Racchiude l'innesco di rettifica, nei grafici della
decodifica (cfr. p. 108).
_ (sotto la riga, NB) Indica una discontinuità
1) nell'intersezione o nel discriminante di due
paronimi (cfr. p. 52).
(Per il significato 2, cfr. infra).
Simboli logico-matematici
⇒ 'quindi' (cfr. la n.)
∧ 'e' (cfr. la n.)
≠ 'è diverso da'
1
Nozioni di base
Un gioco di parole è un testo o una porzione di testo in cui, per fini il
più delle volte umoristici, si fa un uso ludico del fatto che certe espressioni
linguistiche
I. sono formalmente uguali o simili
ma
II. hanno significati diversi.
L'essenza di un gioco di parole è proprio il contrasto tra
I. la somiglianza formale
e
II. la diversità semantica
che intercorrono tra tali espressioni.
1
Le "espressioni linguistiche" che "sono formalmente uguali o simili ma
hanno significati diversi" le chiameremo cardini
2
del gioco di parole. Ogni
gioco di parole è imperniato sui suoi cardini, essi sono i suoi assi portanti, i
fulcri
3
su cui esso fa leva – per usare una metafora tratta dalla fisica. I due
1
Landheer (1969: 81) sostiene che "une conformité sur le plan phonématique cache souvent une
non-identité sémantique", e parla di "identité formelle doublée d'une différence sémantique". Delabastita
(1996i: 128), proprio all'interno della sua definizione di gioco di parole, parla di "a confrontation of two (or
more) linguistic structures with more or less similar forms and more or less different meanings" [enfasi
nell'orig.].
2
Offord (1997: 235 e passim), che scrive in inglese, usa il termine pivot (pr. /ˈpΙ…/ ): la metafora è
la stessa. In francese andrebbe benissimo pivot.
3
Inizialmente si era pensato di adottare proprio il termine fulcro, per indicare ciò che si è poi deciso
di chiamare cardine. Si è optato per cardine perché, in questo modo, la denominazione coppia cardinale,
(oltre a «suonare bene»), grazie al suo palese legame etimologico con cardine 1) mostra chiaramente che il
concetto che designa deriva dal concetto di cardine, 2) è trasparente (cioè si può indovinare cosa significa
anche senza conoscerne la definizione) 3) ed è facilissima da ricordare. Se si fosse scelto il termine fulcro
tutto questo non sarebbe stato possibile, perché l'italiano non dispone di aggettivi derivati da fulcro. La
dicitura coppia di fulcri, d'altra parte, sarebbe infelice e – soprattutto – non «suonerebbe» come un termine
tecnico.
cardini di un gioco di parole formano la sua coppia cardinale
4
: la
indicheremo ponendo una doppia barra obliqua,
(8) Cette jeune fille est jolie de loin, mais loin de jolie.
5
(9) […] besoin des diseurs de sembler diserts
6
(10) Qui s'excuse s'accuse.
7
(11) Il y avait là un monde fou, plus fou que d'habitude.
8
(12) I like Ike.
(13) Les poules du couvent couvent.
9
(14) Traduttore, traditore.
10
Gli ultimi tre esempi sono accomunati da una particolarità: i loro cardini sono
consecutivi, cioè tra il primo e il secondo non c'è nessun'altra parola.
Quelli che seguono, invece, sono esempi di giochi di parole verticali.
Al di sopra del loro cardine manifesto si troverà, scritto più in piccolo, il
cardine nascosto. Questa scelta non è casuale: l'allineamento verticale dei
cardini così ottenuto vuole rispecchiare visivamente la metafora geometrico-
spaziale implicita nell'uso della parola verticale (nonché della parola
orizzontale).
11
Non solo: benché questo secondo effetto non sia voluto, la
posizione in cui viene a trovarsi il cardine nascosto rispecchia visivamente
anche un'altra metafora, quella a cui si è ricorsi quando si è detto che, "[p]er
4
Questa denominazione riecheggia volutamente un'espressione consacrata in linguistica: coppia
minima. In inglese si potrebbe parlare di pivotal pair (cfr. minimal pair), in francese di paire cardinale (cfr.
5
Cit. in Landheer 1969: 86. La fonte non è indicata.
6
Questo brano si trova in uno scritto di B. Poirot-Delpech apparso in Le Monde, 29.7.1988, pp. 9 e
10. Cit. in Besse 1989: 35, n. 5.
7
Proverbio cit. in Besse 1989: 34.
8
Cit. in Landheer 1969: 86. Landheer non è certo della paternità di questa frase: si chiede infatti se
sia di Prévert.
9
Cit. in Henry 1993: 29. La fonte non è indicata. Deve trattarsi di una frase celebre, perché nella
saggistica sui giochi di parole viene citata abbastanza spesso. A questo proposito, cfr. la n. Errore. Il
segnalibro non è definito..
10
In Maloux 1960: 517 questa massima si trova nella sezione "Traduction": ne viene fornita sia una
traduzione letterale in francese ("Traducteur, traître") sia l'originale italiano.
11
Delabastita 1987: 145.
capire il gioco di parole", il cardine nascosto "occorre […] saperlo «leggere
tra le righe»".
(15) Je suis le marchand de sens; on s'arrête chez moi pour
d'essence
faire le plein de sens.
12
Applicando le definizioni generali date sopra a questo esempio specifico,
possiamo dire
• che de sens e d'essence (e non l'inverso, cfr. quanto scritto al punto
seguente) sono i cardini di (15),
• che de sens è il cardine manifesto di (15), mentre d'essence è il suo cardine
nascosto
• e che la coppia cardinale di (15) è de sens // d'essence (in questo ordine).
Ed ecco altri esempi.
langue
(16) Un des plaisirs de la langue française
13
conjoints
(17) Nos félicitations aux deux cons joints.
14
(18) [titolo] Les zappeurs
catholique
[sottotitolo] Pas très cathodique, tout ça!
15
12
Cit. e commentato ampiamente in Henry 1993: 44 e 59. Per quanto riguarda la fonte primaria,
Henry si limita a dire che si tratta di una frase di Roland Barthes. Henry (1993: 60) osserva acutamente che
Barthes avrebbe anche potuto non ripetere le parole de sens dopo faire le plein. L'idea di Henry ci sembra
ottima: se Barthes avesse fatto questa scelta avrebbe creato un gioco di parole ancora più bello.
13
Cit. in Monnot 1988: 61.
14
Questo gioco di parole è un'invenzione di Grousset (1963: 113) e fa parte di una sezione intitolata
Avec une lesbienne. Lo cita anche Redfern (1984: 171), che lo definisce "a toast to a lesbian couple".
15
"Pas très cathodique, tout ça!" è il sottotitolo del secondo volume (uscito nel 1997) di una serie di
album di fumetti di Ernst intitolata appunto "Les zappeurs" e pubblicata dalla casa editrice Dupuis. Sia
zappeurs ('coloro che fanno zapping') sia cathodique hanno a che fare con la TV. Per questa accezione
traslata di catholique, cfr. PR 1995: 321, punto I.3. del lemma. L'esempio che dà il dizionario è interessante:
"Une affaire, un individu PAS TRÈS catholique" [maiuscoletto ns.]. Henry (1993: 39) cita un gioco di parole
molto simile a (18) (più avanti, a pagina Errore. Il segnalibro non è definito., chiameremo questa forte
pièces
(19) des pièges d'identité
16
Sains
(20) Ceints et saufs
17
compte
(21) Un cadeau qui compte
18
Prendiamo ora un gioco di parole attribuito a Luigi XVIII. Questi,
alludendo al suo successore (nonché fratello) Carlo X, sul letto di morte
avrebbe rivolto ai numerosi medici che si affaccendavano al suo capezzale le
seguenti parole:
charlatans
(25) Allons, finissons-en, Charles attend.
19
Il sovrano morente avrebbe prodotto un gioco di parole orizzontale (ma
decisamente più brutto) se avesse detto, ad esempio,
→
(25a) Finissons-en, charlatans. Charles attend.
Oppure si può modificare il gioco di parole seguente, di cui si serve
Prévert "pour s'en prendre à la Trinité"
20
:
deux deux
(26) [verticale] Dieu et Dieu quatre
21
somiglianza omocardinalità): "le sous-titre «Farce pas très cathodique» du livre d'un animateur de télévision".
Henry (ibidem) non manca di sottolineare che, se la mente del lettore corre irresistibilmente all'agg.
cathoLique, è soprattutto perché cathoDique è immediatamente preceduto dalle parole pas très, che – come
conferma l'esempio del PR appena citato – non mancano quasi mai davanti all'agg. cathoLique usato in
questo significato.
16
In Prévert, Intermède, successione di frammenti cha fa parte della raccolta "Spectacle". In OC:
382. Cit. in Boyer 1968: 328.
17
Slogan teso a promuovere l’uso delle cinture di sicurezza. Cit. in Monnot 1988: 61.
18
Slogan pubblicitario delle calcolatrici Sharp ®. Cit. in Monnot 1988: 61.
19
Cit. in Redfern 1984: 126 e in Grousset 1963: 13.
20
Boyer 1968: 328.
→
(26a) [orizzontale] Deux et deux quatre, Dieu et Dieu trois.
È evidente che il senso, però, esce stravolto da questa trasformazione: adesso
si tratta di un enunciato che sostiene, seppure scherzosamente, il dogma della
Trinità. Per avere una spiegazione della sottolineatura doppia, v. p. Errore. Il
segnalibro non è definito..
Esistono poi dei giochi di parole che non sono ne' esattamente verticali
ne' esattamente orizzontali. Si consideri il seguente esempio:
hairs
(27) Hunters shoot hares and academics split them.
22
La coppia cardinale di (27) è hares 'lepri' // hairs 'capelli, peli'. To split hairs è
un modo di dire che significa 'spaccare i capelli in quattro'. Chiediamoci ora a
quale delle due categorie appartenga (27).
I. Da un lato, il fatto che nel testo uno dei due cardini (hairs) non
compaia depone a favore dell'idea che si tratti di un gioco di parole
verticale avente come cardine manifesto hares.
II. Dall'altro lato, però, compare il pronome anaforico them, elemento
testuale distinto e distante da hares che nella posizione in cui si
trova (accanto a split) potrebbe essere sostituito da hairs, cioè
dall'altro cardine. In altri termini, il cardine nascosto (hairs) non è
nascosto dietro quello manifesto (hares), ma dietro them. Questa
particolarità stride con il funzionamento normale dei giochi di
parole verticali propriamente detti e ci impedisce quindi di far
rientrare (27) in questa categoria. Per di più, il fatto che them, pur
21
In Prévert, Et Dieu chassa Adam … [sic], poesia che fa parte della raccolta "Histoires". In OC:
888. Cit. in Boyer 1968: 328.
22
Cit. e commentato da Henry (1993: 54 e 60), che lo prende da W. Terrence Gordon, "Translating
word-play: French-English, English-French", in Babel, 3/1986, p. ? (Henry non precisa la pagina) [non vidi].
Le seguenti parole di Henry (1993: 60) concordano in pieno con quanto stiamo per dire nel corpo del testo:
"Le jeu de mots porte sur l'homophonie de hare ('lièvre') et hair ('cheveu'), mais le deuxième terme n'est pas
donné dans le texte; il est sous-entendu grâce au déictique them." Già in precedenza (1993: 54), del resto,
l'autrice aveva definito hairs "référent implicite du pronom them".
non essendo un cardine, sia un elemento testuale indiscutibilmente
manifesto avvicina leggermente questo esempio ai giochi di parole
orizzontali, anche se esso non può certamente essere considerato
tale.
Per risolvere il dilemma, «istituiremo» una terza categoria, minore e
intermedia tra i giochi di parole verticali e quelli orizzontali. Chiameremo
questi giochi di parole anaforici perché li contraddistingue il fatto che il
cardine nascosto non si cela direttamente dietro il cardine manifesto, ma
dietro una pro-forma anaforica (ad esempio un pronome personale) avente il
cardine manifesto come antecedente
23
. Come si sarà notato, abbiamo indicato
l'anaforico con una sottolineatura punteggiata, e così faremo anche in seguito.
Ecco un altro gioco di parole anaforico.
Il simbolo che in questo lavoro rappresenterà l'omonimia è
=!
Si tratta di un simbolo analogo a =
ph
e =
gr
. Lo accomuna ad essi la presenza
del segno = perché tutti e tre i fenomeni hanno in comune il fatto di essere
dei tipi particolari di un fenomeno più generale che potremmo chiamare
"somiglianze tra significanti". L'elemento caratteristico di questo nuovo
simbolo è invece il punto esclamativo: si tratta di un modificatore del segno
= e ha la funzione di conferirgli maggior enfasi, come se fosse un
superlativo, un rafforzativo. Quindi, il senso del simbolo
=!
è che i due membri che lo racchiudono sono «molto» uguali, completamente
uguali, identici.
23
Simone (1995
6
: 225 e segg., 404 e segg.) non parla di "antecedente", ma usa sistematicamente il
termine punto di attacco.
La sola limitazione a tale identità risiede nel fatto che essa si limita ai
significanti. Sarebbe infatti un errore madornale, dal punto di vista teorico,
asserire che due parole omonime sono identiche, o - peggio ancora - che in
realtà sono la stessa parola. Una parola, infatti, è un segno costituito da due
facce: un significante e un significato. Ebbene, l'omonimia è sì un'uguaglianza
completa, ma solo tra due significanti, non tra due segni (cioè due parole): i
significati di due omonimi sono infatti diversi. L'unico motivo per cui,
rispetto all'omofonia e all'omografia, l'omonimia è una forma di somiglianza
tra significanti non solo più accentuata, ma addirittura completa e perfetta è il
fatto che essa investe i significanti nella loro interezza, perché di due
omonimi sono identiche sia la pronuncia che la grafia (vale a dire le due facce
in cui si scompone un significante linguistico, il quale - a sua volta - è una
delle due facce di un segno linguistico, come è appena stato ricordato). Per lo
stesso motivo, tra l'altro, in alternativa a =! si sarebbe potuto adottare il
Immaculée
(35) L'Émasculée Conception
24
È chiaro che tale gioco di parole sfrutta maliziosamente il fatto che
Émasculée ≅ Immaculée
Ora, se confrontiamo accuratamente le pronunce di questi due paronimi,
scopriamo che
/emaskyˈle/ ∩ /imakyˈle/ : /_ma_kyˈle/
e che, coerentemente,
/emaskyˈle/ D /imakyˈle/ : /e_s_/ vs /i_Ø_/
25
24
In Prévert, La transcendance, lungo componimento che fa parte della raccolta "Spectacle". In OC:
238. Cit. in Redfern 1984: 77.
Come mostra anche a colpo d'occhio la prima di queste notazioni, questa
intersezione è doppiamente discontinua: ci sono infatti due _ . Questo perché,
come mostra la seconda scrittura, i discriminanti sono anch'essi discontinui, e
in particolare ciascuno è diviso in due spezzoni.
Vediamo ora un esempio di paronimia ad intersezione continua.
Godot
(36) En attendant dodo
26
Si tratta del titolo di una recensione negativa riguardante un allestimento della
commedia di Samuel Beckett intitolata En attendant Godot. Il critico, tramite
questa paronomasia, ha voluto comunicare sin dal titolo del suo articolo la
noia provata a teatro: la parola fr. dodo, che appartiene al linguaggio infantile,
significa infatti 'nanna'
27
. Veniamo al punto. Il fatto che
dodo ≅ Godot
è il fondamento di (36). Ora,
/doˈdo/ ∩ /goˈdo/ : /_oˈdo/
Finally, growing exasperated, he took her home. When her
mother saw her come in the door, she asked "How did you
enjoy yourself?"
"Wousy!" came the reply.
28
Il cardine manifesto di (41) è weighed, participio passato di weigh
29
'pesare', e
si trova in una battuta che viene ripetuta come un ritornello: "I want to get
weighed". Dietro weighed si nasconde laid, participio passato del vb. lay, che
25
Attenzione a non confondere il simbolo Ø ('elemento-zero') con il simbolo fonetico Ο . Ø ,
qui, significa semplicemente che laddove è collocato non c'è niente, perché nel punto in cui /emasky∪ le/
presenta il suono /s/ , cioè fra /a/ e /k/ , in /imaky∪ le/ non c'è nessun suono.
26
Cit. in Delabastita 1996i: 129. La fonte non è indicata.
27
Delabastita 1996i: 129.
28
Cit. e analizzato in Heller 1974: 276-277. La fonte non è indicata.
29
Pr. /weΙ / .
in questo contesto è una parolaccia
30
molto volgare e offensiva
31
e significa
'fottere, sbattere, scopare'. Quanto a *wousy, è una parola inesistente
32
che
nasconde lousy, aggettivo colloquiale che invece esiste e significa più o meno
'penoso, schifoso'.
Anche (41) gioca su un difetto di pronuncia. Questa ragazza, infatti,
• è incapace di pronunciare il suono [l] ,
• quindi lo sostituisce per compensazione con la semiconsonante [w] ,
• che produce anche laddove [w] è il suono standard (infatti, nella battuta-
chiave "I want to get weighed", pronuncia want normalmente, NB).
È evidente che la situazione è molto simile a quella dei due esempi
precedenti, come dimostra anche il grafico seguente.
Grafico 3
/w/ ≉ /l/ /weΙd/ ≉ /leΙd/
⇒
[w] [weΙd]
C'è tuttavia qualche differenza. L'anomalia fonetica su cui si basa
quest'ultimo esempio, infatti,
• è patologica
33
(la potrebbe forse correggere la logopedia) o viene percepita
come tale,
30
Ingl. swear (-) word, fr. gros mot.
31
COBUILD 1987: 818, s.v. lay, 10.
32
Inesistente ma "fonologicamente possibil[e]". Si tratta insomma di una parola «virtuale», che
potrebbe esistere (Simone 1995
6
: 107). Per questa ragione, un lettore straniero che conoscesse bene l'inglese
ma avesse delle lacune lessicali potrebbe benissimo non capire questa barzelletta e imputare il problema al
fatto di non conoscere il vocabolo *wousy per incompetenza.
33
Heller 1974: 276 e 277.
• ha un carattere del tutto eccezionale, è bizzarra, stravagante, «deviante»
34
,
• è strettamente idiosincratica (cioè individuale), a differenza del difetto di
pronuncia dei due esempi precedenti, che ha invece un forte carattere
«collettivo» poiché caratterizza grandi gruppi di parlanti accomunati dal
ceppo linguistico d'origine,
• e soprattutto non è dovuta ad un'interferenza
35
con la lingua madre, perché
per quanto ne sappiamo l'inglese è la lingua madre di questa ragazza.
Insomma, questa neutralizzazione appartiene al particolarissimo idioletto
36
della protagonista di (41).
All'interno di questo idioletto (che è un sistema linguistico diverso
dall'inglese standard)
weighed =
ph
laid
Anche di (41), come di (39) e (40), si può dunque affermare che
• si tratta di un gioco di parole omofonico,
• che l'omofonia su cui si fonda è provocata da una neutralizzazione
• e che tale neutralizzazione, a sua volta, è provocata da un difetto di
pronuncia.
L'esempio che segue è molto diverso.
Questa seconda regola ortografica ha come conseguenza il fatto che
l'inizio di frase è una posizione speciale in cui i nomi propri e i nomi comuni
34
Ingl. ˈdeviant (pr. /ˈdiː…/ ). È deviante "[…] any pronunciation, word, or sentence structure
which does not conform to a norm. The norm could be that of the STANDARD variety […]" (DoLTAL 1992
2
:
105) [maiuscoletto ns.]
35
Ingl. ˌinterˈference (pr. /…ˈfΙ↔ …/ ). In glottodidattica si parla anche di negative language
∪ transfer. Cfr. poi il concetto di interlingual error: "an error which results from LANGUAGE TRANSFER, that
is, which is caused by the learner's native language". (DoLTAL 1992
2
: 186, s.v. interference, 205, s.v.
language transfer e 187, s.v. interlingual error)
36
Ingl. ˈidiolect (da cui l'agg. idioˈlectal; DoLTAL 1992
2
: 172), fr. idiolecte. Si tratta dell'
"[u]tilisation personnelle d'une langue par un sujet parlant. Tous les idiolectes sont différents." (PR 1995:
1122).
sono graficamente indistinguibili, perché entrambi hanno l'iniziale maiuscola.
In altri termini, l'opposizione grafematica
[+ iniziale maiuscola] ≈ [– iniziale maiuscola]
che nelle posizioni normali (o qualsiasi) serve per operare la distinzione
Nomi
propri
≈ Nomi
comuni
nella posizione "inizio di frase" si neutralizza a favore del membro [+ iniziale
maiuscola] .
Se rappresentiamo graficamente questa legge generale e in particolare
la applichiamo ai cardini di (42), 〈Lightning〉 e 〈lightning〉 , otteniamo il
seguente grafico (in cui il simbolo
## ,
creato sul modello di # che in linguistica indica un confine di parola,
rappresenta un confine di frase).
Grafico 4
〈#Nome
proprio
〉 ≉ 〈#nome
comune
〉 〈#Lightning〉 ≉ 〈#lightning〉
⇒
〈##Nome〉 〈##Lightning〉
Si consideri ora il seguente esempio.
(43) Patrick Doyle was justly renowned for his drinking habits. He
could down whole gallons of alcoholic stimulants at a sitting.
One day he choked on a pretzel, and as he gasped for breath,
the spectators hollered, "Give the man a glass of water".
Si consideri ora il seguente esempio.
born
(66) A star is porn
Si tratta di un gioco di parole allusivo, perché allude alla frase "A star is
born", titolo sia di una canzone di Barbra Streisand sia di un film in cui la
celebre cantante-attrice canta questa canzone. L'allusione intertestuale di (66),
quindi, è nello stesso tempo musicale e cinematografica.
È sufficiente cambiare un solo fonema (e una sola lettera) di (66) per
ottenere un nuovo gioco di parole allusivo, il seguente.
→
born
(66a) A star is torn
Questo gioco di parole andrebbe benissimo, ad esempio, come titolo di un
articolo di giornale che parlasse del fatto che le "star" sono lacerate (torn) tra
la vita privata e la celebrità, tra il bisogno di privacy e i paparazzi, tra la
famiglia e la carriera. Ebbene, tra (66) e (66a) c'è omoallusività, perché essi
hanno in comune l'ipotesto.
L'allusione intertestuale contenuta nel seguente gioco di parole è già
stata trattata.
coeur
(55) Le corps a ses raisons
37
Il gioco di parole che segue (di nostra creazione come (66a)) è omoallusivo
rispetto a (55), che ci ha dato lo spunto.
37
Es. già utilizzato a p. Errore. Il segnalibro non è definito.. Per i riferimenti bibliografici, v. ivi.
→
Le coeur
(55a) L'odeur a ses raisons que l'hygiène ne connaît point.
Il fatto che in (55a) la citazione dell'ipotesto sia più ampia e completa è
irrilevante, perché anche (55), pur citando solo la prima parte della massima
pascaliana, evoca nella mente di chi legge l'intera frase. Quanto al significato
I giochi di parole onomastici, quindi, costituiscono una categoria un po'
«speciale» proprio perché è del tutto speciale lo statuto semiotico dei nomi
propri.
Si sarà forse già intuito che i giochi di parole essenzialmente
onomastici, poiché "i loro cardini" – per definizione – "sono uguali sia
fonicamente sia graficamente"
38
, non sono altro che un tipo molto particolare
di gioco di parole omonimico.
39
Questa constatazione, a rigore, implica una
premessa teorica non del tutto ovvia: che la nozione di omonimia si possa
applicare anche ai nomi propri, esattamente come si applica alle parole
«normali». Decidiamo di aderire a questa posizione, quindi considereremo il
nome di donna Rosa omonimo a tutti gli effetti del nome comune rosa (e
dell'agg. cromatico rosa), e il nome proprio Franco omonimo di franco
'schietto' (e di franco 'moneta francese'). Fatta questa precisazione, possiamo
ribadire con maggiore decisione che i giochi di parole essenzialmente
onomastici formano un sottoinsieme dell'insieme dei giochi di parole
omonimici, una sua sottocategoria. Proprio per questa ragione, quando si
desidera descrivere in modo completo un gioco di parole essenzialmente
onomastico, una volta segnalata questa caratteristica non è necessario
aggiungere esplicitamente che esso è (anche) omonimico: quest'ultima, infatti,
è una caratteristica ridondante.
40
38
P. Errore. Il segnalibro non è definito..
39
Cfr. la definizione di omonimia, a p. Errore. Il segnalibro non è definito..
40
Analogamente, in fonologia si dice ad esempio che il tratto [± arrotondato] dei vocoidi posteriori
italiani e francesi è ridondante proprio perché essi sono tutti (anche) arrotondati, cioè ne' l'italiano ne' il
I giochi di parole essenzialmente onomastici sono stati chiamati così
perché, dal momento che i loro cardini sono formalmente uguali, il fatto che
uno di essi sia un nome proprio e l'altro no è l'unica cosa che li differenzia
semanticamente, quindi la natura onomastica di tali giochi di parole è
coerente di quest'ultima con il resto del testo, in particolare con la presenza
stessa di fifth. Il lettore, quindi, giungerà alla conclusione che al posto di
〈forth〉 dovrebbe esserci scritto 〈fourth〉 , o – in altre parole - che dietro
〈forth〉 si «nasconde» in realtà 〈fourth〉 . Si tratta di una vera e propria
rettifica, perché così facendo il ricevente modifica, corregge, «riaggiusta» la
propria interpretazione iniziale. Se schematizziamo la decodifica di (76)
appena descritta come già abbiamo fatto per (75), otteniamo il seguente
grafico, che ci sarà di grande utilità.
Grafico 7: decodifica di (76)
S
ato
1
:'avanti' S
ato
1
S
anti
: forth → /fο rΤ / fifth ⇒ S
ante
:/fο rΤ /
S
ato
2
:'quarto' S
ato
2
Questo grafico richiede alcune spiegazioni, che valgono anche per il
grafico che l'ha preceduto.
francese dispongono di vocali posteriori che non siano arrotondate. Cfr. Simone 1995
6
: 110 (per l'italiano) e
Malmberg 1994: 160 (per il francese).
Innanzitutto, è evidente anche a colpo d'occhio che tale grafico è diviso
in due blocchi, che è bipartito. Ciascuno dei due blocchi (così li chiameremo
sempre) di cui si compone è racchiuso tra due parentesi graffe. Ebbene, ogni
paio di parentesi graffe racchiude una fase del processo di decodifica, uno dei
momenti chiave di tale processo mentale. Quindi il grafico è bipartito perché
la particolare decodifica che raffigura presenta due momenti distinti e
successivi, due fasi.
I. La prima fase, sull'asse temporale, si colloca all'incirca nel punto
(cioè nel momento) in cui lo sguardo del lettore incontra per la
prima volta il cardine manifesto, che in questo caso è la parola forth.
Mentre di (80) è omofonico soltanto il primo componente, (81) è doppiamente
omofonico. Tra l'altro, il secondo componente di (81) è accidentalmente
onomastico, perché Othello è un nome proprio.
(82) [indovinello] Pourquoi est-ce qu'Henri IV tenait à ce que le
pot
Tour de France passe à Pau?
Poulidor
[soluzione] Parce que sa poule y dort.
41
Poulidor è un "coureur cycliste fameux", e "Henri IV est connu pour avoir
voulu que tous ses sujets puissent mettre une poule dans leur pot".
42
Anche
questo esempio, come quello precedente, è doppiamente omofonico. Ma, a
differenza del precedente, in questo sono accidentalmente onomastici
entrambi i componenti.
43
41
Cit. in Besse 1989: 37. Non è indicata nessuna fonte.
42
Ibidem.
43
Il buonsenso, la grammatica e l'orrore per le cacofonie ci impediscono di dire che (82) è
*doppiamente accidentalmente onomastico.
couché bonne heure
(83) Longtemps je me suis mouché de bonheur.
44
Il primo componente di questo gioco di parole è paronimico, il secondo è
omofonico. (83) è anche allusivo: il suo ipotesto è l'incipit della Recherche
proustiana, "Longtemps je me suis couché de bonne heure."
light work
(84) Optical fibres make light work.
45
Questo titolo di un testo tecnico-scientifico "joue sur l'adjectif light, 'léger',
sur le substantif homonymique light, 'la lumière', et sur le proverbe [M]any
hands make light work, qui signifie qu'un travail fait à plusieurs est moins
lourd".
46
Spiegazione ottima ma incompleta: noi, infatti, aggiungiamo che
(84), oltre ad essere allusivo e a basarsi sull'ambiguità dell'ingl. light, si basa
anche sull'ambiguità di work, quindi è duplice. Il secondo componente ha
44
In L'Événement du Jeudi, 25 Giugno 1987, p. 108. Cit. da Margarito (1989: 31) e da Henry (1993:
32), che l'ha trovato proprio in Margarito 1989.
45
Cit. e spiegato in Henry 1993: 51.
46
Ibidem.