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CAPITOLO PRIMO
Introduzione
1.1. La comunità europea e i finanziamenti ai paesi dell’Est prima del
1990
A partire dell’estate del 1989 in seguito ai vasti flussi migratori tra le due
Germanie all’interno dell’area del Patto di Varsavia e alle manifestazioni popolari,
le gerarchie politiche della Germania Est furono poste in gravi difficoltà e l’8
novembre 1989 si dimise tutto il politburo. Il giorno successivo fu decisa
l’apertura delle frontiere e nella notte fra il 9 e il 10 novembre, migliaia di
berlinesi festeggiarono la caduta del muro. La volontà di cambiamento era
fortissima nella popolazione e la Repubblica di Germania Est continuò a
sopravvivere per breve tempo con istituzioni proprie. Vari avvenimenti si
succedettero in meno di un anno
1
: la decisione del Parlamento della Germania Est
di ammettere il pluralismo politico e l’organizzazione di libere elezioni che videro
la vittoria del Partito cristiano democratico di Lohar de Maizière
2
. Il voto popolare
premiava la linea politica del cancelliere della Germania Federale Helmuth Kolh,
1
ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee
2
Vedi DI NOLFO (E.), Storia delle relazioni internazionali, cit., p. 1393; OLIVI (B.) – SANTANIELLO
(R.), Storia dell’integrazione europea, cit., p. 163 e ss
8
il quale prese nelle sue mani la guida dei negoziati che dovevano portare la
Germania alla piena unificazione.
Da parte sovietica, l’allora Presidente dell’Unione Sovietica Mikail Gorbacev, pur
dichiarandosi disposto ad accettare le decisioni del nuovo Parlamento, apparve
incline ad un piano graduale per l’unificazione tedesca. Occorreva comunque
considerare il problema in dimensione internazionale, dopo che i due stati tedeschi
avevano individuato i termini del loro accordo. La questione riguardava
soprattutto sei Stati (i due tedeschi e le quattro maggiori potenze alleate
3
) e
metteva in gioco la collaborazione internazionale della Germania.
In seguito ad un incontro decisivo con Gorbacev, Kohl riuscì a raggiungere un
accordo il 16 luglio 1990 in base al quale l’Unione sovietica si dichiarava disposta
a riconoscere alla Germania “piena unità e sovranità internazionale”. Il 12
settembre 1990 venne firmato a Mosca il Trattato sull’assetto definitivo della
Germania, che sanciva il riconoscimento delle intese bilaterali e dell’unificazione
del Paese
4
.
Il 31 marzo1991, anche in conseguenza della firma degli Accordi di Parigi del
novembre 1990 sulla riduzione degli armamenti convenzionali in Europa, fu preso
atto che l’alleanza militare dell’Est (il patto di Varsavia) cessava di esistere.
Conseguenze a effetto “domino” delle vicende relative all’unificazione della
Germania si ebbero in altri Paesi dell’Europa dell’Est.
In Cecoslovacchia durante l’estate del 1989 le petizioni e le manifestazioni si
moltiplicarono provocando repressioni e arresti. In seguito agli avvenimenti di
Berlino si verificò una serie di manifestazioni di massa, per cui il Parlamento, a
fine novembre 1989, prese l’iniziativa di promuovere un processo di
liberalizzazione decretando l’abolizione del ruolo dirigente del partito comunista,
e riconoscendo il pluralismo politico.
3
Le quattro potenze alleate sono costituite da :Stati Uniti, Francia, Regno Unito , Urss.
4
ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee.
9
In Romania
5
, in seguito ad una grave insurrezione scoppiata a Bucarest il 21
dicembre 1987 contro il potere tirannico di Nicolae Ceausescu, il dittatore rumeno
fu arrestato e giustiziato al termine di un processo sommario, il 27 dicembre. Nel
maggio successivo si tennero le elezioni, che non furono però produttive di un
sistema di governo veramente democratico.
In realtà, nei Paesi ex-comunisti dell’Europa dell’Est l’instaurazione di metodi e
procedure democratiche si è rivelata inizialmente difficile data l’ assenza, in
questi Paesi, di tradizioni democratiche e di quadri politici ben organizzati e
preparati, in conseguenza del precedente “vassallaggio” nei confronti dell’URSS.
In Unione Sovietica, nel 1991, si compì l’ultimo atto della storia dell’Impero
sovietico. L’ultimo Presidente sovietico, Mikail Gorbacëv, assurto al potere l’11
marzo 1985, si era prefisso un piano di ristrutturazione profonda del sistema
sovietico (Perestrojka) comportante, tra l’altro, la possibilità per le imprese statali
sovietiche indipendenti di avere rapporti diretti di cooperazione e concorrenza con
le imprese occidentali
6
, nel tentativo di eliminare la contrapposizione tra il sistema
del socialismo reale ed il sistema dell’economia di mercato, e di conciliare il
principio leninista con l’esistenza del capitalismo. Com’è noto, il tentativo non
riuscì
7
.
Subito dopo il crollo dell'impero sovietico
8
, i PECO, i Paesi dell’Europa centro –
orientale hanno dovuto affrontare numerose sfide economiche e industriali simili
a quelle che si è dovuto affrontare nell’occidente dopo la seconda guerra
mondiale. Tra questi: un drastico calo della produzione industriale; impianti di
produzione obsoleti; una forza lavoro immotivata e che deve essere riqualificata a
pensare e ad agire in un contesto di mercato libero piuttosto che a pianificazione
centrale, e l'ombra di instabilità politica.
Sono stati stabiliti, sia a livello bilaterale o multilaterale, attraverso una serie di
istituzioni internazionali come la Banca mondiale, Banca Internazionale per la
5
Vedi BERSTEIN (S.) – MILZA (P.), Histoire de l’Europe contemporaine, cit., p. 382.
6
Vedi DI NOLFO (E.), Storia delle relazioni internazionali, cit., p. 1393; OLIVI (B.) – SANTANIELLO
(R.), Storia dell’integrazione europea, cit., p. 163 e ss.
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ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee
8
Vedi “Storia delle relazioni internazionali”, cit., p. 1393
10
Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), il FMI, il Fondo Monetario Internazionale
e la CE, la Comunità europea, una serie di aiuti e programmi correlati. Il
commercio e gli accordi di cooperazione tra la Comunità Europea e la Polonia e
Ungheria ha portato alla creazione di aiuti per questi ultimi due Paesi per il
programma di ricostruzione PHARE. Inoltre, numerose somme del capitale, sotto
forma di sovvenzioni, aiuti e crediti commerciali, sono state estese agli Stati Uniti
e agli stati membri della CE in particolare Francia e Germania.
Il canale, aperto con cautela da Gorbacëv, rese impossibile la transizione russa
verso un modo diverso di governare la politica e l’economia senza che il
pluralismo politico prendesse il sopravvento, e salvaguardò la Grande Federazione
nei confronti delle aspirazioni all’indipendenza delle entità federate. La strategia
dei “piccoli passi” fu annientata da un “golpe” organizzato da un gruppo di
dirigenti conservatori, appoggiato da militari, da esponenti del KGB, dalla polizia
e dalla Presidenza del Soviet supremo
9
.
Il “golpe” fallì, grazie anche alla resistenza della popolazione ed all’energica
determinazione del Presidente della Federazione russa Boris Eltsin.
L’avvenimento segnò comunque la fine dell’Unione sovietica. Gorbacëv si dimise
da segretario generale del partito ed invitò il PCUS a sciogliersi. Le Repubbliche
che componevano la Grande Federazione dell’URSS proclamarono l’una dopo
l’altra la loro indipendenza.
L’8 dicembre 1991, a Minsk, i Presidenti delle tre Repubbliche slave (Russia,
Bielorussia e Ucraina) presero atto della dissoluzione dell’URSS e decisero di
creare una “Comunità di Stati indipendenti” (CIS), a cui aderirono ben presto altre
otto Repubbliche dell’ex-URSS.
Il 25 dicembre 1991 Boris Eltsin indusse alle dimissioni Mikail Gorbacëv, in
quanto Presidente di uno Stato federale (l’URSS), che ormai non esisteva più.
9
ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee
11
Cominciavano però a delinearsi le tensioni e i contrasti che tuttora permangono
all’interno degli Stati dell’ex-URSS, minacciando la stabilità della stessa
Federazione russa e delle periferie dell’ex-Impero sovietico.
Sul piano della stabilità interna gli Stati scaturiti dalla dissoluzione dell’URSS
hanno sofferto di situazioni di conflittualità determinate da contestazioni
frontaliere e da contrasti inter-etnici. Nella Federazione russa le rivendicazioni
autonomiste di comunità etniche hanno fortemente turbato la pacifica coesistenza
con atti di violenza e di terrorismo. La zona del Caucaso ne è stata particolarmente
coinvolta, data la presenza di vari gruppi etnici (Ingusci, Circassi, Ceceni)
10
.
La crisi della Cecenia, in particolare, con i suoi drammatici accadimenti ha fatto
ripiombare la Russia “dans ses stéréotypes historiques”,come ebbe a rilevare un
membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, per cui “deux âmes
réapparaissent: l’âme européenne etl’âme asiatique”
11
. La crisi della Cecenia, che
ha radici antiche, ha avuto origine dalla mancata accettazione, da parte dell’allora
Presidente della Federazione russa Boris Eltsin, della Dichiarazione di
indipendenza del Presidente ceceno Doudaïev, fatta il 1° novembre 1991
12
. Nel
1992 la Cecenia, una Repubblica posta a nord del Caucaso facente parte sul piano
amministrativo della Federazione russa, rifiutò di firmare il Trattato della
Federazione russa che cementava le nuove relazioni tra la Russia e le sue
province, e adottò, il 12 marzo, la sua Costituzione. Nel 1993 Doudaïev dissolse il
parlamento ceceno e rifiutò la partecipazione della Cecenia sia alle elezioni
presidenziali russe, sia al referendum sull’adozione della nuova Costituzione
russa. L’opposizione, appoggiata dalla Russia, tentò un colpo di mano contro il
Presidente nel novembre 1994; l’11 novembre1994 le milizie russe invasero la
Cecenia. Ebbe così origine un lungo e sanguinoso conflitto, articolato in due
successivi momenti.
10
ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee
11
Vedi GELIN (E.), Adhésion de la Russie au Conseil de l’Europe à la lumière de la crise tchétchène,
in Revue générale de droit international public, 1995, 3, p. 637.
12
Sullo svolgimento degli avvenimenti in Cecenia, vedi in particolare COMITÉ TCHÉTCHÉNIE,
“Tchétchénie. Dix clés pour comprendre”, Paris, La Découverte, 2003, 2005.
12
Furono anni tumultuosi, caratterizzati anche da rivalità politiche insorte a Grozny,
e da infiltrazioni di Al-Quaeda, che allarmarono i dirigenti del Kremlino, timorosi
di reazioni a catena nelle altre zone del Caucaso.
Il violento smembramento della Grande Federazione Jugoslava, che ha data luogo
ad una serie di conflitti sanguinosissimi, ha costituito una “sfida” anche per
l’Unione europea, i cui tentativi per imporre la pacificazione dell’area e per
proporre soluzioni adeguate alla crisi in atto restarono per lungo tempo inefficaci.
Pur avendo espresso inizialmente l’auspicio del mantenimento dell’integrità
territoriale della Jugoslavia, l’Unione Europea, dato l’incalzare degli eventi e della
frammentazione dell’area in distinte entità statali, finì con il riconoscere gli Stati
scaturiti dalla dissoluzione, condannando la Repubblica federale ed il suo “leader”
Milosevic per gli abusi effettuati
13
.
Nell’area balcanica un acceso conflitto ha opposto, negli anni 1998-1999, nella
regione del Kossovo (di cui, da parte del governo jugoslavo, era stata in
precedenza riconosciuta l’autonomia), la popolazione filo-albanese alle milizie
serbe, manovrate dal governo di Belgrado. La decisione presa nel 1989 da
Milosevic di porre fine all’autonomia del Kossovo, si urtò con una resistenza
sempre più forte da parte di coloro che si opponevano al disegno della “Grande
Serbia” perseguito dai dirigenti di Belgrado.
La resistenza si trasformò, nel 1998, in una guerra aperta, condotta dai Serbi con
la stessa ferocia con cui avevano condotto le ostilità in Bosnia-Erzegovina anni
addietro. In seguito alle atrocità commesse e all’esodo massiccio delle
popolazioni del Kossovo (la c. d. “pulizia etnica” voluta da Milosevic), la NATO
decise di intervenire militarmente per costringere l’armata serba ad evacuare la
regione. Per più di tre mesi le Forze aeree alleate bombardarono Belgrado ed altre
località, in modo da indurre il governo jugoslavo a cedere; gli attacchi della
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ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee
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NATO in difesa delle popolazioni del Kossovo sono stati aspramente contestati
dalle Autorità di Belgrado, alla luce della “legalità” internazionale
14
.
In effetti, l’intervento militare della NATO, anche se posto in essere per fini
umanitari e per ripristinare un ambiente sicuro per le popolazioni minacciate, è
avvenuto senza una esplicita autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU,
al termine di vari tentativi di soluzione pacifica posti in essere da diplomatici e da
dirigenti di organizzazioni umanitarie. Va notato che il principio del non
intervento non può essere fatto valere per coprire atti di genocidio o altre atrocità,
così come violazioni del diritto umanitario su larga scala e operazioni di pulizia
etnica, in considerazione della Convenzione per la prevenzione e la punizione del
crimine di genocidio del 1948 (Genocide Convention), con cui gli Stati aderenti
hanno convenuto che il crimine di genocidio, sia che venga commesso in tempo di
pace che in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale, che va
prevenuto e punito.
In precedenza posto sotto il dominio dell’ex-Repubblica federale di Jugoslavia
(Serbia-Montenegro), il Kossovo rivendica ora piena indipendenza, avendo una
sua precisa caratterizzazione identitaria nei confronti dell’identità serba. Al
riguardo può comunque farsi valere che, in futuro, il Kossovo sarà destinato ad
integrarsi con la Serbia nel vasto contesto di una Unione europea comprendente
anche l’area balcanica.
15
L’indipendenza del Montenegro da Belgrado è stata sancita dal referendum del 21
maggio 2006. Le elezioni politiche in Montenegro sono state effettuate il 10
settembre 2006, con notevole affermazione della coalizione “Per un Montenegro
europeo”; ciò può consentire di accelerare il cammino verso l’Unione europea,
previa stipulazione di un Accordo di stabilizzazione e associazione
16
.
Al Vertice di Nizza del 2001 si discusse molto sulla distribuzione del potere in
seno all’Unione e sulle regole del gioco, sullo sfondo dei grandi mutamenti
14
Sulla guerra del Kossovo, alla luce della legalità internazionale, vedi PALMISANO (G.),
L’ammissibilità del ricorso alla forza armata a fini umanitari e la guerra del Kossovo, in “La
Comunità internazionale”, 2003, I, p. 17 e ss.
15
16
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affermati dalle istituzioni europee
14
geopolitici e geo-economici dell’Europa dell’Est. I negoziati per l’adesione dei
Paesi dell’ Europa centro – orientale , i PECO, furono preceduti da vari accordi di
associazione di tali Paesi (con la Polonia, l’Ungheria e la Cecoslovacchia nel
1991) con l’Unione europea, i quali non facevano però esplicito riferimento alla
prospettiva di un allargamento. I negoziati di adesione ebbero inizio nel 1998 per
sfociare, nel dicembre 2002, nel Vertice di Copenaghen, conclusivo ai fini
dell’ingresso dei nuovi Stati. La firma del Trattato di adesione si ebbe, come già
detto, il 16 aprile 2003 ad Atene.
Il secondo semestre del 2000 era considerato da tempo come un periodo
fondamentale del calendario europeo. Il Consiglio europeo di Nizza doveva essere
l’occasione per raggiungere il compromesso istituzionale fallito ad Amsterdam e
senza il quale sarebbe stato impossibile continuare i negoziati con gli Stati
candidati all’adesione. La Francia sapeva bene che era indispensabile un esito
positivo, mentre Jacques Chirac aveva bisogno di un successo europeo per
migliorare i rapporti franco tedeschi e per imporsi nei confronti del governo di
Lionel Jospin. Il semestre francese non si limitò ad affrontare i due grandi cantieri
delle questioni istituzionali e della difesa. Il Governo puntava a imprimere
progressi su materie che rispondevano alle preoccupazioni dei cittadini europei e a
tal fine intendeva elaborare un agenda sociale per porre le basi di un diritto sociale
europeo.
Con il Trattato di Nizza, firmato il 10 marzo 2001, ed entrato in vigore il 1°
febbraio 2003, il sistema istituzionale comunitario è stato ulteriormente
perfezionato e, in vista dell’allargamento dell’Unione europea ai Paesi
dell’Europa centrale ed orientale (PECO), è stato adottato un Protocollo dedicato
a tale questione
17
.
Al Vertice di Copenaghen del 2002 prevalsero il realismo ed il pragmatismo, per
cui l’ampliamento venne considerato nell’ottica dei vantaggi e degli svantaggi, dei
costi e dei benefici. Da parte dei Paesi dell’Europa dell’Est l’Unione europea è
stata considerata come una “comunità di sicurezza”, atta a promuovere la stabilità,
neutralizzando le tensioni ed i potenziali conflitti con i Paesi vicini in relazione
17
ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee
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allo “status” dei gruppi minoritari
18
(come, ad es., i gruppi di minoranze ungheresi
presenti in Slovacchia e in Romania, e i gruppi di minoranze russe esistenti nei
Paesi baltici), nel passaggio da una concezione essenzialmente etnico-linguistica
dell’identità nazionale all’estensione a tutti i nazionali della cittadinanza europea,
con le relative prerogative.
Uno degli obiettivi prioritari dell’Unione – promosso particolarmente dalla
Germania – è quello di sviluppare lo spazio europeo di sicurezza e di stabilità. In
tale ottica va approfondito particolarmente il processo di stabilizzazione dei Paesi
appartenenti all’area dei Balcani occidentali, allo scopo di favorire i processi di
adesione, e per definire con maggiore precisione la politica europea di “vicinato”
con i Paesi con i quali non è prevista una prospettiva di adesione piena all’Unione
europea.
La Commissione europea, preoccupata delle eventuali conseguenze
dell’ampliamento sulla stabilità del continente europeo e sull’evoluzione
dell’azione comunitaria, lanciò il progetto di una politica estera, detta “di
vicinato”, come chiave di stabilità per un’Europa più grande”, con l’obiettivo di
creare un circolo di Paesi amici ben governati alle frontiere dell’Unione
19
. La
politica europea di vicinato (PEV) fu approvata dal Consiglio europeo in giugno
del 2003
20
.
L’allora Presidente della Commissione Romano Prodi aveva dato al progetto della
politica di vicinato il nome di “everything but institutions”, con l’idea che la
condivisione con l’Unione, da parte dei Paesi vicini, di tutto all’infuori delle
istituzioni, sarebbe in condizione di estendere un insieme di principi e di valori
che definirebbero l’essenza stessa dell’Unione
21
.
18
Vedi DAKOWSKA (D.) et NEUMAYER (L.), “L’Union européenne élargie”. Acteurs et processus.
Introduction: repenser l’impact de l’adhésion, in “Politique européenne”,n. 15, 2005, L’Harmattan
19
Vedi GOUJON (A.), L’Europe élargie en quête d’identité: légitimation et politisation de la politique
européenne de voisinage, in “L’Union européenne élargie”, cit., p. 137e ss.
20
ANNA MARIA DEL VECCHIO * L’identità europea nella considerazione dei principi e dei valori
affermati dalle istituzioni europee.
21
Sulla “politica di vicinato” vedi anche LETTA (E.), L’Europa a venticinque. Dai referendum alla
Turchia: le sfide della nuova Europa, 2a edizione aggiornata, Bologna, Il Mulino, 2006, pp. 120-
121.