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PREMESSA
La vastità e la complessità del problema dei siti contaminati, e le sue interferenze
con la salute umana e gli ecosistemi naturali, sono emerse negli ultimi 30 anni nei
paesi industrializzati. Per primi gli Stati Uniti, dopo il famoso caso del Love Canal
(1978), intrapresero le azioni necessarie a conoscere e risolvere gli aspetti e le
conseguenze di tale fenomeno e, attraverso il CERCLA, istituirono il Superfund, un
programma che doveva gestire in maniera integrata la problematica della bonifica
dei siti inquinati. In Europa si è arrivati a comprendere l’importanza del fenomeno
quasi 10 anni piø tardi, e in Italia verso la fine degli anni 80, è sorta l’esigenza di
mettere appunto una programmazione degli interventi di bonifica ritenuti necessari
in vari parti del territorio nazionale, abbandonando la <<logica dell’emergenza>> e
riconoscendo che la contaminazione ambientale si configurava non piø come un
fenomeno episodico legato ad eventi incidentali, ma piuttosto come un vero e
proprio problema diffuso e a carattere strutturale. In particolare l’inquinamento del
suolo può essere associato alla presenza di sostanze in grado di indurre una tossicità
potenziale nei confronti delle biocenosi (tossici ambientali), ovvero di modificare le
caratteristiche proprie dell’ambiente abiotico. Tuttavia, a dispetto dell’apparente
semplicità nella definizione di suolo contaminato, si pongono delle serie difficoltà
nella sua valutazione quantitativa, finalizzata ad esempio, alla progettazione di
interventi di risanamento. Tali difficoltà sono innanzitutto legate al fatto che nel
suolo coesistono diverse matrici ambientali (fase solida, liquida ed aeriforme), nelle
quali gli inquinanti possono concentrarsi e tra le quali possono ripartirsi.
In tale contesto si è deciso di eseguire un lavoro di tesi che affrontasse un piano di
bonifica per l’ex discarica comunale - codice sito CSPI 2016C001 – in località Mar
Dei Grilli, già inserita nel “Censimento dei Siti Potenzialmente Inquinati” del Piano
regionale di Bonifica, secondo il Decreto Dirigenziale n. 911 del 07/11/2006
pubblicato sul B.U.R.C. n. 58 del 18/12/2006. Preliminarmente, in questo lavoro
sono stati analizzati gli aspetti fondamentali inerenti le procedure di bonifica
ambientale, tenendo conto delle principali normative vigenti e dei diversi metodi di
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bonifica. Successivamente, si è proceduto alla raccolta dei dati abiotici e biotici
dell’area, nonchØ di quelli riguardanti l’attuale inquinamento dell’area rilevati
dall’analisi di laboratorio di campioni prelevati nel sito. Ciò ha consentito di
redigere il Piano di Caratterizzazione del sito con l’ausilio di un Sistema
Informativo Territoriale. Questo strumento di gestione dei dati permette, a partire da
una localizzazione geografica o da un ambito politico amministrativo prescelto, di:
• accedere ad una visione simultanea e riassuntiva di tutti i dati connessi al
luogo;
• di comparare speditamente, sotto forma di mappe tematiche, grafici e tabelle,
tutti i dati presi in esame
• di produrre output diversificati (mappe tematiche, grafici e tabelle,
informazioni web).
Definita, quindi, la sorgente di contaminazione e i percorsi di migrazione degli
inquinanti, è stata sviluppata l’analisi di rischio, che è attualmente considerato il
procedimento piø avanzato per supportare le decisioni nella gestione dei siti
contaminati. Esso consente, infatti, di valutare, in via quantitativa, i rischi per la
salute umana connessi alla presenza di inquinanti nelle matrici ambientali.
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CAPITOLO 1-PREMESSE GENERALI
1.1 LA BONIFICA DEI SITI INQUINATI
L’identificazione, la caratterizzazione ed il recupero di aree contaminate
costituiscono oggi un problema ambientale di prioritaria importanza, sia al livello
europeo che a livello nazionale. Nei maggiori paesi industrializzati il problema dei
terreni contaminati si è evidenziato in tutta la sua gravità alla fine degli anni
Settanta quando, a fronte di un diffuso risveglio della coscienza ambientale, si sono
manifestati numerosi casi di grave inquinamento. Con il termine bonifica dei siti
contaminati si intende l'insieme degli interventi atti a ridurre le concentrazioni delle
sostanze inquinanti nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque sotterranee o nelle acque
superficiali a valori di concentrazione superiori ai valori di concentrazione limite
accettabili, stabiliti per la destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici,
qualora i suddetti valori di concentrazione limite accettabili non possano essere
raggiunti neppure con l'applicazione, secondo i principi della normativa
comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili. In tali casi per
l'uso del sito devono essere previste apposite misure di sicurezza, piani di
monitoraggio e controllo ed eventuali limitazioni rispetto alle previsioni degli
strumenti urbanistici. I valori di concentrazione residui di sostanze inquinanti
devono comunque essere tali da garantire la tutela della salute pubblica e la
protezione dell'ambiente naturale o costruito.” La prima opera di bonifica di un sito
contaminato è stata realizzata negli Stati Uniti agli inizi degli anni 80. Essa fu
effettuata in base a uno studio ambientale sulla pericolosità del Love Canal;
quest’opera alla fine del 19esimo secolo fu concepita come fonte di energia
idroelettrica, situata nei pressi delle cascate del Niagara. Non essendo mai stata
realizzata, la genialità dell'uomo l'ha riadattata come enorme discarica di rifiuti.
Fu infatti per circa un decennio
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teatro di stoccaggio di 21.000 tonnellate di prodotti e rifiuti chimici, compresi
clorurati e diossine. Alla fine degli anni 70 le pubbliche autorità, in seguito a studi
sanitari e ambientali, si accorsero degli enormi danni provocati dalla discarica
sull’ambiente e sull’uomo, stimando le probabilità di contrarre il cancro da parte dei
residenti di 1/10. Da qui la necessita di gestire in maniera integrata la problematica
della bonifica dei siti contaminati. Successivamente in Europa vennero elaborate
diversi regolamenti di cui ricordiamo il “ Soil Preotection, act. 1987. “ In Italia
infine il problema venne affrontato alla fine degli anni 80 attraverso il DM del
16/5/1989, successivo alla L.441/87,che delegava alle Regioni il compito di censire
i siti contaminati, e potenzialmente tali, presenti sul proprio territorio e di decidere
sulle priorità degli interventi di risanamento a breve e medio termine attraverso la
predisposizione dei Piani Regionali di Bonifica. Tali interventi devono includere:
• individuazione e caratterizzazione delle fonti di inquinamento;
• rimozione o confinamento della sorgente, finalizzato a limitare la dispersione
nell’ambiente dei contaminati;
• applicazione di processi chimici, fisici o biologici o di una opportuna
combinazione di essi.
I S T R U T T O R I A
Regione
• Approva il progetto di bonifica se il
sito interessa il territorio di più
comuni e autorizza la realizzazione
degli interventi previsti
• Predispone e aggiorna l’anagrafe
dei siti da bonificare ed il piano
regionale delle bonifiche
ARPA
Fornisce supporto tecnico-scientifico ai
livelli istituzionali competenti
nell’ambito dei controlli e delle analisi.
Provincia
• Controlli
• Certifica l’avvenuta
bonifica del sito.
Comune
• Approva il progetto di
bonifica nell’ambito
comunale e autorizza la
realizzazione degli interventi
previsti.
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Esistono numerosi processi teoricamente applicabili al fine della decontaminazione
di un suolo e la scelta della migliore strategia non è sempre scontata, ma deve,
piuttosto, essere valutata in funzione delle caratteristiche dello specifico
contaminante e del sito in cui questo è presente. I processi in genere possono essere
classificati in funzione del luogo in cui vengono applicati in:
• processi ex situ: nei quali il trattamento della matrice ambientale contaminata
(aria, acqua o suolo) avviene in un ambiente diverso da quello naturale. Tali
processi sono ulteriormente classificati a seconda che il trattamento avvenga in
prossimità del luogo di origine della matrice contaminata (on site) o preveda il
trasporto verso un sito di trattamento esterno (off site)
• processi in situ: nei quali il recupero della specifica matrice contaminata ha luogo
nella sua sede geologica.
Tendenzialmente i primi sono caratterizzati da una maggiore flessibilità nella fase di
controllo e gestione del processo alla base della decontaminazione, ma producono
un impatto ambientale maggiore e limitano la fruibilità del sito durante le fasi del
processo di bonifica. In genere i processi vengono classificati in funzione del
principio operativo in:
• trattamenti biologici;
• trattamenti fisici;
• trattamenti chimici.
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I trattamenti biologici si basano sulla decomposizione delle molecole organiche ad
opera dell’attività metabolica di microrganismi naturalmente presenti nel suolo
(colonie autoctone) oppure ivi opportunamente inoculati (colonie alloctone); in
entrambi i casi è generalmente necessario garantire la presenza di sostanze
indispensabili per il sostentamento dell’attività batterica (nutrienti, donatori di
elettroni per i metabolismi aerobici ed accettori di elettroni per quelli anaerobici) e
di adeguate condizioni ambientali (pH, temperatura,) al fine di accelerare processi
che altrimenti potrebbero risultare estremamente lenti.
All’interno della classe dei trattamenti biologici vengono anche inclusi quei
processi finalizzati alla concentrazione degli inquinanti nelle matrici biotiche,
rappresentate in genere da piante o alghe (phytoremediation); tali processi trovano
spesso impiego nella rimozione di inquinanti inorganici, quali i metalli pesanti, che
facilmente vengono assunti dalle piante tramite l’apparato radicale.
I trattamenti fisici sono associati alla variazione dello stato fisico degli inquinanti,
che ne consente il trasferimento tra le diverse fasi del suolo. Tra questi possono
essere menzionati i seguenti:
• solidificazione/stabilizzazione: si basano sull’aggiunta di agenti chimici
(inorganici o organici), che producono una massa stabile caratterizzata da una
accresciuta integrità fisica e da una ridotta permeabilità rispetto alla matrice solida
del suolo;
• trattamenti termici: si basano sull’incenerimento, la gassificazione o la pirolisi che
comportano in ogni caso, a differenti condizioni di temperatura, la volatilizzazione
degli inquinati e la loro rapida ossidazione con formazione di composti inorganici
(CO2, ossidi di azoto e zolfo, ecc). In questa categoria rientra anche la fusione del
suolo a temperature estremamente elevate (1000 - 1700°C) con conseguente
formazione di una matrice solida amorfa nella quale si concentrano gli inquinanti
che non volatilizzano (vetrificazione).
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I trattamenti chimici riguardano la trasformazione dello stato chimico degli
inquinanti, essa è finalizzata alla produzione di sostanze caratterizzate da minore
tossicità o da una ridotta/incrementata mobilità; questi comprendono:
• ossidazione chimica: viene realizzata iniettando nella matrice contaminata (suolo
insaturo o saturo) una miscela costituita da un opportuno agente ossidante
(perossido di idrogeno, permanganato di potassio, ozono e reagente di Fenton), che
consente la completa trasformazione della sostanza organica inquinante in anidride
carbonica e acqua, o la sua parziale detossificazione;
• riduzione: viene impiegata per trasformare alcuni composti dalla forma ossidata a
quella ridotta, qualora quest’ultima presenti una minore tossicità, mediante
l’impiego di agenti chimici riducenti;
• estrazione con solventi (soil-flushing): consiste nel trasferimento degli inquinanti
dalla fase solida alla quella liquida del suolo tramite agenti liscivianti (solventi
organici, tensioattivi, acidi e alcali) al fine di poter successivamente raccogliere ed
estrarre un percolato concentrato da avviare ad opportuno trattamento in superficie;
• fissazione tramite agenti chelanti: prevede il ricorso all’iniezione di agenti chimici
che, legandosi con i contaminanti (ad esempio i metalli pesanti), ne riducono la
mobilità nel suolo, consentendone l’accumulo in porzioni di suolo determinate che
possono successivamente essere rimosse e trattate in impianti ex situ;
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In base ai dati forniti dalla Comunità Europea nel 2006, il numero di siti
potenzialmente contaminati nell’Unione Europea è superiore ai 3.5 milioni (CCE,
2006). Secondo una stima del 2007 (APAT, 2007), i siti contaminati in Italia sono
4400, mentre 13000 sono i siti potenzialmente contaminati. Secondo una stima del
2009 ( Ministero Ambiente) i siti contaminati di interesse nazionale sono 57. Nella
sola regione Campania sono stati censiti ben 3733 siti di cui 462 che superano i
limiti tabellari previsti dal D.M. 471/99, inoltre sono stati individuati 6 siti di
interesse nazionale:
Regione Campania Superfici in
ettari a terra
Superfici in
ettari a mare
Tipologie princ. di
contaminazione
Napoli Orientale 834 1.433 Petrolchimico
Litorale Domizio Flegreo 157.025 22.412 Discariche-Rifiuti
Napoli – Bagnoli Coroglio 945 1.494 Siderurgico
Aree del litorale Vesuviano 9.615 6.698 Discariche-Rifiuti
Bacino Idrogr. fiume Sarno 42.664 _______ Manifatturiero
Pianura 156 _______ Discariche-Rifiuti
Tab. 1 siti di interesse nazionale in Campania
Regione Siti censiti abbandoni Siti superamento limiti
Napoli 964 244 22
Caserta 404 417 6
Benevento 82 33 10
Salerno 295 32 7
Avellino 88 40 3
Totale 3733 1548 462
Tab. 2 Situazione relativa nell'anno 2008 in Campania
I = Numero di siti con superamento tabellari = 462= 0,124 ≈ 12%
Numero di siti censiti 3733
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In conclusione l’opera di bonifica di un sito inquinato è una procedura
fondamentale al fine di tutelare i suoli, come definito nella proposta di “Strategia
tematica per la protezione del suolo” (CCE, 2006), che ha l’obiettivo di
salvaguardare le diverse funzioni che il suolo può svolgere alla luce della grande
variabilità che caratterizza tale matrice e dei diversi processi di degrado in atto,
tenendo conto anche degli aspetti socio-economici coinvolti. La proposta di
strategia è finalizzata principalmente a proteggere il suolo e a garantirne un utilizzo
sostenibile, in base ai seguenti principi guida:
- Prevenire l’ulteriore degrado del suolo e mantenerne le funzionalità;
- Riportare i suoli degradati ad un livello di funzionalità corrispondente all’uso
previsto per quei determinati siti, considerando pertanto anche i costi degli
interventi di ripristino ambientale.
Visti i tempi estremamente lunghi di formazione del suolo, si può ritenere che esso
sia una risorsa sostanzialmente non rinnovabile (CEE, 2006). Il suolo svolge una
serie di funzioni che rivestono un’enorme importanza sotto il profilo socio-
economico ed ambientale e che devono pertanto essere tutelate. Il suolo subisce una
serie di processi di degradazione quali l’erosione, la diminuzione di materia
organica, la contaminazione locale o diffusa, l’impermeabilizzazione, la
compattazione, il calo della biodiversità, la salinizzazione, alluvioni e smottamenti.
Il degrado del suolo è un problema diffuso, che riguarda l’intera Unione Europea,
del quale sono responsabili una serie di attività umane, quali ad esempio pratiche
agricole inadeguate, attività industriali, turismo, proliferazione urbana e industriale
e sversamenti di materiale inquinante, che impediscono al suolo di svolgere le
proprie funzioni di base. Fra le conseguenze di tali attività si
può citare la diminuzione di fertilità del suolo, la perdita di carbonio organico e di
biodiversità ed una minore capacità di degradazione degli agenti contaminanti.
Il degrado del suolo ha ripercussioni dirette sulla qualità delle acque e dell’aria e
sui cambiamenti climatici, oltre che incidere sulla salute dei cittadini e sulla
sicurezza dei prodotti alimentari destinati al consumo umano e animale.
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1.2 NORMATIVA DI’ RIFERIMENTO
La complessa questione dei siti contaminati e della loro bonifica è emersa in Italia
alla fine degli anni ottanta, in seguito alla necessità di introdurre una concezione piø
ampia di contaminazione ambientale, non piø legata esclusivamente ad eventi
accidentali ed episodici, ma da considerarsi come un problema diffuso. Vengono in
questo periodo emanate le prime norme in cui si mettono a fuoco i problemi
riguardanti i rifiuti e le bonifiche, senza tuttavia disporre degli strumenti tecnici per
affrontarli.
Nel 1982 mediante il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 in attuazione delle direttive
(CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei
policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi,
Titolo III lettera d), “predisposizione di piani di destinazioni delle aree dopo
l’esaurimento e la ricopertura della discarica.”
Nel 1986 con la Circ. 10 luglio 1986, n. 45 (1) “Piano di interventi e misure
tecniche per la individuazione ed eliminazione del rischio connesso
all'impiego di materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri
pubblici e privati”. – Premesse punto 3) - stabiliva la bonifica delle strutture con
presenza di amianto, anche se destinate a successiva demolizione o trasformazione,
attraverso misure tecniche idonee all’abbattimento dei livelli di inquinamento
accertati.
Nel 1987 con la Legge29/10/1987 n.441 “Disposizioni urgenti in materia di
smaltimento dei rifiuti”, che affida alle Regioni il compito di predisporre dei Piani
per la bonifica delle aree inquinate.
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Nel 1989 con il D.M. n. 185 del 16/5/1989 il Ministero dell’Ambiente emana i
criteri e le linee guida per l’elaborazione e la predisposizione in modo uniforme dei
Piani Regionali di Bonifica, richiedendo alle Regioni di censire i siti contaminati o
potenzialmente contaminati presenti sul proprio territorio e di indicare le priorità
degli interventi di risanamento a breve e a medio termine.
Nel 1997 con Il DLgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 “Attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio” conosciuto come “Decreto Ronchi”,
successivamente modificato e integrato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n.
389 (denominato Ronchi bis) e dalla L. n. 426 del 9 dicembre 1998 (denominata
Ronchi ter.), definisce, in un unico testo coordinato, le regole per l’attività di
gestione dei rifiuti.
Le finalità di tale decreto segnano un’evoluzione nella disciplina di settore,
attraverso un’importante enunciazione di principio, che qualifica questa norma
come legislazione ambientale in senso stretto; l’articolo 2 sancisce, infatti, che “i
rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e
senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all’ambiente”. Specifica poi, che dovranno essere evitati rischi per l’acqua, l’aria, il
suolo, la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori o odori e senza
danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse ambientale. L’art. 6 lettera
n) definisce “la bonifica ogni intervento di rimozione della fonte inquinante e di
quanto dalla stessa contaminato, fino al raggiungimento dei valori limite conformi
all’utilizzo previsto dell’area.”; e la lettera o) definisce “ Messa in sicurezza
ogni intervento per il contenimento o isolamento definitivo della fonte inquinante
rispetto alle matrici ambientali circostanti;
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Inoltre stabilisce:
Capo II “ 18.Competenze dello Stato-1-lettera n”
Spetta allo Stato la determinazione dei criteri generali e degli standard di bonifica
dei siti inquinati, nonchØ la determinazione, d'intesa con la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in
relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area
interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse
nazionale.
Capo II ” 19 Competenze delle Regioni -1”
c) Spetta alle Regioni l’elaborazione, l’approvazione e l’aggiornamento dei piani
per la bonifica di aree inquinate;
h) le linee guida ed i criteri per la predisposizione e l’approvazione dei progetti di
bonifica e di messa in sicurezza, nonchØ l’individuazione delle tipologie di progetti
non soggetti ad autorizzazione;
Capo II “20 Competenze delle Province -1”
b) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica e del monitoraggio ad essi
conseguenti;
Capo II “21 Competenze dei Comuni -3”
E di competenza dei Comuni l’approvazione dei progetti di bonifica dei siti
inquinati ai sensi dell’art. 17(54)
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Nel 1999 con il DM n.471 del 25 ottobre 1999 “Regolamento recante criteri,
procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino
ambientale dei siti inquinati”, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni.
Art.1 “ Campo di applicazione”
1.Il presente regolamento stabilisce i criteri, le procedure e le modalità per la messa
in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi
dell'articolo 17, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive
modifiche ed integrazioni. A tal fine disciplina:
a. i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli. delle acque superficiali
e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti
b. le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni
c. i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale del siti inquinati, nonchØ per la redazione dei relativi progetti
d. i criteri per le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano
ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente
presenti nel suolo;
e. il censimento dei siti potenzialmente inquinati, l'anagrafe dei siti da bonificare
e gli interventi di bonifica e ripristino ambientale effettuati da parte della
pubblica amministrazione;
f. i criteri per l'individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale.
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Art.2 Definizioni punto f
f - Bonifica con misure di sicurezza:
l'insieme degli interventi atti a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti
nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque Sotterranee o nelle acque superficiali a valori
di concentrazione superiori ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti per
la destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici, qualora i suddetti valori di
concentrazione limite accettabili non possano essere raggiunti neppure con
l'applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori
tecnologie disponibili a costi sopportabili. In tali casi per l'uso del sito devono
essere previste apposite misure di sicurezza, piani di monitoraggio e controllo ed
eventuali limitazioni rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici. I valori di
concentrazione residui di sostanze inquinanti devono comunque essere tali da
Art.3 Valori di concentrazione limite accettabili e metodologie di intervento
1. I valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze inquinanti presenti nel
suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, in relazione alla specifica
destinazione d'uso del sito, nonchØ i criteri per la valutazione della qualità delle
acque superficiali.
2. Le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni al fine
dell'accertamento del superamento dei valori limite.
3. Gli interventi di messa in sicurezza d' emergenza, di bonifica, di bonifica con
misure di sicurezza, di messa in sicurezza permanente e di ripristino ambientale
devono essere effettuati e le misure di sicurezza devono essere adottate secondo i
criteri previsti.