sollecitudine alle grandi riforme politiche che investono anche gli ospedali.
Nel Granducato queste istituzioni percorrono i tempi del rinnovamento
sociale e assumono un ruolo primario negli interessi dello Stato.
Alle soglie del XX secolo si pongono le basi dell’ospedale moderno e
prende avvio il processo di umanizzazione, che si identifica con le prime
applicazioni dell’igiene in ambiente ospedaliero. In Italia lo sviluppo
strutturale e funzionale non si accompagna ad un quadro giuridico di
riferimento altrettanto sollecito. Infatti soltanto nel 1938 con la legge
Petragnani si definisce il primo ordinamento degli ospedali italiani, che
dopo qualche decennio, nel 1968, con la legge Mariotti, assumono la
valenza di Enti autonomi. Con questa nuova legislazione il concetto di cura
ospedaliera evolve verso quella di “protezione sanitaria” e l’ospedale viene
delegato alla tutela globale della salute. Sarà poi la legge di riforma
sanitaria, nel 1978, a proporre un sistema di assistenza integrato, nel quale i
presidi ospedalieri si articolano funzionalmente con le altre strutture socio –
sanitarie, costituendo un unico organismo di sanità pubblica: l’Unità
Sanitaria Locale.
1
La recente normativa approvata con i decreti legislativi 502 e 517 modifica
profondamente l’assetto istituzionale e l’ordinamento degli ospedali italiani.
1
S. BOCCADORO. Toscana Medica: mensile di informazione e dibattito per i medici
toscani. Vol. 1/1990 p.25
In particolare quelli di rilievo nazionale e di alta specializzazione assumono
le connotazioni di aziende.
L’azienda ospedaliera è dotata di personalità giuridica, autonoma sul piano
amministrativo, patrimoniale ed organizzativo. Agli ospedali non costituiti
in azienda, che conservano la natura di presidi delle Unità sanitarie, è
attribuita autonomia economico–finanziaria con contabilità separata nel
bilancio delle Aziende sanitarie.
Il riordino del Servizio Sanitario Nazionale avviato con la nuova
legislazione prospetta un piano organico per la ripresa e lo sviluppo
qualitativo degli ospedali in Italia, dopo un periodo di assestamento
caratterizzato dalla carenza di un quadro normativo di riferimento,
funzionale al sistema tecnico - sanitario ed amministrativo delle istituzioni
ospedaliere.
2
INNOVAZIONI ISTITUZIONALI
Si possono tracciare, a questo punto, le linee del processo di rinnovamento
che gli ospedali italiani stanno affrontando alle soglie del nuovo secolo.
L’ospedale moderno necessita di continue innovazioni legate
2
S. BOCCADORO. Toscana Medica: mensile di informazione e dibattito per i medici
toscani. Vol. 11/1989 p. 16
fondamentalmente al progresso. L’adeguamento alle esigenze dello
sviluppo sociale, scientifico e tecnologico richiede una serie di
cambiamenti, che presuppongono anche il recupero e la qualificazione delle
strutture.
Nel 2000 la medicina sarà sempre più specialistica e più tecnologica. Con
l’incremento delle specializzazioni e delle super specializzazioni si
sviluppano branche mediche autonome sul piano operativo, che sono
legittimate dalla programmazione tendente alla ridistribuzione delle
specialità ospedaliere. Questo evento coincide con l’aspirazione dei medici
ospedalieri di ritagliare uno spazio pertinente alle proprie competenze e
trova corrispondenza nelle recenti innovazioni legislative, in base alle quali
sono riconosciuti anche ai dirigenti medici di primo livello «specifici ambiti
di autonomia professionale».
Comunque con la parcellazione delle attività e delle prestazioni in rapporto
alle plurispecializzazioni, diventa ancor più complesso l’ordinamento
interno degli ospedali. Di conseguenza si dovrà ricorrere a nuovi modelli
organizzativi e superare l’assegnazione dei posti letto alle varie discipline in
base a parametri preordinati e standardizzati. Inoltre si dovrà favorire la
tipologia del corpo di fabbrica multiplo che meglio si adatta alle nuove
modalità organizzative, per realizzare strutture di degenza indifferenziate e
quindi più flessibili per la recettività dei malati.
L’evoluzione tecnologica, anche se sostenuta dagli interessi della
produzione industriale, trova motivazione nell’esigenza che l’ospedale
moderno sia dotato di tutte le strumentazioni e gli impianti medicali che
vengono prodotti, quale indispensabile strumento di supporto per le
prestazioni di diagnosi e cura, per le funzioni inerenti l’informatizzazione,
per la sicurezza e degli operatori.
Le tecnologie avanzate inoltre concorrono ad incrementare il processo di
umanizzazione. Sono infatti il supporto tecnico per facilitare l’accesso alle
informazioni, per conferire chiarezza alle indicazioni segnaletiche, per
personalizzare la chiamata dal letto di degenza, per comunicare con
l’esterno. Pertanto un sistema ben organizzato migliora il rapporto di
fiducia tra gli assistiti e l’istituzione e induce tranquillità psicologica nei
ricoverati e nei loro familiari.
Un ulteriore elemento da considerare è l’evoluzione dell’assistenza sanitaria
in rapporto alla patologia, che attualmente possiamo distinguere
sostanzialmente in malattie brevi e malattie a lungo decorso. Soltanto le
prime afferiscono per competenza all’ospedale, cui spetta il compito di
restituire il paziente alla società dopo un rapido recupero della salute e
dell’integrità fisica. Quando ciò non avviene l’assistenza ai soggetti
diventati disabili o affetti da patologie croniche non sarà più erogata in
ospedale, ma presso residenze sociali, strutture di riabilitazione o al proprio
domicilio. Questo orientamento presuppone l’inserimento più diretto
dell’ospedale nei problemi sociali della comunità locale, essendo chiamato
a sviluppare l’inte-grazione e il collegamento funzionale con le residenze
assistite, i presidi distrettuali, il poliambulatorio zonale i centri di dialisi ad
assistenza limitata ed ogni altra struttura alternativa al ricovero.
Gli ospedali italiani, non più classificati secondo standards preordinati, si
distinguono su base istituzionale in ospedali aziendali e presidi ospedalieri.
I primi, giuridicamente autonomi, sono caratterizzati dalla accentuazione
degli aspetti tecnologici e di ultraspecializzazione. Pertanto avranno le
strumentazioni più sofisticate per prestazioni complesse, diagnostiche e
curative, di loro esclusiva pertinenza, tra cui in primo luogo i trapianti. Gli
ospedali, presidi dell’Unità sanitaria, garantiscono assistenza completa per
le patologie più comuni e per l’emergenza sanitaria. Si contraddistinguono
anche per l’integrazione funzionale con i presidi socio–sanitari territoriali,
cui assicurano il supporto della medicina specialistica.
Sia gli uni che gli altri avranno a disposizione moderni di comunicazione e
di informatizzazione. Dovranno inoltre attivare servizi di diagnosi e cura
alternativi al ricovero e funzionare secondo i criteri dell’organizzazione
dipartimentale. La crisi di modelli assistenziali dovuta all’aumento
incontrollato degli oneri economici ha coinvolto tutti i paesi socialmente
più evoluti. Questo evento ha portato a considerare il servizio sanitario in
termini aziendalistici. Il processo di aziendalizzazione propone un nuovo
modello istituzionale con il quale si introduce una classificazione delle
attività ospedaliere improntata sul rimborso a tariffa (DRGs) per superare le
disfunzioni e gli sprechi, e un sistema di accreditamento per migliorare la
qualità delle prestazioni erogate. Sotto il profilo delle caratteristiche
tipologiche, scontato ormai il superamento delle megastrutture verticali che
si identificano con i cosiddetti ospedali a torre, l’orientamento attuale dei
progettisti privilegia il monoblocco articolato a sviluppo prevalentemente
orizzontale.
La sua proiezione estensiva attenua l’impatto architettonico con l’ambiente
e conferisce alla struttura ampi margini di flessibilità in relazione alle future
innovazioni.
Per non compromettere la compattezza dell’organismo ospedaliero si
scelgono adeguate soluzioni aggregative dei vari blocchi che lo
compongono, distinti fra loro per funzione. Si adottano inoltre i corpi di
fabbrica con sviluppo ad assi orizzontali, favorendo il raccordo complanare
dell’attività.
Le unità di degenza, non più realizzate in base alla tipologia codificata delle
sezioni e divisioni, vengono predisposte secondo criteri di strutturazione
indifferenziata e modulare. Si favorisce così l’organizzazione di tipo
dipartimentale, l’uso in comune delle risorse umane e strumentali,
l’utilizzazione alternativa degli ambienti di ricovero delle discipline affini.
L’assetto organizzativo delle strutture di ricovero sarà conforme ai criteri
delle aree funzionali omogenee. Nel corpo delle degenze le unità di cura
non saranno più le sezioni, ma nuove unità strutturali, costituite da moduli
funzionalmente autonomi e stabilmente organizzati. I moduli potranno
avere forme di aggregazioni diverse, confacenti alle varie realtà e
connotazioni di ogni ospedale. Si seguirà come criterio prevalente di
associazione non soltanto l’affinità tra le discipline di un raggruppamento
specialistico, ma anche la conformità delle prestazioni assimilabili tra loro
in termini di esigenze assistenziali.
In linea con la normativa inerente la riforma delle professioni
infermieristiche, si prospetta anche un nuovo assetto operativo. Gli
infermieri potranno assumere la gestione dell’assistenza ai ricoveri e delle
attività alberghiere nei reparti di degenza con responsabilità autonoma
rispetto ai medici curanti, cui rimarrà ovviamente la facoltà decisionale dei
trattamenti di diagnosi e di terapia.
IL PROCESSO DI UMANIZZAZIONE
L’ospedale è una struttura complessa la cui progettazione non investe
soltanto rilevanti aspetti di natura tecnica, ma comporta anche considerevoli
problemi di ordine psicologico.
Nel periodo di ricovero il malato subisce una permanenza forzata lontano
dall’ambiente di vita abituale. Il regime ospedaliero impone regole di
comportamento limitative delle proprie abitudini, nonché l’accettazione
massima di interventi spesso dolorosi, quantomeno molesti e imbarazzanti.
A questo contesto psicologico si sovrappone l’ansia della malattia; tuttavia
si può alleviare la tensione emotiva che scaturisce dall’ambiente
ospedaliero, se si è in grado di proporre strutture adeguate ai bisogni umani,
che sono bisogni di relazioni, di riservatezza, di rispetto della propria
dignità.
L’ospedale è un ambiente di convivenza che comporta stretti rapporti
interpersonali. Per rendere più accettabile il soggiorno obbligato dei
ricoverati è necessario migliorare le condizioni di ospitalità, realizzando
strutture accoglienti, nonché spazi attrezzati per consentire momenti di
incontro e di rapporti sociali.
Gli elementi per umanizzare l’ospedale si identificano nei fattori inerenti il
benessere psicofisico.
La visualizzazione dell’ambiente esterno dal letto di degenza e l’assetto
paesaggistico dell’area verde, il senso di libertà indotto dagli spazi aperti e
dalle possibilità di movimento favoriscono il relax e l’evasione del
pensiero. L’accostamento dei colori, la diffusione delle luci, la definizione
degli arredi, l’accuratezza dei particolari strutturali, sono fattori essenziali
di distensione psicologica. Le soluzioni architettoniche gradevoli e la scelta
delle finiture, oltre che concorrere alla personalizzazione dell’ambiente,
conferiscono all’insieme abitativo un senso di ordine e di precisione che
infonde il rispetto e la cura delle strutture da parte di chi le usa.
In sostanza l’ospedale che si propone oggi, e per gli anni futuri è una
struttura per viverci dentro, priva di barriere architettoniche, aperta ai
bisogni della città, dotata di servizi sociali, ovvero un ospedale a misura
d’uomo: infatti nell’era dell’accentuata evoluzione scientifica e tecnologica,
l’ospe-dale rimane comunque un istituzione dal significato profondamente
umano, in cui l’uomo nasce, soffre, muore, lotta per il bene della salute.
CAPITOLO I
EXCURSUS STORICO DELLA SANITÀ ITALIANA:
DALLE MUTUE ALLA ISTITUZIONE DEL SISTEMA
SANITARIO NAZIONALE
La sanità è certamente uno dei settori ove i governi incidono in maniera più
diretta sulle opportunità di vita dei cittadini, uno dei settori più delicati
dell’intervento pubblico. L’estrema complessità della produzione e della
distribuzione dei servizi sanitari fa sì che tale settore conferisca un ruolo di
primo piano ad attori di estrazione professionale e tecnica con conoscenze
sia mediche che amministrative, attori che vanno ad influenzare in maniera
marcata la formazione e il contenuto delle decisioni pubbliche. E’
altrettanto vero, però, che l’alta visibilità e l’alto impatto di tali decisioni,
nonché il coinvolgimento governativo in tale area, fa sì che i partiti politici
abbiano svolto nella recente storia repubblicana un ruolo di primissimo
piano nella gestione delle politiche sanitarie; i recenti scandali della
malasanità hanno messo in luce una vera e propria manipolazione politica,
il culmine di una storia pluridecennale di sfruttamento a fini di consenso
della sanità da parte dei partiti politici.
§1.1. LA NASCITA DELLE MUTUE
L’estensione selettiva dei diritti sanitari alle varie categorie sociali è stato
uno degli elementi che più evidenzia lo sfruttamento della sanità da parte
dei partiti; nell’immediato dopo guerra l’assicurazione obbligatoria di
malattia era riservata ai soli lavoratori dipendenti, successivamente negli
anni cinquanta e sessanta il diritto alle cure gratuite venne esteso ad altre
categorie lavorative, spesso estremamente circoscritte: i giornalisti (1951), i
lavoratori domestici (1952), i dirigenti (1953), i pensionati statali (1953), i
coltivatori diretti, mezzadri e coloni (1954), gli artigiani attivi (1956), i
lavoratori a domicilio (1958), i pescatori (1958), i commercianti attivi
(1960), gli artigiani in pensione (1963), i commercianti, i coltivatori diretti
mezzadri e coloni in pensione ed i disoccupati (1966), ed infine i pensionati
sociali (1972)
3
. Di fatto nel 1974, ma più esaurientemente nel 1978 con
l’isti-tuzione del Sistema Sanitario Nazionale si raggiunse
l’universalizzazione della copertura sanitaria a tutte le categorie. Alcune di
queste iniziative furono, da un punto di vista finanziario, dei veri e propri
regali, (pensionati e disoccupati) che furono coperti dai contributi in
eccesso delle categorie attive ed occupate; non solo, ma il più delle volte ad
ogni estensione dell’assistenza sanitaria ad una categoria lavorativa
3
M.COTTA e P.ISERNIA il Gigante dai piedi di argilla , Bologna, il Mulino, 1996,
pp.54-56.
corrispose l’istituzione di un nuovo ente mutualistico con una propria
normativa, ed una propria struttura amministrativa, ovvero nuovi posti di
lavoro nel settore parastatale che i partiti poterono distribuire ai propri
elettori e soprattutto ai propri quadri periferici. La scarsa attenzione ai
requisiti di competenza tecnica di coloro che vennero assunti determinò
conseguenze assai rilevanti sull’ef-ficacia gestionale degli enti mutualistici,
il più celebre dei quali, l’INAM, divenne tra gli anni cinquanta e gli anni
sessanta uno dei più rilevanti feudi del sottogoverno della Democrazia
Cristiana
4
. L’evoluzione demografica e occupazionale della popolazione
italiana, i crescenti costi della tecnologia medica, l’abuso dei benefici
sanitari fatti dal popolo degli assicurati, aggiunti alla particolare
inefficienza di alcune strutture sanitarie della penisola, determinarono già
attorno alla metà degli anni sessanta un preoccupante e crescente debito
mutualistico, principalmente nei confronti degli ospedali, debito che si
presentò in largo anticipo rispetto agli altri nodi finanziari ( in modo
particolare la previdenza) giunti al pettine al tramonto della così detta prima
repubblica. Non è un caso che già nel ’68 con la riforma ospedaliera si
cercò di porre rimedio agli sprechi e alle inefficienze del settore sanitario:
un vasto accordo politico tra sindacati, partiti di governo ed il maggior
4
M.BONACCORSI Gli enti pubblici nel settore della sicurezza sociale , in Anatomia
del potere DC a cura di F. CAZZOLA, Bari, Di Donato, 1979, pp. 57-149.
partito di opposizione introdusse il finanziamento degli ospedali in base alla
retta di degenza, fatturata dagli ospedali alle mutue, che veniva però
calcolata semplicemente dividendo i costi operativi annui per il numero di
giornate di ricovero, ovvero un meccanismo privo di qualsiasi incentivo al
man-tenimento dei costi, che di conseguenza triplicarono in soli cinque
anni
5
. Alla fine degli anni sessanta insomma, vuoi per le ossessioni politico–
distributive, vuoi per le incapacità programmatico–gestionali, la sanità italiana
vive una policy crisis di vaste proporzioni, soprattutto sul piano finanziario.
A partire dal 1971, con l’attuazione dell’ordinamento regionale, prende
avvio una fase di lento trasferimento di competenze alle Regioni, attraverso
cui vengono a crearsi le condizioni perché i Comuni possano svolgere il
loro ruolo di enti territoriali. La legislazione regionale avvierà, a vari livelli
e secondo diversi gradi di intensità sul territorio nazionale, esperienze che
preludono alla legge di riforma del sistema sanitario. Pur risultando ancora
prevalente il profilo dell’intervento settoriale per singole tipologie di
servizi, il rapporto con il territorio come area di riferimento privilegiata per
i servizi socio–sanitari si svilupperà nel corso degli anni settanta, sotto
l’impulso dei grandi temi del decentramento e della partecipazione. Il
passaggio dell’assistenza ospedaliera e del relativo finanziamento sotto il
5
M. SALVATI Economia e politica in Italia dal dopoguerra ad oggi, Milano,
Garzanti, 1984.
controllo delle Regioni, affianco alla liquidazione prospettiva
dell’ordinamento mutualistico introdotti con la legge 386/74, forniscono un
contributo rilevante allo sviluppo di quel modello istituzionale ispirato al
decentramento e necessario al completamento del disegno costituzionale. In
coincidenza con l’avvio della seconda legislatura regionale (1975), vengono
approvate due leggi che contribuiranno a sviluppare le esigenze di gestione
integrata delle attività sanitarie e sociali sul territorio, prefigurando lo
scenario che più tardi verrà introdotto con la riforma del servizio sanitario:
la legge 405/75 di istituzione dei Consultori familiari e la legge 685/75 in
tema di lotta alle tossicodipendenze, rappresentano il prodotto di una
stagione ricca di fermenti culturali intorno ai grandi temi mobilitanti della
tutela della maternità e infanzia e l’emergenza droga, quale fenomeno
incalzante che esprime nuove forme di disagio ed emarginazione soprattutto
nel mondo giovanile. Il 1977 segna la fine dell’ordinamento mutualistico:
all’atto della loro liquidazione le mutue avevano accumulato un’esposizione
debitoria complessiva di ben 6.151 miliardi (pari a circa 27.000 miliardi di
lire del ’94), un buco che viene giustamente considerato come principale
componente del deficit originario della finanza pubblica italiana
6
.
6
V. MAPELLI Le origini del disavanzo nel settore sanitario, in GERELLI e
MAJOCCHI, 1984, pp. 509-569.