano solo reduci che non sono stati mi-
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L'immagine in movimento, diventata oggi molto sofisticata grazie alla tecnologia e
arrivata ad altissimi gradi di raffinatezza comunicativa, rappresenta bene questa ambiva-
lenza, presentando, con un forte impatto emotivo, storie che raccontano di spazi, luoghi,
paesaggi, che entrano nell'immaginario del fruitore e che si sedimentano nella sua psiche
inattivi e dormienti per essere recuperati nel momento in cui avviene la decisione di fare
il viaggio.
La comprensione di un testo visivo è più immediata e accessibile di un testo scritto:
3
dovunque ci sia la possibilità di riprodurre un'immagine attraverso qualsiasi supporto, an-
che multimediale, il significato denotativo dell'immagine è più immediato e di facile
comprensione, anche se spesso, a causa delle differenze culturali, richiede un'interpreta-
zione, un'analisi, che ci porta a scoprire un aspetto connotato. L'immagine è perciò soste-
gno e ragion d'essere della globalizzazione: senza immagini la diffusione e la compene-
trazione degli stili di vita e dei mercati, lo scambio di informazioni, la stessa comunica-
zione, tutto ciò insomma che costituisce il presupposto della globalizzazione, non esiste-
rebbe.
Non solo: l'immagine ha sempre goduto di un notevole grado di accessibilità ed ha
acquisito un valore "sacrale".
4
Come scrive Maria Bettetini «l'immagine sostituisce, rap-
presenta, simula. È vera in quanto immagine, è più vera di ciò che richiama, è fonte di ve-
rità»
5
tanto che nel corso dei secoli la questione iconoclasta scatena guerre di immagini,
con schieramenti di partiti avversi, pro o contro le immagini, creando la paura che l'im-
magine «possa essere scambiata per un ente dotato di vita propria, forse migliore dell'og-
nimamente sfiorati dal turbamento dell'Altrove [...] i luoghi del pellegrinaggio reale fanno ormai il possibile per sembrare simili ai
luoghi dei pellegrinaggi virtuali [...] E così il luogo turistico aspira solo ad assomigliare all'immagine in carta patinata che ne hanno
dato i media [...] Talora si costruisce ex novo il luogo di pellegrinaggio così come i media lo avevano mostrato, e tutti abbiamo saputo
delle visite domenicali a un Mulino Bianco che era esattamente uguale a quello della pubblicità [...] Le strade principali delle grandi
città ormai si assomigliano l'una con l'altra, vi si trovano gli stessi negozi [...] Quando tutto sarà diventato uguale a tutto, non si farà
più turismo per scoprire il mondo vero, ma per trovare sempre, ovunque andiamo, quello che conoscevamo già, e che avremmo potuto
vedere stando a casa davanti al televisore» (U. Eco, Andare nello stesso posto in «L'Espresso», bustina di Minerva, 22/02/01).
3
Anche se, come dice sempre Eco: «[rispetto a un testo scritto] il film sarebbe obbligato a dirci di più […]. Questo potrebbe indurci a
qualche conclusione alquanto affrettata e moralistica sull'inferiorità della comunicazione visiva rispetto a quella verbale. Mentre un li-
bro richiede una lettura complice e responsabile, una collaborazione interpretativa, il film o la televisione ci danno da vedere le cose
belle e fatte. [Ma] anche nel film, talora più che in un romanzo, esistono dei "vuoti", del non detto (o non mostrato) che lo spettatore
deve riempire se vuole dare un senso alla storia […]. Come scrive Fumagalli [cit. nella nota 4 a p. 22], "le tecniche di scrittura dram-
maturgica insegnano sempre di più a lavorare come se dovessero emergere sullo schermo solo le punte degli iceberg", e spesso "si ve-
de uno ma - se stiamo attenti - si comprende dieci". [A differenza del lettore del romanzo] lo spettatore cinematografico che non pen-
sa, alla fine dello spettacolo è convinto di avere portato a casa qualcosa, […] magari qualche bella visione paesaggistica […]. In que-
sto senso il cinema sembra un'arte "popolare" ma in realtà è singolarmente classista (e se ne avvantaggia commercialmente): retribui-
sce cognitivamente lo spettatore che pensa e consola in ogni caso quello che non pensa (ma paga lo stesso). [Il film] soddisfa anche
chi lo segue distrattamente sino alla fine, e cioè cela ai propri spettatori pigri il fatto che lo abbiano usato in modo pigro». Id., Pensare
al cinema, in «L'Espresso», bustina di Minerva, 09/09/04.
4
Per esempio, Leonardo da Vinci scrive: «... o scrittore, con quali lettere scriverai tu con tale perfezione la intera figurazione qual fa
qui il disegno?» (da L.da Vinci, Scritti letterari, a cura di A. Marinoni, Rizzoli, Milano, 1974).
5
M. Bettetini, Contro le immagini – Le radici dell'iconoclastia, Laterza, Roma-Bari 2006, p. V.
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getto imitato, e forse a questo facilmente sostituibile. [...] Immagini … capaci di creare e
orientare il mondo».
6
Questo modo di pensare sarebbe dovuto terminare con la nascita della fotografia (che
sostituisce la pittura nella rappresentazione del mondo) ma sono proprio la fotografia e il
cinema (che tecnicamente altro non è che la fotografia in movimento) che prendono in
mano il testimone della rappresentazione della realtà: il cinema infatti «si distingue da
tutte le altre arti essenzialmente perché nella sua visione del mondo spazio e tempo si
confondono: il primo assumendo un carattere quasi temporale, il secondo un carattere in
certo grado spaziale»
7
. L'immagine in movimento permette al suo autore di non "pietrifi-
care" il paesaggio-pittura in una visione dovuta alla scelta e all'estetica personale del pit-
tore, per quanto iperrealista essa possa essere.
È dunque intento di questa tesi cercare di scoprire in che modo una determinata im-
magine, parte, dettaglio, di un paesaggio urbano o di un paesaggio naturale (situato in un
certo spazio e tempo), sia comunicata dall' "immagine in movimento" e, se la comunica-
zione è fatta bene, si trasformi in un'emozione tale da legarsi direttamente al nostro in-
conscio
8
e creare così l'esigenza di rivivere in maniera vicaria questa emozione compien-
do un viaggio, indotto dalle immagini come si induce l'acquisto di un prodotto in un su-
permercato.
Propedeutico a questa analisi è il cercare di capire come sia strutturata un'immagine e
di verificare "sul campo" le caratteristiche "ontologiche" dei luoghi che verranno di volta
in volta presi in considerazione; per questo abbiamo usato uno strumento, come il qua-
drato semiotico di Greimas, utile per comprendere meglio le categorie spaziotemporali
coinvolte nella decisione di intraprendere un viaggio.
Questa ricerca si è però volutamente limitare alla Toscana, anzi ad alcuni luoghi del-
la Toscana di fama internazionale, proprio perché emblematici di quanto scritto sopra e in
quanto vere e proprie icone consolidate del turismo nazionale e internazionale: Firenze,
Siena, San Gimignano, il Chianti, luoghi turistici per eccellenza e non da ora.
9
6
Ivi, p. VI.
7
Cfr. A.Hauser, Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C.H.Beck, München 1953; tr.it. Storia sociale dell'arte, Einaudi, Torino
1955, vol. II, p.464.
8
Cfr. CNEL (documenti del), Libro bianco sull'antiturismo, Ed. Rinascimento, Roma 1994: «L'immaginario [...] è un giudice severo e
intransigente; costituisce il vero decisivo parametro in base al quale l'ospite turna a Surriento oppure no. La qualità, il giudizio di qua-
lità nasce da questo confronto e ciò comporta che l'Italia non soltanto non si crogiuoli sulla mitizzazione poiché il tempo del Bel Pae-
se, dell'Eden, dell'Arcadia, del Giardino d'Europa è ormai un ricordo, ma si adoperi con impegno perché quel residuo capitale di im-
magine accumulato nel passato [...] possa essere valorizzato, tutelato, arricchito».
9
Cfr. la loro celebrazione nei diari dei viaggiatori del Grand Tour: in epoca precedente alla "civiltà dell'immagine" la documentazione
di viaggio più frequentemente usata era il diario scritto a volte accompagnato da qualche dipinto o sketch, che per la sua complessità di
realizzazione costituisce l'archetipo delle immagini turistiche riprodotte poi nelle cartoline e nelle foto. Sull'argomento cfr.
M.R.Gisotti, L'invenzione del paesaggio toscano – Immagine culturale e realtà fisica, Polistampa, Firenze 2008.
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Ma facciamo un passo indietro cominciando col dire che il fascino esercitato dall'Ita-
lia, dal paesaggio italiano e toscano in particolare, ha prodotto per così dire «un vero e
proprio shock estetico»
10
diventando così veicolo di comunicazione di stereotipi che ri-
salgono al "tema internazionale" così caro a scrittori-viaggiatori (soprattutto inglesi e a-
mericani), come Charles Dickens, John Ruskin, Nathaniel Hawthorne, Edith Wharton,
Edward Morgan Forster, Henry James.
11
Nella creazione e definizione dell'identità di un territorio
12
, per offrire al turista una
consapevolezza e un'autenticità delle opportunità offerte, l'immagine cinematografica
(pensiamo solamente al cipresso, plurifilmato e rappresentato come landmark, marcatore
del territorio toscano) svolge un ruolo molto importante, che può avere come risultato
quello di generare una diffusione della presentazione di un'offerta turistica integrata ed
autentica.
Nella parte centrale del nostro lavoro, analizzeremo perciò un corpus di film scelto
tra i moltissimi girati in Toscana, focalizzando la nostra attenzione su alcuni che ci sono
sembrati particolarmente efficaci nel mostrare come i registi hanno sfruttato luoghi, pae-
saggi, architetture (registi stranieri, soprattutto per le grosse produzioni internazionali, ma
anche italiani, con una sensibilità diversa e "locale" come i fratelli Taviani, toscani di na-
Per quanto riguarda la scelta dei luoghi toscani, non è stata presa in considerazione Pisa in quanto la visione e la percezione della città
è quasi esclusivamente limitata al landmark della torre pendente, conosciutissimo a livello mondiale; anche se non analizzato perché
unico, interessante è il caso de La vita è bella (1997) di Roberto Benigni, girato in parte ad Arezzo, perché il film ha avuto un grande
successo internazionale, tanto da creare degli itinerari turistici con segnalazioni stradali dei luoghi dove è stato girato.
10
Cioè si crea il mito romantico dell'Italia, cfr. R. Ceserani e D. Meneghelli, La letteratura inglese e americana e l'Italia, cap. II de la
Storia della letteratura italiana diretta da Enrico Malato, vol. XII, La letteratura italiana fuori d'Italia, Salerno Editrice, Roma 2002,
p. 712 e segg. «ai contrasti crudi, alla mancanza di chiaroscuro e di atmosfera culturale del paesaggio americano, si contrappone una
natura dolce, addomesticata, dai contorni morbidi e dalle sfumature calde, tutta segnata dall'intervento umano (castelli, ville, rovine,
templi) e, soprattutto, già "de-naturalizzata", già diventata immagine pittorica e dunque percepita attraverso la codificazione iconogra-
fica di una lunga tradizione, da Poussin a Piranesi, da Claude Lorrain fino a Turner. […] Con Hawthorne l'Italia diventa sineddoche e
simbolo di un "vecchio mondo" percepito come tale nel contrasto con il "nuovo mondo" [...], da una parte, l'universo dei valori esteti-
ci, della stratificazione culturale, delle infinite sfumature, ma anche della decadenza e della corruzione, immorale o – come nel caso
dell'innocenza "pagana" di Donatello [ndr: uno dei protagonisti di The Marble Faun di Hawthorne] – amorale, dall'altra , l'universo
dei valori etici, saldo, ma anche spoglio, scarno, senza chiaroscuri, che rischia di essere travolto da quell'incontro».
11
Henry James in particolare, ne fa «un nucleo tematico ricorrente fondato sull'opposizione tra America, che equivale a innocenza,
volgarità, ignoranza, spontaneità, libertà, ed Europa, che sta invece per esperienza, raffinatezza, corruzione, artificio, controllo. Di
questo nucleo tematico l'Italia costituisce uno degli elementi strutturanti [...] deposito di storia e quindi di tradizione, di convenzioni,
di significati; luogo misterioso e stratificato che aggredisce la percezione e modifica la sensibilità». Ivi, p. 722.
12
A proposito di "identità del territorio" si legga quello che dice in un numero dedicato alla Toscana, la rivista «Turistica», trimestrale
di Economia-Managament-Marketing, Speciale Toscana, 4, Ott/Dic 2001, p. 127: «La Toscana a livello mondiale è considerata una
delle regioni di eccellenza turistica per la qualità della sua offerta che integra arte ed ambiente naturale con le tradizioni storiche e con
il paradigma diffuso della campagna urbanizzata come tipicità di assoluto rilievo paesaggistico che identifica anche un modus vivendi
[...] L'indagine ha messo in evidenza, tuttavia, anche l'esistenza di un altro prodotto che nessuna altra regione continentale ha: il pro-
dotto Toscana connesso al concetto di toscanità. In altre parole si viene nella regione per vivere la Toscana, i suoi borghi e la sua sto-
ria. La Toscana è, come tale, un vero e proprio prodotto turistico e sul piano del marketing territoriale rappresenta un caso unico di
grande interesse. [...] la concezione di toscanità si manifesta secondo due livelli: come prodotto specifico che trova nella zona del
Chianti, ed in genere in tutta la campagna, con gli agriturismi e gli altri alloggi rurali, un modo tipico di essere; come caratterizzazione
qualificante delle tipologie di turismo classiche esistenti [...] che pure avrebbero comunque una loro autonoma valenza. In generale si
può rilevare che la Toscana fonda la sua forza sulla propria grande immagine, che rappresenta un marchio conosciuto in tutto il mondo
e, in chiave di marketing territoriale, particolarmente, ma non solo dal punto di vista turistico, definisce una vera e propria regione-
prodotto»; p. 139: «la Toscana presenta ancora molte realtà locali presso le quali è possibile praticare forme di turismo autentico, in
senso hessiano, senza modificarne la natura di fondo e, anzi, valorizzando le molti tradizioni presenti».
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scita), cercando di capire come alcune immagini audiovisive, per le loro caratteristiche
formali e per la loro pregnanza simbolica siano diventate stereotipi della toscanità.
Oltre ai film ci è sembrato interessante anche affiancare l'analisi di alcuni spot com-
merciali che, pur nella brevissima durata imposta dai mezzi massmediatici, riescono nei
pochi secondi a disposizione (spesso 30") a sfruttare abilmente e con cognizione di causa
il paesaggio toscano, come sfondo accattivante ai servizi e prodotti che vogliono vende-
re.
Infine un breve excursus su questo nuovo modo di fare turismo che è il cineturismo,
una pratica sempre più di tendenza, diffusa e stimolata sia a livello pubblico sia privato,
ma che presenta problematiche, ricadute ed effetti non sempre positivi sui territori e sui
loro stackholder, oltre a porci un quesito su cosa sia l'autenticità dei luoghi che visitiamo
e sulla dicotomia tra turista e viaggiatore.
E dopo? Quando lo spazio e il tempo si fonderanno e diventeranno tutt'uno allora si
aprirà una nuova epoca e il viaggio esperienziale diventerà paradossalmente un viaggio
alla ricerca dell'unica autenticità rimasta, quella del passato, che non è possibile modifica-
re. Michael Crichton aveva già capito tutto: «Dove andrà allora la gente a cercare questa
così rara e ambita esperienza dell'autenticità? Si finirà per rivolgersi al passato. Il passato
è senza dubbio autentico [...] Ed è proprio questo che lo renderà incredibilmente attraente.
Ecco perché io dico che il futuro è il passato».
13
Ma questa è un'altra "storia"…
13
Cfr. M. Crichton, Timeline, Ballantine Books, New York 1999; tr. it Timeline – ai confini del tempo, Garzanti, Milano 2000, pp.
607-607: «Qual è la modalità fondamentale dell'esperienza alla fine del XX secolo? In che modo la gente vede le cose? E, soprattutto,
in che modo si aspetta di vedere le cose? La riposta è semplice: in qualsiasi campo, dagli affari alla politica, dal marketing all'istruzio-
ne, la modalità dominante è lo svago, il divertimento» [...] «Al giorno d'oggi, tutti sperano sempre e solo di divertirsi … altrimenti
cambieranno marca, canale, partito e anche sentimenti. Questa è la realtà della società occidentale alla fine del XX secolo. [...] Ma …
che cosa farà la gente quando si stancherà della televisione e del cinema? La risposta è nota: si lancia in attività quali lo sport, le visite
di parchi a tema e così via. Un divertimento organizzato, brividi preconfezionati [...] prima o poi anche questo artificio verrà a noia …
si comincerà a comprendere che un parco dei divertimenti è in realtà una specie di prigione con entrata a pagamento. Il disgu sto per
questa artificiosità porterà la gente a cercare ciò che è autentico. "Autenticità" sarà la parola chiave del XXI secolo. Che cosa è davve-
ro autentico, però? Qualsiasi cosa non sia costruita ad arte per ricavarne profitto o controllata dalle grandi corporation [...]. Il mondo
moderno è l'equivalente capitalistico di un giardino formale, in cui ogni cosa è sistemata e disposta per ottenere un certo effetto. Dove
nulla è intatto e nulla è autentico»; pp. 654-656: «Dove andrà allora la gente a cercare questa così rara e ambita esperienza dell'autenti-
cità? Si finirà per rivolgersi al passato. Il passato è senza dubbio autentico [...] Ed è proprio questo che lo renderà incredibilmente at-
traente. Ecco perché io dico che il futuro è il passato [...] Il passato è l'unica concreta alternativa al presente governato dalle grandi
corporation [...] Nel settore viaggi il segmento di mercato in più rapida espansione è quello del turismo culturale. La gente non vuole
visitare altri luoghi, bensì altre epoche. La gente ama immergersi nell'atmosfera delle città fortificate medievali, dei templi buddisti,
delle piramidi maya, delle necropoli egizie. La gente vorrebbe andare a spasso nel passato, in mondi che non sono più [...] la storia è
uno degli strumenti culturali più potenti a disposizione della società contemporanea. [...] Il futuro è nel passato».
- 11 -
Tassonomia dei luoghi
RIEN N’AURA EU LIEU QUE LE LIEU
(Stéphane Mallarmé)
Considerata la straordinaria importanza della comunicazione visiva nel mondo d'oggi
possiamo concentrare la nostra attenzione su come il cinema si sia servito delle immagini
dei luoghi come catalizzatore, cioè come «uno straordinario "moltiplicatore emotivo" del-
le suggestioni ambientali, storiche, culturali»
1
per attirare gli spettatori e farli entrare nel-
la storia, nella trama del testo audiovisivo.
Franco Moretti sostiene come «la geografia sia un aspetto decisivo dello sviluppo e
dell'invenzione letteraria: una forza attiva, concreta, che lascia le sue tracce sui testi, sugli
intrecci, sui sistemi di aspettative»;
2
non ci sembri perciò fuori luogo, ai fini della nostra
indagine, sostituire la parola "geografia" con la parola "luogo cinematografico"; cos'é in-
fatti la "geografia" di cui parla Moretti se non i luoghi fisici in cui si svolgono molti ro-
manzi europei? Il nostro strumento di lavoro non sono come per Moretti le carte geogra-
fiche ma le immagini dei luoghi, che spesso sono anche meta turistica. Senza entrare nel
merito e nelle numerose definizioni di "luogo" (in questo caso "cinematografico") e "pae-
saggio", ci basti sapere che ci riferiamo alle inquadrature cinematografiche dove vengono
rappresentati "luoghi" ben definiti nella simbologia turistica della Toscana e ben ricono-
sciuti dal turista.
La nostra ricerca ha preso in considerazione un corpus di oltre 250 film girati in To-
scana in cent'anni: da Giovanni dalle bande nere (1910), di Mario Camerini, girato a Fi-
renze, fino a Quantum of Solace (2008; Id.) di Marc Forster, l'ultimo della saga di James
Bond, girato a Siena nel 2008. All'interno di questo corpus (di cui molti film dei primi
1
Citato dall'intervento introduttivo di E. Zanchini, Segreteria Nazionale Legambiente, in AA.VV, Firenze, Italia - Città e paesaggio
del mondo, Abstract degli interventi al convegno nazionale organizzato da Legambiente, Palaffari di Firenze, 3 febbraio 2006, stampa-
to in proprio.
2
In F. Moretti, Atlante del romanzo europeo 1800-1900, Einaudi, Torino 1997, p.5.
- 12 -
trenta anni del 1900 sono purtroppo ormai introvabili) sono stati ritenuti significativi per
la nostra ricerca ca. 70 film.
3
Non vogliamo qui assumere i panni del critico cinematografico o del teorico del ci-
nema, bensì quelli dell'analista che compie una ricerca ben delimitata e precisa e per il
quale il giudizio di valore non viene preso in considerazione, consentendogli di concen-
trare la propria attenzione anche su film commerciali e di più o meno grande successo,
purché abbiano in comune la rappresentazione di una determinata porzione della realtà
turistica toscana che ha colpito l'immaginario collettivo dei viaggiatori
4
.
In particolare molti dei luoghi filmati sono "paesaggi" nel doppio senso sia di "pae-
saggio naturale" sia di "paesaggio urbano", entrambi intesi come «porzione di territorio
considerata dal punto di vista prospettico o descrittivo, per lo più con un senso affettivo
cui può più o meno associarsi anche un'esigenza di ordine artistico ed estetico»;
5
già in
questa definizione sono racchiusi tutti i limiti e gli elementi cogenti della nostra ricerca
ma è importante sottolineare il riferimento a quel "senso affettivo" che indubbiamente è
l'elemento che ha più a che fare con l'attrazione turistica.
Già uno dei primi grandi registi come Ejzenštejn aveva intuito un ruolo importante
nel cinema per il paesaggio quando scrisse che «il paesaggio può incarnare in un'immagi-
ne concreta delle concezioni cosmiche intere, dei sistemi filosofici interi. Tutta l'inqua-
dratura è paesaggio».
6
Ma cerchiamo di capire che cos'è concretamente un paesaggio, nel senso specificato
prima, secondo la nostra tradizione culturale occidentale. Si parte subito male se, quando
ancora non esisteva il turismo, uno "pseudoturista" ante-litteram come Francesco Petrar-
ca, scopriva nel 1336 il paesaggio, scalando il Mont Ventoux e lasciandone una descri-
zione in cui è visto come «un'allegoria che ritrae negativamente la natura come il luogo di
distrazione dell'uomo dai suoi doveri. Il paesaggio, del quale non si comprende l'essenza,
permane nello sfondo come soffocato, nascosto, negato: una mirabile fusione di esperien-
za estetica e riflessione filosofica, nella quale il secondo termine prevale fino a reprimere
3
Cfr. elenco completo nell'appendice 1.
4
Cfr. J. Aumont - M. Marie, L'analyse des films, Éditions Nathan, Paris 1988; tr.it. L'analisi dei film, Bulzoni, Roma 1996 , p.23: «Il
critico informa e esprime un giudizio di valore, l'analista deve produrre delle conoscenze. È tenuto a descrivere minuziosamente il suo
oggetto di studio, a scomporre gli elementi pertinenti dell'opera, a far intervenire nel suo commento il maggior numero di tali aspetti e
a proporre in questo modo un' interpretazione. […] L'analisi non deve dunque né definire le condizioni e i modi della creazione artisti-
ca, anche se può contribuire a chiarirli, né esprimere giudizi di valore o stabilire norme […] l'analisi del film è un'attività innanzi tutto
descrittiva e non modellizzante».
5
Cfr. lemma "paesaggio" in G. Devoto – G.C. Oli, Il dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze 1990.
6
In S.Ejzenštejn, Izbrannye proizvedenija v sesti tomach. Neravnodusnaja priroda, Iskusstvo, Moskva 1964; tr.it. La natura non in-
differente, Marsilio, Venezia 1981, p. 266.
- 13 -
il primo»,
7
esattamente il contrario di quello che è oggi il fare turismo, senza nessun in-
tento allegorico.
Nel 1340, qualche anno dopo l'esperienza del paesaggio di Petrarca, Ambrogio Lo-
renzetti dipingeva nel Palazzo Pubblico di Siena l'Allegoria del buono e del cattivo go-
verno: «Le raffigurazioni della città di Siena e della campagna senese, realizzate con fe-
deltà e minuzia lascerebbero presagire un intento vedutistico, rappresentativo, tendente ad
infondere nel fruitore una disinteressata contemplazione del bello. Ma anche in questo ca-
so si tratta di un'allegoria, per giunta di chiaro intento propagandistico, tramite la quale
«la rappresentazione del paesaggio doveva farsi espressione ideologica e didattica del
concetto repubblicano di "bene comune"».
8
La sensibilità più moderna di un Cezanne, che non viveva molto distante dal Ven-
toux e che diceva che «per dipingere bene un paesaggio devo scoprire prima le sue carat-
teristiche geologiche», gli fa scrivere poi al suo amico Gasquet che i contadini non vede-
vano la montagna Sainte-Victoire, perché per provare un sentimento estetico davanti alla
bellezza di un paesaggio bisogna avere una certa cultura.
9
Processo culturale che si è svi-
luppato lungo i secoli e che ci deriva direttamente dal Rinascimento: «l'invenzione del
paesaggio non è altro in effetti che la forma simbolica della nascita del mondo moder-
no».
10
Infine restringendo ancora il campo visivo, il sociologo tedesco Georg Simmel scrive
nel 1913 «Per il paesaggio [...] è assolutamente essenziale la delimitazione, l'essere com-
preso in un orizzonte momentaneo o durevole; la sua base materiale o le sue singole parti
possono avere semplicemente il valore di natura, ma, rappresentate come "paesaggio" ri-
chiedono un essere-per-sé che può essere ottico, estetico, legato ad uno stato d'animo, re-
clamano un rilievo individuale e caratteristico, rispetto a quell'unità indissolubile della
natura, nella quale ogni pezzo può essere soltanto il punto di passaggio delle forze uni-
versale dell'esistenza».
11
7
G. Fidotta, The waste land - il paesaggio nel cinema di Bela Tarr, tesi di laurea - Università degli studi di Bologna Facoltà di Lettere
e Filosofia Dipartimento di Musica e Spettacolo, Anno Accademico 2008-2009, p. 6.
8
Ivi, pp. 6-7; la citazione tra virgolette è tratta da M. Vitta, Il paesaggio. Una storia tra natura e architettura, Einaudi, Torino 2005, p.
117.
9
A. Berque, Paysage à la chinoise, paysage à l'européenne in J. Mottet (sous la direction de), Les paysages du cinema, Editions
Champ Vallon, Seyssel 1999, p.61-69, p.67, trad. nostra.
10
Ivi, p.65.
11
G. Simmel Filosofia del paesaggio in L. Perucchi (a cura di) Il volto e il ritratto. Saggi sull'arte, Il Mulino, Bologna 1985), p. 72,
cit. da: M. Jakob in L. Bellocchio (a cura di), Finestre - Quaderni di Synapsis V - Atti della Scuola Europea di Studi Comparati, Le
Monnier, Firenze 2006, p. 18.
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Nel cinema, essendo la fotografia "in movimento", è più difficile la classificazione
del paesaggio perché in pochi fotogrammi può cambiare la luce, il colore, la composizio-
ne (alcuni elementi si possono aggiungere, altri sparire); alcuni registi usano consape-
volmente un piano breve per creare una tensione subliminale, altri invece cercano di bi-
lanciare nel piano sequenza l'espressione del paesaggio, sfumandolo e aprendolo in oriz-
zontale o verticale per coglierne più aspetti.
Qual è l'ontologia di una immagine turistica? Come riconoscere in una inquadratura,
in una sequenza l'intrinseca "turisticità"? Innanzitutto la sua riconoscibilità, il legame che
la lega simbolicamente a luoghi turistici per antonomasia, per esempio riproduzione di un
landmark, di una "cartolina", di un elemento spaziale che richiama immediatamente alla
memoria di chi guarda un insieme di caratteristiche che appartengono a un paesaggio, a
un'architettura, già note e pubblicizzate dall'industria turistica, come tipiche e simboliche
di un determinato luogo. In un secondo momento possiamo aggiungere la "chiarezza"
dell'immagine, che deve essere leggibile e percepibile; poi conta anche l'aspetto con cui
viene proposta l'immagine, che deve essere ben fotografata, con i giusti colori, toni, in
modo che corrisponda a quei codici visivi che sono tipici per esempio dell'immagine
pubblicitaria. Anche la coerenza formale dell'immagine è importante per poterla leggere
omogeneamente e farne passare il contenuto "turistico". Un altro elemento importante è
la possibile presenza di un testimonial, che nel caso di un film, può essere un attore famo-
so, il protagonista, il personaggio "buono", che rafforzi gli elementi elencati prima: la
presenza nell'immagine "turistica" di un testimonial dà fiducia e veridicità a quanto si ve-
de sullo schermo, rendendo importante anche il contesto in cui si situa l'immagine.
Premesso questo, di fronte a un'immagine turistica (un'inquadratura di un paesaggio
in un film, alla tv, un depliant, una foto in una rivista o in una guida, una cartolina) le no-
stre reazioni timiche in caso positivo sono "euforiche" e creano la "pulsione turistica",
cioè la spinta a intraprendere un viaggio. Alla base della "pulsione turistica" c'è il deside-
rio di possedere il luogo dove si va
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, il luogo mitico, inteso come evasione dalla quoti-
dianità: il luogo della vacanza diventa il luogo dove si vorrebbe passare la nostra vita,
dove non ci sono responsabilità e problemi, dove tutto è bello e non si deve lavorare.
Ma cerchiamo di analizzare in profondità le motivazioni della pulsione turistica u-
sando uno strumento semiotico creato da Greimas e Courtes, il "quadrato semiotico" inte-
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Spesso la visione del paesaggio è associata al desiderio di possesso, ben esemplificato dalla storiella del padre che porta il figlio sul-
la collina e che gli dice: «figliolo, tutto questo un giorno sarà tuo».
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so come «la rappresentazione visiva dell'articolazione logica di una categoria semantica
qualunque».
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Poiché stiamo parlando di turismo e cercando di capire come possono dei film scate-
nare le pulsioni turistiche, ci è sembrato appropriato utilizzare delle categorie spazio tem-
porali: infatti il turismo non è altro che una modalità del desiderio di uno spostamento nel
futuro in un luogo diverso dal quale ci troviamo, a scopo ricreativo; si possono perciò in-
dividuare sul quadrato semiotico le categorie "vettoriali", cioè coppie di contrari spazio-
temporali che indicano la situazione di partenza nel presente (qui e ora) e quella d'arrivo
nel futuro (lì e poi); ci sembra importante anche un'altra considerazione: il fattore "cono-
scenza", se si parte dal presupposto che dove c'è il "qui" c'è una conoscenza acquisita e
fruibile, dove c'è il "lì" c'è la mancanza di conoscenza, il desiderio di conoscenza, di cre-
azione di una nuova esperienza:
(1) qui ora (2) lì dopo
(3) né lì né dopo (4) né qui né ora
Ecco allora i 4 estremi del quadrato:
sull'asse dei contrari:
(1) (sono qui ora dove conosco) (2) (sarò lì dopo dove conoscerò)
sull'asse dei subcontrari:
(3) (non sarò lì dopo dove non conoscerò) (4) (non sono qui ora dove non conosco)
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F.Marsciani - A.Zinna, Elementi di semiotica generativa, Esculapio, Bologna 1991, p. 46; cfr. anche p.47: «L'importanza del qua-
drato semiotico consiste nel fatto che esso organizza un universo di senso sulla base di un pacchetto di relazioni […] che hanno questo
di essenziale: esse sono interdefinite e rendono conto alla forma minimale di un paradigma», cfr. anche p.96; per una definizione cfr.
anche U.Volli, Il libro della comunicazione, Il Saggiatore, Milano 1994, pp. 176-177. Per una trattazione più completa dell'argomento
cfr. A.J. Greimas - J. Courtés, Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du language, Hachette, Paris 1979; tr. it. Semiotica. Di-
zionario ragionato della teoria del linguaggio, P. Fabbri (a cura di), Firenze, La Casa Usher 1985.
Luogo dell'anima
Luogo della quotidianità
Luogo turistico
Non luogo