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Capitolo I
LA TUTELA DELL’ASSICURATO NEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE.
Sommario: 1. Profili generali: la tutela dell’assicurato nel Codice Civile del 1942 (il principio di inderogabilità
“in peius”). – 2. La rivalutazione della posizione dell’assicurato nel contratto di assicurazione alla
luce dei D.lgs. 174 e D.lgs. 175 del 1995. – 3. Il Codice delle Assicurazioni. – 4. Il Codice del
Consumo.
1. PROFILI GENERALI: LA TUTELA DELL’ASSICURATO NEL CODICE CIVILE
DEL 1942 (IL PRINCPIO DI INDEROGABILITA’ “IN PEIUS”).
L’assicurazione, dalla sua genesi ai giorni nostri, è stata chiamata a soddisfare il bisogno di
sicurezza dell’uomo, e questa, ora come allora, è la sua utilità principale perché consente
all’assicurato di essere liberato dall’ansia e dalle preoccupazioni procurategli dall’incertezza circa il
proprio avvenire, cioè dal timore delle conseguenze economicamente sfavorevoli che incombono
sulla sua persona e sui suoi beni, che uniti alla consapevolezza della incapacità di fronteggiare
individualmente tali eventi, hanno portato l’individuo a ricercare protezione e sicurezza in altri
soggetti, accomunati dallo stesso rischio, in un sentimento di reciproca solidarietà che li associa
nella sua sopportazione (rischio collettivo) e nella ripartizione del danno (individuale)
(1)
.
Tutto ciò ha portato l’assicurazione a configurarsi quale strumento a servizio di una
moltitudine di utenti e ad oggi il contratto di “massa” per eccellenza
(2)
.
Al contempo si è posta la necessità di interventi legislativi tesi a riequilibrare un rapporto
contrattuale, quale quello nascente dal contratto di assicurazione, segnato dal grande potere del
(1)
Questo sentimento di solidarietà reciproca è l’essenza stessa del concetto di mutualità che nelle comunità più arcaiche
e primitive trovava la propria espressione nella famiglia, nel clan, o nella tribù. Non si trattava di assicurazione in senso
proprio ma di una forma embrionale di previdenza che nel tempo andò assumendo connotati ben più complessi e
articolati fino alla nascita, nel XIV sec., del contratto di assicurazione a premio, quale strumento creato “dai mercanti
per i mercanti”. Per approfondimenti vedi BATTISTING e MAESTRO, Radici storiche dell’immagine dell’assicurazione e
contributi al suo miglioramento, in Ass., 1992, pp. 295 ss.; LA TORRE, L’assicurazione nella storia delle idee, Milano,
2000, pp. 6 ss.; DONATI - VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, Milano, 2002, pp. 8 ss.
(2)
In questa logica il singolo rapporto risulta conforme ad una polizza tipo, cioè ad un modello standard o di serie già
predisposto dall’impresa assicuratrice. Ciò è dovuto sia alla stretta interdipendenza che soprattutto in questo campo
esiste tra i singoli atti e l’attività nel suo insieme, sia per l’esigenza, peculiare nell’assicurazione e funzionale alla sua
riuscita, di determinare con la massima precisione possibile il costo della copertura, ossia il premio, così che esso incida
su ciascun assicurato per una somma non maggiore né minore della misura corrispondente alla frazione individuale del
rischio collettivo. Vedi LA TORRE, Contratti di assicurazione e tutela del consumatore, in Ass., 1996, pp. 130 ss.; sul
contratto standard vedi infra, cap. II § I.
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predisponente, cioè la compagnia assicuratrice, e dalla reale incapacità dell’assicurato di incidere
sulla formazione del contenuto negoziale in riferimento ai diritti e agli obblighi reciproci
(3)
.
A questa istanza fu data risposta con la emanazione del nuovo Codice Civile vigente, ove le
assicurazioni private sono state regolate sotto il titolo “Dei singoli contratti” (Libro IV, Titolo III,
Capo XX, artt. 1882-1932), realizzandosi così una sensibile ristrutturazione della materia con
specifico riguardo alla sua dimensione contrattuale.
Tra i punti salienti della riforma spiccano una serie di aspetti, quali, in primo luogo, il
mantenimento e il rafforzamento del rigore delle norme di ordine pubblico poste a presidio della
causa del contratto, della quale si ammette la massima elasticità entro lo schema di una funzione
socialmente utile ma di cui si nega la validità quando l’assicurazione non sarebbe più tale per
mancanza del rischio (artt. 1895-1896), d’interesse (art. 1904), o perché strumento di illecita
speculazione (artt. 1900-1909) o ancora perché fonte di pericolo per la vita altrui (art. 1919, comma
2°).
In secondo luogo, rileva la sensibile diminuzione dell’influenza dell’industria assicurativa
sulle scelte del legislatore, che, di regola, ne asseconda le istanze solo se coincidenti con le esigenze
di tecnica assicurativa al cui retto funzionamento è interessata la massa degli assicurati, ed, infine,
l’introduzione di numerose norme a favore solo dell’assicurato o anche dell’assicuratore.
In particolare, quest’ultimo, nella disciplina del contratto di assicurazione, è destinatario di
una tutela privilegiata che trova il proprio fondamento nelle peculiarità del contratto assicurativo
(4)
.
(3)
Nel nostro Paese una regolamentazione del contratto assicurativo esauriente sotto il profilo normativo fu introdotta
nel 1882. Tale disciplina, ancorata ad una visione del liberalismo puro, lasciava inappagata l’esigenza di riequilibrare,
nel regolamento contrattuale, il rapporto tra impresa e assicurati con la conseguenza che disciplina e protezione del
contraente debole restavano estranee alle attribuzioni dell’autorità governativa. I primi decenni del 900 furono segnati
da un brusco mutamento di rotta nella politica legislativa dello Stato che dall’antica posizione d’indifferenza verso il
settore passò all’intervento attivo inserendosi da protagonista in un campo tradizionalmente riservato all’iniziativa
economica privata: dapprima con l’istituzione dell’INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni); poi con l’emanazione
del R.D.L. 29 aprile 1923, n. 966 “concernente l’esercizio delle assicurazioni private”. Vedi LA TORRE, La disciplina
giuridica dell’attività assicurativa, Milano, 1987, pp. 34 ss.; ANIA, Convegno ANIA per il 150° unità d’Italia, “Il
contributo delle assicurazioni allo sviluppo economico e sociale del paese”, Roma, 10 maggio 2011: intervento del
presidente dell’ISVAP Giancarlo Giannini, evoluzione di regole e controlli al servizio dello sviluppo sostenibile del
mercato assicurativo italiano e della tutela dei cittadini oggi, consultabile su www.ANIA.it, pp. 1 ss. Sui contratti di
massa vedi FEBBRAJO, Profili di diritto dei consumatori, Macerata, 2010, pp. 1 ss.; CORRIAS, La disciplina del contratto
di assicurazione tra codice civile, codice delle assicurazioni e codice del consumo, in Resp. civ. e prev., 2007, pp. 1763
ss.; ROMEO, La tutela del “consumatore” nel contratto di assicurazione danni, Milano, 2004, pp. 21 ss.; DONATI -
VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, cit., pp. 8 ss.
(4)
Infatti, in dottrina è stato rilevato che le motivazioni che hanno indotto il legislatore del ’42 ad intervenire,
introducendo con una regolamentazione organica della materia vincoli e limiti all’autonomia privata, vanno rinvenute
sia nell’esigenza di garantire la stabilità l’impresa di assicurazione, con particolare attenzione alle esigenze tecniche ed
economiche dell’operazione assicurativa, che di salvaguardare l’interesse della massa degli assicurati rispetto a quello
del contraente debole. Si pensi alle disposizioni sulle dichiarazioni inesatte o reticenti (artt. 1892-93),
sull’aggravamento del rischio (art. 1898), che derogano alle norme generali sui vizi del consenso (art. 1427 ss.), o
sull’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 ss.), sull’irripetibilità del premio anche quando il contratto è invalido
(artt. 1890, 1892, 1909 c.c.) e all’obbligo di pagarlo quando la garanzia sospesa. ISVAP Quaderni, Le clausole
vessatorie e i contratti di assicurazione: profili di tutela del consumatore, in www.isvap.it, pp. 64 ss.; sull’argomento
7
In tale quadro, la nuova regolamentazione del contratto di assicurazione aveva in gran parte
carattere dispositivo ad eccezione delle norme richiamate dall’art. 1932 c.c., le quali «non possono
essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato» e ove ciò comunque accada esse
«sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge»
(5)
.
In tal modo si è voluta garantire «una rigorosa tutela della posizione dell’assicurato, spesso
costretto ad accettare, senza poterle discutere, le condizioni generali di polizza predisposte
dall’assicuratore a difesa esclusiva del proprio interesse»
(6)
.
In questa logica si inquadra perfettamente il disposto dell’art. 1932 c.c., che non si limita ad
eliminare dalla polizza le clausole difformi alla legge
(7)
, ma è rimedio più specifico e sicuro perché
predispone una tutela legale che ha per oggetto diretto ed immediato l’interesse dell’assicurato,
operando a suo vantaggio esclusivo con un congegno di perfetto automatismo
(8)
.
Tuttavia, il suo peculiare ruolo, svolto ai fini dell’attribuzione di una “tutela forte”
dell’assicurato-contraente, non è riconosciuto in modo unanime e in questa prospettiva si spiega la
diversa valutazione dalla dottrina in ordine al rapporto con la disciplina dei contratti del
consumatore
(9)
.
anche BRACCIODIETA, Il contratto di assicurazione: disposizioni generali, in Comm. cod. civ., a cura di SCHLESINGER e
BUSNELLI, Milano, 2012, pp. 3 ss.; RACUGNO, L'assicurazione: l'impresa e il contratto, in Banca borsa tit. cred., 2012,
pp. 403 ss.; DONATI - VOLPE PUTZOLU, ult. op. cit., pp. 8 ss.
(5)
Parte della dottrina ha sottolineato che è probabilmente questo il maggior merito del legislatore del 1942 che sta
nell’aver compreso che per garantire l’adeguata tutela della parte debole non è sufficiente impostare il regolamento
contrattuale su ottime basi giuridiche se queste per il loro carattere dispositivo si traducono in “raccomandazioni”
destinate ad essere soppiantate dalle clausole delle polizze delle compagnie assicurative ma è necessario che le norme
siano inderogabili o derogabili solo a favore dell’assicurato a garanzia di una minima protezione contrattuale. Sul punto
LA TORRE, La disciplina giuridica dell’attività assicurativa, cit., pp. 68 ss.
(6)
Secondo qualche autore tale valutazione non sarebbe di scarsa importanza dato che, se da un lato, la norma attesta il
riconoscimento normativo di una posizione di forza contrattuale e di tutela privilegiata a favore dell’assicuratore;
dall’altro, riafferma la libertà dell’autonomia privata, che nel dettare le regole contrattuali può derogare alla disciplina
dispositiva delle norme richiamate solo ove più favorevole per l’assicurato, così BRACCIODIETA, Il contratto di
assicurazione: disposizioni generali, cit., pp. 3 ss.
(7)
L’art. 1932 c.c. sostituisce automaticamente le clausole difformi con le norme derogate; in questa modifica negoziale
ope legis riecheggia il meccanismo che lo stesso codice civile, nel titolo “Dei contratti in generale”, prevede a proposito
della “inserzione automatica di clausole”(art. 1339) e della “nullità parziale”(art. 1419, comma 2°). LA TORRE, ult. op.
cit., pp. 68 ss.
(8)
Rispetto all’art. 1339, l’art. 1932 indica tassativamente le nome inderogabili e rispetto alla prima, invocabile a tutela
di entrambi i contraenti, quest’ultima regola opera solo a favore dell’assicurato ed è questo l’aspetto fondamentale.
Pertanto, tale ultima disposizione si configura come strumento di protezione del contraente debole, che può invocarne la
sostituzione esclusivamente per le clausole a lui sfavorevoli, non invece per quelle a lui più favorevoli. Rispetto all’art.
1419 – ove la sostituzione legale consegue alla nullità di una clausola contraria a norma imperativa (assoluta) che
scaturisce da un’esigenza superiore all’interesse individuale sacrificato – l’art. 1932 è diretto alla tutela dell’interesse
individuale dell’assicurato, che forma l’oggetto della tutela legale. Vedi LA TORRE, La disciplina giuridica dell’attività
assicurativa, cit., pp. 68 ss.; ID., Contratti di assicurazione e tutela del consumatore, in Ass., 1996, pp. 129 ss.; ROMEO,
ult. op. cit., pp. 75 ss.
(9)
Alcuni, infatti, sottolineano come la norma sia ormai obsoleta e finisca per limitare l’incidenza e la portata innovativa
della disciplina delle c.d. “clausole abusive”, per altri, invece, essa non interferirebbe con la disciplina dei contratti del
consumatore. Per approfondimenti vedi ROMEO, ult. op. cit., pp. 81 ss.
8
Vengono, infine, in rilievo le norme (artt. 1341, 1342, 1370 c.c.) che, sebbene dettate per i
contratti in generale a tutela del contraente che aderisce allo schema negoziale predisposto
dall’altro, sono applicabili anche e soprattutto al contratto di assicurazione che dei contratti di
massa è il prototipo e forse il campione più esemplare.
Si tratta di disposizioni il cui fondamento si rinviene nell’esigenza di contemperare due
interessi contrapposti: da un lato, quello dell’assicuratore alla celere conclusione del contratto
mediante predisposizione di condizioni generali e uniformi; dall’altro, l’esigenza di impedire che il
predisponente utilizzi il contratto in danno della parte più debole
(10)
.
In conclusione, il Codice del ’42 e la nascita dell’INA
(11)
hanno segnato per diversi decenni
le due tappe fondamentali nel processo di rinnovamento dell’intero diritto assicurativo italiano
(12)
,
che sul finire degli anni ’60 trovò nuovo impulso in alcuni fondamentali fattori – ancora oggi fonte
di profondi cambiamenti nel sistema - che fecero da sfondo alla produzione legislativa fino agli anni
’80, contribuendo a ridisegnare l’ordinamento delle assicurazioni nelle strutture e nei contenuti,
spostando verso frontiere sempre più avanzate il ruolo che la società moderna assegna alle
istituzioni assicurative.
Tra tali fattori si ricordano l’emanazione del “Testo Unico delle leggi sull’esercizio delle
assicurazioni private”(D.P.R. 13 Febbraio 1959, n. 449) e la ristrutturazione dell’apparato dei
mezzi di controllo pubblico operanti nel settore che portò alla nascita dell’ISVAP (“Istituto per la
vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo”) –
la cui genesi corrispose all’esigenza
di garantire verso la collettività la corretta gestione delle imprese del settore, sia all’obiettivo di uno
(10)
Sono da considerarsi vincolanti per il cliente solo le condizioni generali che questi alla conclusione del contratto
avrebbe dovuto conoscere in base all’ordinaria diligenza (art. 1341, comma 1°), mentre deve escludersi l’efficacia di
clausole per lui onerose (o vantaggiose per il predisponente) se su di esse non è stata richiamata l’attenzione risultante
da specifica approvazione per iscritto (artt. 1341, comma 2°-1342). In coerenza con l’onere del clare loqui fa da
corollario a questa tutela la regola della interpretatio contra stipulationem, nel senso che “le clausole inserite nelle
condizioni generali di contratto, moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti, si interpretano nel dubbio a favore
dell’altro” (art. 1370 c.c.). Vedi FEBBRAJO, Profili di diritto dei consumatori, cit., pp. 69 ss.; SANGIOVANNI, I contratti
di assicurazione fra codice civile e codice delle assicurazioni, in Ass., 2011, pp. 119 ss.; CHERUBINI, Tutela del
“contraente debole” nella formazione del consenso, Torino, 2005, pp. 9 ss.; ROMEO, ult. op. cit., pp. 78 ss.; LA TORRE,
La disciplina giuridica dell’attività assicurativa, cit., pp. 62 ss.
(11)
Sul punto vedi Il contributo delle Assicurazioni allo sviluppo economico e sociale del Paese, Intervento di Volpe
Putzolu, ANIA, www.ANIA.it, Roma, 2011, pp. 1 ss.
(12 )
È da questo momento che contratto e disciplina dell’impresa, seppur regolati da fonti diverse, cessano di muoversi
su due sfere separate per essere sostanzialmente coordinati in una più ampia visione d’insieme conferendo
all’ordinamento delle assicurazioni private un’impronta abbastanza unitaria e coerente. Deve, tuttavia, riscontrarsi che
negli anni a seguire, anche se la produzione normativa è proseguita, la disciplina codicistica in tema di tutela
dell’assicurato si è cristallizzata allontanandosi dalla profonda evoluzione socio economica del fenomeno. LA TORRE,
ult. op. cit., pp. 76 ss.
9
sviluppo armonico e ordinato di quest’ultimo, tale da garantirne la stabilità a tutela dei
consumatori
(13)
–.
In secondo luogo, vengono in rilievo l’influenza esercitata dalla nuova realtà del Mercato
comune europeo anche in ambito assicurativo – la cui evoluzione è segnata da un processo
fortemente innovativo, teso al progressivo coordinamento delle legislazioni nazionali nella misura
necessaria al funzionamento del Mercato comune (art. 3, lett. h), Tr. CEE)
– e l’accresciuta esigenza
di moralità e professionalità, che in un clima di ridestata attenzione per l’intero settore, hanno
portato il legislatore a regolare l’attività degli intermediari assicurativi, prima, e quella dei “periti
assicurativi”, poi
(14)
.
2. LA RIVALUTAZIONE DELLA POSIZIONE DELL’ASSICURATO NEL
CONTRATTO DI ASSICURAZIONE ALLA LUCE DEI D. LGS. 174 E 175 DEL 1995.
I mutamenti che dagli anni ’80 interessarono il settore assicurativo portarono a maturazione
l’idea che per la crescita del medesimo non fosse più sufficiente l’ampliamento quantitativo
dell’offerta, ma occorresse, anche e soprattutto, una più elevata qualità del servizio, una più
moderna gestione del contratto assicurativo ed una più tempestiva liquidazione dei sinistri
(15)
.
In particolare l’approccio con il mercato unico delle assicurazioni imponeva alle imprese
operanti nel mercato di tener conto dei mutamenti socio-economici in atto e dei nuovi più complessi
(13)
L’avvento dell’assicurazione R.C.A., ramo di spiccata rilevanza sociale, da un lato, aveva provocato la rapida e
massiccia crescita del settore, dall’altro, aveva evidenziato l’inadeguatezza del regime di sorveglianza sulla gestione
privata - di un servizio ormai di interesse pubblico - e la necessità di interventi urgenti con riguardo alla carenza di
organi e strumenti preposti alla vigilanza. In più, la situazione critica del mercato assicurativo, per le difficoltà
economiche e funzionali di molte imprese, faceva intravedere, accanto ai già noti tardivi rimedi (liquidazione e
trasferimento del portafoglio), l’opportunità di nuove misure di risanamento dell’azienda in crisi e prevenzione del
dissesto. Infine l’allargata prospettiva del mercato comune delle assicurazioni contribuì a far emergere l’immagine di un
più moderno ed efficiente organo di controllo attrezzato nell’impianto organizzativo, specializzato sotto il profilo
tecnico-professionale e autonomo sul piano operativo. Vedi LA TORRE, La disciplina giuridica dell’attività
assicurativa, cit., pp. 76 ss.; ANIA, Convegno ANIA per il 150° unità d’Italia, cit., pp.1 ss.
(14)
Tali attività in origine erano esercitabili senza alcun controllo e solo in adeguamento alla normativa comunitaria il
legislatore colse l’occasione per colmare un vuoto legislativo che, lasciando operare senza regole, agenti, mediatori e
periti assicurativi, creava una grave disarmonia in un settore per ogni altro aspetto ben ordinato, rendendo inaccettabile
lo svolgimento dell’attività da parte di soggetti moralmente e professionalmente inidonei. LA TORRE, ult. op. cit., p. 81;
ANIA, Convegno ANIA per il 150° unità d’Italia, cit., pp. 1 ss.
(15)
Il settore assicurativo si trovava negli anni ’90 di fronte ad una sfida complessa e decisiva nella quale far valere il
suo ruolo sociale e la sua capacità di essere una dinamica e moderna entità economica, onde poter trarre i benefici
derivanti dall’operare nel mercato unico. Da qui la necessità di ricercare il giusto equilibrio fra qualità dei prodotti,
prezzi e tutela del consumatore nel quadro di un mercato concorrenziale ispirato alla correttezza e ai parametri
essenziali del “fare assicurazione” – quali prodotti, premi, trasparenza del rapporto contrattuale, servizi offerti,
solvibilità e solidità –, obiettivi ancor più onerosi per quei mercati che avevano vissuto situazioni di maggiore
protezione. Si pensi al Nostro Paese il cui mercato assicurativo era stato contrassegnato da forti controlli istituzionali, da
uno sviluppo essenzialmente domestico e da una fase di crescita piuttosto tormentata in anni passati. Vedi ISVAP, Note
e fatti del giorno: Relazione sullo stato della politica assicurativa, Anno 1995, in Ass., 1996, pp. 237 ss.
10
e specifici segmenti di mercato della domanda che richiedeva un’offerta, non più schematica, ma
reattiva e flessibile alla mutevoli esigenze rispetto alle quali il mercato italiano, fino a non molto
tempo fa, registrava ancora alcuni ritardi e arretratezze, seppur interessato da profonde modifiche.
Per il nostro Paese l’orizzonte comunitario si apriva in tutta la sua ampiezza con
l’emanazione del D.lgs. 17 marzo 1995, n. 174 e del D.lgs. n. 175
(16)
, grazie ai quali si realizzava il
coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative sulle assicurazioni
vita e danni.
Tra i cardini principali della nuova normativa si ricordano il riconoscimento della facoltà dei
cittadini degli stati membri della Comunità Europea di potersi assicurare con qualsiasi compagnia
con sede sociale in qualunque Paese comunitario; il divieto per gli Stati membri di esigere la
preventiva approvazione e comunicazione sistematica delle condizioni generali e speciali delle
polizze, delle tariffe e delle basi tecniche, al fine di favorire la libertà di stabilimento e prestazione
di servizi; infine, l’autorizzazione amministrativa unica valida su tutto il territorio della Comunità e
la vigilanza finanziaria sulle compagnie diretta principalmente a verificarne solvibilità e
costituzione delle riserve tecniche.
Assieme al rispetto delle nuove regole e alla solvibilità acquistava un ruolo centrale anche la
solidità di una compagnia, cioè la sua capacità finanziaria e l’assolvimento degli obblighi
contrattuali con l’assicurato, rendendosi altresì necessarie adeguate strategie di rinnovamento nei
metodi e nei rapporti col cliente
(17)
.
Il pregio dei d.lgs. n. 174 e n. 175 andava individuato perciò nella profonda innovazione che
essi apportarono al sistema del nostro Paese al punto che, pur non mancando problemi di
coordinamento tra la nuova normativa di fonte comunitaria e quella tradizionale di diritto interno,
parte della dottrina li considerò come il nuovo corpus iuris del sistema assicurativo italiano nato
dall’integrazione economica europea
(18)
.
(16)
Il d.lgs. n. 174 del 1995 è stato emanato in attuazione della direttiva 92/96/CEE del Consiglio del 10 novembre 1992
“che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta sulla vita e
che modifica le direttive 79/267/CEE e 90/619/CEE (terza direttiva assicurazione vita)”. Il d.lgs. n. 175 del 1995 è stato
invece emanato in attuazione della direttiva 92/49/CEE Consiglio del 18 giugno 1992 “che coordina le disposizioni
legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita e che
modifica le direttive 73/239/CEE e 88/357/CEE (terza direttiva assicurazione non vita)”.
(17)
Per il raggiungimento di tali obiettivi si imponeva perciò un nuovo modo di agire e l’organizzazione da parte di tutto
il settore assicurativo di interventi tesi a realizzare un nuovo sistema di impresa, capace di offrire un servizio di alta
qualità, globale e moderno, in grado di soddisfare con immediatezza i bisogni sempre crescenti e complessi dei
consumatori. Si richiedeva inoltre che mediante una corretta e incisiva comunicazione fossero rese più visibili
l’immagine e l’azione delle compagnie. ISVAP, Note e fatti del giorno: Relazione sullo stato della politica assicurativa,
Anno 1995, cit., pp. 237 ss.; DONATI - VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, cit., pp. 10 ss.
(18)
Alcuni hanno osservato che le difficoltà di raggiungere un accordo tra gli Stati membri erano e sono dovute alla
mancanza di una disciplina di coordinamento della normativa generale dei contratti (fatta eccezione per la direttiva sulle
clausole abusive). In questo senso il principale ostacolo era rappresentato dalle differenze nelle legislazioni nazionali in
tema di norme imperative. Il legislatore comunitario aveva quindi "ripiegato" su una tutela minimale dei consumatori di