5
Introduzione
Con l’ elaborato qui presente si propone di offrire una panoramica
giurisprudenziale e dottrinaria sulla controversa figura della prova non
disciplinata dalla legge o comunemente conosciuta come “prova
atipica”.
La problematica inerente al tema riguarda soprattutto il regime dell’
acquisizione probatoria poiché, la prova atipica, non essendo regolata
dal codice di rito, porta gli esperti del diritto a confrontarsi su aspre
contrapposizioni.
Partendo dall’ analisi dell’ accertamento della verità (uno fra gli scopi
essenziali del processo penale), si vuole arrivare al cuore dell’
argomento e al dibattimento che ha interessato la dottrina circa l’
utilizzo di quei mezzi tecnologici sempre più sofisticati e avanzati.
Il lavoro è composto da quattro capitoli articolati in più paragrafi.
Nel primo capitolo verrà affrontata la dinamica storico-normativa sull’
importanza di un sistema di prove a carattere “aperto” come
conseguenza del passaggio da un modello processuale inquisitorio
(codice previgente del 1930) ad un modello accusatorio come quello
in vigore dal 1988; inoltre l’ attenzione viene focalizzata sulla scelta
che il legislatore effettua proponendo dunque un “compromesso” tra
tassatività e libertà dei mezzi di prova, ponendo a tacere (forse) alla
diatriba sviluppatasi in dottrina in seguito a tale scelta intermedia.
Il legislatore dunque con l’ art. 189 c.p.p. rubricato “prove non
disciplinate dalla legge” consente l’ impiego della prova atipica a
6
determinate condizioni e nel rispetto comunque di quei diritti
fondamentali che sono alla base della nostra Costituzione.
Si pone in analisi nel secondo capitolo la nozione e i profili definitori
della norma considerando anche tutto ciò che prova atipica non è
come appunto le diverse accezioni di prova illecita, prova illegittima e
prova incostituzionale, sottolineando anche i confini dell’
inutilizzabilità della prova attraverso la sanzione dell’ art. 191 c.p.p. Il
legislatore, permettendo dunque l’ utilizzo della prova atipica non ha
dimenticato però di sottoporre al vaglio critico la figura stessa che,
data la sua complessità, necessita di attente cautele e controlli in fase
di ammissione e assunzione.
Con il progresso scientifico e tecnologico poi la creazione di nuove
tecniche e strumentazioni ha facilitato un uso quasi “sfrenato” della
norma per far ingresso nel processo alla nuova prova scientifica, un
tema ampiamente discusso in dottrina.
Nel terzo capitolo infatti oltre a trattare del procedimento probatorio,
in ossequio ai canoni del principio di legalità processuale, si
evidenziano punti discordanti sui requisiti di ammissione della prova
atipica sottoponendola a controlli giuridici e logici inerenti ad ogni
accertamento probatorio.
Nell’ ultimo capitolo infine sono trattati casi clinici di prova atipica tra
i quali la ricognizione fuori dei casi dell’ art. 213 c.p.p. e seguenti, le
videoriprese, tema quest’ ultimo abbastanza dibattuto e il pedinamento
elettronico come nuova tipologia di strumentazione d’ indagine
processuale utilizzata dagli organi investigativi.
8
1.1 Ricerca della verità nel nuovo modello processuale
Scopo primario del processo penale è sicuramente l’accertamento
della verità intesa come ricostruzione accurata dei fatti descritti
nell’imputazione. Nel corso degli anni la dottrina ha costantemente
rivolto il suo interesse alle modalità di accertamento della verità,
soprattutto nel passaggio dal vecchio modello processuale inquisitorio
al nuovo modello accusatorio. Con il nuovo Codice di procedura
penale, promulgato il 24 ottobre 1988 ed entrato in vigore l’anno
successivo, si attua in Italia il graduale passaggio dal primo modello al
secondo attraverso l’uso temporaneo del modello processuale di tipo
misto. Per una adeguata analisi occorre considerare alcune
osservazioni di carattere storico-politico, tese ad evidenziare le
differenze esistenti tra i due modelli processuali e seguire l’evoluzione
in quello attuale. Corsi e ricorsi storici testimoniano l’esistenza di uno
stretto collegamento tra i modelli processuali e le realtà politiche che
caratterizzano un periodo storico. Ad un regime di tipo totalitario
corrisponde un tipo di regole di processo penale in cui gli interessi e la
difesa della società prevalgono su quelli dell’imputato;
contrariamente, ad un regime garantista corrisponde un sistema
processuale che offre piena tutela alla persona imputata e in una
misura nettamente maggiore rispetto alla difesa della società
1
.
1
Tonini P., Manuale di procedura penale, Giuffrè, Milano, 2011, p. 3.
9
Il periodo storico ha quindi la capacità di influenzare l’ordinamento
giuridico vigente, in particolar modo nella fasi del processo.
Confrontando i due sistemi è possibile notare quanto le
caratteristiche peculiari siano antitetiche. Nell’analizzare il sistema
inquisitorio un dato importante che si evince è il ruolo del giudice
inquisitore (da qui, la nomenclatura del sistema), “padrone” del
processo. Nella sua persona si riuniscono poteri e funzioni
processuali. Egli ha la facoltà di decidere unicamente sulla base delle
prove scritte e attraverso un’istruttoria segreta. Il principio cardine
del modello inquisitorio è quello dell’autorità “secondo cui si nega
all’imputato ogni forma di tutela sottoponendolo perciò ad una
procedura segreta avviata da un giudice impegnato anche nella
funzione di accusatore, oltre che difensore dello stesso imputato”
2
.
La concentrazione di più funzioni nella sola figura del giudice crea
non solo una confusione all’interno del processo ma anche una
timorosa soggezione della persona nei confronti del giudice
inquisitore. Attraverso l’iniziativa di ufficio si concede al giudice di
essere il soggetto dominante del processo e di fronte alla sua attività
gli organi pubblici e privati sono ininfluenti. Anche l’indagine
concernente la ricerca delle prove effettuata dal giudice non deve
essere ostacolata poiché “egli stesso è depositario del vero e del
giusto”
3
, ha pieni poteri di ricerca superiori a quelli concessi al
difensore. Altro aspetto peculiare del sistema inquisitorio è la
segretezza delle indagini e l’assenza della dialettica tra le parti. Il
2
Dalia A.A. – Ferraioli M., Manuale di diritto processuale penale, Cedam,
Padova, 2010, p. 10.
3
Lozzi G., Lezioni di procedura penale, Giappichelli, Torino, 2009 p. 5
10
giudice non ha alcuna esigenza di confrontarsi con gli altri organi in
quanto potenziali “elementi di disturbo” nella ricerca della verità,
riporta per iscritto tutto ciò che accerta ma non avendo confronto
alcuno con le altre parti del giudizio rischia di mettere a verbale la sua
verità. Pertanto la sua ricerca sarà rivolta a risultati probatori a
prescindere dalle modalità con le quali è stata effettuata. A tal
proposito si ricordano le procedure utilizzate nel corso della storia
come la tortura fisica, non si avverte la necessità di regolare le fasi e
gli strumenti della ricerca della prova, tantomeno le modalità; l’unico
obiettivo del giudice è quello di arrivare ad una conclusione a
prescindere dal mezzo utilizzato poiché cum finis est licitum, etiam
media sunt licita
4
.
In un regime totalitario, in cui è frequente ritrovare un sistema
processuale inquisitorio, la persona intesa come singolo individuo non
ha alcuna importanza, ciò che conta è la repressione del reato e il
ripristino della normalità all’interno della società. L’imputato è
presunto colpevole fin dall’inizio nonché soggetto ad una carcerazione
preventiva durante la quale non viene messo nemmeno al corrente del
proprio iter giudiziale.
Al principio di autorità del giudice inquisitore si contrappone il
principio dialettico, per il quale le parti sostengono un confronto di
pari livello: “ la verità si può accertare tanto meglio quanto più le
funzioni processuali sono ripartite tra soggetti che hanno interessi
4
Zappalà E., Il principio di tassatività dei mezzi di prova nel processo penale,
Giuffrè, Milano,1982, p.123 “Il significato e la portata del principio della verità
[…]costituiscono la logica conseguenza dell’adozione di un modello dove il fine
giustifica i mezzi”.
11
antagonisti”
5
. La dialettica tra le parti processuali è il mezzo più
trasparente e corretto che si possa utilizzare , soprattutto quando il
sistema è ispirato ai principi di democrazia e di libertà. Se prima i
poteri si cumulavano in capo ad un unico soggetto , ora vige la
separazione delle funzioni processuali e la ripartizione dei poteri
affinché venga garantita la persona imputata. Tra le caratteristiche
essenziali di questo modello rientra l’ iniziativa probatoria di parte,
secondo la quale la ricerca delle fonti di prova non è più esclusiva del
giudice, ma fatta rientrare nella disponibilità di entrambe le parti.
Altro strumento di una dialettica chiara e inequivoca è l’ uso del
contraddittorio tra le parti, attraverso un dialogo continuo che possa
tutelare a pieno i diritti di ogni individuo che sostiene la sua verità all’
interno del processo.
La libertà morale della persona acquista così ampio rispetto tanto che
non è più possibile ricorrere a qualsiasi mezzo e metodo per ricercare
la prova. Il metodo e la ricerca devono seguire delle regole ben
precise, soprattutto in ordine al dettato Costituzionale che tutela
ampiamente la persona, la sua dignità e moralità. Di conseguenza
anche il sistema di carcerazione acquista una nuova natura secondo
cui non è più possibile lasciare l’imputato per un tempo indeterminato
chiuso nelle carceri. La carcerazione è solo uno strumento di extrema
ratio, nel momento in cui ricorrono in concreto esigenze cautelari
previste dalla legge, come la possibilità di inquinare le prove,fuggire o
commettere ulteriori e gravi reati. Non è possibile trattare l’imputato
come se fosse già colpevole; egli è presunto innocente fino a che non
5
Tonini P., Manuale di procedura penale, cit., p.8.
12
sia emessa una condanna nei suoi confronti, al di là di ogni
ragionevole dubbio.
Dal quadro esposto si intuisce come il modello accusatorio, con la sua
trasparenza, sia più rispettoso dei diritti fondamentali dell’ individuo
e cerchi di raggiungere la verità dei fatti così come verificatisi.
Quando nel 1804 il Consiglio di Stato iniziò ad elaborare il codice di
procedura penale si preferì adottare un modello misto, una via di
mezzo tra il modello inquisitorio e quello accusatorio, optando dunque
per un’ istruzione prevalentemente inquisitoria perché segreta e un
dibattimento tra le parti di tipo accusatorio in quanto fondato sul
contraddittorio. Dunque, all’ assunzione della prova seguiva un
controllo e una critica sulla medesima. Uno dei più grandi difetti del
sistema misto consiste nella raccolta segreta delle prove,
determinando una supremazia del potere della ricerca e il mancato
rispetto delle fasi. Una serie di cambiamenti nelle redazioni dei codici
penalisti in atto dal 1804 al 1889, ha portato alla stesura del primo
codice di procedura penale nel 1913, prevalentemente di tipo misto
ma con diversi istituti di matrice accusatoria. Il sistema liberale, in
vigore durante quegli anni, subì un arresto con la prima guerra
mondiale e con l’ ascesa di Mussolini al potere. Si cancellarono le
riforme e le conquiste legislative raggiunte con fatica nei venti anni
precedenti. Il codice Rocco del 1930 ridisegnò la fase istruttoria in
termini di segretezza e sancì l’ abbandono del principio della
separazione delle funzioni processuali.
Bisognerà attendere i lavori dell’ Assemblea Costituente per vedere
riaffermato il rispetto per la persona e la sua posizione all’ interno del
processo sostenuta da nuove garanzie costituzionali. La nostra