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INTRODUZIONE
Per gli storici il Piano Marshall è stato un successo in quanto ha
contribuito alla ricostruzione dell’Europa occidentale, diventando
un modello di assistenza economica. I Paesi che aderirono al
piano, versavano in condizioni differenti e ciascuno aveva le
proprie difficoltà economiche e politiche. C’è chi sostiene che
questa diversità fosse ben nota agli Stati Uniti che “operarono
in modo tale da dar rilievo ad un’ emergente specializzazione
funzionale tra i paesi europei”,
1
distinguendone e definendone i
ruoli nella ripresa. Altri sostengono, al contrario, che all’epoca
del discorso di Harvard del 5 giugno del 1947, gli studi in materia
di ricostruzione europea a disposizione del Segretario di Stato
George C. Marshall fossero incompleti e frammentari e comunque
insufficienti per creare un programma organico.
2
Sicuramente, in
Francia, dove l’adesione al piano si accompagnò ad un mutamento
politico, quale l’uscita dal governo dei ministri di sinistra, il
dibattito sulla necessità economica del piano stesso fu ed è
ancora molto complesso. Attraverso lo studio delle condizioni
economiche, politiche e storiche cercheremo di capire se il Piano
Marshall in Francia fu davvero necessario o, meglio, per cosa lo
fu.
Il primo capitolo è dedicato alle condizioni generali dell’Europa
1
C.S.Maier, Il Piano Marshall e l’Europa, Roma 1993, p. 43.
2
J.Gimbel, Il Piano Marshall e l’Europa, Roma 1993, p. 15.
2
all’indomani della guerra; il secondo alla guerra, alle sue
conseguenze economiche nel quadro mondiale e alle ragioni che
ispirarono il European Recovery Program, nome ufficiale del
Piano Marshall. Il terzo capitolo è dedicato all’articolazione del
piano. Il quarto si concentra sulla Francia che costituisce il tema
centrale della tesi. Le conclusioni cercheranno di rispondere, per
quanto è possibile, ad una domanda sulla quale gli storici si sono
accapigliati per decenni. Ovvero se il Piano Marshall fu davvero
necessario in Francia, vista la grande opposizione che incontrò
e, se sì, perché lo fu. Domanda alla quale non si può che
rispondere positivamente. Fu necessario e lo fu perché stimolò
l’economia reale, attraverso la realizzazione del Piano Monnet,
stimolo che fu la base per la fioritura dell’economia francese
degli anni ’50. Gli obiettivi di rientro dell’inflazione, pareggio
della bilancia dei pagamenti, aumento dell’occupazione e della
qualità di vita, aumento del commercio intra-europeo furono
realizzati ben dopo, anche perché la loro realizzazione non era
conciliabile né con la durata di soli quattro anni dell’aiuto, né con
la modalità dell’aiuto stesso. Come ben scrisse M. Maranz:
“Ricostruire richiede capitali... L’aumento del reddito nazionale,
necessario a fornire questi capitali, non può avvenire aumentando
il valore nominale dei salari, delle rendite e dei profitti. Dare a
ciascuno, da un giorno all’altro, dei redditi due volte più elevati,
non provocherebbe effetti più reali che se, in una notte, il globo
terrestre, gli uomini, gli animali, tutto ciò che vive sulla terra
avesse raddoppiato la sua taglia. Aumentare il reddito nazionale
significa produrre maggiori quantità di carbone, di elettricità, di
cemento, di grano, di prodotti tessili, di automobili, significa
aumentare la produzione. Quindi si può ricostruire solo in seguito
3
ad un miglioramento della potenza produttiva dell’economia
francese, ovvero solo dopo l’ammodernamento.”
3
3
M. Maranz, Le Plan Marshall succès ou fallité ?, Parigi 1950, p. 65.
4
Capitolo I
IL DOPOGUERRA
“La seconda guerra mondiale è stata una svolta nella storia; ha
posto fine ad un periodo di logoramento delle strutture
economiche ed ha aperto la strada ad una società in via di
rinnovamento.”
4
A partire da quel periodo le società presero a definire il
progresso, meno in termini geo-politici e più in termini
economici; le colonie, il numero di uomini sotto le armi e gli
armamenti, cedettero il passo alle cifre del PIL (prodotto interno
lordo) e alla sua crescita, come somma espressione del successo
nazionale. La strategia e la cultura della crescita diventano la
base per la competizione tra nazioni.
5
La lezione della prima guerra mondiale e della depressione che
ne era seguita aveva dato i suoi frutti. Come ha scritto Sidney
Pollard “Il sentimento del ‘mai più’ che animava coloro che
furono gli artefici della pace dopo il 1945 si manifestò molto più
forte che dopo il 1918, e acquistò ulteriore convinzione dopo
l’esplosione delle bombe nucleari.”
6
Era infatti chiaro che con
una simile tecnologia in un futuro conflitto non vi sarebbero stati
né vincitori né vinti. Tutti sarebbero stati sconfitti. Gli stati che
stesero l’accordo di pace ebbero come scopo principale quello
4
M. Niveau, Storia dei fatti economici contemporanei, Milano 1972, p. 287
5
D.W. Ellwood, L’Europa ricostruita, Bologna 1994, p. 8
6
S.Pollard, La conquista pacifica. Industrializzazione in Europa dal 1760 al 1970,
Bologna 1989, p. 469-70
5
“di formulare un ordine internazionale, politico ed economico che
evitasse accuratamente tutte le cause del conflitto, di instabilità e
di malcontento.”
7
Vennero così compiute scelte decisive che
diedero al mondo occidentale la fisionomia che mantenne per i 40
anni successivi.
8
Le priorità economiche vennero ad assumere il ruolo guida per la
risoluzione dei problemi sia territoriali che politici, visione che
era completamente mancata nel Trattato di Versailles, che
poneva fine alle ostilità del primo conflitto mondiale. A proposito
degli errori commessi a Versailles John M. Keynes scriveva “Tra
tutti i problemi, i più gravi non erano quelli politici o territoriali,
bensì quelli finanziari ed economici, e i pericoli per il futuro non
riguardavano le frontiere o le sovranità, bensì i viveri, il carbone
e i trasporti.”
9
Dopo la seconda Guerra Mondiale l’ottica cambiò,
operando una profonda trasformazione dell’attività politica, i cui
obiettivi prioritari diventarono quelli economici di piena
occupazione, stabilità e aumento della produzione e dei consumi.
Il controllo dei processi economici diventò ciò che legittimava il
potere politico.
In questa mutata visione, i primi mezzi proposti per la
ricostruzione dalle Nazioni Unite, create nel 1945, furono ciò
che si conosceva allora per raggiungere tale scopo, ovvero mezzi
di tipo istituzionale e funzionale. Furono fondati la Banca
Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, alla conferenza di
Bretton Woods del luglio 1944 e la Import-Export Bank, ognuno
7
S.Pollard, op cit., p. 471.
8
D.W.Ellwood, op.cit., p. 8.
9
J.M.Keynes, The economics consequences of peace , Londra 1919, p. 134.
6
con un preciso ambito d’azione. La Banca Internazionale per la
ricostruzione e lo sviluppo, più nota come Banca Mondiale, aveva
il compito di aiutare i paesi prostrati dalla guerra a ricostruire la
propria economia. Questo compito fu in realtà assolto dal Piano
Marshall ed essa si dedicò prevalentemente allo sviluppo dei
paesi arretrati. Il Fondo Monetario Internazionale nacque
sostanzialmente con due compiti, “la supervisione del nuovo
sistema dei cambi fissi”
10
, reintrodotto nel 1947 con il gold
exchange standard, e “gli interventi di sostegno finanziario a
paesi temporaneamente in difficoltà.”
11
La Import-Export Bank fu
creata con la finalità di sostenere i rischi sulle esportazioni.
Fu anche varato, sempre dall’Onu, a partire dal novembre del
1943 un piano di aiuti, lo United Nations Relief and Reabilitation
Administration (Unrra) incaricato di organizzare gli
approvvigionamenti e i sevizi essenziali, che portò in Europa
circa 4 miliardi di dollari in aiuti alimentari.
12
Finanziato per il
75% dagli Usa, l’Unrra diede un contributo solo all’Europa
centrale e orientale, oltre che alla Jugoslavia, alla Grecia e
all’Italia, ma non agli altri paesi dell’Europa occidentale
considerati in grado di risollevarsi da soli.
Si accarezzava poi il sogno di un Organizzazione Internazionale
per il Commercio (Ito) in grado di eliminare la discriminazione
commerciale, di limitare l’uso dei controlli diretti sul commercio
per arrivare ad iniziare una riduzione delle tariffe. In realtà, verso
la metà del 1947, questo insieme di strumenti ed istituzioni,
“ideati per promuovere una ricostruzione liberalizzante ed
10
V. Zamagni, Dalla rivoluzione industriale all’integrazione Europea, Bologna 1999, p.
216.
11
V. Zamagni, op.cit., p. 216.
12
V .Zamagni, op.cit., p. 205.
7
espansionistica dell’economia mondiale”
13
aveva dimostrato tutti i
suoi limiti.
La Banca Mondiale rimase bloccata da “difficoltà strutturali e di
personale”
14
fin dal momento della sua creazione e riuscì a
“nominare un presidente autorevole”
15
, John C. McCloy, solo nel
febbraio di quell’anno. Inoltre quando iniziò la sua attività questa
fu molto più limitata del previsto.
Il Fondo Monetario Internazionale aveva ridotto la portata dei
suoi compiti, limitandosi “a fornire valuta estera a quei paesi
membri la cui bilancia dei pagamenti era temporaneamente in
disavanzo”
16
, anche se sempre importante rimase il suo ruolo nel
controllo dei cambi.
La Import-Export Bank a partire dal 1947, chiuse i crediti di
emergenza per la ricostruzione e si concentrò sul finanziamento
del commercio e dello sviluppo fondato su rapporti limitati e
bilaterali.
L’Unrra, che nel 1946, non aveva raggiunto nemmeno il minimo
degli scopi prefissati, venne liquidata.
L’Ito, invece, non entrò mai in funzione, perché considerato
troppo restrittivo dagli USA che mai lo ratificarono. Al suo posto
entrò in funzione nel 1948 il Gatt (General Agreement on Tariffs
and Trade).
La stessa Onu, nonostante fosse sicuramente in grado di
svolgere alcuni compiti utili, mostrava tutti i suoi limiti come
organismo politico soggetto alle decisioni dei paesi più infuenti
che erano i veri detentori del potere. Infatti nessuno dei paesi
13
D.W. Ellwood, op. cit., p. 113.
14
D.W. Ellwood, op. cit., p. 113.
15
D.W. Ellwood, op. cit., p. 113.
16
D.W. Ellwood, op. cit., p. 113.
8
aderenti voleva affidare decisioni veramente importanti per la
sua sicurezza al voto di maggioranza di un’organizzazione a
livello mondiale, limitandone di fatto il ruolo.
17
Risultò quindi
chiaro che questa impostazione della ricostruzione Europea, figlia
del New Deal americano, detta appunto “universalista”, era
piuttosto astratta e non si basava su un effettivo riscontro delle
condizioni in cui versava l’Europa del secondo dopoguerra, ma
sull’applicazione di ricette che avevano avuto successo in
passato nella ricostruzione americana degli anni trenta. Fu chiaro
anche che i nuovi istituti e gli accordi multilaterali basati su di
essa, non erano assolutamente in grado, da soli, di portare al
mondo e all’Europa, in particolare, quel benessere economico,
presupposto di una pace duratura.
18
Si doveva cambiare impostazione. Lo scenario delle distruzioni in
Europa fece capire che le priorità immediate erano “la
sopravvivenza nazionale e la stabilità; un approvvigionamento
stabile di viveri essenziali, lavoro per le masse e il
funzionamento della legge e dell’ordine ”
19
e che i bilanci erano
esausti. Era quindi necessario affrontare il compito di
trasformare i progetti astratti dell’immediato dopoguerra in
proposte attuabili e all’altezza della non facile situazione.
All’inizio del 1947 venne chiamato al governo da Truman, come
Segretario di Stato, il generale George Marshall capo di stato
maggiore dell’esercito americano e uno degli strateghi di maggior
spicco nella seconda guerra mondiale. Venne quindi riesaminato
17
D.W. Ellwood, op. cit., p. 113.
18
D.W. Ellwood, op. cit., p. 115.
19
D.W. Ellwood, op. cit., p. 48.
9
a fondo il problema. Furono stilati due documenti guida per la
nuova impostazione uno da George Kennan e il suo Policy
Planning Staff, istituito per iniziativa dello stesso Marshall nel
dipartimento di Stato, e uno da William Clayton, sottosegretario
di Stato per gli affari economici. Quando i personaggi principali
del dipartimento di Stato dovettero formulare la sintesi delle
nuove impostazioni si trovarono a dover rispondere a tre ordini di
problemi:
1) quello di ridisegnare una ricostruzione “in Europa che desse
maggiori garanzie di continuità rispetto a quella concepita dopo la
Prima Guerra Mondiale”
20
portando ad una visione multilaterale e
non solo di sovranità nazionale. Per questo furono previsti
programmi paralleli e integrati, che presupponevano una
collaborazione economica interna tra gli europei;
2) quello dell’influenza sovietica attraverso i partiti comunisti
presenti nei vari paesi europei e soprattutto nelle zone liberate
dall’Armata Rossa, “lasciando esplicitamente aperta la speranza
che le nazioni dell’Europa orientale partecipassero della
ricostruzione, a patto che abbandonassero l’orientamento
esclusivamente sovietico delle loro economie”
21
3) quello della ricostruzione, un problema particolarmente grave,
sia per l’inverno rigido del 1946-47, sia per l’inadeguatezza degli
aiuti finora ricevuti, dovuti ad una grossolana sottovalutazione
della distruzione dell’economia europea causata dalla guerra, sia
20
V. Zamagni, op. cit., p. 48.
21
D.W. Ellwood, op. cit., p. 117.
10
ancora per l’esaurimento delle riserve in dollari, che rendevano
impossibile l’approvvigionamento di materie prime e di merci e,
senza queste, la produzione e l’esportazione.
Si abbandonò quindi la politica degli aiuti frammentati attraverso i
canali istituzionali e si adottò un piano completo per la
ricostruzione. Il 5 giugno del 1947, George Marshall, durante il
discorso di chiusura dell’anno accademico presso l’Università di
Harvard “annunciò che gli Stati Uniti erano decisi a finanziare un
piano pluriennale di sostegno alla ricostruzione di tutti i paesi
Europei che vi avessero voluto aderire.”
22
22
V. Zamagni, op.cit., p. 207