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INTRODUZIONE
Come il «mondo» finì per diventare favola
ed entrò in casa mia..
C’è chi dice di essere cresciuto guardando i telefilm; io invece, ho conosciuto
un bambino che è vissuto come se fosse in un telefilm. Tra i sei e i quattordici anni il
suo mondo, la sua famiglia, i suoi amici sono stati i personaggi, i luoghi, le atmosfere
delle serie TV che un tempo popolavano con le loro storie i palinsesti delle emittenti
italiane. E’ cresciuto sognando di vivere come i teenagers di Beverly Hills tra ville di
lusso e abiti firmati; di costruire castelli di sabbia nelle spiagge della California e fare
il bagno in acqua, sotto l’occhio vigile (nel caso qualcosa fosse andato storto) dei
bagnini di Baywatch; di aver in casa a gironzolare una esilarante Tata Francesca; di
ritrovarsi con i Friends a bere qualcosa al Central Perk o di avere per amico quel Willy
che viveva a Bel-Air. Poi crescendo, superata con fatica la paura per l’uomo nero e
l’idea dell’esistenza dei mostri chiusi nell’armadio, arrivano Buffy e le sorelle Hallywell
che, al contrario, gli dicono che i mostri in realtà esistono e sono intorno a noi. E
mentre ai suoi coetanei narravano di fiabe con protagoniste principesse che erano
salvate dal loro principe dalle grinfie della strega cattiva, vivendo da lì in avanti felici
e contenti, lui si estraniava in un mondo, dove capii ben presto che i protagonisti
delle sue storie non sempre avrebbero goduto del lieto fine, che nelle favole popolari
risultava, essere la norma. Crescendo, le serie TV si sono rilevate la sua riserva di
fiabe in chiave moderna: un momento di evasione spensierato dalla quotidianità della
vita che riflettono ancora adesso (che io sappia), i suoi sogni, le sue paure, le sue
speranze e memorie. I telefilm gli hanno insegnato, eccome se l’hanno fatto, a
guardare e comprendere gli altri, il mondo e se stesso. Ha compreso che è giusto
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avere sogni e ambizioni ma che la strada per il successo è lunga e tortuosa tra i
corridoi della High School of Performing Arts; vivendo le vicende della famiglia
Walker, ha capito che non è mai troppo tardi per essere ciò che si sarebbe voluti
essere; dai suoi amici Will & Grace che la famiglia è quella che uno sceglie e, di
qualsiasi tipo sia, vince sempre; tra i panni sporchi delle casalinghe di Wisteria Lane
che si comincia mentendo a se stessi e si finisce col dominare gli altri, quando si
comincia a mentire anche agli altri
1
.
Questa tesi parla di serie TV. Oggi giorno è molto più frequente che una tesi
parli di serie TV che non il contrario, e pertanto il fatto rientra nell’ordine naturale
delle cose. Scrivere su questo tema non è facile, seppure molti ingenuamente,
possano pensare il contrario. Descrivere la complessità di questi prodotti televisivi,
sia a livello dei contenuti sia della loro struttura, denota come la televisione non sia
solo una fabbrica che trasuda trash: adesso che alcune serie come Sex and the City,
Lost, Grey’s Anatomy, Dexter, hanno ottenuto un grande successo, di pubblico e di
critica, diventa più facile sostenere che la buona TV, la tanto ricercata TV di qualità,
esiste da tempo
2
. Approfondire, quindi, lo studio della produzione seriale significa
scontrarsi con un tema estremamente attuale poiché mai nella storia della televisione
questo prodotto ha assunto una rilevanza tale da divenire specchio della realtà,
modello narrativo privilegiato e amato dalle nuove generazioni, testo studiato e
rispettato da un assortito gruppo di studiosi mondiali
3
.
Nello stesso tempo, questa ricerca parla di un altro aspetto particolare della
televisione, cioè del suo consumo: in un contesto che si direziona sempre più verso la
convergenza dei media, dove lo spettatore di fronte all’avvento delle nuove
tecnologie, abbandona il mezzo televisivo, favorendo il Web. La televisione si separa
dall’apparecchio televisivo e il flusso viaggia altrove, setacciando piattaforme
inesplorate. Si tratta di vera crisi? O dobbiamo rivolgere lo sguardo, piuttosto, a
1
GRASSO Aldo, Buona Maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e dei libri, Milano,
Mondadori, 2007, p. 228.
2
Ivi. p. 5.
3
Tra gli studiosi che recentemente si sono occupati di serie tv ricordo tra gli altri Glen Creeber, Mark Jancovich,
Stacy Abbot, Jane McCabe.
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dinamiche esclusivamente nazionali, e quindi alle mutate logiche di programmazione
delle reti e alle variazioni nello scenario complessivo dell’offerta? E’ finita davvero la
Golden Age della serialità televisiva? Sono queste le domande di fondo da cui è
partorita questa ricerca, i cui risultati trovano spazio tra le fila di queste pagine.
Insomma: questo lavoro vorrebbe parlare di televisione nei termini
dell’intreccio che si plasma tra la messa in forma dell’offerta (di serie TV) e quella del
suo consumo (la sua fruizione); si tratta di un intreccio che presenta ovviamente
molti aspetti interessanti economici, ideologici, normativi, di cui questa ricerca,
purtroppo, non parlerà; almeno non direttamente. Ecco il senso più profondo di
queste pagine: fare ricchezza delle tradizioni teoriche e di ricerca che hanno
accompagnato la storia della TV, per provare a illustrare i fattori che hanno agito
nell’ultimo decennio a stravolgere gli ormai antichi canoni di fruizione televisiva,
anatomizzando in particolar modo le peculiarità di un formato cardine dell’offerta:
quello delle serie televisive.
A questo scopo è sembrato necessario, come primo passo (nei CAPP. I e 2),
delineare ‘brevemente’ le origini della serialità televisiva, i suoi formati e generi, per
poi, ripercorrere le serie televisive che hanno contraddistinto la storia della
televisione mondiale: da Alfred Hitchcock Presents a Hill Street Blues, passando per
Twin Peaks ai più recenti Sex and The City e Desperate Housewives. In seguito,
partendo da una analisi semantica dei termini di audience e pubblico e dei problemi
di analisi e di rivelazione, si affronteranno le teorie fondamentali sugli Audience
Studies: a partire dai primi approcci della teoria critica di Adorno e Horkheimer, fino a
quelli più recenti sulle diffused audience teorizzate da Abercrombie e Longhurst; si
osserveranno poi, le caratteristiche che col tempo hanno assunto i consumatori di
serialità televisiva che da pubblici di massa, si presentano sempre più selettivi e di
nicchia.
Il secondo passaggio, cui sono dedicati il CAPP. 3 e 4, consiste nel dare un
senso a uno scenario che va sempre più verso la convergenza mediale: osserverando
l’emergere di quelle che Jenkins (2006) definisce “culture partecipative” e la nascita
di una cult testualità televisiva, sarà preso in esame un particolare fenomeno, che a
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partire dagli anni Novanta ha interessato gli studi sull’audience: il fandom. In un
secondo momento, attraverso un’indagine condotta da chi scrive, sui mutamenti di
fruizione delle serie TV, si proverà a delineare le caratteristiche che assumono i
pubblici ‘connessi’ e approfondire gli effetti che le scelte di questi ultimi generano nel
mercato televisivo, soprattutto, in termini di ascolto. Il tutto, concretato dall’analisi di
tre casi rappresentativi di serie che inserite all’interno di un’unica cornice culturale e
tecnologica, vale a dire, quella della convergenza e del mainstream, si sono
differenziate per il loro forte impatto sul pubblico e sull’industria culturale.
E su queste ultime suggestioni che si muovono, infine le ultime pagine, che
propongono quale esito del nostro percorso e con la consapevolezza di chi scrive di
sentire di appartenere alle cose di cui parla, una riflessione sui potenziali scenari
futuri del mezzo televisivo e della serialità, ’tentando si spera’, di dare risposta
all’annoso interrogativo da cui è sorta tutta la ricerca, se si è giunti come alcuni
sostengono alla “fine della Golden Age?”.
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CAPITOLO 1
La cosa si fa seria-le
“State per entrare in un’altra
dimensione: non solo visiva o sonora
ma anche mentale. State per
compiere un viaggio nella misteriosa
terra dell’immaginazione.. ai confini
della realtà.”
4
Tempo scaduto: «The Office is Closed»
5
. Così titola il video, creato il 6
novembre 2007 dalla Writers Guild of America
6
, in seguito, all’ennesimo fallimentare
tentativo di negoziati fra l’industria e le rappresentanze del settore: Hollywood
sciopera. L’ultima protesta degli sceneggiatori risale al 1988: durò 22 settimane e
costò all’industria Hollywoodiana la bellezza di 500 milioni di dollari dell’epoca
7
. Le
conseguenze dello sciopero si fanno subito sentire, soprattutto in TV. La stagione
2007-2008 parte come al solito, ma vengono mandati in onda soltanto gli episodi già
scritti e girati. Terminato il materiale tutto si ferma e cominciano le repliche. I motivi
principali dello sciopero risultano essere due
8
. Il primo è che gli sceneggiatori non
ricavano ‘una lira’ sui diritti di trasmissione in TV: tutte le volte che un programma
viene mandato in onda, l’emittente televisiva retribuisce una cifra alla casa di
4
L’annuncio iniziale della serie televisiva cult The Twilight Zone (it. Ai Confini della Realtà) CBS 1959-64.
5
Cfr. http://www.youtube.com/watch?v=b6hqP0c0_gw&feature=player_embedded/ [14 Aprile 2011].
6
Writers Guild of America (WGA) è l’associazione sindacale che tutela gli sceneggiatori americani.
7
Cfr. http://www.tvblog.it/post/6984/hollywood-lo-sciopero-degli-sceneggiatori#more/ [14 Aprile 2011].
8
Come spiega un video pubblicato dalla WGA, intitolato “Why we fight”. Cfr.
http://www.youtube.com/watch?v=oJ55Ir2jCxk&feature=player_embedded#at=13/ [ 14 Aprile 2011].
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distribuzione, ma nessun centesimo di questi va agli sceneggiatori. Il secondo
riguarda invece i diritti per la riproduzione Home Video (dove gli sceneggiatori
guadagnano 4 centesimi di dollaro a copia) e per la distribuzione digitale, dove gli
scrittori continuano a guadagnare 4 centesimi di dollaro benché, come fanno
legittimamente notare, i costi per la casa di distribuzione vengono considerevolmente
ridimensionati. Lo sciopero ha anche delle ripercussioni internazionali, generando
vuoti nel palinsesto alle emittenti estere, in quanto, acquistano anticipatamente i
diritti per le serie americane.
«Questo ‘sciopero dell’immaginario’ è intimamente legato al successo di serie
come Lost e 24, o di reality come Pop Idol e Big Brother. Si tratta di
programmi che viaggiano su altre piattaforme (DVD, telefonini, web) e
producono altri testi che a loro volta viaggiano su altre piattaforme. Sono il
frutto della convergenza, che coinvolge processi tecnologici, economici,
istituzionali, culturali. Il testo televisivo non è più unico e non è più fruibile
solo sulla Tv. E’ un testo in continua espansione e fruibile su più media. Così
lo concepiscono i network, così devono produrlo gli autori. E’ per questo che
scioperano: vogliono che sia rivalutato il loro diritto d’autore.»
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Il 12 Febbraio 2008, a distanza di 100 giorni dall’inizio, lo sciopero si conclude.
Il nuovo contratto sottoscritto, stabilisce una estensione dei diritti su tutto il
materiale riprodotto. Ma qualcosa da lì in avanti è cambiato. I testi risultano più
‘deboli’, gli episodi per stagione diminuiscono, gli ascolti calano. Ma per capire
come tutto è iniziato è, come sempre, necessario fare un passo indietro nel tempo.
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CARINI Stefania, Il testo espanso. Il telefilm nell’età della convergenza, Vita e Pensiero, Milano, 2009, p.
XIII.