2
diverse a seconda che l’autore sia un familiare oppure un estraneo; perciò anche le
terapie sono necessariamente diverse.
Il primo capitolo affronta il tema della definizione dell’abuso sessuale infantile, cosa
peraltro non facile, come si vedrà, per le molteplici figure professionali coinvolte e, di
conseguenza, per le diverse prospettive da cui può essere affrontato il problema. Si
definiscono quindi le caratteristiche dell’abuso sessuale nei confronti dei minori e si
sottolinea in particola modo la maggior frequenza con cui ci si imbatte in situazioni di
abuso intrafamiliare, cioè di incesto che, come già detto, è la forma di abuso più
diffusa. Si analizzano poi l’andamento e la distribuzione dell’abuso in Italia, gli
indicatori dell’abuso e le sue conseguenze sulla vittima.
Il secondo capitolo si occupa invece dei riferimenti teorici al problema dell’abuso
sessuale infantile, trattando soprattutto le teorie che spiegano le origini del tabù
dell’incesto. Tale norma sociale è infatti molto antica e si ritrova in quasi tutte le
culture, con qualche rara eccezione. E’ allora utile capire per quale motivo sia stata
creata un regola tanto forte e tanto temuta, e cercare di dare una spiegazione alle
violazioni che comunque esistono a questa norma sociale.
Viene inoltre spiegato il paradigma ecologico di Brofenbrenner, che risulta essere un
valido modello per approcciarsi al problema dell’abuso sessuale infantile in una
dimensione non meramente individuale, ma sistemico-relazionale, che, come
apparirà evidente nel corso del quarto capitolo, è oggi l’approccio più adeguato per
affrontare il problema dell’abuso e la terapia della vittima.
In questo capitolo non vengono invece trattate le teorie relative alla pedofilia in
generale, in quanto si ritiene che siano troppo generiche, considerato anche che il
resto del lavoro si concentra sull’abuso sessuale intrafamiliare. E’ sembrato quindi
più opportuno non soffermarsi in inutili spiegazioni teoriche che poco hanno a che
vedere con il problema in questione.
Il terzo capitolo si occupa del trattamento giuridico dell’abuso sessuale sui minori,
presentando la normativa vigente prima e dopo l’entrata in vigore della legge n.
66/96, che regola appunto la violenza sessuale, e alcuni documenti nazionali ed
internazionali. Affronta poi il tema del procedimento penale di tutela, sviluppando gli
argomenti relativi al processo d’intervento, al coordinamento tra magistratura
ordinaria e minorile, a misure alternative al dibattimento.
Infine, il quarto capitolo, affronta in dettaglio l’importante tema del trattamento
terapeutico della vittima. Viene prima di tutto fatto un accenno al trattamento
3
riservato alle vittime di abuso sessuale extrafamiliare e alle loro famiglie. In seguito,
si affronta l’analisi della fase di valutazione della situazione di abuso che
generalmente segue la fase di rilevazione dell’abuso stesso, e ha lo scopo non solo
di raccogliere tutte le informazioni disponibili circa l’evento dell’abuso, ma anche di
fornire un sostegno e una protezione immediata alla vittima.
All’interno del paradigma sistemico-relazionale, assume rilevanza il sostegno
terapeutico alla famiglia presa nel suo insieme, al fine di indagare le relazioni
disfunzionali che hanno permesso il verificarsi dell’abuso. Proprio di questo
argomento si occupa il paragrafo 3, che definisce quindi le principali modalità di
trattamento delle famiglie incestuose. Il paragrafo 4 si occupa invece delle terapie
individuali, sempre mantenendo il punto di vista relazionale.
Il capitolo affronta poi il tema dei percorsi sostitutivi alla famiglia, che vengono attivati
nel momento in cui la famiglia abusante non è in grado di recuperare la propria
funzionalità. Infine vengono analizzati i temi del lavoro di rete degli operatori
impegnati nel sostegno ai minori abusati e alle loro famiglie, e la situazione attuale
dell’insieme dei servizi sociali e giuridici coinvolti.
4
Capitolo I
L’abuso sessuale sui minori: definizione, caratteristiche
e conseguenze
1. Definizione di abuso sessuale infantile.
Il termine abuso sessuale infantile incontra alcune difficoltà nella definizione,
poiché essa dipende fortemente dall’ambito di studio in cui è inserito il problema.
Infatti, si possono delineare tre campi di attività che interessano il fenomeno: la
ricerca, la clinica e il diritto; campi che, necessariamente, forniscono criteri di
definizione dell’abuso diversi. Di qui la necessità di chiarire che cosa si intende
per abuso sessuale infantile. Dalla sua definizione dipendono, infatti, decisioni
importanti per il minore, come l’attivazione o meno di interventi diagnostici e
clinici, o l’apertura di un procedimento giudiziario nei confronti dell’aggressore.
D’altra parte, nell’intervento a tutela del minore abusato sono coinvolte differenti
figure professionali, e ognuna di esse, in base alla sua specifica formazione, è
portatrice di una sua peculiare visione dell’abuso sessuale minorile. Perciò è
necessario prevedere l’impiego di una definizione che, sul piano operativo, sia
condivisa dalle diverse figure professionali.
In realtà non è affatto semplice delimitare i confini tra ciò che è lecito e ciò che
non lo è in una materia fortemente condizionata da inclinazioni soggettive, dove
la linea di demarcazione è molto sfumata. E’ quindi di fondamentale importanza
porsi la domanda su che cosa possa essere correttamente definito come un
comportamento abusante nei confronti di un minore, domanda a cui è difficile
dare una risposta univoca, visto che gli esperti ancora dibattono sull’estensione di
tale definizione, sia in merito agli atti commessi, sia al tipo di relazione
intercorrente.
Vediamo allora quali sono state le definizioni di abuso sessuale infantile proposte
dagli studiosi fino a questo momento.
5
Kempe1 definisce abuso sessuale infantile il coinvolgimento in qualsiasi attività
sessuale di un minorenne, non maturo, dipendente e quindi incapace di un libero
e cosciente consenso, o il suo coinvolgimento in atti che violano il tabù sociale
dell’incesto. Quindi ogni rapporto sessuale tra un adulto e un bambino va
considerato come abuso:
- se il minore è esposto o coinvolto in attività sessuali inappropriate al suo
sviluppo psico-fisico;
- se il minore è usato o sfruttato per la gratificazione di un adulto;
- se il minore si trova nell’incapacità di essere consenziente a causa della
differenza di età e di ruolo dell’adulto;
- se il minore è coinvolto nell’attività sessuale con persone che hanno un ruolo
determinante nell’ambiente familiare (incesto).
Montecchi2 propone di parlare di abuso all’infanzia come traduzione del termine
inglese child abuse, che comprende tutte le forme di maltrattamenti e violenze a
danno di minori, conformandosi così alla definizione data dal Consiglio d’Europa
in occasione del IV colloquio criminologico, secondo cui negli abusi vengono
individuati “ gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentano alla
sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, intellettivo e morale, le cui
manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psicologico
e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino”.
Rientrano nell’abuso anche le attività sessuali realizzate in violazione dei tabù
sociali sull’incesto pur con l’accettazione del minore, poiché si presume che tale
accettazione sia viziata dal rapporto di potere che si instaura tra il minore e
l’abusante.
Secondo Roberts e Taylor3, l’abuso sessuale sui bambini comprende: l’incesto, lo
stupro, la sodomia, i rapporti con i bambini, pratiche o comportamenti
omosessuali con i bambini, fotografare i bambini e incoraggiarli a prostituirsi o a
guardare materiale pornografico. Ogni bambino sentirà di essere stato
sessualmente abusato quando una persona lo coinvolge in attività volte a
soddisfare l’eccitazione o la gratificazione sessuali di quella o di qualunque altra
1
KempeC.H., “Sexual abuse, another hidden pediatric problem”, , Pediatric, 1978, 62. In De Leo G., Petruccelli
I., L’abuso sessuale infantile e la pedofilia, 1999, p.15.
2
Montecchi F., Gli abusi all’infanzia, Carocci, Roma ,1998, 17-19. In De Leo G., Petruccelli I., op. cit., p.20.
3
Roberts J., Taylor C., “Sexually abused children and young people speak out”, Child abuse and child abusers,
J. Kingsley Publ., London, 1993, pp.13-36.
6
persona , indipendentemente dall’uso della forza e dal fatto che si sia verificato
un contatto con i genitali.
Dunque, una definizione clinica dell’abuso sessuale infantile deve includere la
considerazione di tre fattori:
a. un’esplicita dichiarazione dell’accaduto: la natura degli atti sessuali, la
frequenza, l’uso della violenza;
b. l’informazione riguardo all’età e allo sviluppo delle persone coinvolte: la
differenza di età, il livello di intelligenza, lo stato mentale;
c. la natura del rapporto tra le persone coinvolte: se si conoscevano e in quale
contesto, la qualità di altri aspetti del loro rapporto, le loro percezioni e i loro
sentimenti riguardo all’accaduto e al perché.
2. L’abuso sessuale intrafamiliare.
Le ricerche relative alla diffusione dell’abuso sessuale hanno messo in evidenza il
fatto che la tipologia di abuso prevalente è quella intrafamiliare.
Sgroi, Blick e Porter4 definiscono “abuso sessuale di tipo incestuoso” ogni forma
di attività sessuale tra un minore e un suo genitore,naturale o acquisito, un
membro della famiglia estesa, o una figura parentale sostitutiva.
J. Goodwin5, invece, usa indifferentemente le espressioni “incesto” e “abuso
sessuale intrafamiliare” per indicare “ogni azione sessuale commessa su un
bambino da parte di un adulto avente ruolo di genitore”. Anche se sotto il profilo
puramente teorico non sarebbe corretto far coincidere l’incesto con l’abuso
sessuale intrafamiliare, dal punto di vista operativo, cioè tenendo a mente
l’intento terapeutico, qualsiasi distinzione ulteriore risulterebbe secondaria. Infatti,
indipendentemente dal grado, dalla durata, e dalla stabilità del coinvolgimento del
minore nella relazione incestuosa, si attivano le medesime esigenze di
protezione, indagine e trattamento da parte delle istituzioni nei confronti del
minore.
4
Sgroi S.M., Blick L.C., Porter F. S., “A conceptual framework for child sexual abuse”. In Sgroi S.M.,
Handbook of clinical intervention in child sexual abuse, Lexington Books, Lexington, 1982. In Malacrea M.,
Vassalli A., Segreti di famiglia. L’ intervento nei casi di incesto, 1990, p.19.
5
Goodwin J., Abuso sessuale sui minori. Le vittime dell’incesto e le loro famiglie, 1982, p.1.
7
In sostanza, deve essere considerato incesto qualunque tipo di relazione
sessuale tra un bambino e un adulto che svolge nei suoi confronti una funzione
parentale. Quindi, è incesto anche la relazione sessuale tra un bambino e il
patrigno, la matrigna o sostituti parentali permanenti, come pure gli atti compiuti in
ogni tipo di relazione, etero od omosessuale, non soltanto se si arriva al rapporto
sessuale completo, ma anche quando si verificano pratiche oro-genitali, anali e
masturbatorie, nonché determinati comportamenti parentali caratterizzati
dall’imposizione al bambino di atti voyeuristici ed esibizionistici.
Gli abusi sessuali all’interno della famiglia possono essere ulteriormente distinti
in:
a. incesto tra padre e figlia: si tratta del caso più frequente e di cui la letteratura
si è maggiormente occupata;
b. incesto tra padre e figlio: è meno frequente; le sue dinamiche presentano delle
analogie con l’incesto padre/figlia;
c. incesto tra madre e figlio: è un evento molto raro, che provoca le conseguenze
psicologiche peggiori per i soggetti coinvolti.
2.1.La famiglia incestuosa.
Per poter comprendere appieno le dinamiche che possono condurre alla messa
in atto dell’incesto, è necessario andare ad analizzare la struttura della famiglia in
un approccio sistemico. Infatti, la famiglia può essere considerata come un
sistema che è qualcosa di più della semplice somma delle sue componenti, le
quali comunicano tra di loro attraverso un insieme di interazioni che dà vita al
sistema stesso. Quindi, lo studio della struttura familiare deve iniziare con l’analisi
delle relazioni che ciascun membro ha con gli altri. All’interno del confine
familiare ci sono i vari membri, con i loro ruoli, norme, valori, tradizioni e
intenzioni. Se i confini sono aperti e flessibili, la famiglia risulta sana: la struttura
del potere al suo interno è di tipo gerarchico, con i genitori che condividono lo
stesso tipo di potere. Se invece i confini sono chiusi e rigidi, la struttura familiare
risulta disfunzionale: i ruoli sono rigidi e prederminati, i membri non hanno un
potere egualitario, e colui che detiene il potere più elevato, il padre, gestisce e
domina i livelli inferiori, la madre e i figli, che gli sono sottomessi.
8
E’ all’interno di questo tipo di famiglie che generalmente avviene l’incesto. Infatti,
secondo il concetto della triangolazione intergenerazionale, elaborato da
Krugman6 per spiegare la trasmissione intergenerazionale della violenza
familiare, nelle famiglie disfunzionali il figlio viene elevato a far parte del livello
gerarchico genitoriale e il sistema si stabilizza attraverso un’inversione dei ruoli.
Al bambino può essere assegnato il ruolo di surrogato genitoriale per gli altri figli
oppure, come avviene nel caso dell’incesto padre-figlia, il ruolo di surrogato-
moglie. In famiglie come queste, i genitori interagiscono con i figli come fossero
degli adulti, cercano in loro rassicurazione, conforto e amore, sentimenti che non
riescono a ricevere dal partner né a dare ai figli. Si tratta generalmente di genitori
incapaci di empatizzare con i figli e la cui vita matrimoniale è infelice se non
assente. In queste condizioni l’incesto può risultare una soluzione al dilemma
familiare.
Furniss7 descrive due diversi tipi di famiglia in cui si verifica l’abuso sessuale
infantile. Nel primo tipo l’abuso sembra finalizzato ad evitare un aperto conflitto
fra i genitori; nel secondo tipo, l’obiettivo sembra essere quello di tenere sotto
controllo il conflitto stesso.
Nelle famiglie in cui si vuole evitare il conflitto, la madre è affettivamente distante
dai figli; i genitori colludono tacitamente sull’abuso, e questa collusione accresce
la dipendenza emotiva del padre dalla madre e tiene l’uomo saldamente legato al
contesto familiare, impedendo così la risoluzione del conflitto.
Nelle famiglie nelle quali si vuole tenere sotto controllo il conflitto, invece, la
madre è carente nel fornire ai figli un sostegno concreto ed affettivo; diviene una
loro pari e può succedere che, tra i figli, uno assuma il ruolo materno. Il figlio
viene allora sacrificato per tenere sotto controllo il conflitto ed evitare la
disgregazione del nucleo familiare. In queste famiglie si è maggiormente
consapevoli della natura dei rapporti familiari rispetto alla prima tipologia; tuttavia,
viene creato un tabù che vieta ai membri della famiglia di nominare ciò che sta
accadendo, in quanto un mutamento delle relazioni interne alla famiglia
comporterebbe la rottura dell’equilibrio che, tramite l’incesto, si è creato, rottura
6
Krugman S., “ Trauma in the family: perspectives on the intergenerational transmission of violence”, in van der
Kolk, Psychological trauma, American Psychiatric press, Washington, 1987. In De Leo G., Petruccelli I., op.
cit., p.22.
7
Furniss T., “Conflict-avoiding and conflict-regulating patterns in incest and child sexual abuse”, Acta
Paedopsychiatrica, 1982. In De Leo G., Petruccelli I., op. cit., p.23.
9
che porterebbe necessariamente alla disgregazione dell’intera struttura familiare.
Furniss conclude affermando che sarebbe proprio la concomitanza tra confusione
dei ruoli e clima di segretezza ad alimentare la credenza secondo la quale
l’incesto è la soluzione ai problemi della famiglia.
2.2.L’incesto padre-figlia.
L’incesto tra padre e figlia è il tipo di incesto di cui la letteratura si è
maggiormente occupata, ed è anche quello più rilevato dai servizi e dagli
operatori che si occupano di protezione all’infanzia. Il fatto che la relazione
sessuale si instauri tra un genitore e la propria figlia costituisce un aggravante
notevole sia per quanto riguarda la violazione di regole sociali, sia per quanto
riguarda le conseguenze cui va incontro la vittima sul piano affettivo e
psicologico. Infatti, mentre in qualsiasi altra forma di violenza sessuale la vittima
ha la possibilità di riconoscere nell’abusante la figura del colpevole, nell’incesto
questa figura si confonde e coincide con la figura del padre amorevole e verso cui
è difficile poter provare odio.
Tra i fattori che concorrono a determinare l’incesto possiamo ricordare:
• l’emergere della figlia come figura femminile centrale all’interno della
struttura familiare;
• l’incomprensione e l’ostilità tra i coniugi che si traduce in un’incapacità di
avere rapporti sessuali normali e regolari;
• la riluttanza del padre a cercarsi una partner al di fuori della famiglia,
collegata al desiderio di contrastare la disgregazione di quest’ultima8.
Come abbiamo visto, spesso il padre attua l’incesto con la figlia come tentativo di
ristabilire l’equilibrio familiare. In questo caso, la madre può incoraggiare la figlia
ad assumere un ruolo vicario, sia in modo esplicito, sia, più spesso, in modo
inconscio o passivo, evitando di intervenire pur essendo a conoscenza della
relazione incestuosa.
Gioca un ruolo fondamentale anche l’elemento culturale, legato ad una
concezione patriarcale della famiglia, in cui il padre è la figura dominante e
governa moglie e figli in modo autoritario e spesso violento. La madre è passiva,
8
Malacrea M., Vassalli A., Segreti di famiglia. L’intervento nei casi di incesto, 1990.
10
sottomessa e incapace di fornire protezione e affetto ai figli. In questa situazione,
il padre considera l’incesto come un legittimo esercizio del suo potere assoluto, e
lo giustifica adducendo ad una ipotetica educazione sessuale della o delle figlie,
oppure alla sua personale soddisfazione sessuale.
Può accadere anche che la struttura familiare sia composta da una coppia
genitoriale caratterizzata da una madre attiva, aggressiva, spesso assente, e da
un padre passivo, immaturo, dipendente dalla moglie. In questa situazione, il
padre è molto più vicino ai figli che non alla moglie, si inserisce nel sottosistema
dei figli, ed è proprio nell’ambito di questo rapporto di parità con i figli che si
innesta l’incesto. Spesso, infatti, in questo caso, l’abuso è l’esito di una
progressiva assunzione da parte della figlia del ruolo di confidente del padre.
In entrambi i casi, comunque, uno dei genitori sembra appartenere più al
sottosistema dei figli che non al sottosistema parentale. Le barriere generazionali
sono rese fragili e instabili dallo squilibrio presente nella coppia genitoriale, e i figli
vengono coinvolti nel rapporto di coppia con funzioni sostitutive.
Per quanto riguarda invece le motivazioni psicologiche che spingono un padre ad
abusare dei figli, le interpretazioni più recenti tendono a vedere nell’incesto
paterno più un tentativo di affermare la propria forza e supremazia all’interno del
sistema familiare, che non la ricerca della soddisfazione di un desiderio
puramente fisico. Questo spiega anche il fatto che non necessariamente, nelle
famiglie incestuose, i rapporti sessuali fra i genitori sono assenti.
3. Andamento e distribuzione dell’abuso sessuale sui minori.
Nel nostro paese l’abuso sessuale infantile è diventato oggetto d’indagine,
soprattutto da un punto di vista statistico, solo da pochi anni; in realtà, sono
sempre stati numerosi gli studi clinici sul fenomeno, ma mancano ancora ricerche
statistiche ed epidemiologiche esaustive. Nonostante ciò, l’interesse per questo
fenomeno in Italia è cresciuto, anche in seguito alla scoperta della reale
consistenza dello stesso; tale scoperta è stata merito degli organi di informazione,
i quali si sono occupati sempre più frequentemente di casi di abuso sessuale in
danno di minori e di pedofilia. Basti pensare al caso del pedofilo di Marcinelle, in
Belgio, o al fenomeno sempre più diffuso del turismo sessuale.
11
La maggiore difficoltà che si è riscontrata nello studio del fenomeno riguarda il
fatto che le fonti di dati disponibili sono spesso disomogenee, non offrono dati
disaggregati ed informazioni sufficienti per fare analisi più approfondite. Si tratta
quindi di problemi metodologici che non hanno consentito di trarre conclusioni
significative da un punto di vista quantitativo; tuttavia, le ricerche fatte finora
hanno prodotto risultati rilevanti dal punto di vista qualitativo, permettendo così di
costruire delle classificazioni o tipologie del fenomeno in questione.
Un altro problema piuttosto rilevante che si è incontrato nell’analisi della
diffusione dell’abuso sui minori sta nel fatto che i dati disponibili, soprattutto quelli
di carattere giudiziario, sono riferiti sempre ai reati denunciati, e non a quelli
effettivamente verificatisi. Si tratta perciò del problema del cosiddetto numero
oscuro dei reati, cioè del numero reale degli abusi perpetrati, numero che è
praticamente impossibile conoscere, ragion per cui ci si deve necessariamente
affidare ai dati disponibili per fare quantomeno una stima del fenomeno in esame.
Sono state quindi considerate le seguenti fonti di dati:
- statistiche giudiziarie relative all’andamento del fenomeno in quanto reato;
- dati statistici relativi all’attività giudiziaria dell’autorità ordinaria e minorile, sia
per quanto riguarda la competenza civile che penale;
- dati statistici relativi all’attività dei centri e servizi di prevenzione, intervento e
trattamento dei casi di abuso di minore;
- dati che comprendono l’attività di hot line, che devono tener conto della
possibile inattendibilità delle segnalazioni riferite.9
3.1. Andamento nazionale e diffusione dell’abuso sessuale minorile.
L’analisi dei reati sessuali denunciati nel decennio 1986-1996, nel suo
complesso, evidenzia un incremento costante delle denunce per reati sessuali.
L’incremento significativo soprattutto delle denunce per atti di libidine individua
una tendenza crescente a denunciare atti sessuali che prima difficilmente
venivano considerati reati e quindi denunciati. In realtà, l’incremento più
significativo delle denunce si è avuto negli anni 96/97, cioè dopo l’entrata in
9
Bandini T., Gualco B., Infanzia e abuso sessuale, 2000.
12
vigore della legge 66/96, e l’incremento riguarda soprattutto i minori di 14 anni
rispetto ai minori di età superiore ai 14 anni10.
Per quanto riguarda, invece, la visibilità del fenomeno, l’Italia risulta il paese
europeo dove le istituzioni hanno meno spazio nella denuncia dell’abuso. Questo
è dovuto alla cultura, tuttora prevalente, che mira alla difesa della riservatezza
della famiglia, nonché alla tradizione cattolica, che ancora influenza fortemente le
condotte personali e familiari, rendendo più difficile per il genitore non abusante o
per altri membri della famiglia rivelare l’incesto e rendere in tal modo pubbliche
condotte sicuramente condannate dall’opinione pubblica. Ciò ha comportato un
ritardo, nel nostro paese, sia dell’adeguamento normativo, sia della presa di
coscienza della necessità di creare strutture specializzate nella prevenzione, nella
rilevazione e nel trattamento dell’abuso sessuale nei confronti dei minori.
Se vogliamo avere informazioni che riguardino non solo l’aspetto quantitativo, ma
anche quello qualitativo del fenomeno a livello nazionale, dobbiamo far
riferimento ai dati del Telefono Azzurro11; dai dati in questione emerge una netta
prevalenza di minori di età compresa tra i 6 e i 10 anni, che costituiscono il 31%
dei 602 casi segnalati nel 1997, ma è senza dubbio altrettanto significativo il
numero di minori con un’età compresa tra gli 0 e i 5 anni (15,8%). L’andamento
verso fasce di età particolarmente basse è ancora più marcato se il minore
abusato è di sesso maschile: 36,7% minori di 5 anni; 33,1% minori di 6-10 anni.
Se confrontiamo tali dati con quelli dell’ISTAT relativi ai delitti e alle persone
denunciate12, emerge una configurazione dell’abuso che coinvolge bambini
piuttosto che adolescenti, e si evidenzia come tale andamento sia in crescita. Si
può inoltre ipotizzare un maggior numero oscuro per i delitti denunciati che
coinvolgono bambini molto piccoli ed una maggiore resistenza a chiedere un
intervento dell’autorità giudiziaria penale.
Dai dati del Telefono Azzurro, precedentemente citati, risultano prevalenti i
soggetti di sesso femminile, che coprono il 75,6% dei casi segnalati, e le
manifestazioni di abuso intra-familiari (34,7%) rispetto a quelle extra-familiari
(17,9% dei casi segnalati). Si evidenzia, inoltre, una prevalenza del padre come
10
CENSIS, “Progetto contro lo sfruttamento sessuale dei minori”, Dossier 1/2, Roma, 1998. In Bandini T.,
Gualco B., Infanzia e abuso sessuale, 2000, p.6.
11
In Bandini T., Gualco B., op. cit., p.8.
12
In Bandini T., Gualco B., op. cit., p.8.
13
soggetto che attua l’abuso, se questo è di natura intra-familiare (il 18,3% dei casi
di abuso intra-familiare segnalati), mentre se l’abuso è extra-familiare questo è
perpetrato soprattutto da amici o conoscenti del minore (l’8% dei casi di abuso
extra-familiare segnalati). Generalmente è la madre a segnalare l’abuso al
Telefono Azzurro, sia nei casi di abuso intra-familiare che in quelli extra-familiari.
Dai dati precedenti si deduce che l’abuso sui minori è un fenomeno che investe
essenzialmente la sfera delle relazioni familiari ed interpersonali comunque legate
alla famiglia; un fenomeno che riguarda quindi la sfera privata dei soggetti, con
vissuti di omertà, connivenza, elusione del problema spesso anche da parte degli
operatori.
Tuttavia, la crescita delle denunce denota che il ritardo normativo ed istituzionale
che ha caratterizzato l’Italia in questo settore può essere colmato. Infatti, dai dati
CENSIS del 1998 emerge, come abbiamo detto, un incremento delle denunce
soprattutto dopo l’entrata in vigore della legge 66/96 che, avendo ampliato la
definizione giuridica della violenza sessuale, ne ha consentito l’estensione a
forme diverse di condotta sessuale. Emerge, inoltre, una prevalenza di denunce a
carico di autori noti: per l’anno 1997, 406 denunce a carico di autori noti su un
totale di 470 denunce di reati sessuali a danno di minori di 14 anni.
Nonostante l’incremento delle denunce, però, il carattere sostanzialmente
“privato” dell’abuso sessuale sui minori ne rende difficile la rilevazione: l’indagine
del CENSIS, prendendo come anno di riferimento il 1997 (470 denunce), stima un
totale di 21.000 abusi effettivamente commessi, di cui 10.500 di violenza carnale
e altrettanti di molestia sessuale, con un’incidenza di 1 caso ogni 400 minori e 1
caso ogni 500 famiglie. La prevalenza della tipologia dell’abuso intra-familiare che
è emersa dai dati presentati ha in sé una contraddizione: essa infatti rappresenta
la tipologia più diffusa, ma, allo stesso tempo, è anche la tipologia con la
maggiore incidenza di numero oscuro.
14
4. Gli indicatori e i segnali dell’abuso.
L’idea più diffusa fra la gente comune circa la visibilità della presenza di abuso
all’interno di una famiglia, è che il bambino abusato presenti segni evidenti di
maltrattamenti e violenze. In realtà, però, quest’idea è totalmente errata, visto che
frequentemente il bambino abusato non mostra alcun segno fisico di violenza. In
effetti, nella stragrande maggioranza dei casi, l’abuso sessuale viene perpetrato
senza ricorrere a maltrattamenti fisici, ma solo con l’uso del ricatto psicologico e
avvalendosi del ruolo di superiorità di cui è investito il genitore. Per questo motivo
spesso è difficile rilevare la presenza di abuso sessuale prima che il bambino o
qualcun altro ne faccia aperta denuncia.
La letteratura più recente suggerisce una serie di criteri, o indicatori, per accertare
un avvenuto abuso sessuale. Tali indicatori sono di tipo cognitivo, fisico,
comportamentale ed emotivo13.
Tra gli indicatori cognitivi si possono trovare le conoscenze sessuali inadeguate
per l’età, confusione nei ricordi dei fatti e sovrapposizione dei tempi, carente
capacità di attenzione nelle normali attività quotidiane – come per esempio quelle
scolastiche -, i dettagli dell’abuso nel racconto del bambino. Le aree da indagare
ai fini della scoperta di indicatori di tipo cognitivo riguardano quindi il livello di
coerenza delle dichiarazioni, l’elaborazione fantastica, il giudizio morale, la
chiarezza semantica.
Vi sono, poi, degli indicatori fisici dell’abuso, come la deflorazione, la rottura
dell’imene, le ecchimosi e i lividi in zona perineale, i sintomi di malattie veneree.
Ma dobbiamo considerare anche quegli indicatori fisici meno evidenti, più
equivoci per le molteplici cause che possono averli generati. Tra questi troviamo
le incisorie imenali, le neovascolarizzazioni a livello del derma, gli arrossamenti e
le infiammazioni localizzate aspecifiche.
Infine, vi sono gli indicatori comportamentali ed emotivi. Questi sono la presenza
di sentimenti di paura, di depressione, di disturbi del sonno e dell’alimentazione,
un comportamento ipervigilante, la mancanza di interesse per le normali attività,
la significativa alterazione della personalità, con possibili sintomi psiconeurotici14.
Gli effetti comportamentali causati dall’abuso sessuale possono essere riscontrati
13
De Leo G., Petruccelli I., op. cit., p.82.
14
Ibidem, p.83.
15
anche a lungo termine, possono cioè diventare cronici. Inoltre, alcuni bambini
abusati, a causa dei sensi di colpa e dei sentimenti negativi provati, possono
attivare comportamenti autodistruttivi, fino ad arrivare a tentativi di suicidio.
Possiamo così schematizzare gli indicatori dell’abuso sessuale infantile:
Indicatori cognitivi
- conoscenze sessuali inadeguate per l’età
- carenti capacità di attenzione
- confusione nel ricordo dei fatti e sovrapposizione dei tempi
Indicatori fisici
- disturbi psicosomatici del tratto gastroenterico
- ritardo o arresto della crescita
- aspetto gravemente sofferente
- ipotonia muscolare
- pallore
- lesioni traumatiche all’apparato genitale o anale
- riflesso di dilatazione anale abnorme
- abnorme apertura vaginale
- presenza di liquido seminale
- biancheria intima strappata, sporca, o insanguinata
- difficoltà nel camminare e nel sedersi
- malattie sessualmente trasmesse o veneree
- gravidanza
- incontinenza urinaria e fecale
Indicatori comportamentali ed emotivi
- disturbi del sonno, insonnia
- crisi acute di ansia con episodi di pianto apparentemente immotivato
- reattività fisiologica ad eventi che simboleggiano o assomigliano a qualche
aspetto dell’evento traumatico