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INTRODUZIONE
Tra la prima e la seconda guerra mondiale l’Europa intera fu attraversata da un
sicuro rinnovamento dei linguaggi, secondo un percorso iniziato negli anni
splendenti della Belle Epoque. Uno spirito laico e trasgressivo, una nuova
attenzione per le forme sfiorava in modo trasversale i vari ambiti della società che
si arricchiva di nuovi codici della comunicazione e nuove formule iconografiche
(la fotografia, la pubblicità, il cinema). Da qui la sperimentazione di giornali e
riviste di nuovo tipo, capaci di mescolare con disinvoltura generi e contenuti
ritenuti distanti. Così un po’ ovunque nelle grandi capitali uscirono periodici
“politici” che partendo dalla serietà della notizia politica o economica
approdavano al terreno dell’effimero inserendo rubriche di critica delle arti,
imponevano la moda come “voce” non secondaria del giornalismo, spingevano il
pubblico verso il “personaggio” , promuovevano il culto della diva di turno.
Un esempio eccellente di questo nuovo genere è la rivista “Marianne”,
espressione e testimone di un periodo di grande vivacità culturale della Terza
Repubblica, attraversata da vicende politiche e finanziarie di sicuro impatto
mediatico. Lanciata da Gaston Gallimard nel 1932 - e così tipicamente francese
fin dalla scelta del titolo - si inserì nel dibattito politico e culturale con il piglio
della leggerezza e conquistò il pubblico con le firme eccellenti dei redattori e dei
collaboratori esterni. Il semplice sfoglio delle prime annate si trasforma in una
vera “rassegna” della cultura del novecento: Marcelle Auclaire, Marcel Aymé,
Julien Benda, Emmanuel Berl, Marie Bonaparte, Edouard Bourdet, Agatha
Christie, Pierre Drieu La Rochelle, Jacques Kaiser, André Malraux, Jean Prévost,
Antoine de Saint-Exupéry, Jean Rostand, Henri Troyat, Greta Garbo e Marlene
Dietrich ecc. Lo spoglio della rivista evidenzia anche il duplice percorso del
4
foglio che improvvisamente subì una vera mutazione editoriale scivolando verso il
grigiore con pagine inzeppate di inchiostro, pochissime illustrazioni e tanta, tanta
politica, quasi a registrare l’avvicinarsi inesorabile della guerra europea che
travolgerà la Francia nel giugno 1940.
Partendo da queste premesse è stato davvero sorprendente scoprire che una parte
della collezione di “Marianne” è conservata proprio a Genova presso la Sezione
Periodici della Biblioteca Civica Berio, forse a seguito di una donazione privata.
Forse non a caso qui troviamo le annate del periodo d’oro del giornale, dal marzo
1933 al settembre 1935 (con un intervallo di soli sei mesi). La verifica sul
catalogo online dei periodici ANCP ha anche confermato che in Italia non si
trovano altre copie originali di questa rivista; di recente la Biblioteca “Guillaume
Apollinaire”, sede del Centro Studi italo-francesi dell’Università degli studi
Roma Tre ha acquisito il microfilm della collezione completa di tutte le annate
possedute dalla Biblioteta Nazionale di Parigi. La presenza di “Marianne” nella
nostra città è tanto più significativa perché ogni studioso conosce la carenza di
riviste estere nelle pur numerose emeroteche della Superba; quasi sempre chi deve
compiere una ricerca su quotidiani o riviste estere pubblicate tra ottocento e
novecento deve emigrare altrove.
Da qui la decisione di approfondire la storia di “Marianne”, studiando il contesto
politico e culturale che ne ha determinato la nascita, il progetto editoriale e la
composizione della redazione, guidata da Emmanuel Berl, direttore e firma di
primo livello, il quale si riservò il campito non semplice di raccontare ai suoi
lettori la Francia del suo tempo con occhio critico, mai indulgente.
Lo spoglio rigoroso di “Marianne” mette a fuoco l’originalità e la varietà dei suoi
contenuti: alle attente valutazioni politiche francesi seguivano studi e reportage
dall’estero, rubriche letterarie e proposte di lettura, recensioni cinematografiche e
teatrali, il tutto accompagnato da grandi immagini, fotomontaggi e box
pubblicitari. Pare anche indubbio che l’editore Gallimard e il direttore Berl
avessero pensato ad un prodotto di qualità capace di intercettare gli interessi ed i
gusti del pubblico maschile e femminile. Infatti l’allegoria del nome “Marianne”
5
non racconta solo le sfaccettature della Francia politica e culturale, ma rappresenta
anche ogni donna francese, simbolo delle rivendicazioni già gridate con la
Rivoluzione del 1789 e di quella bellezza e di quello charme tipicamente français.
Infatti, la redazione dedicò grande alla donna nella sua interezza, con rubriche
mirate, rivolte sia alla riflessione sulla sua emancipazione, sia ad argomenti più
leggeri e di “costume”, come la moda e la cura per il corpo.
Questo volto composito delle rivista, ben ancorata al suo tempo, ha deciso la
sequenza dei capitoli della tesi.
Il primo capitolo si apre con una breve storia della Francia della Terza
Repubblica, trasformata da riforme sociali, scandali politici e crisi economiche
che accompagnarono la nazione sino alle porte della Seconda Guerra Mondiale; i
cambiamenti interessarono anche la professione giornalistica oggetto, da un lato,
di interventi legislativi statali e, dall’altro, di veri e propri mutamenti nei contenuti
e nel modo di fare informazione che - seppur sempre fedele alla vocazione
politica del giornalismo francese - vide l’affermarsi della radio e del nuovo
quotidiano omnibus “Paris Soir”.
Il secondo capitolo è dedicato allo spirito culturale francese tipico degli anni
Trenta, quando gli artisti sposarono con fierezza l’engangement nelle vicende
politiche e sociali; tappa obbligatoria nel viaggio tra gli intellettuali impegnati e le
loro opere è la Rive Gauche, la sponda sinistra della Senna, luogo effervescente
dove gli artisti si fermavano a discutere al tavolino di un Caffè. Ma l’unione tra
cultura e politica, in quegli anni, non fu solo frutto del lavoro di scrittori e poeti
francesi anticonformisti, ma divenne campo d’indagine anche per la Chiesa, in
particolare per l’ordine domenicano, che diede alle stampe la rivista cattolica “La
Vie Intellectuelle”, attenta alle dinamiche politiche francesi ed, in ottica europea,
all’affermazione dei totalitarismi.
Con il terzo capitolo si comincia finalmente a leggere “Marianne”: la prima
analisi riguarda le forme del giornalismo fotografico e racconta le sensazionali
immagini pubblicate dalla rivista; sulla scia, l’attenzione si sposta alla pubblicità,
6
sempre curata e di “taglio alto”, figlia della tradizione francese del manifesto
artistico.
La “pagina” politica è approfondita nel quarto capitolo, in cui, partendo dai
commenti successivi allo scandalo Stavisky, firme come Ludovic - Oscar Frossard
od un misterioso “Bonnet Phrigien” riflettevano sul futuro della democrazia
francese e sul parlamentarismo. Lo sguardo sulle vicende politiche europee era,
invece, carico di tensione e preoccupazione: il fascismo si stava facendo largo in
Africa del Nord, estendendo le sue mire imperialistiche, Hitler era appena salito al
potere in Germania e la Francia doveva correre ai ripari, combattuta tra il bisogno
di sicurezza e la corsa agli armamenti.
Il quinto capitolo pone al centro il mondo femminile, partendo dalla condizione
delle donne in Europa tra i due conflitti mondiali, con particolare attenzione per la
situazione in Francia, in Italia ed in Germania; poi, ho cercato di analizzare le
rubriche fisse di “Marianne” dedicate alle lettrici, soprattutto quelle sulla moda,
da sempre espressione dell’eccellenza francese in tutto il mondo.
La tesi si conclude con il sesto capitolo, indirizzato ai contenuti artistici e letterari
pubblicati dalla rivista; in particolare, “Marianne” dedicò le sue pagine alla
presentazione a puntate dei romanzi francesi (e non solo) appena usciti sul
panorama editoriale, ed alle recensioni degli spettacoli teatrali più interessanti e
dei film di maggior successo proiettati al cinema, tutto in scena nella scintillante e
viva Parigi degli anni Trenta.
*
Il primo ringraziamento va alla Dott. Christina Reimann, assistente all’Institus
d’Etudes Politiques di Parigi, che mi ha permesso di consultare la sua tesi in
Ricerca Storica e Teoria Politica, intitolata “La représentation de la République
dans Marianne, hebdomadaire politico-littéraire, entre 1934-1936”.
Inoltre, vorrei dire davvero grazie alla Biblioteca Berio, ed in particolare al Dott.
Roberto Beccaria ed a tutto il personale della Sezione Periodici, per la loro
estrema cortesia e collaborazione in tutto il percorso della mia ricerca.
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LA FRANCIA DEGLI ANNI TRENTA
1.1 Le trasformazioni della Terza Repubblica.
La Francia degli anni Trenta è il risultato del cambiamento della Terza
Repubblica francese attraverso mutamenti di carattere politico, sociale
e culturale. L’altalenante percorso in cui si è sviluppata la Repubblica
è stato caratterizzato, da un lato, dal rafforzamento delle proprie
istituzioni e, dall’altro, da un periodo di grandi riforme.
Le trasformazioni che interessarono la Francia rafforzano il culto della
“repubblica”, innanzitutto, attraverso l’istituzione della Marsigliese
come inno nazionale; successivamente, con l’avvio delle couches
nouvelles, si realizzarono la riforma del sistema legislativo, una
maggiore mobilità sociale e l’estensione del diritto all’istruzione. La
prima grande riforma della Terza Repubblica fu, appunto, pedagogica,
prima con la legge sulla gratuità della scuola elementare, poi con
l’obbligo scolastico e la laicità dell’insegnamento. L’uniformità
sociale venne realizzata attraverso un nuovo tipo di architettura urbana
(che privilegiava le costruzioni orizzontali, la creazione di piazze e di
luoghi d’incontro) e grazie al perfezionamento delle vie di
comunicazione, in particolare al ripristino delle strade che collegavano
la campagna alla città.
1
La Terza Repubblica fu, però, attraversata anche da innumerevoli crisi
e scandali che avrebbero avuto ripercussioni anche negli anni
successivi, gettando le basi di politiche ed atteggiamenti espressi
durante i due conflitti mondiali. Punto debole della Francia di fine
1
Sergio Romano, Storia di Francia. Dalla Comune a Sarkozy, Longanesi&C.,
Milano, 2009, pp. 20-25. Sul tema, cfr. D. Thompson, Storia della Francia moderna
1870-1962, Garzanti, Milano, 1963; P.J. Boncour, Fra due guerre: ricordi della
Terza Repubblica, Rizzoli, Milano, 1948; A Garosci, Storia della Francia moderna
1870-1946, Einaudi, Milano, 1947.
8
Ottocento è, innanzitutto, la presunta inferiorità nei confronti della
Germania, dopo la sconfitta di Sedan e la perdita dell’Alsazia e della
Lorena, che si scatenerà poi in un inesauribile desiderio di rivincita;
questo sentimento revanscista rischiò di tingersi di nazionalismo con il
generale Boulanger
2
- ministro della guerra sotto i governi De
Freycenet e Goblet negli anni 1886-1887 - il quale dapprima non
riuscì a gestire il rapporto conflittuale con lo stato tedesco, poi, tentò
di prendere il potere come Primo Ministro, ma senza risultato,
perdendo invece l’appoggio sia dei repubblicani sia dei radicali.
3
Qualche anno dopo, suscitò grande sgomento lo scandalo del Canale
di Panama, che non solo travolse uomini politici ed industriali, ma fu
il primo campanello d’allarme di una profonda crisi economica e di un
radicato antisemitismo. Per reperire i fondi necessari alla ricostruzione
del canale, la Compagnie Universelle du Canal Interocéanique de
Panama richiese finanziamenti pubblici, ottenuti grazie alla
sottoscrizione di molti risparmiatori francesi; l’imbroglio venne reso
pubblico dal giornalista antisemita e antiparlamentare Edouard
Drumont sulle pagine del suo quotidiano “La Libre Parole”
4
, grazie al
2
Georges Boulanger (1837-1891), generale e politico francese, divenne celebre
come Ministro della Guerra nel 1886, simbolo del desiderio francese di rivincita
contro l’Impero tedesco. Creò il movimento “boulangista” con l’appoggio di
bonpartisti e repubblicani, ma il suo tentativo di colpo di Stato fallì; nel 1889 il
governo di Parigi emise un mandato di arresto per tradimento nei suoi confronti,ma
prima che il mandato venisse eseguito, riuscì a sfuggire a Bruxelles, dove si suicidò
nel 1891. Tratto da www.treccani.it. Sul punto, cfr. Elio Zorzi, L’avventura del
generale Boulanger: storia di una rivoluzione mancata 1886-1891, Mondadori,
Milano, 1937; Johan Huinzinga, Lo scempio del mondo, Rizzoli, Milano, 1948, p.
93.
3
S. Romano, Storia di Francia. Dalla Comune a Sarkozy, cit., pp. 41-44.
4
Edouard Drumont (1844-1917), giornalista e scrittore francese, fondò nel 1889 la
Lega Antisemita della Francia e divenne direttore del quotidiano La Libre Parole. Il
quotidiano, pubblicato dal 1892 al 1924, divenne il principale organo
dell’antisemitismo parigino e dalle sue pagine si levavano forti critiche al
capitalismo, considerato l’espressione del potere finanziario degli ebrei. Tra le opere
di Drumont si ricorda il libro La France Juive del 1886, in cui attaccò violentemente
gli ebrei e sostenuto la loro esclusione nella società, e l’approfondimento del 1899
Les Juifs et l’Affaire Dreyfus. Tratto da www.treccani.it. Sul punto, cfr. Enrico Levi
9
quale si scoprì che gran parte del denaro pubblico era stato impiegato
per corrompere politici e giornalisti, operazione che tuttavia non
garantì il sostegno sperato, ma che portò alla messa in liquidazione
della Compagnia ed alla morte del finanziere Jacques de Reinach.
5
La componente antisemita emersa in questa circostanza è la reazione
della destra reazionaria all’emancipazione finanziaria degli ebrei
algerini e tunisini, che avevano visto crescere il loro status sociale
durante la Terza Repubblica; infatti, la loro posizione centrale nelle
istituzioni repubblicane, nelle professioni e nei mestieri scatenò i
pregiudizi xenofobi degli antirepubblicani, dei cattolici che volevano
combattere un “laicismo massone e giudaico”
6
e delle masse popolari.
Questo diffuso antisemitismo aprì le porte al clamoroso Affaire
Dreyfus, ufficiale ebreo arrestato ed accusato di tradimento nel 1894
7
.
All’ombra della vicenda processuale - che vide la condanna
dell’ufficiale all’ergastolo - si infiammò un’accesa battaglia sul
terreno dell’informazione: da un lato, la stampa antisemita esaltava
l’episodio in chiave nazionalistica, seguendo la tesi divulgata da
“L’Intransigeant” e da “La Croix”
8
, che denunciavano un complotto
Castellani, Il canale di Panama, Tipografia dell’Unione Editrice, Roma, 1913;
Roberto Finzi, L’antisemitismo. Dal pregiudizio contro gli ebrei ai campi di
sterminio, collana XX secolo, Giunti Editore, Firenze, 1997, pp. 17-28. Cfr. La Jean
Nelson Jensen, Editorials of Edouard Drumont in La Libre Parole, 1892-1906: a
reflection of the Times, Universities Microfilm International (UMI), 1984.
5
S. Romano, Storia di Francia. Dalla Comune a Sarkozy, cit., pp. 50-53.
6
Per la campagna antiebraica della stampa cattolica, si veda H. Guillemin,
Nationaliste et Nationaux (1870-1940), Gallimard, Parigi, 1974, p. 59.
7
Sull’Affaire Dreyfus, cfr. L’Affaire Dreyfus: le storie, l’opinione, l’immagine, a
cura di N. L. Kleebat, Boringheri, Torino, 1990; Valeria Galimi, L’antisemitismo in
azione. Pratiche antiebraiche nella Francia degli anni Trenta, Unicopli, Milano,
2006; A Silvestri, Il caso Dreyfus e la nascita dell’intellettuale moderno, Franco
Angeli, Milano, 2013.
8
Antico quotidiano francese fondato da Henri Rochefort a Parigi dal 1880 al 1948,
“L’Intransigeant”, inizialmente vicino alla sinistra, si avvicinò poi al movimento
boulangista ed alla destra francese, sino a diventare il principale organo di
informazione della destra francese con una tiratura di 400.000 copie. “La Croix”
iniziò le sue pubblicazioni come mensile cristiano e cattolico nel 1880 ad opera della
congregazione degli Assunzionisti, nelle figure di padre Emmanuel D’Alzon e padre
10
ebraico contro la Francia; dall’altro (anche grazie ai documenti
presentati dal colonnello Marie-Georges Picquart, che provavano
l’innocenza di Dreyfus) si sollevò una campagna a sostegno del
generale e in difesa delle istituzioni repubblicane, della
democratizzazione dell’esercito, dell’imparzialità della giustizia, della
laicità dello stato. Come non ricordare, a questo proposito, il celebre
“J’accuse” di Emile Zola
9
pubblicato sul giornale “L’Aurore” del
Vincent de Paul Bailly. Divenne quotidiano nel 1883 e si distinse subito per le sue
posizioni più moderate ma sempre vicine alla Chiesa. La Croix continua tutt’oggi le
sue pubblicazioni, anche nella versione on-line www.la-croix.com. Tratto da
www.treccani.it.
9
“A partire da questo momento, è lui che ha inventato il caso Dreyfus, l'affare è
diventato il suo affare, si fa forte nel confondere le tracce, di condurlo all'inevitabile
completamento. C’è il ministro della guerra, il generale Mercier, la cui intelligenza
sembra mediocre; c’è il capo dello stato maggiore, il generale de Boisdeffre che
sembra aver ceduto alla sua passione clericale ed il sottocapo dello stato maggiore,
il generale Gonse la cui coscienza si è adattata a molti. Ma in fondo non c’è che il
comandante di Paty di Clam che li conduce tutti perché si occupa anche di
spiritismo, di occultismo, conversa con gli spiriti. Non si potrebbero concepire le
esperienze alle quali egli ha sottomesso l'infelice Dreyfus, le trappole nelle quali ha
voluto farlo cadere, le indagini pazze, le enormi immaginazioni, tutta una torturante
demenza. Ah! Questo primo affare è un incubo per chi lo conosce nei suoi veri
dettagli! Il comandante del Paty di Clam, arresta Dreyfus e lo mette nella segreta.
Corre dalla signora Dreyfus, la terrorizza dicendole che se parla il marito è
perduto. Durante questo tempo, l'infelice si strappava la carne, gridava la sua
innocenza. E la vicenda è stata progettata così come in una cronaca del XV secolo,
in mezzo al mistero, con la complicazione di selvaggi espedienti, tutto ciò basato su
una sola prova superficiale, questo elenco sciocco, che era soltanto una tresca
volgare, che era anche più impudente delle frodi poiché i ”famosi segreti”
consegnati erano tutti senza valore. Se insisto è perché il nodo è qui da dove usciva
più tardi il vero crimine, il rifiuto spaventoso di giustizia di cui la Francia è malata.
[...] Ma questa lettera è lunga signor presidente, ed è tempo di concludere. Accuso
il luogotenente colonnello de Paty di Clam di essere stato l'operaio diabolico
dell'errore giudiziario, in incoscienza, io lo voglio credere, e di aver in seguito
difeso la sua opera nociva, da tre anni, con le macchinazioni più irragionevoli e più
colpevoli. Accuso il generale Mercier di essersi reso complice, almeno per
debolezza di spirito, di una delle più grandi iniquità del secolo. Accuso il generale
Billot di aver avuto tra le mani le prove certe dell'innocenza di Dreyfus e di averle
soffocate, di essersi reso colpevole di questo crimine di lesa umanità e di lesa
giustizia, per uno scopo politico e per salvare lo stato maggiore compromesso.
Accuso il generale de Boisdeffre ed il generale Gonse di essersi resi complici dello
stesso crimine, uno certamente per passione clericale, l'altro forse con questo
spirito di corpo che fa degli uffici della guerra l'arcata santa, inattaccabile. Accuso
il generale De Pellieux ed il comandante Ravary di avere fatto un'indagine
scellerata, intendendo con ciò un'indagine della parzialità più enorme, di cui
abbiamo nella relazione del secondo un imperituro monumento di ingenua audacia.
11
repubblicano radicale Georges Clemenceau
10
, con il quale lo scrittore,
rivolgendosi al presidente della Repubblica Felix Faure, denunciò le
irregolarità e le illegalità del caso Dreyfus.
Sul fronte politico interno, il ruolo centrale dei socialisti - che
costituirono il cosiddetto “Blocco delle sinistre”, al governo nei primi
anni del Novecento - portò ad una riorganizzazione dei rapporti tra
Stato e Chiesa, dal momento che quest’ultima aveva necessità di
fronteggiare la crescente laicizzazione della società, opponendosi ai
principi repubblicani anticlericali. Tuttavia, l’obiettivo delle istituzioni
repubblicane era quello di ridurre il potere delle congregazioni e
restituire l’insegnamento medio allo Stato: estendere il controllo del
Accuso i tre esperti in scrittura i signori Belhomme, Varinard e Couard, di avere
presentato relazioni menzognere e fraudolente, a meno che un esame medico non li
dichiari affetti da una malattia della vista e del giudizio. Accuso gli uffici della
guerra di avere condotto nella stampa, particolarmente nell'Eclair e nell'Eco di
Parigi, una campagna abominevole, per smarrire l'opinione pubblica e coprire il
loro difetto. Accuso infine il primo consiglio di guerra di aver violato il diritto,
condannando un accusato su una parte rimasta segreta, ed io accuso il secondo
consiglio di guerra di aver coperto quest’illegalità per ordine, commettendo a sua
volta il crimine giuridico di liberare consapevolmente un colpevole. Formulando
queste accuse, non ignoro che mi metto sotto il tiro degli articoli 30 e 31 della legge
sulla stampa del 29 luglio 1881, che punisce le offese di diffamazione. Ed è
volontariamente che mi espongo. Quanto alla gente che accuso, non li conosco, non
li ho mai visti, non ho contro di loro né rancore né odio. Sono per me solo entità,
spiriti di malcostume sociale. E l'atto che io compio non è che un mezzo
rivoluzionario per accelerare l'esplosione della verità e della giustizia. Ho soltanto
una passione, quella della luce, in nome dell'umanità che ha tanto sofferto e che ha
diritto alla felicità. La mia protesta infiammata non è che il grido della mia anima.
Che si osi dunque portarmi in assise e che l'indagine abbia luogo al più presto.
Aspetto. Vogliate gradire, signor presidente, l'assicurazione del mio profondo
rispetto”. Tratto da www.treccani.it. L’articolo di Emile Zola inaugurò il genere
giornalistico dell’invettiva, strumento di comunicazione politica e dimostrazione
dell’impegno degli intellettuali nelle vicende storiche e sociali. L’accusa
dell’intellettuale rappresentò altresì il primo media planning, ossia un vero e proprio
evento mediatico, che chiamò a raccolta uomini politici, studiosi, giornalisti,
esponenti della comunità ebraica, che insieme unirono le forze per sostenere il
generale sulla carta stampata.
10
George Clemenceau nacque a Mouilleron-en-Paris il 28 Settembre 1841 e morì a
Parigi il 24 Novembre 1924. Politico francese e Primo Ministro, durante il suo
governo si oppose a socialisti e sindacati, nell’ottica del centralismo statale. Fu uno
degli artefici del Trattato di Versailles, dopo la Prima Guerra Mondiale, in cui
pretese che la Germania venisse messa in ginocchio sia politicamente che
economicamente, con l’imposizione di forti compensazioni di guerra e
l’occupazione militare del Reno. Tratto da www.treccani.it.