1
INTRODUZIONE
Il Costituzionalismo
Il bilancio è lo strumento fondamentale per lo svolgimento dell’intera attività pubblica.
Esso assolve a diverse funzioni, permettendo allo Stato di: intervenire nell’economia
per conseguire gli obiettivi macroeconomici perseguiti (come, ad esempio, il livello
desiderato di disoccupazione); erogare i servizi pubblici; garantire i diritti e portare a
termine gli impegni presi a livello costituzionale.
Il bilancio dello Stato attiene anche ai rapporti tra il Governo e il Parlamento, in quanto
è quest’ultimo a dare l’autorizzazione al Governo ad erogare le spese e ad incassare le
entrate. Si tratta di una prerogativa di rilevanza fondamentale in quanto, oltre a
riguardare il tema del controllo politico, costituisce un lascito storico su cui si fonda
l’intero costituzionalismo.
Storicamente, la gestione dell’attività finanziaria dello Stato ha rappresentato una delle
più importanti prerogative attribuite alla Corona, che godeva del potere di imporre
tributi e procedere alla riscossione degli stessi per finanziare l’attività svolta (in modo
particolare, per quanto riguarda il passato, le guerre). “Una delle prime rivendicazioni
legate allo sviluppo delle moderne democrazie parlamentari fu proprio quella di poter
esercitare un controllo sulla gestione finanziaria di competenza dell’esecutivo: nasce
così quella sorta di cogestione della finanza pubblica che affida al Governo il compito di
procedere alla riscossione delle entrate e alla ripartizione delle spese e al Parlamento il
compito di controllare e autorizzare tale attività”
1
.
Ai fini di quanto stabilito dalla Costituzione del 1948, il ruolo di controllo del
Parlamento si svolge soprattutto nel caso del rendiconto consuntivo, in quanto l’organo
assembleare è tenuto ad approvare il risultato della gestione finanziaria presentato dal
Governo.
Il costituzionalismo si sviluppa come terreno di scontro tra due forze dinamiche. Lo
Stato moderno europeo si trova ad essere plasmato da due fronti: da un lato, vi è la
1
Federico del Giudice, La Costituzione esplicata, Napoli, Edizioni Simone, 2010, pag. 214.
2
tendenza “alla concentrazione del potere sul territorio, in particolar modo i poteri di
imperium, quello di esigere tributi, di dire la giustizia, di chiamare alle armi”; dall’altro
lato vi è invece “la parallela tendenza, che è proprio quella del costituzionalismo, a
circoscrivere quei poteri, a offrire e determinare limiti e garanzie, e a introdurre inoltre,
entro questo processo storico, l’elemento della partecipazione e del consenso, con la
progressiva costruzione delle assemblee rappresentative”
2
. Si tratta, dunque, di una
‹‹doppia vocazione››: da una parte a costruire limiti e garanzie da opporre al potere
sovrano, in difesa delle proprie sfere di autonomie e dei propri diritti; dall’altra a
partecipare alla costruzione di quel potere con la finalità di “meglio garantire quelle
medesime sfere e quei medesimi diritti, entro la nuova dimensione del potere sovrano”
3
.
I diritti, insomma, vengono opposti al potere politico, ma al contempo vengono garantiti
attraverso il potere politico stesso in un rapporto di ineludibile interdipendenza.
Il costituzionalismo novecentesco vede l’introduzione dei cosiddetti diritti fondamentali
che vengono ad essere concepiti come “il prius necessario da cui tutto il resto deriva”.
“Il punto di partenza non è più lo Stato, bensì la Costituzione che in primo luogo
afferma i diritti”.
4
Il rapporto viene dunque ad essere rovesciato: in precedenza erano i
diritti ad essere il prodotto “dell’esistenza dello Stato, della sua autolimitazione e della
sua opera di garanzia con la legge”; ora, invece, è lo Stato che viene qualificato come
“un’entità derivata, che esiste solo in quanto la Costituzione prevede i poteri di cui esso
si compone, le loro rispettive attribuzioni e competenze, la composizione di quei poteri
entro una forma ordinata”.
5
Le riforme, in generale, forniscono lo stimolo a ragionare su nuove forme di
costituzionalismo, inteso nella sua accezione originale di progressiva e intensiva
istituzionalizzazione di limiti al potere politico. Questa limitazione, però, viene ora a
rispondere ad esigenze di tipo diverso, introducendo in Costituzione principi che
originariamente non sono stati contemplati e, per di più, che forse hanno un significato
diverso rispetto al concetto di Costituzione stesso.
Tra i vari disegni di legge presentati alle Commissioni parlamentari, e discussi poi alle
Camere, si prevedeva anche l’introduzione – in taluni casi attraverso una esplicita
2
Maurizio Fioravanti, Costituzionalismo, Bari, Laterza, 2009, pag. 149.
3
Idem, pag. 150.
4
Idem, pag. 155.
5
Ibidem.
3
enunciazione, in altri ricorrendo ad un riferimento implicito – del principio di equità
intergenerazionale.
Tale principio contempla esigenze di eguaglianza sostanziale e di tutela di diritti
fondamentali, garantendo che le azioni intraprese in un preciso periodo storico non
comportino oneri il cui peso dovrà poi essere (ingiustamente) sopportato dalle
generazioni future. Si tratta, in altre parole, di un richiamo al concetto di sostenibilità
che, di per sé, ha una rilevanza trasversale, non riguardando solo gli equilibri delle
finanze pubbliche, quanto piuttosto una molteplicità di ambiti fondamentali, quali ad
es., ambiente, energia salute, tutela del lavoratore, prestazioni previdenziali e
assistenziali
6
.
Si tratta di “esigenze la cui salvaguardia - a fronte della obiettiva attitudine di
determinate scelte politiche delle generazioni attuali a cagionare ai danni delle
generazioni future pregiudizi non rimediabili, ovvero rimediabili soltanto in virtù di
sforzi che superano l’ordinaria e ragionevole esigibilità o che sono sproporzionati
rispetto ai vantaggi arrecati - non appare più poter essere intesa in modo esclusivamente
contestuale, dovendo piuttosto essere interpretata in modo altrettanto diacronico, al fine
di conferire adeguata rilevanza giuridica attuale alla proiezione temporale dei futuri
effetti che le decisioni odierne avranno sui soggetti che si troveranno a subirne le
conseguenze.”
7
L’equità intergenerazionale ha come obiettivo fondamentale “una redistribuzione del
carico finanziario maggiormente in linea con i fondamentali canoni economici della
corrispondenza temporale (e dunque generazionale) tra sopportazione del peso e
godimento dei benefici”
8
.
Il principio di equità intergenerazionale non è una novità assoluta, in quanto costituisce
uno dei cardini del pensiero liberale. Il dissesto delle finanze statali, soprattutto con
riferimento a debiti pubblici che hanno oramai oltrepassato ampiamente la tripla cifra,
ha rispolverato queste logiche dando luogo a numerosi movimenti di contestazione, dei
quali “Occupy Wall Street” costituisce un esempio. Si tratta, in gran parte, di proteste da
parte delle generazioni attuali, oppresse dall’incertezza di un’occupazione, dalla remota
6
Daniela Morgante, La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, Federalismi, 2012, pag. 4
7
Ibidem.
8
Idem, pag. 40.
4
eventualità dei benefici della pensione e dallo spettro di incombenti e minacciosi
cambiamenti climatici.
Il costituzionalismo moderno, allora, ha considerato la dimensione del futuro come
dimensione temporale che impone responsabilità già nel presente; il costituzionalismo
moderno deve, di conseguenza contemplare il diritto delle generazioni future a vivere in
un contesto non compromesso dalle azioni compiute in precedenza, assicurando, di
fatto, la libertà delle generazioni a venire nei confronti di quelle passate. Per mantenere
questo impegno, si prevede una maggiore partecipazione da parte dei giovani
all’amministrazione pubblica, in modo tale da fornire un contributo alla definizione
delle linee politiche che tenga conto anche delle loro necessità.
La riforma costituzionale del 2012 ha cristallizzato però il solo principio della
sostenibilità delle finanze statali che, comunque, latamente richiama quello dell’equità
intergenerazionale. “La ragione che può ritenersi alla base di queste revisioni
costituzionali è quella di evitare che, come spesso purtroppo è accaduto in passato, la
natura a più livelli del nostro assetto istituzionale determini la dissoluzione della
responsabilità politica, posto che ogni livello istituzionale tende a riversare sugli altri la
responsabilità delle misure meno popolari, mentre cerca di trarre il massimo vantaggio
possibile, ovviamente nel breve periodo, dai margini di azione ad esso rimessi.”
9
Il principio di equità intergenerazionale, comunque, non è di così immediata
applicazione e pone una serie di ulteriori interrogativi che è necessario affrontare per
evitare di creare ulteriori problemi.
Il costituzionalismo moderno nasce dunque da uno stato di crisi generale che interessa
in particolar modo il diritto. Nel corso degli ultimi anni l’attenzione degli studiosi e, di
conseguenza, anche dell’opinione pubblica, si è concentrata attorno ai problemi della
disuguaglianza, del fallimento delle forme redistributive dei redditi, del perdurante alto
livello di disoccupazione. Si tratta, insomma, di impegni presi a livello costituzionale
(dunque sanciti in maniera solenne), ma che non sono stati conseguiti affatto.
9
Nicola Lupo, Costituzione europea, pareggio di bilancio ed equità tra le generazioni. Notazioni sparse.
Amministrazione in cammino, 2012.
5
Governance
Alle recenti riforme costituzionali, in particolar modo per quanto riguarda
l’introduzione del principio dell’equilibrio di bilancio, si è giunti a seguito di forti
pressioni provenienti dagli ambienti internazionali. Si può affermare con ragionevole
obiettività che questo sia anche il prodotto di una mutazione dell’attività di governo che
non è più intesa come government, bensì come governance. Nel primo caso, ci si
riferisce sostanzialmente all’attività di governo pubblico, in cui lo Stato è l’assoluto ed
indiscusso protagonista di ogni decisione pubblica e di ogni procedimento legislativo.
“All’origine del concetto di governance vi è la nuova relazione tra Stato e società che
può essere ricondotta, sul piano interno, alla crisi fiscale dello Stato e ai multiformi
processi di privatizzazione economica e, sul piano internazionale, alle conseguenze
della globalizzazione per la sovranità nazionale”.
10
Il sostantivo governance, dunque, sta ad indicare “un’idea di co-governo che destruttura
le vecchie modalità di formazione delle norme, introducendo dei meccanismi
contrattuali nella definizione delle linee da adottare.”
11
Inoltre, proprio nella definizione
delle linee da adottare, si segnala il coinvolgimento di una serie di attori – istituzionali e
non – che prima ne erano estranei, come gli attori privati, ma soprattutto le
organizzazioni internazionali. Nel novero di questi ultimi rientra primariamente, per
quanto riguarda gli Stati europei naturalmente, l’Unione Europea, fondata – tra gli altri
– proprio dall’Italia nel 1957. Nella gerarchia delle fonti del diritto dell’ordinamento
giuridico italiano, gli atti legislativi promulgati in sede europea sono sovraordinati
rispetto alla legislazione ordinaria, fatti salvi – naturalmente – i controlimiti
costituzionali
12
.
Con la crisi dei mutui subprime del 2007-2008 molti Stati si sono trovati ad affrontare
situazioni molto complesse, caratterizzate da un forte squilibrio dei conti pubblici, così
come della bilancia commerciale; debiti pubblici cresciuti vertiginosamente; recessioni
10
Bruni, Franco (a cura di), L’evoluzione della governance economica alla luce della crisi e l’impatto
sulle relazioni internazionali, ISPI e Università Commerciale Luigi Bocconi, 2010, pag. 46.
11
Intervento della prof.ssa Maria Rosaria Ferrarese al Convegno “Crisi economica e trasformazione della
dimensione giuridica” organizzato dalla fondazione CESIFIN a Firenze il 15 marzo 2012.
12
Secondo la sentenza n. 48 del 12 giugno del 1979 della Corte Costituzionale, le “norme di diritto
internazionale generalmente riconosciute che venissero ad esistenza dopo l’entrata in vigore della
Costituzione […] il meccanismo di adeguamento automatico dell’art. 10 della Costituzione non potrà in
alcun modo consentire la violazione dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale”.
6
molto profonde. Per alcuni di essi, l’unica via disponibile è stata il ricorso ai prestiti da
parte delle istituzioni internazionali (Fondo Monetario Internazionale su tutte).
Si tratta, tuttavia, di prestiti condizionati dall’adozione di una serie di misure richieste
dalle suddette istituzioni. Più che crisi dello Stato, allora, si rileva piuttosto uno
squilibrio di potere tra Stati e organizzazioni internazionali circoscritto, forse, alla
particolare epoca storica. “Si sta sperimentando un governo di sostituti costituzionali,
ossia il governo di istituzioni quali le agenzie di rating, la Banca Mondiale, Il FMI,
prive di legittimazione politica.”
13
Le recenti revisioni costituzionali, in definitiva, rivelano la crescente forza della
governance europea. In concomitanza al vigore di quest’ultima, si segnala invece la
crisi del modello democratico, “svuotato nelle procedure e nei contenuti”. “Questa
debolezza è attribuita proprio all’impossibilità per le democrazie, di esprimersi con gli
strumenti che le connotano tradizionalmente: le deliberazioni della maggioranza del
corpo elettorale non contribuiscono più a risolvere le questioni fondamentali della
collettività; le decisioni economiche, per le quali non è richiesto nessun tasso di
democraticità, prevalgono e svuotano di contenuto e significato i sistemi democratici”
14
.
Questo, probabilmente, è il prodotto del mutamento intercorso nella nozione di crisi, cui
ha indiscutibilmente contribuito l’11 settembre. La crisi non è più intesa come una fase
di passaggio e di cambiamento, caratterizzata da movimenti tellurici che poi si assestano
in un nuovo terreno; bensì viene ad indicare una perdurante fase emergenziale, in cui i
concetti di sicurezza ed emergenza sono “sempre più spesso evocati per legittimare la
sospensione dei diritti e delle procedure democratiche”
15
. Tale assioma viene
comprovato anche dal fatto che talune modifiche costituzionali, dunque destinate ad una
durata non di certo breve, sono state adottate (come nel caso dell’Italia) da un Governo
tecnico.
Questa concitata fase di passaggio è caratterizzata dalla “fluidità dei rapporti giuridici
ed economici, riconducibili alla soft law, negando o ignorando l’esistenza di un ordine
giuridico del mercato”. Quest’ultimo viene sostituito da un ordine naturale del mercato,
di per se stesso incompatibile con l’essenza del costituzionalismo: quella di porre limiti
13
Intervento della prof. Vittorio Olgiati al Convegno “Crisi economica e trasformazione della
dimensione giuridica” organizzato dalla fondazione CESIFIN a Firenze il 15 marzo 2012.
14
Ines Ciolli, I diritti sociali al tempo della crisi economica, Fascicoli Costituzionalismo, 2012, pag. 3.
15
Ibidem.
7
al potere, sia esso economico o giuridico. In questi meandri, allora, si viene a creare un
nuovo costituzionalismo: ‹‹il costituzionalismo globale e transnazionale››, che si
concretizza in “una forma spuria di un vecchio ordine giuridico che trascende lo Stato e
riconosce una sovranità territoriale di stampo medioevale, ove non trova posto né
l’originarietà, né l’esclusività che contraddistinguono la sovranità delle istituzioni statali
nelle quali si è affermata la limitazione del potere sovrano.”
16
Il costituzionalismo globale vede come protagonisti del momento costituzionale non più
gli Stati, ma le organizzazioni internazionali o sovranazionali, caratterizzate da forme di
partecipazione imperfette, creando “un ossimoro tra queste nuove forme e la
democrazia”
17
.
Organizzazione del presente lavoro
Il lavoro che qui si intende proporre ha preso le mosse dalla recente ‹‹crisi dei debiti
sovrani›› scatenatasi in Europa nel 2010. L’esplosione dei debiti pubblici nazionali ha
spinto le istituzioni europee a procedere, inizialmente, ad un rafforzamento del Patto di
stabilità e crescita, per poi adottare una serie di nuove misure per contrastare il suddetto
fenomeno.
Questa serie di interventi è culminata nell’introduzione, negli ordinamenti giuridici di
alcuni degli Stati membri, di regole che prevedono il perseguimento dell’equilibrio di
bilancio in modo tale da cristallizzare il principio della responsabilità fiscale. La forma
che tali regole hanno assunto è stata quella della costituzionalizzazione, in grado di
conferire una forma ‹‹solenne›› agli impegni presi. La Germania ha dato l’esempio nel
2009 ed è stata subito dopo seguita da Italia, Spagna e Francia.
In questa sede, ci si occupa della riforma costituzionale che ha interessato l’Italia nel
2012 e che ha portato alla riscrittura di quattro articoli della Costituzione,
concentrandosi in modo particolare sull’81 (Il Bilancio dello Stato).
Il percorso seguito è quello di un excursus storico che parte dalla genesi delle norme
costituzionali in materia di finanza pubblica. In particolare, verranno analizzati i
resoconti dei dibattiti svoltisi in sede di sottocommissioni che si sono occupate della
stesura del testo; e di Assemblea costituente, dove invece si è discusso dello stesso.
16
Idem, pag. 4.
17
Ibidem.
8
Ricostruire il terreno storico-politico sul quale sono sorti i precetti costituzionali è
necessario per poter attribuire agli stessi il significato originale e voluto dai padri
costituenti.
Si tenterà, altresì, di gettare uno sguardo ricognitivo in merito al ruolo attribuito allo
Stato da parte delle principali teorie economiche, in modo tale di individuare le
influenze filosofico-dottrinali che si sono dispiegate nel corso delle contemporanee
epoche storiche. Dietro a una precisa scelta in materia di finanza pubblica, infatti, si cela
un’idea che gravita nell’orbita di un pensiero economico ben individuabile. E così che,
di sovente, si viene a contrapporre lo Stato keynesiano a quello liberale (o, in seguito,
neoliberale) con il conseguente diverso ruolo che gli stessi svolgono nell’economia.
Per un maggiore livello di comprensione dei fenomeni, si mostrerà in maniera
schematica, e sicuramente incompleta, l’evoluzione del debito pubblico italiano,
palesando potenziali cause soprattutto nei periodi di maggiore crisi.
Per cogliere la ratio di una riforma costituzionale è opportuno anche volgere ad
esaminare la vita materiale che ha interessato l’art. 81 della Costituzione. Questo
comporta la necessità di analizzare le leggi di contabilità nazionale che fungono da
compendio alle disposizioni costituzionali, cercando poi di individuare storture,
forzature interpretative e disapplicazioni del dettato previsto dalla Costituzione.
Si analizzerà, poi, il ruolo svolto dagli istituti di garanzia costituzionale, disvelando la
via tracciata dai rinvii presidenziali delle leggi e, soprattutto, delle sentenze della Corte
costituzionale. Queste ultime costituiscono uno strumento molto importante che assolve
alle seguenti funzioni: colmare eventuali lacune del disposto costituzionale; gettare luce
su aspetti controversi; integrare il testo della legge fondamentale; dissipare ogni
eventuale dubbio interpretativo.
In ultimo luogo, si passerà alla disamina della riforma costituzionale del 2012 in tutte le
fasi del suo iter. I resoconti dei lavori delle Commissioni parlamentari permetteranno di
descrivere i vari disegni di legge, individuando i punti in comune e le difformità
esistenti tra gli stessi. Verranno riportati i principali emendamenti presentati al progetto
di legge adottato come testo base per poi occuparsi del dibattito posto in essere nelle
assemblee di Camera e Senato. Infine, si cercherà di interpretare gli articoli che
costituiscono la legge costituzionale, focalizzando eventuali lacune o formulazioni poco
chiare.
9
In definitiva, l’obiettivo fondamentale è quello di cogliere i motivi che hanno portato
all’adozione di una riforma che, sebbene circoscritta alla riformulazione di pochi articoli
(quattro), ha in realtà delle ripercussioni ben profonde che incidono addirittura sulla
forma di Stato, ponendo interrogativi riguardo alla compatibilità della stessa con i valori
sanciti dalla costituzione repubblicana.
Ci si rende conto che il tema è molto complesso, con implicazioni molto profonde.
L’intento, tuttavia, è quello di sviluppare una panoramica generale, dunque sicuramente
perfettibile, in cui si toccano ad ampio spettro gli aspetti centrali del problema, cercando
di cogliere lo sfondo, altrettanto generale, da cui procedere poi per un successivo,
futuro, approfondimento.
11
CAPITOLO 1
LE ORIGINI DELL’ART.81: PRECEDENTI STORICI E DIBATTITO IN
ASSEMBLEA COSTITUENTE
1.1. Contesto storico. 1.2. L’art. 81: premesse. 1.3. L’art. 81 nei lavori della Costituente. Seduta della
Seconda sottocommissione del 24 ottobre 1946. 1.4. Seduta della Seconda sottocommissione del 21
dicembre 1946. 1.5. Seduta dell’Assemblea Costituente del 17 ottobre 1947. 1.6. Conclusioni.
1.1. Contesto storico
Lo Stato repubblicano sorse, com’è noto, con la Carta Costituzionale del 1948. Essa fu
il prodotto della sintesi, o meglio del compromesso, di alcune tradizionali correnti
politico-culturali come quella marxista, quella cattolica-solidarista e quella liberale.
L’influenza che queste ideologie ha avuto sulla stesura del testo costituzionale è ancora
più rilevante se si pensa che esse restarono soffocate dall’autoritarismo fascista durante
il suo governo ventennale. A sortire da questo incontro dialettico è una costituzione che,
pur contemplando importanti enunciazioni di valori propriamente liberali e legittimando
le istituzioni tipiche di un modello di sviluppo capitalista, delinea tra i compiti
fondamentali dello Stato quello di orientare l’iniziativa privata verso fini sociali
1
.
Fu giocoforza scegliere questo indirizzo di carattere spiccatamente sociale a causa della
tragica situazione in cui l’Italia versava in quel preciso periodo storico. Si trattava,
infatti, di un paese che usciva dal secondo conflitto mondiale con le ossa rotte e che si
trovava a dover imbastire le linee guida di un’azione istituzionale volta ad eliminare, o
forse meglio ridurre, i problemi e le contraddizioni che affiggevano la nazione, alcune
delle quali si erano manifestate già prima delle devastanti guerre
2
.
I danni ingenti, riportati dal paese, erano sostanzialmente riconducibili a: massicce
distruzioni in agricoltura, in aggiunta a quelle riportate dal patrimonio edilizio ed
infrastrutturale; quasi-disintegrazione della marina mercantile; disoccupazione e
1
G. Bognetti, Costituzione e Bilancio dello Stato. Il problema delle spese in deficit in Forum quaderni
costituzionali, 1° giugno 2011.
2
Ibidem.
12
sottoccupazione; sovrappopolazione delle aree rurali; conseguenti enormi difficoltà
nell’approvvigionamento energetico. Si trattava di perdite molto importanti, in
particolar modo per un paese dalle impervie vie di comunicazione e dipendente – in
larga parte – dal mare per il reperimento delle materie prime
3
.
A destare ancor maggiore preoccupazione era l’annosa, quanto irrisolta, questione
meridionale. I divari di sviluppo presenti tra il sud e il nord restavano vivi e più
accentuati che mai. L’Italia meridionale presentava un’economia debole ed arretrata,
caratterizzata dalla preponderanza del settore agricolo-commerciale a discapito di quello
industriale; relazioni sociali precarie; uno squilibrio impressionante nell’uso di energia
elettrica rispetto alla maggior parte del più florido nord (il nord-est, infatti, fronteggiava
una situazione più problematica, quasi vicina a quella del meridione)
4
.
Dal punto di vista culturale, invece, si rilevava un’affermazione dei partiti politici di
massa (Democrazia cristiana, Partito socialista e Partito comunista) che si
contraddistinguevano per una differenza di visioni rispetto al vecchio ordinamento
liberale. La Resistenza veniva concepita alla stregua di un secondo Risorgimento: essa
era stata lo strumento con cui affermare, dopo la fine del conflitto, tutte quelle
guarentigie costituzionali e quelle libertà politiche che il vecchio Stato liberale aveva
circoscritto alle sole élites borghesi, ma che avevano finito poi per estendersi –
inevitabilmente – a quasi tutta la collettività nazionale
5
.
In un simile scenario, diventa allora comprensibile la necessità di uno Stato attivo
sull’economia nazionale che si impegni – anche tramite l’IRI, nonostante la sua
immagine fosse stata macchiata dal coinvolgimento nella politica economica fascista –
di riconvertire l’industria bellica, di ripristinare l’apparato mercantile e tutte le
infrastrutture, di fornire la copertura elettrica per l’intera penisola.
La differenza tra il neo-nascente Stato repubblicano e lo Stato corporativo fascista era,
però, sostanziale: lo spiccato interventismo statale del primo contemplava,
naturalmente, esigenze proprie di un regime autoritario: tutto era rimesso alla volontà, o
nella maggior parte dei casi ai capricci, del capo supremo; il ruolo del secondo, invece,
era quello che era stato delineato con le parole di Togliatti in sede di Prima
sottocommissione per la stesura del testo costituzionale “per garantire i nuovi diritti
3
Ranieri, Lo Stato italiano e la sua dirigenza economica (1944-1952), Paper.
4
Guido Pescosolido, La questione meridionale in Enciclopedia del Novecento.
5
Carlo Ghisalberti, Storia costituzionale d’Italia 1848-1948, Bari, Biblioteca Universale Laterza 1992.
13
sociali occorre un controllo pubblico dell’economia attraverso la predisposizione di un
piano economico
6
”.
Fu proprio questo marcato protagonismo dello Stato nell’economia a far sentire la viva
esigenza, nei padri costituenti, di porre dei limiti allo stesso; limiti che vennero
declinati, e cristallizzati, nell’art. 81 della Costituzione. Questo articolo, d’importanza
fondamentale, sancisce il principio del tendenziale
7
pareggio di bilancio, enunciazione
di carattere prettamente liberale posta come reale garanzia quale freno nei confronti di
una spesa pubblica che si prevedeva, per le ragioni precedentemente illustrate, molto
ampia.
1.2. L’art. 81: Premesse
L’Assemblea Costituente fu eletta il 2 giugno del 1946 e la prima seduta è datata 25
giugno dello stesso anno. Il 15 luglio del 1946 l’Assemblea delibera l’istituzione della
Commissione per la Costituzione, composta da 75 deputati e, in virtù di ciò, chiamata
‹‹Commissione dei 75››. A quest’ultima venne conferito il compito di elaborare e
proporre il progetto di Costituzione.
La Commissione dei 75 decise di suddividersi in tre sottocommissioni deferendo alle
stesse, successivamente, un argomento di cui occuparsi: diritti e doveri dei cittadini alla
Prima sottocommissione; organizzazione costituzionale dello Stato alla Seconda;
lineamenti economici e sociali alla Terza.
È opportuno precisare, sin da subito, che all’art. 81 – in sede di Costituente – è stato
riservato un dibattito, se non scarno, quanto meno poco approfondito. L’articolo fu
infatti discusso e approvato molto rapidamente, lasciando a margine alcune delle
questioni che riguardavano lo stesso
8
. Tuttavia questo non sembra inficiare la generale
coerenza della formulazione dell’articolo.
6
Resoconti stenografici della Camera, seduta della prima sottocommissione del 3 ottobre 1946.
7
Con il termine “tendenziale” si vuole significare che l’obiettivo è quello di mirare al pareggio di
bilancio, ma che, comunque, ci possono essere delle particolari circostanze per le quali il raggiungimento
di tale obiettivo viene subordinato alla risoluzione di determinati problemi. In caso di calamità naturali,
guerre – come peraltro rilevato dal Perassi in Seconda sottocommissione – o anche in presenza di
investimenti straordinari da parte dello Stato, si rivelerà più difficoltoso ottenere il pareggio di bilancio,
ma questa mancata ottemperanza sarà comunque giustificabile alla luce delle particolari e, soprattutto,
congiunturali, circostanze.
8
Contributo all’interpretazione dell’art. 81 della Costituzione, Camera dei deputati
(http://documenti.camera.it/bpr/218_testo.pdf)
14
Al tema, però, vi si era dedicata la Commissione economica, nominata dal Ministero per
la Costituente. Il Ministero per la Costituente fu attuato con il d.l. 31 luglio 1945, n.435,
il quale affidava allo stesso tre compiti principali: la preparazione della legge elettorale
politica; la preparazione della convocazione dell’Assemblea Costituente; la raccolta
della documentazione italiana e straniera necessaria per lo studio della nuova
Costituzione
9
. Per assolvere tali compiti, l’art. 5 dello stesso d.l. prevedeva l’istituzione,
oltre che di una Commissione per l’elaborazione della legge elettorale e politica, anche
di una serie di altre commissioni.
Il 29 ottobre del 1945 fu insediata la Commissione economica presieduta dal prof.
Giovanni Demaria, noto economista. La Commissione fu a sua volta ripartita in cinque
sottocommissioni: agricoltura, industria, credito e assicurazione; problemi monetari;
finanza.
Quest’ultima sottocommissione si occupò dei problemi della finanza in sede di esame
del problema dell’iniziativa legislativa in materia finanziaria.
E fu proprio sulla medesima questione che si concentrò, quantomeno inizialmente,
l’attenzione dei costituenti. Bisogna altresì rilevare che a costituire – in larga parte –
oggetto della presente analisi sarà il comma IV dell’art.81, quello più controverso e che
pone maggiori interrogativi, gli altri tre commi attenendo più alla natura formalistica e
procedurale dell’attività finanziaria dello Stato.
Le sedute della Seconda sottocommissione che si dedicarono maggiormente all’articolo
81 furono quella del 24 ottobre del 1946 e del 21 dicembre dello stesso anno, mentre
l’Assemblea Costituente vi si impegnò il 17 ottobre del 1947. Una disamina delle tre
sedute è necessaria per riuscire a cogliere la portata precettistica e il sostrato politico,
economico, sociale e culturale dell’articolo in questione.
1.3. L’art. 81 nei lavori della Costituente: seduta della Seconda sottocommissione
del 24 ottobre 1946
Nella seduta della Seconda sottocommissione del 24 ottobre 1946 si discusse, infatti, in
merito all’iniziativa legislativa, ponendosi due quesiti: a chi spetta e se deve subire
qualche limitazione. Il relatore fu Costantino Mortati, giurista e costituzionalista, il
9
Archivio centrale dello Stato (http://search.acs.beniculturali.it/OpacACS/guida/IT-ACS-AS0001-
0000614)
15
quale segnala – relativamente al secondo dei due quesiti – l’eventualità di circoscrivere
l’iniziativa alla sola prima Camera. All’obiezione di Gustavo Fabbri (appartenente al
Gruppo Parlamentare Misto) che riteneva il principio dell’eguaglianza di poteri delle
due camere come valido per ogni questione, risponde Luigi Einaudi, precisando che si
doveva accordare piuttosto una priorità alla Camera nell’esame delle leggi finanziarie.
Questo perché, come spiegato da Einaudi nella prosecuzione del suo intervento, un
tempo il principe si vedeva costretto a chiedere ai contribuenti le somme occorrenti
all’erario tramite i loro rappresentanti nella camera bassa, che quindi rispondevano
direttamente al popolo. La seconda camera, però, era mutata in maniera sostanziale non
essendo più – come avveniva con lo Statuto albertino – una camera vitalizia di nomina
regia, ma era anch’essa elettiva (anche se su base regionale)
10
. Dunque su questa base si
può spiegare la ratio della priorità per la camera bassa. Questo rappresenta un retaggio
storico molto importante, poiché la prima camera – per antonomasia – ottempera alla
rappresentanza politica, mentre la seconda contempla istanze diverse e, sostanzialmente,
un’altra idea di rappresentanza. Per trovare un precedente storico a questa visione,
nell’art. 10 dello Statuto albertino si prescriveva che ogni legge di imposizione di tributi
o di approvazione di bilanci e dei conti dello Stato fosse presentata in prima lettura alla
Camera dei deputati, secondo il principio “no taxation without representation
11
”.
Einaudi, però, va oltre evidenziando l’opportunità di limitare al Governo l’iniziativa in
materia di bilancio, negandola ai membri delle camere. Secondo Einaudi, i rapporti tra
Parlamento e Governo in materia di bilancio si erano capovolti e, nel corso degli anni, i
deputati – per consolidare il proprio consenso elettorale – avevano proposto spese senza
valutare la loro effettiva sostenibilità finanziaria. Emerge, così, la preoccupazione di
Einaudi per il clientelismo, e forse anche per la corruzione. Il costituente piemontese
propone allora due alternative: o la negazione delle proposte di spesa per i deputati,
oppure di accompagnare le stesse con la proposta correlativa di entrata a copertura della
spesa
12
. Questo è un punto fondamentale poiché, oltre ad interessare i rapporti tra
Governo e Parlamento, riflette uno dei postulati essenziali dell’ideologia politica
liberale, ossia il principio del pareggio di bilancio. Lo stesso Einaudi più tardi, in una
10
Resoconti stenografici della Camera, Seduta della Seconda sottocommissione, 24 ottobre 1946. Il
futuro art. 57 della Costituzione avrebbe sancito l’elezione del Senato su base regionale e
proporzionalmente al numero della popolazione presente in ogni regione.
11
Crisafulli – Paladin, Commentario breve alla Costituzione, Padova, CEDAM, p. 500.
12
Resoconti stenografici della Camera, Seduta della Seconda sottocommissione, 24 ottobre 1946.
16
sua dichiarazione, descrisse quest’ultimo come “baluardo rigoroso ed efficace voluto
dal legislatore costituente allo scopo di impedire che si facciano maggiori spese alla
leggera, senza prima aver provveduto alle relative entrate
13
”.
Mortati, però, aveva già predisposto il seguente articolo: “I progetti i quali importino
oneri finanziari non potranno essere presi in esame ove non siano accompagnati dalla
proposta relativa ai mezzi necessari per coprire la spesa”
14
.
Questa norma, come rilevato da Ezio Vanoni nella stessa riunione della Seconda
sottocommissione – rispondendo alle obiezioni dell’onorevole Renzo Laconi del PCI,
secondo il quale, mediante la stessa, ogni proposta di spesa si sarebbe trasformata in un
complesso piano finanziario – si rinveniva già nella legge di contabilità esistente. Il
Regio Decreto del 18 novembre 1923
15
, all’art. 43 prevedeva, infatti, che “nelle
proposte di nuove e maggiori spese occorrenti dopo l’approvazione del bilancio devono
essere indicati i mezzi per far fronte alle spese stesse”. Vanoni, democristiano, ma
d’origini vivamente socialiste – dunque sicuramente non un liberale – dichiarava il
principio di bilancio come una preoccupazione che doveva essere costante per il
Governo, facendo salvo il postulato dell’eguaglianza di poteri, in materia di iniziativa
finanziaria, per le due Camere
16
.
Dal dibattito nasce una formula concordata tra gli onorevoli Vanoni e Mortati, alla quale
aderisce anche Einaudi; formula che poi andrà a costituire, con qualche lieve differenza
sintattica e lessicale, il comma IV dell’art. 81.
“Le leggi le quali importino maggiori oneri finanziari devono provvedere ai mezzi necessari per
fronteggiarli”.
Così i costituenti risolsero il problema che era stato posto dalla Commissione
economica, la quale aveva concluso i suoi lavori sottolineando la necessità di
prescrivere nella Carta Costituzionale che “le nuove o maggiori spese debbono essere
13
Frase riportata dall’articolo internet “Tra vecchi e nuovi principi: il pareggio di bilancio in
Costituzione” apparso sul sito www.youtrend.it.
14
Ibidem.
15
Il R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 riguardava le nuove disposizioni sull’amministrazione del
patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato.
16
Resoconti Stenografici della Camera, Seconda sottocommissione, seduta del 24 ottobre 1946.