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INTRODUZIONE
Questo lavoro nasce dall’interesse verso un importante evento che coinvolgerà il nostro
Paese e in particolare la città di Milano nel 2015, cioè l’Expo, e che si occuperà di
nutrizione nei suoi diversi aspetti, dai problemi legati alla povertà nel mondo alla
sicurezza e all’educazione alimentare.
Ritenendo che l’Expo di Milano potesse rappresentare un’importante occasione per
mostrare l’impegno, in termini di Corporate Social Responsibility (CSR), delle imprese
appartenenti al settore agro-alimentare, ho svolto una ricerca qualitativa basata su delle
interviste semi-strutturate.
Lo scopo di questa indagine era quello di verificare quali fossero le opinioni, gli
atteggiamenti e le aspettative di un gruppo di 11 imprese nei confronti dell’ Expo 2015,
chiedendo anche di esprimere una valutazione sulla comunicazione che Expo ha rivolto
alle aziende e di esplicitare quale tipo di partecipazione ritenessero più idonea.
La tesi inizia quindi analizzando il tema della Corporate Social Responsibility,
ripercorrendo la storia e l’evoluzione di questo importante aspetto della cultura
aziendale. Infatti la sempre maggiore scarsità di risorse e i comportamenti spesso
sconsiderati delle multinazionali, basati sulla logica della massimizzazione del profitto,
hanno portato l’opinione pubblica a esprimere scetticismo nei confronti dell’operato
delle aziende.
Esse hanno reagito a questa situazione comprendendo che l’unico modo per rimanere
competitive sul mercato è quello di rendicontare agli stakeholder il loro impatto e il loro
impegno sul versante sociale e ambientale.
Oltre tutto la CSR non deve essere considerata solo come una dimostrazione di
impegno dell’impresa nei confronti degli stakeholder, ma anche come un ritorno che
l’azienda ottiene sia in termini economici che di immagine.
Verrà inoltre dedicato spazio a quelle che sono le modalità più idonee per comunicare
le proprie azioni orientate in tal senso.
Il secondo capitolo si concentra più specificatamente sul tema della Responsabilità
Sociale nel settore agro-alimentare, ambito maggiormente legato al tema dell’Expo e
dove l’impegno in termini di sicurezza e sostenibilità è particolarmente richiesto dai
consumatori.
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In particolare verranno chiariti i principali problemi legati a questo settore e le modalità
attraverso le quali attuare azioni concrete di salvaguardia dell’ambiente e della salute
dei consumatori.
Questa panoramica sul settore agro-alimentare ci permetterà di comprendere meglio il
terzo capitolo nel quale vengono esplicitate le strategie di gestione della CSR di 4
aziende che possono essere considerate degli ottimi esempi in termini di Responsabilità
Sociale.
In particolare le aziende prese in considerazione sono state: Barilla, Nestlè, Ferrero e De
Cecco. Attraverso l’analisi dei loro siti aziendali e del Bilancio Sociale è stato possibile
definire il loro impegno nei confronti dell’ambiente e degli stakeholder di riferimento,
verificando la presenza di una serie di punti che accomunano le strategie di
comunicazione e gestione della CSR delle imprese considerate.
La seconda parte del lavoro si incentrerà maggiormente sulle Esposizioni Universali, in
particolare il quarto capitolo inizierà con un excursus sulle loro origini e sul loro
sviluppo, fino ad arrivare all’Expo di Milano del 2015.
Si cercherà pertanto di dare una descrizione esaustiva della sua difficile organizzazione,
dalla candidatura della città lombarda del 2006 fino ad arrivare ad oggi.
Il quinto ed ultimo capitolo sarà dedicato alla ricerca vera e propria, iniziando con
l’ascoltare la voce della Dottoressa Shelly Sandall, che ricopre gli incarichi di
Marketing Strategy e Corporate Partners Director per l’Expo 2015.
Attraverso la sua intervista riusciremo a comprendere meglio in che modo l’Expo sta
gestendo il rapporto con le aziende affinché vi sia una loro partecipazione.
Verranno successivamente riportati la traccia dell’intervista e i principali risultati
ottenuti che ci offriranno una, se pur parziale, visione su quella che è la percezione
dell’Expo da parte delle aziende del settore agro-alimentare.
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1. La Responsabilità Sociale d’Impresa
In questo primo capitolo verrà trattato il tema della Responsabilità Sociale d’Impresa,
dalle sue origini fino alla concezione attuale, secondo la quale un’impresa deve essere
inserita in maniera armonica nel contesto in cui si trova ad operare e attenta a quelli che
sono i bisogni dei suoi stakeholder.
Inoltre poiché lo scopo principale di un’azienda rimane quello di ottenere profitto, verrà
dedicato spazio ai principali vantaggi e ritorni, sia in termini economici che di
immagine, che un’impresa ottiene dall’attuazione di iniziative di CSR.
1.1 Definizione ed evoluzione del concetto
Il tema della responsabilità sociale sta divenendo sempre più attuale nel mondo
dell’impresa, andando man mano a costituire un impegno irrinunciabile per quelle
aziende che vogliono ottenere un posto di primo piano nel mercato.
Secondo “Il Rapporto Nazionale sull’impegno sociale delle imprese”, realizzato da
Errepi Comunicazione e WSG, nel 2009 oltre il 69% delle imprese italiane con più di
100 dipendenti ha realizzato almeno un’iniziativa di carattere sociale, aumentando
rispetto al 2004 il valore degli investimenti globali, passati da 845 milioni di euro a 960
milioni di euro.
Per affrontare questo argomento è necessario innanzitutto fornire una definizione di
impresa socialmente responsabile. Come affermato da N. Cerana (2004; pag. 23) “un’
impresa è socialmente responsabile quando, consapevole dell’influenza che esercita
nella società, se ne fa carico concretamente e adotta comportamenti che rispondono alle
aspettative di rispetto dell’ambiente, di sicurezza e di miglior qualità di vita dei
lavoratori, dei consumatori e della società.”
Questo concetto, se pur in maniera diversa rispetto ad oggi, affonda le sue origini nei
primi decenni del XX secolo, infatti “già negli anni 20, i manager delle prime grandi
corporation americane si rendono conto di condizionare in vario modo con le loro azioni
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e decisioni non solo la vita dei loro azionisti ma anche la vita dei loro dipendenti, dei
loro clienti e della società più in generale” (Cerana, 2004; pag. 23).
Questa consapevolezza si è andata concretizzando nell’ Ottocento con “l’opera di alcuni
imprenditori americani come Rockfeller, Carnegie e Ford che cercavano di coniugare il
profitto con una maggiore responsabilità sociale” (Sena, 2009; pag. 21), soprattutto
attraverso attività di tipo filantropico, forma primaria di CSR.
La nascita della moderna RSI viene fatta risalire agli anni 50 grazie all’economista
Howard Bowen che attraverso la sua opera “Social responsibility of the Businessman”
segna un punto di partenza per lo sviluppo di questo tema. Nella sua opera Bowen
fornisce anche una definizione molto significativa del concetto di responsabilità sociale:
<< It refers to the obligations of businessman to pursue those policies, to make
those decisions, or to follow those lines of action which are desiderable in term of
objectives and values of our society>> (Bowen,1953; pag. 6)
Un passo importante viene poi attuato negli anni 60 con la creazione a New York del
”Committee for Economic Development and Social Responsabilities of Businees
Corporations” che offre un’ottima rappresentazione di come debba comportarsi
un’impresa, individuando in primis “la necessità di gestire le funzioni economiche di
base”(Ferrari; Renna; Sobrero, 2009; pag. 25) e successivamente la necessità di essere
consapevole dei cambiamenti nei valori e negli impegni sociali, assumendosi una serie
di responsabilità, cosi da “essere coinvolta in modo più attivo nel miglioramento
dell’ambiente sociale” (Ferrari et al. 2009; pag. 25). Questa definizione ci offre la
possibilità di sottolineare un sostanziale cambiamento nelle funzioni che un ‘impresa
deve avere, se prima degli anni 70 all’impresa veniva semplicemente chiesto di “fornire
le quantità necessarie di beni e servizi, poiché i bisogni della società erano
prevalentemente ancora di carattere “primario”, adesso invece consumatori e società
civile chiedevano loro di contribuire anche al miglioramento della qualità della vita e
alla soluzione di problemi sociali di carattere “postmaterialista" “(Sena; 2009; pag. 30).
Gli anni 80 sono caratterizzati dalla nascita di teorie affini a quella della CSR come la
Stakeholder theory, di Freeman, attraverso la quale viene rafforzato il ruolo degli
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stakeholder, considerati non più soggetti marginali e passivi ma piuttosto interlocutori
necessari per la sopravvivenza dell’azienda.
Inoltre si inizia a considerare la responsabilità sociale non più come un’attività
accessoria e di mero filantropismo, ma come un’attività che può contribuire a portare
vantaggi economici all’impresa stessa.
Come affermato precedentemente sono questi gli anni in cui si pone maggior interesse
nei confronti del concetto di stakeholder, cioè di “quei soggetti le cui opinioni e
decisioni, i cui atteggiamenti e comportamenti possono favorire o ostacolare il
raggiungimento di uno specifico obiettivo dell’organizzazione”(Cerana, 2004; pag. 44).
Un altro passo importante nella direzione di un maggior impegno dell’impresa nei
confronti della società in cui opera, viene fatto grazie ad Archie B. Carroll che in un
articolo del 1991 sviluppa il concetto di Piramide della Responsabilità Sociale,
esplicitando i quattro livelli attraverso i quali un’impresa debba manifestare la propria
responsabilità: economico, legale, etico e filantropico.
Figura 1
Il primo livello, quello economico, consiste nell’obiettivo primario di un’azienda che è
l’ottenimento di profitto. Le responsabilità legali indicano la necessità per un’impresa di
rispettare le leggi, mentre il concetto di responsabilità etiche è legato al rispetto degli
altri e al fare ciò che è giusto anche se non è espresso in una norma. Infine per
Responsabilità
Fliantropiche
Responsabilità Etiche
Responsabilità Legali
Responsabilità Economiche
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responsabilità filantropiche si intende la condivisione dei benefici generati dall’azienda
con la comunità nella quala essa si trova ad operare.
Come possiamo osservare, fino a questo momento la responsabilità sociale viene
considerata come separata rispetto agli aspetti economici, per cui non vi è ancora l’idea
di un funzionamento congiunto tra le performance aziendali e l’impegno sociale.
Solo negli ultimi anni infatti, si è sviluppata un’attenzione nei confronti della relazione
tra aspetti economici, sociali e ambientali che “trova un’efficace espressione nel
concetto di triple-bottom-line introdotto alla metà degli anni 90 da John Elkington”
(Beda; Bodo, 2004; pag. 3) Secondo Elkington le aziende devono essere responsabili
della creazione di ricchezza ma anche di creazione di benessere per le persone che
lavorano in azienda o che hanno a che fare con essa, e per il pianeta.
La necessità di un’integrazione tra questi 3 aspetti e un’attenzione sempre maggiore
verso i problemi sociali e ambientali da parte delle imprese è dovuta ad una serie di
eventi che hanno interessato la nostra società nell’ultimo decennio del secolo scorso.
Come affermato nel libro “Oltre la CSR “(2009) la globalizzazione delle imprese e del
commercio mondiale e la rivoluzione tecnologico-informatica hanno avuto un forte
impatto sulla vita degli individui e conseguentemente nel mondo delle imprese.
Infatti in questo nuovo modello di società “l’impresa si trova di fronte a impensate
possibilità di sviluppo, ma anche a sfide concorrenziali sconosciute in precedenza: sfide
relative a tempi sempre più rapidi, a modelli di concorrenza sempre più agguerriti e
soprattutto a dover fare i conti con l’evoluzione del consumatore”(Ferrari et al.2009;
pag. 6).
Inoltre attraverso la rivoluzione tecnologico-informatica gli individui hanno avuto la
possibilità di utilizzare nuove forme di comunicazione e canali che rendessero la
diffusione delle informazioni meno lenta e controllata. Il consumatore è quindi divenuto
più competente e intraprendente, in grado di districarsi nel mare di Internet e di
soddisfare in maniera più mirata le proprie esigenze.
A questo proposito possiamo fare un breve excursus su come il consumatore sia
cambiato nel corso del tempo attraversando 4 fasi (Melandri; Zamagni, 2001; pag.12)
Consumatore – utente: Soggetto passivo che nei confronti dell’azienda, ha solo
la possibilità di “protestare”, in caso di insoddisfazione.
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Consumatore – cliente: Colui che ha la libertà di scegliere come spendere i
propri soldi, per questo l’impresa pone attenzione nei suoi confronti.
Consumatore – cittadino: Il consumatore cittadino è colui che non solo ha
libertà di scelta e di protesta ma che esprime anche delle preferenze in relazione
al processo produttivo dei beni.
Consumatore – persona: La persona non vuole solo conoscere ed esprimere
delle preferenze ma necessita anche di instaurare una relazione con l’azienda
basata sui valori “della lealtà, del rispetto e della cura dell’ambiente e delle
persone” (pag 15).
Il consumatore non è più passivo e poco informato, ma al contrario ha ottenuto
attraverso questi cambiamenti un forte potere decisionale e una forte competenza che
non può essere ignorata dalle imprese, le quali al contrario devono fare della trasparenza
un loro punto di forza in modo da ottenere la fiducia dei consumatori stessi
Il concetto di trasparenza è infatti molto vicino a quello di responsabilità sociale, infatti
“un’azienda etica è dunque un’azienda trasparente, aperta al dialogo e al confronto,
riflessiva, capace di mettersi in discussione, che non nasconde i propri errori nell’ottica
del loro superamento (..), dove il profitto è un indicatore di corretta gestione e non
l’unico obiettivo”(Ferrari et al. 2009, pag. 72).
Solo in questo modo l’impresa potrà ottenere l’approvazione e la fiducia da parte di
quel consumatore esigente e competente che caratterizza oggi il mercato.
Il mercato però non sembra sempre in grado di reagire in maniera corretta di fronte a
questi cambiamenti, alla fine del 900 infatti il modello dominante diventa quello della
massimizzazione del profitto che porta le imprese a focalizzarsi su obiettivi di crescita
sempre più alti che non lasciano spazio ad iniziative in termini sociali e che portano
spesso il management a mettere in atto comportamenti scorretti o di cattiva gestione.
Un esempio per tutti può essere rappresentato dalla vicenda della Parmalat, la nota
azienda del settore alimentare infatti, venne coinvolta in un profondo crac finanziario
alla fine del 2003, dovuto a comportamenti illeciti (falso in bilancio) messi in atto da
parte del fondatore Calisto Tanzi e dai soci.
“Le conseguenze di questi comportamenti fraudolenti di molte imprese e personaggi si
intrecciano e si sommano alle conseguenze delle crisi di inizio millennio, iniziate con il
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tonfo della new economy, proseguite con gli attacchi terroristici e le conseguenti guerre,
e ancora con le speculazioni sul petrolio, con i mutui sub prime e tutti gli altri scandali
finanziari (…) fino ad arrivare alla crisi economica dell’autunno 2008” (Ferrari et al.
2009; pag. 11)
Tutto questo ha incrementato il senso di sfiducia da parte dei consumatori e la
diffidenza nei confronti delle imprese, percepite come esclusivamente orientate verso i
propri interessi e verso il profitto.
Le imprese a loro volta hanno avvertito l’esigenza di mettere in atto una serie di
interventi per colmare questo gap tra di esse e i consumatori che ha portato alla nascita
vera e propria della CSR come oggi la conosciamo. Per questo motivo, secondo Edward
R. Freeman non bisogna parlare più di Corporate Social Responsability ma piuttosto di
Company Stakeholder Responsability. Il concetto di Company sta a sottolineare
“l’esigenza di pensare alle imprese come categoria trasversale ed eterogenea,
includendo piccole e medie imprese” (Ferrari et al. 2009;pag 42) mentre la parola
stakeholder sottolinea la necessità di considerare come centrali per l’impresa i portatori
di interesse e la necessità di instaurare con essi un dialogo. Inoltre ci permette di
comprendere come la CSR non possa essere considerata uno strumento di marketing o
una strategia aziendale, ma piuttosto come essa debba permeare tutta l’azienda e tutte le
persone che ne fanno parte creando un circolo virtuoso dove l’attenzione verso i
problemi sociali e ambientali sia intrinsecamente presente in ogni scelta.
A questo proposito la CSR può avere differenti accezioni, che si sono evolute nel tempo
e che stanno a sottolineare il diverso ruolo che la responsabilità sociale può assumere
all’interno della strategia aziendale.
A.M Quazi e D.O’Brien, nell’articolo “ A two dimensional model of corporate social
responsibility” hanno individuato quattro diverse visioni della responsabilità sociale
d’impresa:
Classical view,: L’obiettivo dell’impresa è esclusivamente quello di
massimizzare il profitto.
Philantropic view: L’impresa agisce nei confronti della società attraverso
semplici donazioni benefiche.
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Socio-economic view: Si cerca di far coincidere la massimizzazione del profitto
con la domanda sociale in modo da ottenere dei benefici in termini di immagine
e di rapporto con i clienti.
Modern view : L’azienda considera gli stakeholder come parte attiva del proprio
operato e instaura con essi relazioni durature che le permettono di ottenere dei
benefici. In questa prospettiva rientra la Stakeholder theory. Questa visione, che
consiste nella più moderna e completa, rientra pienamente nel modello di
cittadinanza d’impresa, cioè “il modello più avanzato d’imprenditoria
responsabile “ (Cerana, 2004; pag. 158), dove le esigenze di mercato si
conciliano con il rispetto e la tutela della società e dell’ambiente.
Una risposta a questi cambiamenti nel mondo imprenditoriale arriva anche a livello
istituzionale, con la nascita nel 2001 del Libro Verde pubblicato dall’Unione Europea
con il titolo “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle
imprese”. Attraverso questa iniziativa l’Unione Europea lancia una serie di campagne di
sensibilizzazione per far si che la responsabilità sociale venga integrata volontariamente
nella gestione strategica delle imprese. Inoltre secondo la Commissione Europea gli
strumenti e le strategie di responsabilità sociale si declinano secondo due dimensioni
principali, una interna e una esterna. Tali dimensioni, cosi come citate da Beda e Bodo
nell’opera “La responsabilità d’impresa, strumenti e strategie per uno sviluppo
sostenibile dell’economia” (2004) sono:
DIMENSIONE INTERNA: 1) gestione risorse umane 2) salute e sicurezza sul lavoro
3)Adattamento e trasformazioni/ristrutturazioni responsabili 4) Gestione degli effetti
sull’ambiente e delle risorse naturali.
DIMENSIONE ESTERNA: 1) Comunità locali 2) Partnership commerciali, fornitori,
consumatori 3) Diritti dell’uomo 4) Preoccupazioni ambientali a livello planetario.
Andando ad analizzare più specificamente il nostro contesto italiano possiamo notare la
presenza di una serie di azioni aziendali orientate nei termini della responsabilità
sociale, si tratta per lo più di singoli casi isolati che hanno però contribuito al
miglioramento della comunità in cui tali aziende si sono trovate ad operare. In
particolare possiamo citare il <<villaggio operario>> di Crespi D’Adda.
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La famiglia Crespi, a capo di un’azienda di cotonieri della Lombardia di inizio
Novecento, costruì una vera e propria cittadina per i propri dipendenti e le loro famiglie.
“L’esperienza del villaggio operaio (..) può essere considerata rappresentativa di una
modalità del <<fare impresa>> che si preoccupa di coniugare l’interesse privato con
quello della comunità locale e con la vivibilità e il senso di appartenenza all’impresa dei
dipendenti all’interno dell’ambiente di lavoro” (Ferrari et al. 2009; pag.44).
Attualmente il villaggio è divenuto patrimonio dell’Unesco.
Figura2;Fonte: www.villaggiocrespi.it
Un altro esempio molto significativo in questo senso è rappresentato dall’imprenditore
Adriano Olivetti che dimostrò un interesse molto forte nei confronti dei dipendenti e
della società, attraverso una serie di iniziative .
Egli infatti si occupò non solo di fornire un’adeguata formazione ai dipendenti ma
anche di elargire servizi e abitazioni per le famiglie dei suoi operai, come mense e asili.
Inoltre migliorò anche dal punto di vista sociale e urbanistico la città di Ivrea, sede della
fabbrica Olivetti.
Per questi motivi l’azienda rappresenta un esempio emblematico di come un
imprenditore possa coniugare il profitto con il benessere dei suoi dipendenti.