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Introduzione
Monitorando numerose biblioteche della capitale,
siano esse private oppure appartenenti
all’Università che frequento oppure gestite dal
Vaticano, diversi e numerosissimi sono i trattati
reperibili intorno alle scienze ingegneristiche
come la meccanica, l’aerodinamica, la
fluidodinamica, nonché la stessa idraulica, e con
infinita pazienza chiunque potrebbe ricostruire
(data la mole mastodontica di informazioni
contenutevi) una più o meno accurata serie
cronologica di eventi che a ragione potrebbe
essere chiamata storia, se ben redatta e
logicamente espressa ed ordinata.
Peccato che un lavoro del genere avrebbe richiesto
un tempo espresso in anni, improponibile quindi
(se restiamo nell’ ambito di una tesi di un Corso di
Laurea Triennale) per uno studente laureando
appassionato dell’epistemologia nonché della
letteratura in generale come il sottoscritto.
Per puro caso mi sono imbattuto, navigando in
rete, in un professore americano che assai si
compiaceva di aver svolto, insieme ad un suo
studente particolarmente brillante ed abile nello
stendere testi di ogni sorta, un lavoro mai prima
di allora tentato: una completa ed esaustiva storia
delle scienze idrauliche. Il libro, del quale
desideravo ardentemente avere una copia, mi è
stato gentilmente inviato (in cambio di una cifra
davvero irrisoria) dalla University of Iowa, e porta
il titolo “Hystory of Hydraulics” di Hunter Rouse e
Simon Ince, 1957 (rispettivamente docente ed
allievo). Ad una prima lettura, il testo si presenta
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scorrevole ed indubbiamente ben fatto, ma lungi
dall’essere esaustivo per chi voglia approfondire
particolarmente la materia. Per questo, quando
ancora in rete mi sono imbattuto nel lavoro del
sig. Stefano Giovanni Loffi intitolato “Piccola
Storia Dell’Idraulica, libera traduzione, ridotta ma
integrata, di ‘History of Hydraulics’ di Hunter
Rouse e Simon Ince” (testo reperibile in versione
integrale sul web), credevo di aver trovato chi già
avesse colmato le lacune del testo americano,
pensavo quindi di aver esaurito la ricerca delle
fonti per il lavoro che seguirà.
I due testi sono indubbiamente uno strumento di
facile uso e veloce consultazione, e costituiscono
in ogni caso i pilastri sui quali la seguente
trattazione si basa, ma, per stessa ammissione
degli autori, si riferiscono ad un pubblico vasto e
senza particolari conoscenze scientifiche, e
pertanto alcuni passi, sebbene possano essere
considerati sicuramente una piacevole lettura,
non sono assolutamente adatti al mio scopo.
In ogni caso, in riguardo ai testi consultati per
coprire queste lacune, la bibliografia finale terrà
conto senza esclusioni di ogni fonte adoperata.
È giusto sottolineare che l’enciclopedia on-line
wikipedia (http://it.wikipedia.org) è stata un
ottimo alleato in molte parti della mia trattazione.
Quanto oggi sappiamo sull’idraulica è il frutto del
lavoro di molti che, nel corso della plurimillenaria
storia dell’umanità, si sono sforzati di capire i
fenomeni osservati, descriverli, darne
un’immediata interpretazione pratica attraverso
imponenti costruzioni, e sono stati in grado di
divulgare ai contemporanei e ai posteri i risultati
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delle proprie fatiche. Il lavoro di persone
caratterizzate da un’immensa fantasia, estro,
persone di potere e non, spesso solo dei pazzi
visionari, a nulla sarebbe valso se non fosse stato
seguito e quindi stimolato dalla realizzazione delle
opere idrauliche che, soprattutto nel lontano
passato, costarono sforzi e sofferenze oggi quasi
inimmaginabili. A seconda del periodo storico in
esame, il giusto tributo va immediatamente
consegnato all’ambiente, alla civiltà, ai tempi, alla
cultura, alle condizioni economiche,
all’organizzazione sociale che certamente sono
stati determinanti.
Ritenendo quindi necessario parlare non solo
degli uomini, ma anche delle situazioni nelle quali
essi vissero, l’intento è quello di dare un volto ed
una collocazione a molti nomi che gli studenti
trovano, imparano, usano, a volte distrattamente,
per ricordare qualche formula o teorema; di dare
significato e quindi occasione di apprezzamento a
mille scoperte e conquiste, raggiunte con
dedizione, passione, interesse, sacrificio, umiltà e
coraggio.
Anche se gran parte del mio lavoro è integrare,
copiare, modificare quello altrui, risulta necessario
che sottolinei immediatamente un concetto che
influenzerà parecchie mie scelte, quindi il
risultato finale.
La pratica dettata dall’esperienza è un passo
fondamentale nello sviluppo della scienza.
Prendendo un esempio il più possibile lontano nel
tempo, anche le complesse e vastissime reti di
irrigazione dei Sumeri e poi degli Egizi, già estese
nel quarto millennio avanti Cristo, seppur
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concepite dalla sola esperienza pratica, sono parte
della cultura idraulica perché prova della capacità
di governo di alcune leggi fisiche dei fluidi. Leggi
sentite solo istintivamente, nella più totale
incapacità di esprimerle in dimostrazioni teoriche.
A questo proposito, credo che lo sviluppo della
cultura umana debba essere raccontato sin dalle
sue origini, per quanto esse possano sembrare
modeste, maldestre, forse insignificanti di fronte
alla certezza (?) dell’interpretazione teorica che
prese posto qualche millennio dopo.
Ogni azione dell’uomo che cerca di sfruttare,
ancor prima di capire, i fenomeni della Natura è di
per sé l’espressione della tensione interiore che ha
mosso il progresso di ogni scienza, di ogni cultura.
Ogni fatto, per quanto minimo, rappresenta un
progresso che contribuisce a creare quell’ambiente
sociale in grado di innescare un potente spirito di
emulazione.
Per quanto detto, il testo che seguirà presenterà
spesso ampie digressioni riguardanti fatti storici o
descrizioni accurate di determinate macchine o
strutture, e spesso le immagini che si
presenteranno non saranno inerenti all’ingegneria.
Una seria domanda per la quale ho dovuto cercare
rapidamente una risposta è la seguente: quanto
deve essere estesa una simile trattazione, sebbene
consideri solo un determinato periodo della storia
dell’umanità? Massima sintesi e massima analisi
sono due estremi che possono differire, in questo
caso, migliaia di pagine: ogni capitolo potrebbe
costituire, da solo, un intero volume.
Per ovvie ragioni di tempo e praticità, ho deciso di
adottare come riferimento i 7 CFU che il mio
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piano di studi prevedeva di assegnare al progetto
finale per completare questo corso di laurea.
Di molte opere di illustri personaggi verrà spesso
citato solamente il titolo: si indirizza il lettore alla
bibliografia finale per ulteriori informazioni.
Infine, molti brani delle stesse opere verranno
spesso parafrasati piuttosto che riportati
fedelmente, per maggiore chiarezza. Verrà
avvisato il lettore lì dove i testi verranno riportati
in versione originale.
Le più importanti leggi dell’idraulica inerenti a
questa storia saranno corredate da una trattazione
in termini matematici attuali. Tali leggi, in ordine
cronologico, sono le seguenti:
- principio di Archimede;
- equazione di continuità;
- legge di Stevin;
- legge di Torricelli.
Tutte le immagini presenti nel testo sono state
reperite tramite il portale di Google Immagini
all’indirizzo web:
http://www.google.it/imghp?hl=it&tab=wi
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1 – L’IDrAuLICA prAtICA DELLE
prime civiltà antiche
Più cerchiamo informazioni su popoli lontani nel
tempo, maggiormente numerosi si presentano
problemi relativi a fonti, quantità di informazioni
ed attendibilità dei dati.
Questo accade per diversi motivi. Il primo della
lista potrebbe essere il seguente: le testimonianze
dirette così lontane nel tempo hanno più
possibilità di essere distrutte o manomesse o
rovinate dai popoli conquistatori o semplicemente
da agenti atmosferici; inoltre, andando sempre più
a ritroso nel tempo, i vari metodi di registrazione
e di divulgazione di informazioni si fanno sempre
più deboli se non totalmente assenti. Scrivere
poche righe su tavole di argilla o effettuare dipinti
su mura di pietra soggette ad umidità o vento, non
garantisce affatto longevità.
Questo è un discorso che vale per ogni
testimonianza che questi popoli hanno lasciato, ed
in particolare può affermarsi con una certa
sicurezza che nulla o quasi nulla è rimasto
registrato in merito alle conoscenze idrauliche. Si
può ragionevolmente tentare di trovare un ordine
logico nell’evoluzione dei popoli antichi attraverso
i pochi resti a noi giunti di strumenti come lance,
frecce, pietre, ma non sapremo mai quando
l’uomo effettivamente iniziò a sfruttare l’energia
del vento tramite la vela, quando avvenne il
passaggio dall’utilizzo delle zattere a quello delle
navi, dalla navigazione lungo i fiumi a quella in
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mare aperto. Questo può essere solo immaginato
o assai grossolanamente stimato.
Nonostante tutto, reperti e dati dell’età della
pietra sono stati trovati intorno ad alcuni laghi
della Svizzera, paludi dell’Irlanda e della Scozia.
Principalmente gli Egiziani, gli Indiani e gli Arabi
furono i pilastri dell’arte della navigazione, ma
furono i Fenici che registrarono l’uso più
massiccio di navi ed effettuarono i viaggi per mare
più lontani in quei tempi.
Figura 1.1: nave egizia, ricostruzione grafica
Alcune pitture degli antichi Egizi già ritraevano
navi dalle prue sagomate con profili taglienti ed
aguzzi, dotate di vele e remi, i quali quindi
esistevano già almeno 3000 anni prima di Cristo.
Dalle pitture capiamo che la guida per queste navi
veniva probabilmente realizzata tramite un remo
montato a poppa, e più tardi con almeno due remi