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Introduzione
Art.1 cost :“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”
Art.4 cost : “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le
condizioni che rendono effettivo questo esercizio”
Art.38 cost: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere
ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
La nostra Costituzione, frutto della volontà del popolo italiano del dopoguerra,nata
per sancire in modo definitivo i diritti inviolabili del cittadino, è fonte preliminare di
diritto del nostro ordinamento.
Non è un caso che nell’art.1 i padri dell’Assemblea Costituente del 1947-1948
hanno voluto cristallizzare all’interno del primo articolo della Carta Fondamentale ,
il diritto al lavoro che diventa pertanto non solo fondamento ineludibile della
Repubblica Italiana , ma anche espressamente fonte di sopravvivenza
dell’individuo nella sua singolarità e della famiglia ,embrione della società.
La tutela giuridica che la nostra Costituzione sancisce, non è legata solamente al
mero e concreto esercizio lavorativo del soggetto giuridico , ma investe la persona
sin dal compimento dell’età prestabilita da legge per l’attività lavorativa( i 16 anni
di età) e fino alla sua estinzione( sistema pensionistico) e sancisce tra l’altro , la
necessità che lo Stato adotti sistemi di mantenimento per il cittadino che riversa in
disagevoli condizioni economiche o psicofisiche a causa o come conseguenza
della perdita del lavoro. Analizzando,infatti, l’art 4 il lavoro non è semplicemente
un’attività che concorre al «progresso» della società, ma costituisce la fonte di
sostentamento dell’individuo. Nel corso degli anni si sono scontrati due indirizzi
giurisprudenziali: uno ha fatto coincidere il primo comma dell’art. 4 con il diritto ad
avere un posto di lavoro e a conservarlo; l’altro ha identificato il diritto al lavoro in
un principio volto a vincolare le istituzioni e la collettività all’obiettivo
programmatico di assicurare a ogni individuo lo svolgimento di un’attività idonea a
consentirgli una dignitosa qualità di vita.
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In alcuni recenti saggi, Samuel Beck sostiene che il passaggio dalla società
industriale alla società post-industriale ha progressivamente determinato un
corrispondente passaggio dall’economia della sicurezza a quella dell’insicurezza,
o, per meglio dirla in termini più chiari e funzionali al tema del presente contributo,
dalla società della sicurezza sociale a quella dell’insicurezza sociale.
Detto passaggio, ad avviso dell’autore, ha conseguentemente inciso sulla stessa
configurazione del concetto di “rischio”; il quale, quindi, non rappresenta più, come
in passato, un’insicurezza calcolabile – e dunque prevedibile -, profilandosi
viceversa come vero e proprio “pericolo”, ossia come un’insicurezza incalcolabile.
E che sul piano delle tutele sociali si manifesta, in specie, non solo nell’erosione
degli standard di protezione direttamente ricollegabili al lavoro, ma anche – e forse
soprattutto - di quelli ricollegabili alla mancanza di lavoro. È evidente, infatti, come
gli intercorsi processi di globalizzazione, di flessibilizzazione e di precarizzazione
“spinta” dei mercati, come pure i fenomeni di inasprimento delle dinamiche
competitive a livello nazionale ed internazionale, abbiano determinato l’insorgenza
di nuovi rischi sociali difficilmente misurabili e la conseguente necessità, da parte
dell’ordinamento, di fornire risposte nuove ed incisive alle emergenti istanze di
protezione sociale. Necessità che appare ancor più pressante, a ben vedere, per il
settore degli ammortizzatori sociali, in relazione al quale, invero, già da tempo si
attende un intervento di razionalizzazione ad ampio spettro.
Il seguente lavoro si occupa appunto di analizzare gli ammortizzatori sociali
partendo dalle origini e dalle diverse definizioni o meglio interpretazioni,
proseguendo con l’analisi dettagliata degli ammortizzatori pre-riforma e i relativi
abusi, fino ad arrivare alla nuova e tanto attesa riforma. Infatti l’inizio del 2012
coincide con una fase di raffreddamento degli entusiasmi dell’opinione pubblica
per l’azione del “Governo dei tecnici”, causata dalla severità dei contenuti della
manovra “salva-Italia” di dicembre, soprattutto in termini di appesantimento degli
oneri fiscali gravanti sui cittadini e imprese.
In ultimo viene illustrata la situazione degli ammortizzatori sociali in Europa con
un’analisi comparata della situazione italiana.
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CAPITOLO 1
1.1 Gli ammortizzatori sociali
1.1.1 La nozione giuridico-sociale di ammortizzatore sociale
La questione definitoria del concetto di “ammortizzatore sociale” non trova un
autonomo spazio nella manualistica di diritto del lavoro ne in quella di diritto della
previdenza sociale, facendo emergere complessivamente che è un insieme di
rilievi tematici, appunti, constatazioni, che non possono essere considerati come
un’ autonoma categoria giuridica. Cosicchè quando ci si riferisce all’istituto degli
ammortizzatori sociali, intendendolo come categoria unificante, ci si limita ad un
elenco di argomenti e a classificare tale categoria come comprensiva di tutte le
iniziative di reazione avverso il fenomeno sociale della disoccupazione.
All’interno di tale categoria avviene una quadri partizione distinguendo tra le
misure volte a facilitare o aumentare l’occupazione; per agevolare l’occupazione di
determinate fasce sociali attraverso misure che mirano ad incentivare l’uscita dal
mercato del lavoro di alcune fasce sociali; che consentono la temporanea
sospensione dei rapporti di lavoro in attesa del superamento di particolari periodi;
quelle la cui finalità è il sostegno a iniziative di incentivo all’occupazione.
Per ammortizzatori sociali si intende un complesso ed articolato sistema di tutela
del reddito dei lavoratori che sono in procinto di perdere o che hanno perso il
lavoro; ad oggi non vi è una definizione normativa tant’è che alcuni propongono la
sua sostituzione con altre nozioni, come ad esempio di misure integrate di
sostegno nel mercato del lavoro.
La sezione di studio interessata è indubbiamente quella relativa alla tutela del
lavoratore nel mercato del lavoro in presenza di particolari situazioni. Infatti la
disciplina del mercato del lavoro ha lo scopo di regolamentare il rapporto tra
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domanda e offerta di lavoro ai fini della tutela dell’interesse sociale e pubblico dei
lavoratori all’occupazione(garantito costituzionalmente dall’art. 4 perché utile al
progresso dell’intera società) e contro il rischio della disoccupazione che esclude
socialmente chi la subisce.
1.1.2 Nascita ed evoluzione normativa del concetto di bbbbbb
bbb ammortizzatore sociale
Parlare di ammortizzatori significa riferirsi soprattutto ad un’insieme eterogeneo di
strumenti che vide una prima fase con l’istituzione della Gestione Ordinaria della
Cassa Integrazione Guadagni (D.Lgs. n. 788/1945) in cui erano previsti anche i
licenziamenti collettivi per riduzione di personale nell’ambito della disciplina
interconfederale oltre a quella dei licenziamenti individuali(che evitava il
licenziamento quando si verificavano eventi transitori garantendo la conservazione
del posto di lavoro e del reddito) ma che ha cominciato concretamente a
svilupparsi a seguito dell’accordo interconfederale del 1965 in tema di
licenziamenti collettivi. In base a quell’accordo le Parti Sociali, dopo la
riformulazione della disciplina dei licenziamenti collettivi, si rivolgono
esplicitamente al Governo chiedendogli di rendere disponibili strumenti per
fronteggiare i problemi derivanti dalle eccedenze di personale. Di lì a poco, il
Governo accoglierà la richiesta. Sono gli anni del centro-sinistra, in cui emerge il
fenomeno della negoziazione legislativa. Sulla base di quell’accordo
interconfederale comincia a svilupparsi un nuovo diritto, finalizzato a stanziare una
serie di risorse a disposizione delle parti, per consentire ad esse una gestione
indolore delle eccedenze del personale.
Si tratta di un diritto non sempre riconducibile a sistema, perché presenta molti
tratti spiccatamente particolaristici, che rendono spesso troppo difficoltosa e
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talvolta proibitiva una sua lettura; un diritto alquanto discutibile sotto il profilo
dell’equità, per le differenziazioni ingiuste che prospetta tra diversi gruppi di
lavoratori e che favorisce quelli più forti sul mercato politico (è opinione diffusa che
il nostro è un sistema di protezione altamente balcanizzato); si tratta di un diritto
che, dovendo portare le risorse sui focolai che destano maggiore allarme sociale,
frequentemente ha visto e vede la legge utilizzata quale equivalente funzionale del
provvedimento amministrativo
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.
Nella prima metà degli anni ’70 in seguito all’istituzione della Gestione
Straordinaria della Cassa Integrazione Guadagni si sviluppa un uso generalizzato
di questo strumento come indennità di intervento di lungo periodo a sostegno del
reddito dei lavoratori surrogato alla disoccupazione alternativo ai licenziamenti
collettivi, soprattutto nelle realtà caratterizzate da un forte movimento sindacale.
Nella seconda metà degli anni ’70 si inizia a parlare di mobilità avvertendo
l’esigenza di politiche attive del lavoro,cominciando ad elaborare l’idea
dell’agenzia del lavoro per ricollocare i lavoratori in esubero alleggerendo le
imprese dal loro peso improduttivo, anche se non farà tanti passi in avanti a causa
dei sindacati che contemplano l’azienda come loro ostaggio responsabile fino alla
fine della sorte dei lavoratori, pretendendo una continuità occupazionale. A
quest’idea cerca di dare veste la legge n. 675/1977 sulla riconversione industriale
che prevedeva un circuito di aziende collegate tra loro in cui c’erano aziende che
assumevano e aziende in cui il personale era in esubero, affidato alla supervisione
di commissioni regionali appositamente costituite in cui era prevista la
partecipazione maggioritaria delle parti sociali; praticamente perfetta è rimasta
sulla carta dato il difficile contesto in cui risultava più facile e conveniente l’utilizzo
della proroga del trattamento di integrazione salariale.
Negli anni ’80 si assiste anche a un altro episodio non da meno, e cioè
l’anticipazione del pensionamento cioè direttamente la pensione anziché l’assegno
che accompagna alla pensione, liquidata quindi in anticipo sui tempi stabiliti
dall’ordinamento pensionistico e calcolata in termini molto favorevoli; si assiste
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F.Liso, Per una riforma degli ammortizzatori sociali, in AA. VV., L’evoluzione del sistema di protezione
sociale in Italia, Edizioni Lavoro, Roma,2000, p.62
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così al coinvolgimento del sistema pensionistico piegato a finalità non proprie cioè
quelle di un governo consensuale del problema delle eccedenze di personale.
La legge n. 223/1991 prevede il superamento dell’istituto del pensionamento
anticipato a causa dell’eccessivo costo che comportava ed espressione di una
politica passiva dinanzi ai problemi posti dall’esubero di personale. Con questa
legge il Paese inizia a dotarsi di una disciplina di legge nella materia delle riduzioni
di personale rispettando, anche se in ritardo, gli adeguamenti alla direttiva
comunitaria europea, ponendo fine al fenomeno dei “licenziamenti impossibili”. Si
cerca di favorire un utilizzo più mite del trattamento di integrazione salariale
stabilendo anche una durata; in questa legge si presenta l’idea che la mobilità
verso un nuovo impiego sia la ricollocazione di un lavoratore che ha perso il
proprio posto ed essa deve essere sostenuta da forti incentivi e da politiche attive.
L’indennità di mobilità sostituisce così l’indennità speciale di disoccupazione e la
sua durata è regolata in modo tale da fornire una copertura più ampia in relazione
all’anzianità del lavoratore e alle caratteristiche occupazionali del territorio
rivestendo il ruolo di promotrice per la ricollocazione in altre aziende o di
accompagnamento alla pensione per i lavoratori più anziani, la cosiddetta mobilità
lunga. Questa legge è stata criticata perché nel momento in cui è venuta al
contatto con la realtà sembrava già “vecchia” per il presentarsi di nuove difficoltà
nel sistema economico e di conseguenza : sono continuati a essere emessi una
serie di prepensionamenti con caratteristiche sempre più particolari addirittura volti
ad abbattere il costo del lavoro; lo schema dell’utilizzo congiunto di lavoro a tempo
parziale e anticipazione del pensionamento esprime una politica di incentivazione
al lavoro a tempo parziale prospettata attraverso una riduzione delle aliquote
contributive applicabili a quest’ultimo.
Negli ultimi vent’anni si sono susseguite numerose Commissioni ministeriali e
proposte, tra le quali va citata la Commissione Onofri del 1997 secondo la quale
gli ammortizzatori sociali italiani rappresentavano un sistema disorganizzato e
ingovernabile di strumenti con troppe normative stratificate e particolari mai
organiche ne strutturali. Si evidenziava la presenza di eccessive iniquità di
trattamento che escludevano i gruppi e soggetti meno rappresentati; l’assenza di