Introduzione
1.1 La cessione come atto di disposizione volontaria di un
diritto
Il negozio giuridico disciplinato dall'art 1260 del codice civile viene
tradizionalmente inquadrato tra le ipotesi di sostituzione soggettiva nel
rapporto obbligatorio.
Tale classificazione è fondata sulla mera constatazione della permanenza del
rapporto obbligatorio a fronte del mutare dei suoi elementi soggettivi.
L'orientamento, pur consolidato, desta peraltro non poche perplessità, in
particolar modo in relazione alla possibilità di confondere l'istituto della
cessione di crediti con quello della surrogazione per volontà del
creditore,che si fa rientrare nella medesima categoria.
Si ritiene,quindi, di dover preliminarmente evitare tale equivoco, in quanto tra i
due istituti sussiste una netta distanza.
La cessione è il negozio attuativo della disponibilità riconosciuta dall'art 1260 1°
comma al titolare come effetto naturalmente derivante dall'esistenza del credito,
e si palesa quindi come strumento idoneo a soddisfare necessità connesse non
all'utilizzo del bene dovuto,ma ai risultati concretamente ritraibili dalla
circolazione del credito.
La surrogazione non è invece atto di esercizio della disponibilità del credito e
non realizza una successione del rapporto obbligatorio dal lato attivo, ma
piuttosto presuppone logicamente la dazione di un pagamento ad opera di un
terzo; ed è tale pagamento ad identificare i tratti del diritto vantato dal solvens
nei riguardi del debitore. Conseguentemente al pagamento effettuato il credito
risulta per ciò stesso estinto.
Risulta quindi evidente come la surrogazione non esprima la funzione di
smobilizzare il credito, ma quella inversa di facilitarne l'estinzione.
La cessione di crediti è, per contro, atto di esercizio della disponibilità del
credito, come tale naturalmente riconducibile nell'ambito degli atti di
disposizione volontaria dei diritti e suscettibile quindi di accostamento all'altra
specie di questo genere, l'alienazione dei diritti reali.
Le due figure, che hanno in comune la struttura e la natura di atto di esercizio
della disponibilità negoziale, così come l'effetto traslativo prodotto dall'atto,
divergono tuttavia in riferimento allo strumento che il beneficiario acquisisce
per soddisfare il proprio bisogno: un diritto al conseguimento della prestazione
3
dovuta dal debitore o un diritto sui beni
Sussiste quindi una differenza di secondo grado tra le due figure, che tuttavia
non mette in discussione l'appartenenza della cessione di crediti agli atti di
disposizione tout court.
1.2 La disposizione del credito nell'ordinamento vigente
Il paragrafo appena concluso si chiudeva con la netta affermazione della
riconducibilità della disposizione del credito alla categoria generale della
disposizione dei diritti, come tale assoggettata ai medesimi principi cardine
propri della disposizione dei diritti reali.
Il sistema vigente delinea,inoltre, una serie di norme specifiche per la cessione
dei crediti, gli artt. 1260 e ss del codice civile, disposizioni volte a regolare gli
aspetti della vicenda traslativa correlati alla struttura del credito, come tali
meritevoli di peculiare normazione.
Alla circolazione dei crediti vengono applicate esclusivamente le norme davvero
generali, quindi quelle che rappresentano la diretta regolamentazione dell'atto di
disposizione in sé considerato.
Di carattere logico è la considerazione che alla cessione di crediti non possano
essere applicate le norme che dettino una disciplina contrastante con la struttura
del credito, anche se inquadrato nella dinamica della circolazione, pena la
vanificazione del rapporto tra diverse specie che accomuna cessione e
alienazione dei diritti reali.
Di altrettanto immediata evidenza è la rilevazione che la pura e semplice
esistenza di un capo rivolto alla disciplina della circolazione del credito(artt.
1260 e ss. c.c), non ha e non può avere una consistenza tale da oscurare il
legame sussistente tra le disposizioni inerenti a caratteri specifici della cessione
del credito e le altre norme riguardanti lineamenti appartenenti al genere della
disposizione.
Tutte le norme volte a disciplinare la cessione dei crediti, siano o meno incluse
negli artt 1260 ss. cc., avendo la funzione di specificare un regolamento
delineato in via generale, devono forzatamente essere classificate e riedificate
alla luce di tale normativa comune.
Il solo criterio guida per giudicare del carattere di disposizione avente quale
sfera d'applicazione,in via esclusiva, quella del trasferimento del credito,è quello
del contenuto precettivo che è proprio di tale norma.
4
Capitolo 1 La cessione di crediti :disciplina
1.1 Cedibilità dei crediti (art 1260)
“Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito,anche senza il
consenso del debitore,purchè il credito non abbia carattere strettamente
personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge”.
Il comma d'apertura dell'art 1260 ha il merito di renderci immediatamente scevri
da questioni teoriche e di introdurci direttamente al cuore della disciplina sulla
disposizione dei crediti,iniziando dal suo oggetto.
Appare limpida la scelta di campo del legislatore in favore del principio
generale della libera trasferibilità dei crediti, salvi i divieti di legge ed i limiti
derivanti dalla natura strettamente personale del credito stesso; può intervenire
poi un accordo sulla intrasferibilità concluso dalle parti,ma “il patto non è
opponibile al cessionario,se non si prova che egli lo conosceva al tempo della
cessione”(art1260 cpv).
Affermazione logicamente conseguente al suddetto principio generale è quella
secondo la quale ogni credito esistente,o futuro se deriva da un rapporto già
esistente al momento della cessione, può essere oggetto di cessione, sia che la
fonte dalla quale derivi abbia natura convenzionale, sia che la sua fonte abbia
carattere legale.
Si è accennato alla possibilità di trasferire anche i crediti futuri, ma soltanto se,
nell'istante in cui si conclude la cessione, sussiste già il rapporto giuridico che è
fonte di tali crediti, poichè solo in questo caso i crediti in questione possono
considerarsi “determinabili”
1
.
La considerazione appena svolta, e recepita dal legislatore, è, per inciso, di
origine giurisprudenziale
2
.
Sono da ritenere cedibili i crediti nascenti da un contratto a prestazioni
corrispettive, anche nel caso in cui la controprestazione è stata adempiuta; tale
circostanza determinerà tuttavia l'esposizione del cessionario a tutte le eccezioni
nascenti dal contratto, quella di inadempimento compresa, ed inoltre la cessione
avrà riguardo al lato attivo del rapporto, mentre gli obblighi gravanti sul cedente
a titolo di controprestazione resteranno sempre in capo a quest'ultimo,fatta salva
5
1 Qualunque credito può essere trasferito,sempre che sia possibile,lecito e determinato o determinabile nel
titolo costitutivo di trasferimento. Cfr Rubino, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari,Milano,1939,p
362.
2 Cfr,tra le altre Cass, 2 agosto 1977,n 3421, in Mass. Giust. Civ, 1361 ss.
l'ipotesi di cessione dell'intero contratto
3
.
Sempre in virtù del principio enunciato in apertura la dottrina considera cedibili
anche i crediti derivanti da obbligazioni naturali, anche se, in ragione della
peculiare natura dell'obbligo, il cessionario non acquisterà nessun diritto
all'adempimento da parte del debitore ceduto, dal quale potrà conseguire la
prestazione soltanto nell'ipotesi di adempimento spontaneo
4
.
Giurisprudenza e dottrina concordano inoltre nel ritenere possibile anche la
cessione di una parte del credito, argomentando tale convincimento in forza
dell'art 1262,che prevede espressamente proprio tale ipotesi(es. capitale separato
dagli interessi o viceversa) salvo che la prestazione sia per sua natura
indivisibile
5
.
Venendo invece alle ipotesi di incedibilità dei crediti normativamente delineate,
una prima causa di esclusione è costituita dalla natura dei crediti medesimi.
I crediti che si sono denominati come strettamente personali, vengono ad
esistenza e spettano ad un determinato soggetto perchè quest'ultimo possiede
proprio quella qualità o si trova in una ben individuata situazione, e non se ne
potrebbe quindi giustificare il distacco dal titolare.
Da questo deriva la loro indisponibilità e ad essi fa diretto riferimento l'art 1260
cod.civ. Inequivocabile esempio di credito personale è il credito alimentare.
Il diritto agli alimenti spetta a quei congiunti ,espressamente indicati dalla legge,
che versino in condizioni di necessità, ed è a carico di altri ben individuati
congiunti, che abbiano una certa capacità economica.
Il credito, se fosse trasferito ad altri, perderebbe la sua ragion d'essere.
Identica argomentazione sorregge la non trasferibilità dei crediti che spettano al
socio verso la società e dei crediti relativi a prestazioni di lavoro.
Nonostante il contrario avviso di parte della dottrina
6
, si ritiene di non dover
includere nella categoria dei crediti legalmente incedibili quelli accessori
rispetto ai crediti principali, in quanto, come appena sopra evidenziato, e fatte
salve le esplicite e peculiari ragioni di incedibilità, la cessione parziale del
credito appare perfettamente ammissibile (ad esempio la cessione del solo
credito per gli interessi senza contemporanea cessione del credito per capitale)
7
.
6
3 Panuccio,Cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento,Milano, 1955, p857.
4 Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol II, Milano 1952 ,pp 250-253
5 Panuccio, Op.cit, p858 e, in giurisprudenza,Cass 3 luglio 1952,n°1967, in Rep. Foro. it.
6 Franceschelli,Appunti in tema di cessione dei crediti, Napoli 1957, p. 26
7 Maccarone, Libro IV-Delle obbligazioni,Capo V- Della cessione dei crediti, p. 393. in Commentario teorico-
pratico al codice civile, diretto da Vittorio de Martino,Roma 1978,
Esistono poi specifiche ipotesi di incedibilità previste espressamente da apposite
disposizioni di legge ,che vanno quindi considerate tassative.
8
Alcuni di questi casi sono di incedibilità assoluta, quindi operante nei confronti
di chiunque: tipico esempio ne sono i crediti degli appaltatori nei confronti della
P.A .
Il divieto posto dalla legge può poi delineare ipotesi di incedibilità relativa, e il
credito sarà quindi intrasferibile solo da o a ben identificati soggetti.
Il riferimento è in particolare all'art 1261 cod.civ, che prevede i crediti c.d
litigiosi, quindi quelli su cui è sorta contestazione tra le parti, e ne sancisce il
divieto di cessione, anche per interposta persona, ai magistrati, cancellieri,
avvocati,procuratori e notai,ovviamente a condizione che la contestazione sia
sorta davanti l'Autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella giurisdizione in cui
esercitano la loro funzione.
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Se uno dei soggetti sopra citati dovesse violare il
divieto, l'atto medesimo sarebbe inficiato di nullità, con in più l'obbligo del
risarcimento dei danni a carico di chi ha posto in essere una cessione in favore di
soggetti non legittimati a ricevere.
La giurisprudenza ha escluso che il debitore ceduto possa essere considerato
l'esclusivo titolare dell'interesse a far valere la nullità della cessione operata in
violazione del divieto in questione
10
, ma parte della dottrina ritiene di non dover
aderire a tale impostazione, in quanto le ipotesi di nullità relativa rappresentano
un istituto posto in funzione di tutela del solo debitore-ceduto, quindi
l'inefficacia del trasferimento va posta solo nei suoi confronti.
Sul tema si tornerà più dettagliatamente nel corso della trattazione ( par. 6 ).
Resta da approfondire, poi, l'ipotesi di cui al secondo comma dell'art 1260,
ovvero quella definita come incedibilità convenzionale.
I soggetti del rapporto obbligatorio(cedente e debitore), possono infatti
concordare per l'incedibilità del credito, in modo che l'eventuale disposizione di
questo ad opera del creditore in violazione dell'accordo risulti inefficace.
Il divieto dispiega la propria efficacia esclusivamente nei confronti delle parti,
essendo opponibile al cessionario nell'isolato caso in cui questi, all'istante del
trasferimento, conoscesse il patto di indisponibilità.
Nell'ipotesi appena descritta, peraltro, si ha una presunzione “iuris tantum” di
non conoscenza da parte del terzo-cessionario; chi desidera sfatare simile
presunzione deve far valere il patto di incedibilità tramite prova contraria.
7
8 Franceschelli, Op.cit., p.27.
9 La lite deve sussistere al momento della cessione e non essere sopraggiunta successivamente(Cass.Civ 18
marzo 1949, n589,foro it,Mass, 1949,col.124)
10 Cassazione 31 marzo 1947, n°497, in Giur. Compl.Cass.civ, 1947, II, p. 497 ss.
Va chiarito come, nonostante l'art.1260 faccia riferimento soltanto al patto tra i
soggetti attivo e passivo del rapporto obbligatorio, sia da ritenersi
indubbiamente ammissibile anche il patto di intrasferibilità tra cedente e
cessionario,in quanto il codice civile, all'art 1379(divieto di alienazione), non
preclude tale possibilità
11
.
Tuttavia è da rilevare come le due ipotesi non soggiacciano ad una identica
disciplina.
L'art. 1379 subordina la validità del patto alla sussistenza di un apprezzabile
interesse di una delle parti, requisito non richiesto dall'art 1260 cpv , fermo
restando che la validità del patto è comunque subordinata al principio generale
stabilito dall'art 1322c.c, secondo il quale gli interessi perseguiti dai privati sono
sempre sottoposti al giudizio di meritevolezza da parte dell'ordinamento.
Non si può non evidenziare, ad ogni modo, come la posizione di debitore dia
intrinsecamente luogo ad una sfera di interessi,che rendono meritevole di tutela
l'accordo di intrasferibilità in maniera tangibilmente più estesa di quella
riscontrabile negli altri casi di intrasferibilità convenzionale.
Secondariamente, e in conclusione, mentre l'art 1379 limita l'efficacia del patto
alle sole parti di esso, abbiamo sopra sottolineato come l'art 1260 cpv. statuisca
l'opponibilità al cessionario che ne sia a conoscenza al momento della
conclusione della cessione.
8
11 ,Martorano-Portale-Salanitro, Banca borsa e Titoli Di Credito, in Rivista di dottrina e giurisprudenza
fondata da F .Messineo e G.Molle, Milano 1985,parte I, p 269.