3
Sono ormai sempre più frequenti notizie di cronaca nera in cui i protagonisti sono i
minori. Atti di bullismo, baby gangs, spaccio al minuto di droga, sono solo alcuni di
questi episodi, che inducono a porsi un importante interrogativo: Perché questa
categoria di soggetti, da sempre considerata una fascia debole, da proteggere, si rende
sempre più protagonista di crimini, nella maggior parte dei casi collegati con le
organizzazioni criminali?
Questo lavoro, frutto dell’amore verso la cultura, nonché dell’impegno costante nel
sociale a favore di minori a rischio, cerca in qualche modo di riuscire a comprendere ciò
che è sotteso alle dinamiche delinquenziali giovanili, a quale tipo di organizzazioni esse
danno vita, nonché quali tipi di organizzazioni si propongono di fronteggiarle.. È altresì
il frutto di un lungo processo di maturazione personale e professionale, in cui si è reso
necessario raggiungere, seppur in modo mai completo, una discreta conoscenza delle
organizzazioni criminali, dei loro legami con le sottoculture giovanili, del perché esse
riescono così facilmente ad arruolare tra le loro fila soggetti, che, in quanto individui in
fase di sviluppo, si distinguono per fragilità e sempre e comunque mal celata ingenuità.
Tramite un lavoro di costante ricerca e riscontro quotidiano sul campo, avente
l’obiettivo di individuare le dinamiche con cui le organizzazioni criminali s’insinuano
tra i giovani, modificandone i valori, fino a renderli criminali al pari di un adulto, si
cercherà di far luce su alcune realtà socio culturali degradate con tutto ciò che
comportano, proprie del territorio campano, che per alcune fasce della popolazione
rappresentano “la normalità”.
Attraverso un excursus nella storia della “sociologia criminale”, delle sottoculture
giovanili, della nascita delle organizzazioni criminali, è delineato il campo d’indagine
INTRODUZIONE
4
nel quale questa ricerca prenderà l’avvio, ripercorrendo altresì le tappe dello sviluppo
della malavita organizzata e la sua presenza sempre più radicata sul territorio.
Il focus dell’attenzione è poi rivolto alle organizzazioni criminali del Mezzogiorno, il
loro modus vivendi, le loro caratteristiche, la loro struttura, le loro “attività”, con
particolare riferimento all’interland napoletano, terra martoriata dalla criminalità,
nonché oggetto d’interesse della ricerca.
Momento centrale è lo studio del rapporto tra le organizzazioni e le sottoculture
giovanili, il modo in cui s’instaura un legame tale da indurre ad interrogarsi su quelli
che possono essere definiti i “nuovi miti del XXI secolo”, che hanno, in alcune realtà,
ormai soppiantato quelli tradizionali dei cartoni animati, o al più dei cantanti
neomelodici. “Nuovi miti” possono essere definiti Provenzano, Riina, Cutolo, fino a
giungere al personaggio di Tony Montana, del film di Brian De Palma, “Scarface”, a
Tonino del recentissimo film di Matteo Garrone, “Gomorra”, come testimoniano le
notizie riportate sui quotidiani italiani.
L’ultima parte del lavoro, infine, verterà sui possibili interventi da porre in essere per
ostacolare l’arruolamento dei minori, nelle zone più complesse del territorio. A tale
scopo, alla luce degli ultimi avvenimenti, si porrà l’accento sulle modalità d’intervento
proposte dal Ministro delle politiche giovanili.
La Meloni, Ministro delle politiche giovanili, nell’intervista riportata in Matrix,
trasmissione televisiva delle reti Mediaset, del 15. 10. 08, ha parlato della necessità di
presidi contro la camorra provenienti da forze giovanili, nonché della promozione di
una cultura della legalità, incentrata sull’utilizzo di modelli che hanno fatto la storia
della lotta alla criminalità organizzata, quali Borsellino, Falcone o Don Peppino Diana,
5
da proporre come alternativa ai già citati miti e “per educare le giovani generazioni alla
difesa del cittadino, e non dello Stato in quanto apparato”
1
1
Ministro delle Politiche Giovanili, Meloni; Matrix, trasmissione televisiva reti Mediaset, 15.10.08
6
I
LE PRINCIPALI TEORIE DELLA CRIMINALITA’
1.1 Introduzione
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, la criminologia affondava le radici nel
campo della filosofia del diritto, con il contributo fondamentale di Beccaria, ed altri, che
tradizionalmente sono identificati nella Scuola Classica, considerata come “l’epoca dei
pionieri”
2
della criminologia moderna.
Si afferma come scienza autonoma, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo con la
nascita della Scuola Positiva che, in Italia, ebbe i suoi maggiori rappresentanti in
Lombroso, Ferri, Garofalo.
Uno stampo più propriamente sociologico si è avuto a partire dagli anni Trenta dell’
800, grazie ai primi studi statistici, nonché sociologici, condotti principalmente da
Guerry e Quetelet. che aprirono la strada ad una concezione deterministica del crimine,
in precedenza del tutto assente. Si assiste ad un proliferare di teorie sociologiche,
tendenti ad analizzare il fenomeno delittuoso a partire da una visione complessiva della
società e ricercandone le cause nel contesto ambientale, nelle interazioni e relazioni
sociali, nelle condizioni di vita e nelle forme di controllo sociale.
Seguendo l’orientamento sociologico della criminologia, saranno enunciate le principali
teorie della criminalità, in modo da avere una visione chiara, sia della base sulla quale
saranno sviluppati i prossimi capitoli, sia dell’attenzione che tale fenomeno ha suscitato
nel corso del tempo, acquisendo i connotati di un problema sociale, che, come tale,
rispecchiando l’ideologia del Walfare State, deve essere prerogativa di tutta la società, e
ne richiede, dunque, la totale responsabilizzazione.
2
A. Baratta Criminologia critica e critica del diritto penale, Bologna ed. Il Mulino, 1982 ( p. 26)
7
1.2 Scuola Classica, Scuola Positiva e ideologia della difesa sociale.
Scuola Classica e Scuola Positiva sono orientamenti da collocarsi agli antipodi dello
sviluppo della criminologia, poiché l’uno ne costituisce le premesse, l’altro la determina
in quanto scienza autonoma. Entrambe mirano ad una costruzione del diritto penale, ma
muovendo da principi di fondo differenti, con conseguenti diverse concezioni del reo,
del crimine e della pena.
La Scuola Classica muove dal principio guida del libero arbitrio, di cui è dotato ogni
uomo. Esso ne determina i comportamenti, anche quelli criminosi, per tanto tutti gli
individui sono uguali, hanno in egual modo la responsabilità morale delle loro azioni,
tra cui, quelle delittuose, punite con la pena, che ha come funzione specifica quella della
difesa sociale.
Precursore di tale teoria può essere considerato Cesare Beccaria con il suo trattato “Dei
delitti e delle pene”. Lo studioso sviluppa la sua filosofia sulla base di due principi, che
caratterizzano lo Stato di diritto:1- L’utilitarismo, secondo il quale bisogna raggiungere
la maggior felicità per il maggior numero di soggetti;2- Il contrattualismo, in base al
quale l’individuo dà parte della propria libertà allo Stato, per goderne il restante con
sicurezza e tranquillità. Ne consegue, secondo il Beccaria, che l’uomo è capace di scelte
consapevoli, poiché dotato di libero arbitrio, conseguenza che, come anticipato, è alla
base della Scuola Classica. Essa pretende di dare una spiegazione oggettiva del reato,
poiché lo considera in modo avulso tanto dal contesto sociale, quanto dall’individuo. Il
fatto delittuoso si configura, dunque, come un fatto giuridico. Lo stesso Carrara, uno dei
maggiori esponenti della Scuola, afferma: « Il delitto non è un ente di fatto, ma un ente
8
giuridico, perché la sua essenzialità deve considerarsi impreteribilmente nella violazione
di un diritto»
3
.
La Scuola Positiva, invece, identifica nel determinismo della condotta il suo principio
cardine, identificando come oggetto di studio l’autore del reato. In analogia con la
Scuola Classica anch’essa considera il reato come un ente giuridico,e afferma che il
diritto che lo sottende non deve isolare il comportamento criminoso né dalla società, né
dall’individuo nella sua totalità. Lo stesso Lombroso parla di determinismo della
condotta riferendosi a fattori antropologici che determinano il comportamento
delinquenziale; teoria ampliata in seguito, da Ferri e Garofano, l’uno accentuandone i
fattori sociali, l’altro quelli psicologici: il crimine è la risultante di un triplice ordine di
fattori antropologici, psichici, sociali. Da ciò possiamo dunque dedurre che il reo non è
da considerarsi al pari degli altri, poiché dotato di libero arbitrio, ma un soggetto
diverso, come testimonia la “Teoria del delinquente nato”
4
di Lombroso, e nella cui
diversità questa scuola tende ad individuare le cause della criminalità. La responsabilità
morale di cui parla la Scuola Classica diventa così responsabilità sociale, e per tanto, il
criminale va punito attraverso una sanzione, che non sia commisurata al reato, ma
adeguata all’autore del fatto criminoso, con finalità non solo di difesa sociale, ma anche
di cura e rieducazione del soggetto- funzione primaria per la Scuola Positiva, accessoria
per quella Classica-.
Seppur partendo da concezioni differenti del crimine e del reo, le due Scuole sono
accomunate dal considerare la pena funzionale alla difesa sociale e, per tanto, entrambe
sottese a tale ideologia – dove per ideologia s’intende una falsa coscienza legittimante le
3
Ibidem p. 30
4
G.Ponti, Compendio di Criminologia, Milano, ed. Cortina, 1999 ( p. 93).