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1. BREVE STORIA DEL GRAFFITISMO, ANTENATO
DELLA STREET ART
1.1. Ragazzi di strada e cultura hip hop
Per cercare di far chiarezza sulla Street Art, è opportuno cercare
d’inquadrare e comprendere il fenomeno all’interno del quale è nata, per poi
svilupparsi autonomamente. A questo scopo è fondamentale parlare del writing
e, per completezza, della cultura o meglio la sottocultura o controcultura
all’interno della quale si è sviluppato: l’hip hop.
1
L’hip hop, è un movimento culturale nato negli anni ’70, all’interno delle
comunità Afro-Americane e Latino-Americane che risiedevano nei ghetti,
quartieri malfamati come il Bronx, celeberrimo e ormai mitico quartiere di
New York.
2
Il cuore del movimento erano i block party,
3
feste di quartiere, dove
si manifestavano le quattro attività principali di questa sottocultura: l’MCing,
il DJing,
4
il b-boying
5
e il writing. L’MCing è un’ attività in cui l’MC
6
(Master
of Ceremonies) intratteneva il pubblico con il suo rap
7
. Presto questa figura sarà
accompagnata da un dj che, al tempo, mixava dischi funk, usando per la prima
volta due piatti e isolando parti delle canzoni (i breaks)
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creava così un ritmo
(detto beat, tipico della musica rap) che accompagnava musicalmente l’MC.
1
Si ritiene che questo termine sia stato inventato dal rapper Keith Cowboy, scimmiottando la cadenza ritmica
tenuta dai militari in quel periodo. Cfr. www.en.wikipedia.org/wiki/ Hip_hop_music; sulla cultura hip hop, cfr. N.
DE RIENZO, Hip hop. Parole di una cultura di strada (I Tascabili), Baldini Castoldi Delai, Milano 2008.
2
Cfr. N. DE RIENZO, Hip hop…, op. cit.; A. RIVA, Street Art Sweet Art, in Street Art Sweet Art. Dalla cultura hip
hop alla generazione pop up, catalogo della mostra a cura di Id. (Milano, Padiglione d’Arte Contemporanea, 8
marzo-9 aprile 2007), Skira, Milano, 2007; pp. 15-50, pp. 31-32.
3
Vedi Glossario, sui block party, vedi anche: www.en.wikipedia.org/wiki/Hip_hop_music;
www.it.wikipedia.org/wiki/Block party.
4
All'attività di un dj di tipo hip hop viene collegato il turntablism:, grazie a questa disciplina il dj riesce a “suonare
il disco”, cioè ad utilizzare un giradischi e un disco in vinile come strumenti (vedi Glossario). Sul DJing vedi
anche: www.it.wikipedia.org/wiki/Hip_hop.
5
E’ il ballo della breakdance i cui ballerini vengono chiamati b-boy o b-girl.
6
Nel gergo hip hop l’MC è il rapper più bravo, che detiene il potere (il microfono) e conduce la serata. Cfr.
www.en.wikipedia.org/wiki/Master_of_Ceremonies; www.en.wikipedia.org/wiki/Hip_hop_music
7
Il rap, è uno stile musicale che consiste nel parlare in rima seguendo un certo ritmo, detto beat. Cfr.
www.daveyd.com/bbamstat.html; www.it.wikipedia.org/wiki/Rap#cite_note-0.
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«Il Dj Kool Herc nel 1972 riproducendo di seguito un breaks creò il breakbeat, ovvero un brano musicale con
un beat seriale, che divenne caratteristico della musica hip hop e della breakdance (da qui il termine)». Cit.
tratta da: www.it.wikipedia.org/wiki/Break; Cfr. anche www.it.wikipedia.org/wiki/Hip_hop.
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Partendo da questa semplice base, il fenomeno musicale dell’hip hop si è
enormemente ampliato e sviluppato col tempo. All’interno dei block party prese
piede anche il b-boying, cioè il ballo notoriamente frenetico della breakdance, in
cui i ballerini eseguivano i loro migliori movimenti al ritmo delle tracce
selezionate dai dj.
La quarta espressione tipica della sottocultura hip hop, ed ecco che veniamo
al punto, è il writing (o graffitismo).
Il fenomeno del graffitismo,
9
come è noto, nasce ben prima dell’hip hop
cultura che, come si è detto, ha pienamente adottato questo tipo di espressione
visiva, finendo per inglobarlo. Evidentemente il writing esprimeva alcune
caratteristiche e alcuni bisogni corrispondenti alle esigenze espressive della
sottocultura in questione. Prima fra tutte, è la necessità di segnare il territorio,
allo scopo di personalizzare il luogo in cui si vive, perché risponda a canoni
estetici diversi rispetto a quelli della società al di fuori del ghetto. Un modo
quindi, per far proprio il quartiere, per dare un segnale che “qui dentro” vigono
regole diverse, rispetto a quelle della società “là fuori”.
L’intento è quello di appropriarsi del quartiere per strapparlo, in qualche
modo, alle autorità. Quelle autorità totalmente disinteressate ai problemi
sociali ed economici delle comunità che vivono nei luoghi peggiori e più poveri
della città, volutamente abbandonate ed isolate in zone lontane dagli sguardi
dei benpensanti, i ghetti appunto.
10
Altra caratteristica che si era manifestata da subito fra i writers era lo
spirito di competizione, mosso dalla volontà di apparire, per questo la propria
scritta doveva essere più grande e comparire in più posti rispetto a quella degli
altri.
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Questa tendenza portò in breve a far a dilagare il fenomeno sui muri e sui
mezzi di trasporto, utili a “pubblicizzare” gratuitamente e per tutta la città le
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Graffitismo inteso come il semplice scrivere sui muri o su qualsiasi tipo di superficie che circonda il nostro
ambiente di vita. Vedi infra p. 11.
10
Cfr. N. DE RIENZO, Hip hop…, op. cit. pp. 139-141; Pittura Dura. Dal Graffitismo alla Street Art, catalogo
della mostra a cura di L. M. BARBERO e G. IOVANE (Torino, Palazzo Bricherasio, 24 novembre 1999 – 30
gennaio 2000), Electa, Milano 1999, pp. 17-19; Street Art Sweet Art..., op. cit. pp. 31-32; C. GALAL, Street Art
(Collana Rumori, 01), Casanova e Chianura Edizioni, Milano, 2009, pp. 40-41.
11
Cfr. N. DE RIENZO, Hip hop…, op. cit. p. 26; A. MININNO, Graffiti writing. Origini, significati, tecniche, e
protagonisti in Italia, Milano, Mondadori, 2008, p. 18; www.at149st.com/hpart1.html.
10
scritte. Lo spirito di competizione che spingeva i writers a scrivere ovunque,
era lo stesso che, ai block party, portava i rapper a scontrarsi verbalmente a
colpi di rime e i b-boy a sfidarsi articolando passi di danza sempre più complessi;
tutto per esser acclamati dalla gente del quartiere che, durante i contest
12
sopra
descritti, assisteva e all’occorrenza “votava” con gli applausi gli sfidanti più
abili.
L’obiettivo comune, per rapper, ballerini e writers era quindi quello di essere
riconosciuti come i migliori, i kings
13
della strada, ed ottenere il rispetto degli
altri membri della comunità.
Infine, i writers esprimevano un’altra caratteristica riconosciuta come
indispensabile dalla cultura hip hop: l’esser antiautoritari, agire secondo regole
proprie o interne al ghetto. I graffitisti iniziarono a muoversi da subito
nell’illegalità, in quanto la modalità di espressione era, ed è, intrinsecamente
abusiva e non permessa dalla legge. Le loro scritte erano, in qualche modo un
gesto di disubbidienza e di incitamento ad essa; oltre al fatto di essere un
segnale di vita, un urlo proveniente da quei luoghi che si volevano dimenticati,
quando non esistenti. Così agire di notte, non visti o lontano da occhi vigili,
lasciare un segno e scappare all’arrivo della polizia entrò da subito
nell’attitudine dei writers.
14
12
I Block party, (cfr. nota 3) sono chiamati anche più genericamente contest, un evento in cui dei gruppi di
persone o singoli individui ingaggiano una competizione fra loro. Cfr.
www.it.wikipedia.org/wiki/Block_party_(hip_hop); www.en.wikipedia.org/wiki/Contest.
13
Cfr. Pittura Dura…, op. cit. p. 19; www.graffiti.org/faq/appel_ghetto_art2006.html.
14
Cfr. Pittura Dura…, op. cit. pp. 18-19; L. IAMURRI, A proposito di «Roma e il graffitismo urbano», in L.
IAMURRI, Roma e il graffitismo urbano, Roma, CROMA, 2008; pp. 7-12, p. 9.
11
La storia dei graffiti, come si sa, accompagna quella dell’uomo fin dagli
albori, dalle grotte di Lascaux di circa 15.000 anni fa (fig. 1), fino alle variegate
scritte sui muri di Pompei, in età romana, per arrivare all’episodio mitico di
Giotto colto dal pastore a disegnare su una roccia, e ancora, le scritte politiche
del Risorgimento nell’Ottocento e della Resistenza durante l’occupazione nazi-
fascista. Vicende che pur fanno riflettere su come, da sempre, l’uomo senta
l’esigenza primaria di esprimersi lasciando un segno del proprio passaggio su
ciò che lo circonda.
Ma questi episodi, sia pure di rilevanza poetica, sociale o politica non
saranno trattati per l’economia e le caratteristiche di questa tesi, che vuole
affrontare i graffiti, ciò che ne è scaturito, la loro evoluzione fino ad essere
riconosciuti come opere d’arte, in età contemporanea.
Il fenomeno del moderno graffitismo nasce negli Stati Uniti, dove ha già un
altro curioso precedente, da aggiungere a quelli citati poco fa, in cui un nome
proprio veniva insistentemente scritto ovunque: Kilroy was here
15
(fig. 2).
L’espressione nasce involontariamente quando, durante la Seconda Guerra
Mondiale, James Kilroy, un ispettore della marina militare americana, per
calcolare l’avanzamento del lavoro di saldatura delle lamiere eseguito dagli
operai durante i turni e pagarli in base al lavoro svolto inizia, fra un turno e
l’altro, a scrivere sulle lamiere “Kilroy was here”. Per urgenza bellica le navi
15
Cfr. www.en.wikipedia.org/wiki/Kilroy_was_here; www.subwayoutlaws.com/History/History.htm.
1: Grotte di Lascaux, Francia.
12
venivano consegnate prima del completamento della verniciatura. Così,
ovunque sulle navi, i marinai trovavano la misteriosa scritta.
Probabilmente i militari americani,
dopo aver visto l’onnipresente scritta
sulle loro navi, vi aggiunsero il
pupazzetto che spia e la adottarono in
guerra, per contrassegnare le aree appena
conquistate e come monito verso i
nemici. La scritta divenne un’ icona
mitica della Guerra diffusa ovunque e
usata fino agli anni ’50.
16
Sebbene questa pratica può aver dato spunto o avvio al graffitismo, va
detto che il fenomeno come lo conosciamo oggi, nasce a Philadelphia, nei tardi
anni ’60, per poi diffondersi e svilupparsi a New York tramite i treni siglati dai
writers.
17
Il fatto che sia nato nei quartieri malfamati delle megalopoli statunitensi
indica come sia una manifestazione di un malessere, una tensione politica e
sociale tipica di quegli anni, di quei luoghi e di quella gente «Povera ma non
sottomessa».
18
Sicuramente è un’ espressione individualista, assolutamente spontanea e
fortemente legata all’ambiente urbano, non certo intellettualistica; per trovare
un ambito culturale coevo, che spieghi almeno in parte le fondamenta del
graffitismo può esser interessante rapportarlo - come suggerisce giustamente
Luca Massimo Barbero
19
- su un piano artistico, a due fra i più importanti
movimenti del dopoguerra: l’Art Brut e l’Espressionismo astratto.
La prima è caratterizzata da una sua ricerca verso un’ arte spontanea,
lontana dalla cultura artistica, primitiva e grezza, proprio come un graffito o
uno scarabocchio su un muro; la seconda invece univa l’intensità auto-
16
Ibidem.
17
A Philadelphia il graffitismo non si diffuse con la stessa abbondanza di New York per via della mancanza di
un sistema di metropolitane. Cfr. Street Art Sweet Art…, op. cit. pp. 31-32;
www.subwayoutlaws.com/History/History.htm.
18
L. M. BARBERO, SAY IT LOUD!, in Pittura Dura…, op. cit. pp. 16-23, p. 17.
19
Ibidem.
2: Kilroy su un muro del WWII
Memorial di Washington.
13
espressiva ed emotiva degli espressionisti tedeschi, all’estetica anti-figurativa
degli astrattisti europei, portando con sé anche un’ immagine di ribellione
anarchica e nichilista.
Non a caso, il fotografo Aaron Siskind,
vicino all’Espressionismo astratto,
proprio negli anni del dopoguerra insegue
le tracce graffite o casuali lasciate sui
muri delle città (fig. 3).
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Inoltre, ragionando per antitesi, va
fatto notare che negli anni ’60, prende
ampiamente piede negli Stati Uniti la
Pop Art, ben lontana dallo spirito
«Poverista»
21
e anticonformista delle
correnti appena citate, oltreché dagli
stessi writers e dalle nuove generazioni in
fermento.
Tuttavia come si vedrà più avanti, lo spirito Pop sarà ripreso almeno in
parte dai graffitisti e dalla Street Art, attraverso l’uso di soggetti o iconografie
appartenenti al mondo dei mass-media ed alla volontà di dare una diffusione
ripetuta e massificata delle proprie immagini.
Si può quindi affermare, senza commettere eresia, che il movimento dei
writers e per esteso della Street Art siano in costante rapporto parallelo col
mondo dell’arte ufficiale, anche se in maniera anticonvenzionale e spesso
duramente critica, tanto da negare quello stesso mondo. Un atteggiamento ben
comprensibile, tipico di molte avanguardie.
Fatta questa premessa sull’ambiente culturale americano di questo periodo,
si può iniziare a parlare nello specifico del graffitismo che, dal 1968, dilaga sui
muri di New York dal Bronx fino a Brooklyn.
22
20
Ibidem.
21
Ibidem.
22
Per informazioni ulteriori sulla nascita e lo sviluppo del writing a New York cfr. Street Art Sweet Art…, op. cit.
p. 31; L. M. BARBERO, SAY…, op. cit. p. 16-17; B. CINELLI, Graffiti urbani: alle origini di un linguaggio, in L.
IAMURRI, Roma e il graffitismo urbano, Roma, CROMA,2008, pp. 21-31, p. 23; A. MININNO, Graffiti writing…,
3: Aaron Siskind, “Rome 71”, 1963.