INTRODUZIONE
La società moderna, caratterizzata da uno sviluppo incessante, dal
continuo rigetto dei paradigmi del passato, dalla creazione di nuove
strutture comunicative e dal continuo progresso tecnologico, pone del-
le questioni rilevanti dal punto di vista del diritto: gli operatori del di-
ritto sono impegnati in un continuo tentativo di adattamento delle
strutture giuridiche alla realtà presente, una realtà profondamente di-
versa da quella in cui i cui i concetti giuridici passati sono stati conce-
piti e hanno trovato applicazione. Il problema di tipo giuridico-sociale
qui affrontato è quello della salvaguardia della reputazione e dell’ono-
re all’interno del panorama legislativo-giurisprudenziale italiano e le
tutela che tali componenti fondamentali per l’integrità morale di qual-
siasi individuo ricevono in rapporto allo sviluppo e diffusione dei
nuovi mezzi di comunicazione: su tutti la rete internet e le strutture
virtuali che nascono al suo interno. Il codice penale italiano contempla
due delitti contro l’onore: l’ingiuria all’articolo 594 e la diffamazione
all’articolo 595. Le considerazioni che hanno indotto ad incentrare la
trattazione sul solo reato di diffamazione sono molteplici: i nuovi
mezzi di comunicazione e la loro continua espansione stanno determi-
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nando inevitabilmente una cambiamento nelle modalità di interazione
sociale tra gli individui. Assistiamo oggi all’affermarsi di un tipo di
rapporto umano sempre più “mediato” dai nuovi strumenti tecnologi-
ci. Il reato di diffamazione, che annovera tra i suoi elementi distintivi
l’assenza del soggetto offeso e la comunicazione del messaggio a più
persone, si adatta meglio, rispetto al reato di ingiuria (il quale presup-
pone invece la presenza dell’offeso), alle condotte lesive della reputa-
zione poste in essere attraverso i nuovi i medium di trasmissione delle
informazioni e di interazione sociale. Tale lavoro di ricerca ha come
obiettivo innanzitutto quello di tracciare il quadro, quanto più possibi-
le completo, della disciplina legislativa attinente il reato di diffama-
zione in Italia. Analizzata la disciplina vigente, la sua nascita, lo svi-
luppo della giurisprudenza ad essa collegata, si cercherà poi di verifi-
care la adattabilità o la compatibilità di tale insieme normativo alla
struttura della rete Internet, alle modalità di comunicazione e diffusio-
ne del pensiero praticabili online e ai tipi di condotta integrabili in re-
te. Partendo dall’analisi dei passaggi giurisprudenziali fondamentali in
materia, comprese le più recenti pronunce di legittimità e di merito, si
cercherà di descrivere come i Tribunali italiani hanno operato questo
adattamento e le modalità con le quali hanno integrato le lacune pre-
senti nella disciplina normativa posta a protezione della reputazione
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degli individui. Il capitolo iniziale traccia un profilo generale del reato
di diffamazione nella sua configurazione codicistica. Perciò alla de-
scrizione degli elementi fondamentali del reato, quali il bene giuridico
tutelato, l’elemento oggettivo e la condotta tipica, segue l’illustrazione
delle molteplici circostanze aggravanti contenute nello stesso articolo
595 c.p.. In tema di diffamazione, un ruolo storicamente centrale, è
stato ed è ancora oggi rivestito dalla stampa e da tutti quei mezzi di
pubblicità ad alto potenziale diffusivo, come la televisione: la diffu-
sione di messaggi lesivi della reputazione di un soggetto viene punita
più severamente se perpetrata attraverso i mezzi di comunicazione
suddetti. Nessun argomento più della diffamazione, necessita di un
raccordo tra disciplina penalistica e diritti costituzionali: il diritto di
libera manifestazione del pensiero, enunciato dall’art.21 Cost, rappre-
senta il centro nevralgico dal quale traggono origine altre fondamenta-
li libertà, come quella di cronaca, di critica, di satira ecc. Proprio per
questo motivo, l’esigenza di contemperare libera manifestazione del
pensiero, diritto di cronaca, diritto di critica e tutela della reputazione
dei soggetti, è molto spesso al centro del dibattito dottrinale e giuri-
sprudenziale. A tal proposito si cerca di descrivere la portata e l’appli-
cabilità delle cause di giustificazione più comuni, così come delineate
da dottrina e giurisprudenza. Il complesso normativo-giurisprudenzia-
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le che disciplina il reato di diffamazione è andato sviluppandosi e con-
solidandosi nel corso degli anni con riferimento ad un tipo di società
ben preciso: un mondo dominato dal duopolio stampa-televisione nel-
la trasmissione e divulgazione delle informazioni e delle comunica-
zioni. La configurazione del reato così delineata, modellata sulle pecu-
liarità dei tradizionali mezzi di comunicazione, rischia oggi di non ap-
parire più sufficiente per disciplinare le condotte attuabili attraverso le
nuove modalità di interazione e comunicazione del pensiero. Il secon-
do capitolo pertanto illustra come dottrina e giurisprudenza abbiano
tentato, a volte parallelamente, altre volte in disaccordo tra loro, di
adattare la disciplina tradizionale ormai risalente nel tempo al nuovo
fenomeno socio-comunicativo mondiale, cioè la rete internet. Si parte
dalla fondamentale sentenza della Corte di Cassazione, n.474/2000,
che affronta per la prima volta in maniera organica il tema della dif-
famazione online, riconducendo tale condotta nell’ambito della diffa-
mazione aggravata dall’utilizzo di “qualsiasi mezzo di pubblicità”
(co.3 art.595 c.p.). Si prosegue poi illustrando la struttura della rete,
allo scopo di individuare i soggetti che a vario titolo sono protagonisti
del suo funzionamento. A tale proposito viene in rilievo la figura del
provider. Chi fornisce agli utenti il semplice accesso alla rete internet,
o fornisce uno spazio virtuale per la creazione di siti internet oppure
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ancora è un semplice intermediario dei dati transitanti in rete tra mit-
tenti e destinatari, può essere considerato responsabile di concorso
nella condotta diffamatoria perpetrata attraverso i servizi da lui offer-
ti? Per rispondere a questa domanda si è dapprima analizzata accura-
tamente la disciplina contenuta nel D.Lgs. 70/2003, l’atto normativo
con il quale è stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva euro-
pea 2000/31 sul commercio elettronico, e in secondo luogo si è analiz-
zata l’applicazione di tale normativa all’interno delle aule dei tribunali
italiani: non esiste un preventivo e generale obbligo di controllo in ca-
po al provider circa i contenuti che transitano in rete attraverso le
strutture da lui messe a disposizione, non è pertanto configurabile un
concorso per omesso controllo, questa è la regola generale. Non man-
cano tuttavia casi giudiziali che hanno fatto discutere e che hanno pre-
so, seppur leggermente, le distanze da questa impostazione: su tutti la
sentenza del Tribunale di Milano datata 24 Febbraio 2010, il c.d caso
Google. Da ultimo ci si è chiesti se sussista una estensibilità generale
dei reati a mezzo stampa alle condotte online: il quesito ha trovato ri-
sposta negativa. La diffamazione online è diffamazione aggravata
rientrante negli “altri mezzi di pubblicità”, e ciò libera il campo dalla
possibile equiparazione della stessa a quella arrecata con il mezzo del-
la stampa; la definizione di stampa di cui all’art. 1 l.47/1948 inoltre,
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non lascia spazio a dubbi: i siti web non possono rientrare nella defi-
nizione di stampa. La legge 62/2001 ha ridefinito il concetto di pro-
dotto editoriale, ricomprendendo in questa categoria anche quelli rea-
lizzati su supporti informatici, ed estendendo a questi ultimi alcune
norme della disciplina sulla stampa: nonostante questo rimane esclusa
la possibilità di estendere al prodotto editoriale anche la disciplina pe-
nale prevista per la stampa. Internet tuttavia non è solo una rete di siti
web o un insieme di prodotti editoriali online: è un mondo comunica-
tivo potenzialmente infinito, un insieme di strumenti virtuali in grande
espansione, basti pensare al fenomeno del c.d blogging, ai forum di
discussione online, e recentemente al sistema dei social network. E’
proprio sulle reti sociali online, sul loro sviluppo, sulle funzionalità e
sulla potenzialità lesiva delle condotte in esse integrabili, che si con-
centra l’analisi nel terzo ed ultimo capitolo. Uno sguardo particolare è
dedicato al social network più diffuso: Facebook. Uno straordinario
strumento comunicativo, un’entità sempre più stabilmente integrata
nella quotidianità, ma anche una piattaforma idonea a dar vita a nume-
rose condotte illecite. Alla descrizione delle principali fattispecie di
reato integrabili via Facebook, segue l’esame delle condotte diffama-
torie, facilmente e sempre più numerosamente configurabili, a causa
delle varie possibilità di interazione fornite dal social network: em-
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blematico a tal proposito è il caso descritto, e cioè quello deciso dalla
sentenza n.770 del Tribunale di Monza risalente al Marzo 2010, la
prima in Italia a condannare un soggetto al risarcimento del danno per
diffamazione via Facebook.
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CAPITOLO I - IL REATO DI DIFFAMAZIONE:
PROFILI GENERALI
1.1. - LA DIFFAMAZIONE SEMPLICE
1.1.1. - Il bene giuridico tutelato
Il codice penale italiano contempla due delitti contro l’onore, entram-
be collocati nel capo II, “Dei delitti contro l’onore”, del titolo XII de-
nominato “Dei delitti contro la persona”: l’ingiuria, disciplinata dal-
l’art. 594 e la diffamazione, disciplinata dall’art 595. Proprio quest’ul-
timo articolo al co.1 sanziona “chiunque [...] comunicando con più
persone, offende l’altrui reputazione”. La norma in esame altresì di-
spone che l’offesa all’altrui reputazione deve avvenire “fuori dai casi
previsti dall’articolo precedente (art.594 c.p.)” e cioè in assenza del-
l’offeso. Risiede dunque in ciò la differenza tra il reato di ingiuria e
quello di diffamazione: il primo è imputabile nei confronti di chi of-
fende l’onore o il decoro di una persona presente, il secondo è realiz-
zabile invece allorchè il soggetto offeso è assente. Questo spiega an-
che la diversa gravità della diffamazione rispetto all’ingiuria, come
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affermato nella stessa Relazione Ministeriale al Re
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sul progetto del
codice, in quanto l’assenza del soggetto passivo impedisce a quest’ul-
timo di contestare o difendersi dalle offese subite. E’ opinione comu-
ne che oggetto della tutela penale di tali delitti sia l’onore. Nel corso
dell’evoluzione dottrinale, il concetto di onore è stato individuato sot-
to un duplice profilo : soggettivo ed oggettivo. Il profilo soggettivo
attiene all’onore come apprezzamento che l’individuo ha delle proprie
doti fisiche,morali ed intellettuali, mentre l’onore in senso oggettivo è
dato dal complesso delle qualità e di tutte le condizioni che contribui-
scono a determinare il pregio dell’individuo nell’ambiente in cui
vive.
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Gran parte della dottrina ritiene che il reato di ingiuria vada a
ledere l’onore in senso soggettivo, mentre oggetto della tutela penale
nel reato di diffamazione è l’onore in senso oggettivo,cioè la reputa-
zione, intesa come la stima, il prestigio, la considerazione in cui l’in-
dividuo è tenuto dalla comunità in cui opera ed è conosciuto.
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La re-
putazione pertanto consisterebbe in « quell’aspetto della dignità, che
affonda le sue radici nei rapporti dell’individuo con la collettività, e
che esprime il risultato della somma dei giudizi, i quali si formano e si
affermano mano a mano che l’individuo svolge la sua attività nel
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1
Nella Relazione si affermava che “la divulgazione dell’offesa rappresenta una manifestazione
criminale assai più malvagia perchè esclude la possibilità di immediata reazione o di difesa del
leso [...] la diffamazione è delitto più grave dell’ingiuria per la maggiore quantità ed estensione
del danno e per la viltà e la particolare pericolosità del colpevole”.
2
Cfr. F . ANTOLISEI, Manuale - Parte Speciale, Vol.1,Giuffrè,Milano, 2002, pagg. 205 e ss.
3
Cfr. V . PEZZELLA. La diffamazione: responsabilità penale e civile, Utet, Torino, 2009 pag.6