FILOSOFIA EBRAICA O ESPERIENZA MARRANA? A PROPOSITO DEL
DIBATTITO SULLE FONTI DEL PENSIERO DI SPINOZA
I. UNO SPIRITO LIBERO DI FRONTE ALLA COMUNITÀ DI AMSTERDAM
I.1. Premessa
Se la filosofia di Spinoza non ha mai mancato di suscitare le più contrastanti reazioni
tra i suoi contemporanei come presso chi ne ha studiato l’opera successivamente
1
, la
1
L’opera e la figura di Spinoza provocarono, già durante la vita del filosofo, accese polemiche soprattutto
per le posizioni sostenute in campo teologico. Per restare ai primi scritti su Spinoza, che furono
soprattutto di natura polemica, si possono citare, tra i tanti, Johannes Braun, Futilis Spinozismi
depulsionis nominatim circa corporis peccata et poenas, Groeningen, 1670 ci.; Jacob Vateler, Vindicia
miraculorum, per quae divinae Religionis & fidei Christianae veritas olim confirmata fuit, adversus
profanum Autorem Tractatus Theologico-Politici B. Spinoza, Amsterdam, 1674; Regnier De Mansvelt,
Lucubrationes in detestabilem Benedicti Spinozae librum qui inscribitur: Discursus Theologicum-
Politicum, Amsterdam, 1674; Richard Simon, importante biblista autore di un De l’inspiration des Livres
Sacrés avec une Réponse au livre intitulé Defense des sentimens de quelques theologiens de Hollande sur
l’histoire critique de Vieux Testament, Amsterdam, 1678, dove è detto che “Spinoza nel suo libro [il
Tractatus teologico-politicus] ha bensì proposto molte cose vere […] ma ne desume conseguenze false e
empie”, (cit. in Richard H. Popkin, Storia dello scetticismo, trad. it. di R. Rini, Milano, Bruno Mondadori,
2000, p. 272, n. 33); né la polemica si placò a quasi un secolo di distanza dalla morte di Spinoza.
Ricordiamo, tra gli altri, François Laurent, Preuve de la religion de Jésus-Christ contre les Spinosistes et
les Déistes, Paris, Etienne & Herrisant, 1751; Münter Balthasar, Theologiae naturalis polemicae
Specimen, exhibens Historiam, Dogmata et Refutationem Systematis illius, quod a Benedicto de Spinoza
nomen habet, Jenae, 1759; Karl H. Heidenreich, Animadversiones in Mosis Mendelii filii refutationem
placitorum Spinozae, Lipsiae, Solbrig, 1786. Se si eccettuano le notizie sulla vita e sull’opera di Spinoza
fornite dall’amico Jarig Jelless nella Prefazione (“Voorredeen”) a De Nagelate Schriften, Amsterdam,
1677, edizione olandese dell’Opera Posthuma (Amsterdam, 1677) di Spinoza, che sarà curata da un altro
suo amico, Lodewijk Meyer e condotta sul testo di Jeller, le prime biografie compiute di Spinoza,
risalgono ai primi del ‘700 e n e e s a l t a n o , c o n i n t e n t i apologetici se non sempre aderenti al vero,
l’immagine di uomo virtuoso e dedito ai suoi studi: Johannes Koehler (Colerus), Korte, dog waarachtige
Levens Beschryving van Benedictus de Spinosa, Uit Autentique Stukken en mondeling getuigenis van nog
levende Personen, opgestelt, Amsterdam, 1705; Jean-Maximilien Lucas, La vie de Monsieur Benoit de
Spinosa, Amsterdam, 1719 (entambe tradotte in italiano: J. M. Lucas, J. Colerus, Le vite di Spinoza, cura
e trad. it. di R. Bordoli, Macerata, Quodlibet, 1994).
2
ricerca sulle fonti del suo pensiero conduce verso una tale quantità di direzioni che si
potrebbe dirne quello che Michael Löwy ha detto a proposito di Walter Benjamin: “Al
di fuori di tutte le correnti e al crocevia di tutte le strade”
2
.
Risulta infatti difficile sottrarre Spinoza tanto al contesto socio-economico della
Amsterdam in cui visse quanto a quello religioso e culturale in cui si formò; tanto al
nuovo clima scientifico europeo, quanto al dedalo della cultura e filosofia ebraiche da
cui potè trarre stimoli e ispirazione, senza dimenticare le vicende sue personali e della
famiglia di origini marrane da cui proveniva
3
. Il tutto assimilato, elaborato ed acquisito
come fondamento di una filosofia che, comunque, per i suoi contenuti, appare una
creatio ex nihilo, il prodotto di un pensiero, per alcuni, rivoluzionario.
David Ben Gurion ha detto di Spinoza che egli rappresenta “the most original and
deepest thinker of our people from the end of Biblical times to the birth of Einstein”
4
,
2
Michael Löwy, “Al di fuori di tutte le correnti e al crocevia di tutte le strade”, in Redenzione e utopia.
Figure della cultura ebraica mitteleuropea, trad. it. di D. Bidussa, Torino, Bollati Boringhieri, 1992.
3
Aaron V. Garrett fornisce un breve quadro d’insieme del variegato mondo di Spinoza, prendendo spunto
dai ‘nomi’ del filosofo. In latino, osserva Garrett, il nome di Spinoza è Benedictus o Benedict. E il latino
era la lingua degli intellettuali europei e quella cui Spinoza affidò molti dei suoi scritti e della sua
corrispondenza. Era anche la lingua della rappresentazione teatrale e quella in cui scrivevano gli autori
antichi che Spinoza amava, da Cicerone a Seneca, a Lucrezio. In ebraico il nome di Spinoza è Baruch.
L’ebraico era la lingua della Scrittura e della comunità religiosa ortodossa dalla quale Spinoza fu cacciato
e quella usata dai teologi che Spinoza criticò aspramente nel Trattato. Spinoza conosceva
approfonditamente questa lingua, tanto da comporre egli stesso una grammatica ebraica, ad uso
probabilmente di quanti volessero accostarsi ai testi sacri. Il nome portoghese di Spinoza era Bento. Il
portoghese era la lingua della sua famiglia, che dal Portogallo, via Nantes, si era trasferita ad Amsterdam
e quella della comunità ebraica in cui crebbe. Era la lingua utilizzata per gli affari e quando il padre morì,
insieme con il fratello, Spinoza continuò l’attività commerciale di famiglia comparendo nei documenti
relativi con il nome di Bento d’Espinosa. Era anche la lingua di romanzieri amati da Spinoza come
Cervantes. Infine c’era la lingua olandese, che si parlava al di fuori della comunità ebraica, nella vita di
tutti i giorni e nei circoli intellettuali frequentati dal giovane Spinoza, oltre ad essere la lingua di alcuni
influenti testi politici e religiosi, che Spinoza conobbe, come il De waerheyt van de christelijcke godst-
diest di William van Blijenburgh. Sempre in olandese venne poi tradotta, dopo la morte di Spinoza, la sua
Opera Posthuma. (Aaron V. Garrett, Meaning in Spinoza’s Method, Cambridge, Cambridge University
Press, 2003, pp. 4-5).
4
David Ben Gurion, “Lasset uns gutmachen das Unrecht”, i n S . H e s s i n g ( a c u r a d i ) , Spinoza.
Dreihundert Jahre Ewigkeit. Spinoza-Festschrift 1632-1932, The Hague, Mouton, 1962, 2da ed., p. 4, cit.
in Odette Vlessing, “The Excommunication of Baruch Spinoza. The Birth of a Philospher”, in J. Israel e
R. Salverda (a cua di), Dutch Jewry. Its History and Secular Culture (1500-2000), Leiden, Brill, 2002, p.
141.
3
ma tale originalità va saggiata sul terreno dell’incontro-scontro con la tradizione
5
e su
quello, non meno complesso, dell’identità ebraica avviluppata nelle spire del
marranesimo.
Quasi a preconizzare il suo futuro distacco dalla comunità di appartenenza, si può
vedere come, a quanto si sa, la formazione di Spinoza non seguì un percorso proprio
‘canonico’.
Secondo la biografia di Steven Nadler
6
, a circa diciassette anni Spinoza sarebbe stato
in procinto di frequentare la prima delle classi superiori della scuola Talmud Torà di
Amsterdam nella quale insegnavano, tra gli altri, il rabbino Menasseh, poi sostituito da
Judah Jacob Leao (o Leon), e soprattutto Saul Levi Mortera, figura tra le più autorevoli
del rabbimato di Amsterdam. Qui, secondo la vulgata, Spinoza avrebbe studiato per
diventare un rabbino, come avrebbe voluto il padre Michael dopo la morte del suo
primogenito Isaac. Sennonché, nel 1930, precisa Nadler, le ricerche nell’Archivio
municipale di Amsterdam di Abraham de Mordechai Vaz Dias
7
mostrarono che Spinoza
non frequentò mai quelle classi superiori e che si fermò al quarto grado di istruzione. In
particolare, nel registro tenuto dalla congregazione “Ets Chaim” (Albero della Vita), che
annotava tutti gli studenti che frequentavano le medrassim, le classi avanzate, il nome di
Spinoza non compare: segnatamente, nel registro del 1651, il diciottenne Spinoza si
sarebbe dovuto trovare tra gli allievi del rabbino Mortera, cosa che non è.
Nella prefazione alla traduzione inglese del libro di Vaz Diaz e van der Tak, anche
Guido van Suchtelen afferma recisamente che “From the documents [...] we can easily
5
Isaia Sonne ne “L’ebraismo di Spinoza”, La Nuova Italia, 7, IV, luglio 1933, parla di una vera e propria
rottura con la tradizione ebraica da parte di Spinoza.
6
Steven Nadler, Spinoza. A life, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, pp. 80-81.
7
Abraham de Mordechai Vaz Dias e Willem Gerard van der Tak, Spinoza mercator et autodidactus.
Oorkonden en andere authentieke documenten betreffende des wijsgeers jeugd en diens betrekkingen, ‘s-
Gravenhage, M. Nijhoff, 1932, trad. ingl. Spinoza. Merchant and Autodidact. Charters and Other
Authentic Documents Relating to the Philosopher’s Youth and His Relations, Assen, van Gorcum, 1982.
Nadler si serve di un articolo che ripropone in versione ridotta i risultati dello studio dei suoi Autori,
apparso, con lo stesso titolo della traduzione inglese in Studia Rosenthaliana, 16, 1982, pp. 103-71.
4
conclude that young Bento […] was never trained for the rabbinate and did not study
with the great Saul Levi Mortera”
8
.
Tuttavia, secondo Nadler, Spinoza avrebbe comunque potuto studiare con Saul Levi
Mortera, seguendo le lezioni extrascolastiche che questi teneva presso la “Corona de la
ley” (Keter Torà), centro studi da lui diretto.
Probabilmente, dice Nadler, la ragione più ovvia della mancata presenza di Spinoza
tra i talmidim dell’ “Ets Chaim” , negli anni dal 1647 al 1650, sta nel fatto che dopo la
morte di Isaac, Michael volle affiancarsi negli affari della sua ditta commerciale il
giovane Baruch, che negli atti notarili figura, a partire dal 1654, come “mercante
portoghese di Amsterdam”.
Inoltre, se anche l’educazione di Spinoza comprese letture ‘classiche’, è innegabile
che essa si arricchì di apporti umani e intellettuali spesso in rotta con l’educazione
ricevuta.
Un intreccio di relazioni, interessi e studi che porta a domandarci con Steven Smith
9
:
che ebreo fu Spinoza?
8
Citato in Myriam Silvera, “Il Tratado da verdade da Ley de Moisés di Saul Levi Mortera e i ‘miracoli
nascosti’ nella natura e nella storia. Assonanze concettuali nel Trattato Teologico-Politico”, in P.
Cristofolini (a cura di), L’hérésie spinoziste. La discussion sur le “Tractatus Theologico-Politicus”,
1670-1677, et la réception immédiate du Spinozisme, Amsterdam, Holland University Press, 1995, pp.
13-24. Silvera, cit., p.18, n. 15, ha peraltro evidenziato, di là dalla frequentazione o meno della classe di
Mortera da parte di Spinoza, come il rapporto tra il rabbino e il filosofo possa essere studiato sul piano
più ampio di una certa comunanza di studi e di idee. In particolare, un raffronto del Tratado da Verdade
da Lei de Moisés di Mortera, con il Tractatus theologico-politicus, nonché con l’opera di Spinoza in
generale, renderebbe attuale, osserva Silvera, l’indicazione fornita da H.P. Salomon nell’introduzione
all’edizione portoghese al Tratado (Saul Levi Mortera, Tratado da Verdade da Lei de Moisés, Escrito
pelo seu próprio punho em Português em Amsterdão 1659-1660, Edição facsimilada e leitura do
autógrafo (1659), introdução e Comentário, por H.P. Salomon, Coimbra, 1988, pp. CXLVI -1277), e
nell’articolo “Did Saul Levi Mortera plagiarize Joseph Albo?”, Studia Rosenthaliana, 23, 1989, pp. 28-
37, secondo cui le assonanze tra Mortera e Spinoza si presterebbero ad una ben complessa analisi, a
partire dalla comune lettura di fonti medioevali ebraiche, senza dimenticare un'altra importante linea di
ricerca, quella che pone a sistema l’opera di Spinoza con i più di mille sermoni pronunciati da Mortera
dal 1639 in poi. Sui sermoni di Mortera e sulla comune radice medievale di alcune tesi di Mortera e
Spinoza, v. infra
9
Steven Smith, “How Jewish was Spinoza?”, in P. J. Bagley (a cura di), Piety, Peace, and the Freedom to
Philosophize, Dordrecht, Kluwer Academic Publishers, 1999, pp. 191 e ss. Per le citazioni dal Trattato
teologico-politico, Smith utilizza l’edizione critica curata da Carl Gebhardt, Benedict Spinoza, Tractatus
Theologico-Politicus, Spinoza Opera, 4 voll., Heidelberg: Carl Winters Universitaetsbuchhandlung, 1925,
d’ora in avanti abbreviata con la lettera G, seguita dal volume e dal numero di pagina.
5
Riprendendo il discorso di Genviève Brykman,
10
Smith afferma che altro è il fatto di
essere un ebreo, altro è il modo in cui lo si è: la judeité di Spinoza risiede proprio nel
tipo di relazione che egli intrattenne con i valori e le istituzioni ebraiche, tanto che
Smith, come molti altri studiosi, ritiene che la relazione di Spinoza con l’ebraismo
costituisca l’essenza stessa del suo pensiero.
Tutti elementi, quelli sin qui menzionati, che si intersecano variamente con l’evento
di maggior risonanza, ora come allora, della vita di Spinoza, ovvero la scomunica
inflittagli dalla Congregazione sefardita di Amsterdam, su cui non si è mai smesso di
discutere, facendo a volte dire e fare a Spinoza anche quello che non aveva né detto né
fatto, ma la cui rilevanza non può essere ignorata da quanti vogliano indagare le ragioni
di un impossibile compromesso tra le ragioni del singolo e quelle della sua comunità, il
cui presidio da parte delle autorità, a certe condizioni, finiva con l’esigere meno
tolleranza che fermezza.
I.2. L’ Herem di Spinoza. Un ‘processo indiziario’
Quando ci si confronta con filosofi come Spinoza, prima o poi si ha la sensazione di
trovarsi ad un bivio: si deve decidere se essere pro o contro Spinoza. La radicalità delle
posizioni del filosofo e le sue scelte di vita sembrano imporre un aut-aut che non
ammette soluzioni mediane: tradì Spinoza lo spirito autentico dell’ebraismo o ne fu
l’audace e severo critico che proiettò se stesso e il suo pensiero verso la modernità? Fu
l’eretico che seppellì i fondamenti civico-religiosi della sua gente o contribuì come
pochi altri al dramma della nascita della nuova Europa, liberale e antidommatica?
10
Cfr. Genviève Brykman, La judéité de Spinoza, Paris, J. Vrin, 1972, p. 13, cit. in Smith, “How Jewish
was Spinoza?”, cit., p. 191.
6
Si può certamente propendere per un partito o per l’altro, e lo si è fatto, come
vedremo. Ma bisogna sempre tener presente che la storia di Spinoza e del suo pensiero,
sono esempi tipici di un’età che ancora sta metabolizzando le rivoluzioni che l’hanno
attraversata e l’attraversano, ed ogni cambiamento reca per sua natura con sé gli
strascichi di ciò che si è abbandonato e i punti saldi di ciò che rimane. Quando le nature
eccellenti sono impegnate in questi snodi della storia delle idee e dell’immagine
dell’uomo, ciò dà alla vicenda tutta l’impronta del genio, e l’interprete che non tiene
conto di questo delicato e complesso articolato compie un’analisi parziale. Non si può
rinunciare alla complessità, soprattutto, e a maggior ragione, con pensatori che hanno il
dono della formula come Spinoza. E complessità significa qui indagine sui cunicoli e
sulle fessure che possono aprire una breccia in angoli riposti del pensiero di un autore,
quando non per coglierne fino in fondo le intenzioni (certi pensatori sono enigmi anche
per se stessi), almeno per vivificarne le molteplici fonti d’ispirazione, la storia, con
Spinoza è proprio il caso di dirlo, prima delle parole e dei gesti che la esprimono.
Diventa perciò imprescindibile interrogare, fin dove è possibile, e nella misura in cui
lo è, i fatti, per vedere di quale e quanta storia siano o possano essere espressione.
E il fatto della vita di Spinoza fu l’ Herem che lo colpì il 27 luglio del 1656.
Quel giorno il Mahamad, il Collegio degli Anziani della comunità ebraica di
Amsterdam, comunicò a Spinoza questa decisione, rubricata come “Dichiarazione
rabbinica autentica datata 27 luglio 1656 e firmata da Rabbi Saul Levi Mortera ed altri”:
I Signori del Mahamad rendono noto che, venuti a conoscenza già da tempo delle cattive
opinioni e del comportamento di Baruch Spinoza, hanno tentato in diversi modi e anche con
promesse di distoglierlo dalla cattiva strada. Non essendovi riusciti e ricevendo, al contrario,
ogni giorno informazioni sempre maggiori sulle orribili eresie che egli sosteneva e insegnava e
sulle azioni mostruose che commetteva – cose delle quali esistono testimoni degni di fede che
hanno d e p o s t o e t e s t i m o n i a t o a n c h e i n p r e s e n z a d e l s u d d e t t o S p i n o z a – q u e s t i è s t a t o
riconosciuto colpevole. Avendo esaminato tutto ciò in presenza dei Signori Rabbini, i Signori del
Mahamad hanno deciso, con l’accordo dei Rabbini, che il nominato Spinoza sarebbe stato
bandito (enhermado) e separato dalla Nazione d’Israele in conseguenza della scomunica
(cherem) che pronunciamo adesso nei termini che seguono: Con l’aiuto del giudizio dei santi e
7
degli angeli, con il consenso di tutta la santa comunità e al cospetto di tutti i nostri Sacri Testi e
dei 613 comandamenti che vi sono contenuti, escludiamo, espelliamo, malediciamo ed esecriamo
Baruch Spinoza. Pronunciamo questo herem nel modo in cui Giosuè lo pronunciò contro Gerico.
Lo malediciamo nel modo in cui Eliseo ha maledetto i ragazzi e con tutte le maledizioni che si
trovano nella Legge. Che sia maledetto di giorno e di notte, mentre dorme e quando veglia,
quando entra e quando esce. Che l’Eterno non lo perdoni mai. Che l’Eterno accenda contro
quest’uomo la sua collera e riversi su di lui tutti i mali menzionati nel libro della Legge; che il
suo nome sia per sempre cancellato da questo mondo e che piaccia a Dio di separarlo da tutte le
tribù di Israele affliggendolo con tutte le maledizioni contenute nella Legge. E quanto a voi che
restate devoti all’Eterno, vostro Dio, che Egli vi conservi in vita. Sappiate che non dovete avere
con Spinoza alcun rapporto né scritto né orale. Che non gli sia reso alcun servizio e che nessuno
si avvicini a lui più di quattro gomiti. Che nessuno dimori sotto il suo stesso tetto e che nessuno
legga alcuno dei suoi scritti
11
.
Dalle ricerche di Asa Kasher e Shlomo Biderman
12
sappiamo che l’editto fu
proclamato dall’Arca (Aròn), l’armadio contenente i rotoli della Torà, della Sinagoga
Talmud Torà, centro della comunità degli ebrei portoghesi di Amsterdam. Fu
pronunciato dal collegio dei sei Anziani della Sinagoga, in veste di ufficiali
(Parnassim), con la presenza di un tesoriere (Gabbai) e con il consenso degli
Hakhamim (Savi) della comunità.
Ciò che salta agli occhi è senz’altro l’incredibile durezza delle parole usate dal
Collegio. Infatti, come osservano i due studiosi, sebbene la formula anatemica utilizzata
11
Testo riportato da Emilia G. Boscherini, Baruch Spinoza 1632-1677. La ragione, la libertà, l’idea di
Dio e del mondo nell’epoca della borghesia e delle nuove scienze, Roma, Editori Riuniti, 1985, p. 13. V.
per il documento ufficiale la nota successiva. Sul bando di Spinoza v. Jan Wim Wesselius, “De ban van
Spinoza. Oude en nieuwe inzichten”, Geschiedenis van de Wijsbgeerte in Nederland, 1, 1990, pp. 193-
203; Henri Méchoulan, “Le ‘Herem’ à Amsterdam et l’excommunication de Spinoza”, Cahiers Spinoza,
3, 1979-1980, pp. 117-134; Yosef Kaplan, An Alternative Path to Modernity. The Sephardi Diaspora in
Western Europe, Leiden, E. J. Brill, 2000, p. 129; Herman P. Salomon, “Le vrai excommunication de
Spinoza”, in H. Bots e M. Kerkhof (a cura di), Forum Literarum. Miscelanea de Estudos Literáros,
Linguisticos e Históricos oferecida a J.J. van den Besselaar, Amsterdam, Maarssen,1984, p. 181-199.
12
Asa Kasher e Shlomo Biderman, “Why was Baruch de Spinoza Excommunicated?”, in David S. Katz e
Jonathan I. Israel (a cura di), Sceptics, Millenarians and Jews, Leiden, E. J. Brill, 1990, pp. 98-141 (d’ora
in poi Kasher e Biderman). Gli autori riferiscono anche che la versione ufficiale del documento è alla
pagina 408 del Livros dos Acordos de Nação e Ascamot, il Libro delle Ordinanze della sinagoga, che si
trova attualmente presso l’Archivio municipale di Amsterdam con la numerazione PA 334/19.
8
nell’editto fosse ben nota – proveniva dal Kol Bo, letteralmente “Tutto in esso”, una
raccolta di leggi rituali e civili della fine del XIII-inizio XIV sec. – i motivi per cui ci si
serviva di essa dovevano essere gravissimi, se è vero che nello stesso periodo non
risulta sia stata mai usata: si dovrà attendere il 1712 per ritrovare un bando redatto negli
stessi termini contro le dottrine eretiche sostenute da tre presunti Caraiti. In quest’ultimo
caso il bando riguardò tre membri della Sinagoga accusati di seguire la setta
13
.
Per Spinoza si parla di “cattive opinioni”, “orribili eresie” e “azioni mostruose”. Gli
vengono attribuiti anche degli scritti, che nessuno deve leggere.
Ora, quali siano queste opinioni ed eresie, chi siano i testimoni a carico di Spinoza e a
quali scritti si riferiscano gli Anziani non siamo in grado di affermarlo con esattezza,
non avendo a nostra disposizione fonti di prima mano. Perciò una puntuale ricostruzione
dei fatti che portarono alla condanna di Spinoza non è allo stato possibile. Le ragioni
effettive dell’editto di scomunica rimangono oscure e si possono avanzare solo delle
ipotesi.
Nel loro articolo, Kasher e Biderman, che si giovano, tra l’altro, delle ricerche di
Israël Révah
14
su de Prado, dicono che, in effetti, le opinioni di Spinoza potrebbero
essere state le stesse di Daniel (o Juan) de Prado e Daniel Ribera (o de Ribera), suoi
conoscenti, e forse non semplici conoscenti, di altrettanto libere vedute.
13
Yosef Kaplan è stato il primo a pubblicare la traduzione della Prefazione all’editto, nella quale si legge:
“It was made known to the lords of the council that David Mendes Henriques, known as David Alzamara,
and Aharon and Isaac Dias de Fonseca are following the sect of Karaites, acting as they do, and entirely
denying the traition of the Oral Law, which is the foundation and the underpinning of our Holy Law. The
lords of the council, in the presence of the Rabbi, attempted to make them return from their devious ways
and to bring them to the way of truth, but were unsuccessful, for they were steadfast in their waywardness
and continued to mantain their harmful and heretical beliefs.” (“ ‘Karaites’ in Early Eighteenth Century
Amsterdam”, in David S. Katz e Jonathan I. Israel (a cura di), Sceptics, Millenarians and Jews, Leiden, E.
J. Brill, 1990, pp. 196-236). Non ci si espresse così nemmeno nei confronti di Juan de Prado o di Uriel da
Costa, contemporanei di Spinoza, condannati rispettivamente nel 1658 e nel 1647 e sostenitori di tesi
esecrabili che minavano il senso stesso della Scrittura, ponendo in dubbio, tra l’altro, la verità della
rivelazione. Su Prado, cfr. infra, pp….Su da Costa, v. pp…V. anche Yosef Kaplan, “The Social Functions
of the herem in the Portuguese Jewish Community of Amsterdam in the Seventeenth Century”, Dutch
Jewish History, 1, 1984, pp. 111-155.
14
Israël S. Révah, Spinoza et le Dr Juan De Prado, Paris, Mouton, 1959.