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INTRODUZIONE
L’argomento di questa dissertazione è il governo di partito
nell’età repubblicana.
Abbiamo focalizzato la nostra ricerca e il nostro studio sul che
cosa sia un governo di partito, che cosa si vuole intendere con
questa espressione e soprattutto come questo governo di
partito si sia realizzato in Italia negli anno successivi alla
proclamazione della Repubblica
Partiremo, nella nostra ricerca, con l’analizzare come si sia
arrivati alla formulazione del concetto stesso di governo di
partito.
Per fare ciò si dovrà necessariamente partire da quelle
formazioni che hanno reso possibile questa forma istituzionale:
i partiti stessi.
Nel corso del primo capitolo ci accingeremo a studiare la
relazione stretta che c’è tra partiti e processo di
democratizzazione, di quanto essi siano stati fondamentali per
l’approdo ad una vera forma di democrazia e ad una coscienza
politica dei cittadini.
Successivamente analizzeremo le modalità attraverso le quali il
rapporto tra gli elettori e i partiti cui va la loro preferenza ha
enormemente influenzato le scelte politiche di chi ci governa.
È risultato piuttosto chiaro che la formazione di un governo di
partito è strettamente legata alla scelta che fanno gli elettori
e questo a sua volta è fortemente condizionato dai partiti che
formano la coalizione che lo sostiene, i quali cercano di tirare
acqua al loro mulino, non perdendo di vista le richieste di chi li
ha sostenuti.
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Nel corso dello studio si è poi presentata un’altra problematica
interessante: l’ evoluzione del rapporto tra partiti politici ed
elettori, i quali sono diventati sempre più forti e consapevoli,
mettendo i primi nella posizione di chi assolutamente deve
mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, per non
perdere l’appoggio dei propri sostenitori.
Il governo di partito ha visto così poggiare la sua base su un
equilibrio molto precario: non essendo mai uscita ( se non in casi
rarissimi) una maggioranza netta, esso si è trovato in balia degli
accordi tra le parti ed è stato sempre sull’orlo di una probabile
crisi e questo non ha certamente giovato agli interessi del
Paese.
Alla fine del primo capitolo procederemo poi nell’ analizzare la
relazione che c’è tra il ruolo istituzionale dei partiti e i governi
di partito e di quale rapporto intercorre tra premiership di
governo e leadership di partito a seconda che ci si trovi nella
Prima o nella Seconda Repubblica o addirittura in fasi diverse
dell’una o dell’altra.
Nel secondo capitolo sarò opportuno procedere ad un’analisi più
tecnica del governo di partito: ne daremo innanzitutto una
precisa definizione e poi vedremo quale sia stato il ruolo dei
partiti al suo interno sotto un profilo concreto e non teorico.
Dato che nel corso dell’età repubblicana, sino ad oggi, si sono
succedute varie tipologie di governo di partito sarà
interessante vedere il come e il perché esse si siano realizzate
nei vari momenti della nostra storia e come si siano intrecciate
nella loro struttura i due poteri fondamentali dei partiti nei
confronti delle istituzioni di governo: la capacità di nomina e
quella di indirizzo.
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Nell’ultimo paragrafo del secondo capitolo analizzeremo il
sistema di governo, cioè l’organizzazione formale dello stato e il
modo in cui si manifesta il rapporto tra Governo e Parlamento.
Si vedrà come cambierà la struttura dei governi ( non solo
portando come esempio l’Italia, ma anche paesi come
l’Inghilterra e gli Stati Uniti) a seconda che il sistema sia
bipolare, o di tipo pluripartitico moderato, o ancora un
pluralismo polarizzato.
Relativamente al caso italiano vedremo e analizzeremo
l’operatività di ogni tipo di governo che si è realizzato in base a
delle varianti che procederemo nel definire.
Concluderemo questa sezione con l’introduzione del concetto
fondamentale della “responsabilità di governo” e quale siano i
requisiti che un esecutivo deve possedere per definirsi tale.
Nel terzo capitolo avvieremo la trattazione storico-cronologica
dei governi che si sono succeduti durante la Prima Repubblica,
in un arco di tempo che va dal 1948 al 1994. Un periodo che ha
assistito a molti cambiamenti e che ha visto l’evolversi di un
modo di fare politica che ha poi portato all’avvicendarsi di fasi
diverse nella gestione di governo.
Sarà interessante notare come l’intero processo abbia avuto un
andamento circolare: si è partiti da una fase, quella del
Dopoguerra, in cui la politica ha saputo conquistare la fiducia
degli Italiani “sul campo”, facendoli uscire dal loro guscio,
dando loro la speranza che con i mezzi della democrazia si
potesse rifare un’ Italia migliore traendola dalle macerie del
Dopoguerra.
I partiti sorti dopo la guerra, quasi tutti nati dai diversi gruppi
partigiani del PNL ( Partito Nazionale di Liberazione) e che
hanno assunto ciascuno un’identità e un nome a seconda degli
orientamenti originari dei vari gruppi, sono riusciti in questo
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intento, portando milioni di Italiani al voto e invitandoli a
partecipare alla vita politica.
Poi, alla fine degli anni Sessanta, è iniziata una fase di
“involuzione”: le crisi che hanno iniziato a coinvolgere i partiti al
loro interno hanno iniziato a mostrare le crepe di un sistema
che alla fine si è dimostrato incapace e (ancor peggio),
corrotto.
Vedremo come all’inizio i partiti che sono usciti vincitori dalle
elezioni abbiano subito cercato di costruire delle coalizioni
stabili basate su una consistente maggioranza parlamentare,
tutto questo per poter lavorare con serenità, giungendo a dei
risultati concreti.
Da questo studio, però, emergerà la difficoltà che c’è sempre
stata in Italia per la costituzione di un governo stabile, che non
poggiasse su basi traballanti. La sempre maggiore penetrazione
della politica all’interno delle strutture pubbliche porterà ad un
aumento tale degli interessi di ciascun partito che sarà sempre
più difficile trovare degli accordi di coalizione che non siano
ostaggio delle scelte “politiche”.
Si configureranno così le varie tipologie di governo di partito
nel corso degli anni, quelle tipologie definite nel capitolo
precedente e vedremo come la tipologia di governo che ci
porterà all’avvio della Seconda Repubblica sia di tipo residuale.
La conclusione di questa prima fase della Repubblica sarà che la
struttura operativa del governo risulterà troppo influenzata dal
coinvolgimento personale e dagli interessi dei protagonisti
politici fino ad arrivare ad un punto di rottura che, unito ad
altre cause, porterà alla Seconda Repubblica, nel ritorno di quel
cerchio cui abbiamo accennato prima, che conclude la fase di
conquista della fiducia da parte della politica nei confronti dei
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cittadini, fino alla perdita totale di questa a causa dei gravi
scandali che verranno portati alla luce.
E di questa parleremo nel corso dell’ultimo capitolo, dove,
partendo dalle trasformazioni che sono avvenute nel passaggio
dall’ una all’altra fase, ci occuperemo delle tante personalità
protagoniste della Seconda Repubblica e che daranno un taglio
diverso al modo di intendere la politica che si è avuto fino a
questo momento: una tra tutte la figura di Silvio Berlusconi.
Dapprima analizzeremo le cause effettive di questo passaggio:
sia a livello interno che internazionale, poi vedremo quali siano
stae le nuove caratteristiche dei governi di partito che si sono
succeduti fino al novembre 2011 quando, con la nomina del
Governo Monti, si è passati all’ultimo (per ora), dei governi
tecnici.
Vedremo da dove e come sia emersa la figura di Silvio
Berlusconi, che nel bene o nel male ha determinato e seppure in
maniera più opaca, ha determinato la vita politica di questi
ultimi vent’anni.
Assisteremo all’originarsi della forte contrapposizione che si
creerà tra la politica e la magistratura, di cui ancora si discute.
Interessante sarà appurare come la battaglia politica, anche a
causa di una modifica sostanziale alla legge elettorale,
diventerà la sfida tra due parti: centro-sinistra e centro-
destra che si identificheranno nei loro leader, nei loro
candidati a premier, per questo la sfida elettorale diventerà la
sfida tra due personalità, quasi due primedonne.
Se precedentemente la battaglia elettorale non escludeva colpi
bassi, adesso questi si fanno sempre più consistenti, la sfida si
fa a livello mediatico e si combatte a colpi di scoop e di indagini
anche sulla vita privata.
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Se è possibile in questa seconda fase la classe politica riesce a
dare il peggio di sé, se non l’avesse già fatto.
Le legislature che si susseguono in questo periodo vedono
l’alternanza tra i due cosiddetti Poli, anche se con durata
diversa per l’uno o per l’altro, spesso la caduta di un esecutivo è
determinata dall’abbandono della coalizione da parte di un
alleato che poi finisce per passare tra le file dell’opposizione.
Episodi di questo genere si verificheranno fin troppo spesso!
Vedremo cosa cambia nel modo di fare politica in questi anni e
se, come e per quanto tempo, questa saprà riconquistare la
fiducia degli Italiani.
Assisteremo allo scollamento tra la competizione elettorale e
quella parlamentare poiché ciascuna dominata da regole diverse.
Di positivo c’è che ogni Polo mostra una fisionomia della
leadership ben definita e quando si sceglie, quindi, sembra di
farlo con criteri precisi.
Nel centro-sinistra, a differenza del centro-destra, la figura
del leader cambierà spesso e proprio la difficoltà di questo Polo
a trovare un leader preciso, mostrerà quanto sarà difficile
raggiungere un accordo interno, difficoltà che porterà sempre i
governi da questa presieduta alla crisi, o, in caso di elezioni, ad
una certa sconfitta elettorale.
Uno dei leader più significativi del centro-sinistra è stato
Romano Prodi, del quale parleremo sempre nel corso del quarto
capitolo.
La storia della Seconda Repubblica, che sembra essersi ormai
conclusa, si snoderà attraverso l’alternanza tra le due parti, con
l’inserimento di fasi brevi di governi tecnici e sarà determinata
da due fatti importanti, l’entrata della nostra moneta nell’Euro
e l’esplodere di una crisi globale dalla quale non siamo purtroppo
ancora usciti.
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PRIMO CAPITOLO
I PARTITI POLITICI E L’APPRODO
AD UN GOVERNO DI PARTITO
1.L’importanza dei partiti politici nel processo di
democratizzazione della vita politica italiana.
Sin dalla loro origine, i partiti politici sono sempre stati
considerati fondamentali nelle democrazie rappresentative.
Se, infatti, come sostiene Max Weber, “ per partiti si debbono
intendere le associazioni fondate su un’adesione
(fondamentalmente) libera, costituite al fine di attribuire ai
propri capi una posizione di potenza all’interno di un gruppo
sociale e ai propri militanti attivi possibilità per il
perseguimento di fini materiali e oggettivi…”
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si capisce come
essi assolvano al compito di fare da intermediari tra coloro di
cui sono diretta espressione e che li hanno scelti per questo
scopo e il potere stesso.
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M. Weber Economia e società Milano, Comunità (1922)
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Anzi, il potere, se vuole rimanere tale deve proprio stare a
sentire quanto gli viene suggerito da essi, perchè sono la voce
delle aspirazioni di coloro che rappresentano.
I partiti hanno proprio il compito di essere dei mediatori tra le
istituzioni pubbliche e la società civile, fra lo Stato e i
cittadini. Attraverso di essi gli elettori sono educati alla
democrazia, poiché permettono al cittadino di esprimere la
propria opinione su alcune tematiche importanti verso cui il
partito stesso ha indirizzato l’attenzione.
I partiti hanno inoltre contribuito notevolmente alla formazione
di identità collettive, raccogliendo gli individui attorno a degli
ideali e a delle necessità in cui si riconoscono e per i quali sono
pronti ad unirsi per perseguirne il soddisfacimento.
Si offre lealtà in cambio della sicurezza che qualcuno si
prenderà a cuore i nostri interessi.
Certo è che, nel corso della storia i partiti hanno via via mutato
le loro funzioni.
Nati e formatisi nell’ambito delle democrazie parlamentari, fino
alla fine del XVIII sec. essi furono organizzazioni di notabili
riunitesi attorno alle singole personalità e che prevalentemente
proteggevano i singoli interessi.
Erano questi anni in cui ancora non si distingueva tra sfera
privata e sfera pubblica, quest’ultima nacque solo quando i
cittadini rivendicarono un ruolo attivo sulle decisioni che li
riguardavano.
Dalla metà del XVIII sec., grazie anche ai caffè, ai salotti e
alle società linguistiche, nascono autonomi movimenti di opinione
e si diffonde la stampa politica.
Siamo ancora nell’ambito dei partiti politici borghesi e ad un
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livello di sistema elettorale ristretto, che poi verrà modificato
quando faranno ingresso sulla scena i partiti di massa.
Si modificano così anche le strutture di partito grazie
all’estendersi della democrazia attraverso la
professionalizzazione della politica, la costruzione di una
stabile struttura organizzativa e l’assunzione di una funzione di
integrazione sociale.
I diritti politici vengono estesi ai non-notabili e siccome queste
persone spesso non hanno risorse materiali proprie con cui
finanziare la propria attività politica, la stessa politica si
professionalizza e nasce la figura del politico di professione
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Tutto assume una nuova dimensione, la politica diventa qualcosa
di tangibile, di più vicino al singolo individuo.
La divulgazione delle idee, il tentativo di coinvolgimento delle
masse fa sì che la politica non sia l’espressione delle aspirazioni
e ambizioni di un’ elitè, ma diventi un mezzo di partecipazione
per una fetta sempre più ampia della popolazione e poiché le
definizioni varie di “democrazia” hanno sempre sottolineato il
ruolo fondamentale della partecipazione dei cittadini, ne
consegue che i partiti, proprio per il loro fine principale di
coinvolgere gli elettori alla vita politica, abbiano svolto un ruolo
fondamentale nel processo di democratizzazione del nostro
paese.
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E’ sempre Max Weber nel suo testo Economia e società a dare questa definizione.