Sport di squadra e Psicologia di gruppo Morabito Giuseppe
Introduzione
Figura 1 : Bambini che giocano al parco
Nello sport, così come nella vita, spesso l’attenzione è posta sul rendimento fisico,
trascurando in gran parte gli aspetti mentali ed emotivi che potrebbero contribuire
non solo alla buona riuscita della performance, ma anche al benessere dell’uomo-
atleta.
Se si esamina “l’ambiente” sportivo, si riscontrano ancora, in linea di massima, realtà
abbastanza carenti di attenzione verso il benessere psicofisico dell’atleta. Si
incomincia a fare sport per divertimento e ben presto si sposta tutta l’attenzione sul
risultato.
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Figura 2 : Squadra adolescente
L’introduzione dello psicologo dello sport nell’ambiente sportivo significa innanzitutto
un cambio di prospettiva nei confronti degli obiettivi da raggiungere. E’ sul
miglioramento della prestazione del giocatore ai vari livelli (fisico, tecnico, tattico,
mentale) che dovrà convergere l’attenzione, per affiancarlo nel dare il meglio di sé (e
di conseguenza raggiungere anche il “risultato”).
E’ necessario che i vari ruoli e professionalità (dirigenti, allenatori, preparatori atletici,
medici, genitori, ecc.) imparino a lavorare e a comunicare insieme per un unico
obiettivo, in modo tale che all’atleta arrivino messaggi omogenei attraverso linguaggi
altrettanto omogenei.
Perciò è fondamentale far prendere coscienza al mondo sportivo che l’allenamento di
tipo classico ormai non basta più.
Allenare il corpo è indispensabile, avere una buona tecnica di gioco altrettanto,
possedere una buona strategia è estremamente importante, ma più importante di
tutto è disporre di un buon allenamento mentale, poiché gli errori quasi mai sono di
natura tecnica, invece derivano dall’interferenza dei pensieri e delle emozioni.
Scopo dell’allenamento mentale è quello di aiutare a scoprire come l’unità psicofisica
mente-corpo possa determinare il livello della propria prestazione.
Bisogna tenere presente comunque che la preparazione psicologica da sola non
permette di diventare campioni, ma permette la realizzazione delle potenzialità
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dell’atleta nel loro complesso tramite un costante impegno nell’allenamento fisico
accompagnato da una personalità equilibrata.
Figura 3 : Squadra di adulti si diverte facendo sport
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La Psicologia 1
1.1 LA STORIA DELLA PSICOLOGIA
Figura 4 : I cinque cerchi olimpici
Che la mente possa influire significativamente su ogni attività umana e, quindi, anche
su quella sportiva è stato certamente chiaro fin dai primi Giochi Olimpici ateniesi;
molti sono i manoscritti giunti fino a noi (Omero, Euripide, Pausania, ecc) che
narrano come, fin d’allora, il destino di una competizione sportiva non dipendesse
esclusivamente dalla prestanza fisico-atletica, ma anche dall'astuzia, dalla strategia,
dal coraggio, dallo stato d'animo, caratteristiche strettamente legate all'attività
mentale dell'atleta.
Nonostante ciò solamente intorno al 1890 alcuni educatori espressero le loro opinioni
sugli aspetti psicologici dell'educazione fisica.
Coleman Griffit (1925) istituì il primo laboratorio di Psicologia dello Sport presso
l'Università dell'Illinois. In 23 anni, dal 1925 al 1948, sono stati conclusi pochi lavori
all'anno, ma negli anni successivi il numero delle opere si triplicò.
Nel 1965 a Roma si è svolto il primo Congresso Mondiale di psicologia dello sport,
fortemente voluto da uno psichiatra italiano, Ferruccio Antonelli, che ebbe il merito di
riunire molti esperti del settore.
Nello stesso anno sempre a Roma si fondò l'International Society of Sport
Psychology. Nel 1970, Ferruccio Antonelli, convinse un suo amico editore, Luigi
Pozzi, a pubblicare l'International Journal of Sport Psychology.
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Alcuni ricercatori sovietici, Vanek e Cratty, tentarono di studiare le abilità possedute
da atleti d’elite per distinguerli dai principianti e, nello stesso periodo, la psicologia
dello sport iniziò ad entrare nelle università, con l'istituzione di master, dottorati e
corsi di specializzazione.
Tra il 1970 ed il 1980 furono condotti studi sul miglioramento della performance, sulla
personalità dell'atleta e sulla motivazione.
Nel 1979, in USA, Martens fondò la Human Kinetics Publishing Company, casa
editrice di riviste importanti quali The Sport Psychologist e Journal of Sport and
Exercise Psychology.
Nella stessa nazione, nel 1985, su ispirazione di John Silva, nacque la Association
for the Advancement of Applied Sport Psychology (AAASP).
Negli anni ottanta si studiarono tecniche mirate al miglioramento della prestazione.
Nel 1993 fu pubblicata la prima edizione di Handbook of Research on Sport
Psychology da Singer e colleghi in cui erano state raccolte le ricerche più
significative pubblicate fino ad allora e dalla prima pubblicazione di questo manuale,
vi sono state molte evoluzioni.
Esempi sono la vasta gamma di specifiche ricerche contemporanee, “la complessità
della metodologia della ricerca”, così come “il riconoscimento che la pratica deve
essere fondata su principi scientifici certi”.
Negli ultimi anni è giunto il tempo in cui la vasta espansione delle ricerche di
psicologia sportiva dovrebbe essere un'unica rispettata ed influente nicchia tra la
psicologia e le scienze dello sport" (Hanbook of Sport Psychology, second edition
2001).
Oggi la psicologia dello sport è insegnata in molte università e in tutte le scuole
superiori (pubbliche e private) di sport e di educazione fisica [2], entrando a far parte
nelle nuova scienza dello sport.
1.2 LA PSICOLOGIA SPORTIVA
La psicologia dello sport è una vasta corrente di pensiero dove confluiscono diverse
dottrine (psicologia, medicina, psichiatria, sociologia, pedagogia, filosofia, igiene,
educazione fisica, riabilitazione, ecc…) ed è pertanto un argomento di competenza
multi-disciplinare aperto al contributo che ciascuno può portare sulla base della
propria preparazione specifica [2].
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Essa si occupa:
a) dello studio dei fattori mentali e psicologici che influenzano e sono influenzati
dalla partecipazione e dalla prestazione nello sport, nell'esercizio e nell'attività
fisica;
b) dell’applicazione delle conoscenze acquisite attraverso questo studio che ogni
giorno viene effettuato. La psicologia dello sport professionale è interessata a
come la partecipazione allo sport, all'esercizio ed all'attività fisica possa
accrescere lo sviluppo personale ed il benessere durante l'intero arco della
vita .
Infatti, gli psicologi dello sport a livello professionale s'impegnano nel comprendere i
processi psicologici che guidano la prestazione motoria, i modi attraverso cui può
venire stimolato l'apprendimento, incrementate le prestazioni e la maniera in cui
possono essere efficacemente influenzate le percezioni psicologiche e i risultati.
Nella psicologia dello sport, ovviamente il punto di partenza e' costituito dalle basi
psicologiche dei processi e delle conseguenze mentali dell'attività fisica e sportiva
svolta nei diversi contesti competitivo, educativo, ricreativo, preventivo, riabilitativo,
della disabilita.
Il suo esordio ufficiale in Italia, fu nel primo Congresso Mondiale sulla psicologia dello
sport nel 1965 a Roma ad opera del Prof. Ferruccio Antonelli.
In seguito la sua evoluzione e crescita è proseguita maggiormente negli USA e
nell'Europa del nord.
Nel 1996 la Federazione Europea di Psicologia dello Sport (FEPSAC) ha prodotto
una tale ampia definizione che, lievemente semplificata, dice: La psicologia dello
sport è lo studio delle basi, dei processi e degli effetti psicologici dello sport. Questa
definizione usa il termine ‘sport’ in senso ampio, inclusa qualsiasi attività fisica per gli
scopi di competizione, ricreazione, educazione o benessere (Jarvis, 1999).
Già alle Olimpiadi di Melbourne del 1956 tutti gli atleti italiani furono scelti in base
non solo ad una valutazione tecnica, medica, ma per la prima volta, anche
psicologica.
Lo psicologo che in quel momento era stato incaricato di fare i test era il professor
Ferruccio Antonelli, psichiatria di fama e sportivo.
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Al secondo congresso nel 1968 a Washington egli venne ancora acclamato
presidente. Nel 1974 Antonelli completò la sua opera meritoria fondando anche in
Italia l’A.I.P.S. (Associazione Italiana di Psicologia dello Sport), organizzazione che
insieme all’International Journal of Sport Psychology, si è posta l’obiettivo, l’uno in
ambito nazionale e l’altro in campo internazionale, di riunire studiosi di cultura e
formazione diverse, aventi in comune la passione e l’interesse per le discipline
sportive e il loro progresso in campo scientifico, culturale, psicologico, fisico e
sociale.
La naturale evoluzione della costituzione dell’AIPS è stata poi la creazione, sempre
attraverso la spinta realizzativa del professor Antonelli, del “Registro Nazionale degli
Psicologi dello Sport”, con il chiaro intento di riconoscere, anche attraverso corsi
formativi, esami mirati e curriculum professionali adeguati, professionisti di accertata
competenza che potessero fungere anche da traino all’intero sistema organizzativo-
professionale.
Negli ultimi anni la psicologia dello sport sta acquisendo sempre più notorietà e
legittimità scientifica, grazie al duro lavoro di ricerca, formazione e promozione
operato da molti amanti dello sport, nella sua applicazione non solo a livello
prettamente agonistico, ma anche fra le categorie dilettantistiche, amatoriali,
giovanili, anche disabili, adulti, anziani e soprattutto nel campo della promozione
della salute rivolta a qualsiasi età e condizione sociale.
Infatti in particolare la psicologia dello sport analizza i processi mentali e gli effetti
della pratica sportiva direttamente sulla persona; il suo fine e' l’inseguimento del
benessere e della salute per favorire l'incremento della prestazione sportiva partendo
dalla psiche.
Infatti, le moderne Medicina e Psicologia dello Sport, sono andate assumendo negli
anni più recenti, un sempre più vasto ruolo preventivo e riabilitativo, oltre che
strettamente terapeutico.
Il mondo dello sport, ha avuto così la possibilità di beneficiare della diffusione di
nuovi studi scientifici, estesi ben oltre le tradizionali applicazioni.
In questi anni, un numero considerevole di ricerche nei vari campi di interesse
medico-sportivo, ha permesso di poter pubblicare manuali specifici per la formazione
e l’aggiornamento.
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PSICOLOGIA SCIENZE DELLO SPORT
PSICOLOGIA DELLO SPORT
Insegnamento
Performance,
Attitudini
personali
Giovani Attitudini
mentali &
programma
Consulenza Dinamiche
di gruppo
Valutazione Benessere
Esigenza di
eventi
Simulazione
pratiche
Feedback
Processi di
insegnamento
Insegnamento
osservativo
Automaticità
Processi
informativi
Aspetti
sistemici
Dinamiche di
percezione e
di azione
Periodo
dell’insegna
mento
ottimale
L’influenza
di allenatori,
parenti ed
amici
Influenze
motivaziona
li
Motivi
dell’abband
ono
Differenze
di genere
Evoluzioni
Etiche
Preparazione
mentale di
routine
Imagery
Focus
attentivo e
autostima
Attribuzioni
causali
Goal setting
Motivazione
Gestione dello
stress
Auto-
regolazione
Tecniche
adattive
Infortunio e
dolore
Depression
e doping
Disturbi
alimentari
Fine
carriera
Ansia
severa
Comportam
enti mal
adattivi
Disabilità
Produttività
Morale e
coesione
Stile di
leadership
Processi
interattivi
Dimensioni
sociali
Effetti sugli
spettatori
Etica
Differenze
di genere
Costruzione
di un test
Attitudini
psicologich
e
Diagnosi
Detenzione
del talento
Selezione
Predizione
del
successo
Percezione
di sé
Motivazione
all’esercizio
Adesione
Benefici
psicologici
Qualità
della vita
Tabella 1 : Tabella di uno schema che si occupa dei rami della psicologia dello sport
1.3 LO PSICOLOGO SPORTIVO
Lo psicologo sportivo è un professionista che ha effettuato una serie di studi
accademici e che ha pertanto, conseguito delle competenze ed un titolo riconosciuto.
Tuttavia in Italia la situazione è completamente diversa: nonostante il primo
Congresso Mondiale di Psicologia dello Sport sia stato organizzato ed ospitato a
Roma già nel 1965, nel nostro Paese l'ingresso ufficiale di tale disciplina all'interno
dell'Università deve ancora avvenire.
Attualmente, in Italia, non esiste un albo ufficiale dei professionisti abilitati alla pratica
della psicologia dello sport e la formazione per tale disciplina viene effettuata
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prevalentemente da centri e/o organizzazioni private, che al massimo collaborano
con strutture pubbliche.
Abitualmente, in Italia, lo psicologo dello sport è un laureato in psicologia che ha
seguito un percorso formativo specifico in psicologia dello sport e ulteriori training
nell'ambito della psicologia clinica o delle organizzazioni.
Talvolta la sua formazione iniziale è stata condotta in scienze motorie, in scienze
dell'educazione o in psichiatria e successivamente si è orientata in ambito
psicologico.
Il lavoro che svolgono gli psicologi dello sport è molto variegato. I ruoli professionali
che possono assumere dipendono, dunque, dalla formazione e dagli interessi.
Può lavorare in ambito accademico qualora il suo interesse sia essenzialmente
quello del ricercatore.
Può essere rivolto allo sviluppo di interventi con allenatori, atleti e gruppi, spaziando
dallo sport di alto livello allo sport dilettantistico, dai bambini agli adulti e agli anziani.
Può lavorare con gli enti locali e le organizzazioni sportive allo sviluppo di politiche di
promozione dello sport praticato dai cittadini e nel monitorare sul territorio l'impatto di
questi interventi.
La Federazione Europea di Psicologia dello Sport riconosce tre compiti interrelati per
gli psicologi dello sport:
1) ricerca: indagine in ogni aspetto della psicologia, sia teorica che applicata;
2) educazione: istruire gli studenti, gli ufficiali di gara e gli atleti circa la psicologia
dello sport;
3) applicazione: valutazione di, e intervento in, problemi psicologici connessi allo
sport. Questo può riguardare il dover agire come consulenti per squadre intere o
consultazioni individuali.
Dato che la psicologia dello sport è attualmente un campo così ampio, sta
diventando impossibile per gli psicologi dello sport stare al passo con tutti gli aspetti
della loro disciplina.
Oggi giorno, si può osservare che molti psicologi dello sport sono diventati altamente
specializzati. Per esempio, uno psicologo può specializzarsi nell’area della
motivazione. Può effettuare ricerche nella motivazione, istruire gli allenatori circa la
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motivazione oppure lavorare con gli atleti di una squadra sportiva per migliorarla
(Jarvis, 1999).
1.4 LA PSICOLOGIA GESTALT
La psicologia della Gestalt fu una corrente psicologica che nacque e si sviluppò agli
inizi del XX secolo in Germania, per poi proseguire la sua articolazione negli Stati
Uniti. Questa Scuola ebbe molto successo anche in Italia, fra gli anni '50 e '80, prima
di confluire ed essere sostituita dal cognitivismo.
Gli psicologi della Gestalt cercarono di dimostrare sperimentalmente la validità del
criterio della "totalità" nello studio delle funzioni psichiche.
Secondo il loro pensiero non era giusto dividere l'esperienza umana nelle sue
componenti elementari e occorreva, invece, considerare l'intero come fenomeno
sovraordinato rispetto alla somma dei suoi componenti.
In altre parole, per gli psicologi della Gestalt, l'insieme è più della somma delle sue
parti. I gestaltisti, studiando in modo approfondito la percezione, intuirono che la
realtà fenomenologica si struttura spontaneamente in unità, nel campo di esperienza
del soggetto, ogni volta che gli elementi di un insieme presentano determinate
caratteristiche.
Individuarono così cinque leggi (dette "leggi della formazione delle unità
fenomeniche"), le quali stanno alla base del nostro modo di cogliere le cose e di
organizzare i dati percepiti. Esse sono:
1. Legge della somiglianza: elementi identici o simili tendono ad essere
percepiti come unità;
2. Legge della buona forma: figure geometriche sovrapposte, tendono ad
essere percepite ancora come separate, cioè ognuna con la propria forma;
3. Legge della vicinanza: più gli elementi di un insieme sono vicini, maggiore
sarà la tendenza a percepire quegli elementi come unità;
4. Legge della buona continuazione: si tendono a percepire come unità quegli
elementi che minimizzano i cambiamenti di direzione;
5. Legge del destino comune: caratterizzata da elementi in movimento,
vengono percepiti come un'unità quelli con uno spostamento coerente;
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6. Legge della chiusura: elementi figurati chiusi o che tendono a chiudersi
vengono percepiti come appartenenti alla stessa unità figurale.
Queste sono soltanto alcune delle numerose regole alla base della percezione e che
permettono, ad esempio, di comprendere il funzionamento delle illusioni ottiche.
Il concetto centrale della psicologia della Gestalt era, perciò, la convinzione che
riuscendo a comprendere come si organizzano le nostre percezioni, si potesse
anche comprendere il modo in cui il soggetto organizza e struttura i propri pensieri.
Infine, è importante sottolineare che queste tendenze all'auto-organizzazione erano
viste dai gestaltisti come una caratteristica innata, ridimensionando in questo modo
l'importanza dell'esperienza e dell'apprendimento nella strutturazione del pensiero.
Gli psicologi della Gestalt sono noti, come se ne evince soprattutto per i loro
contributi nel campo della percezione.
Inoltre è da ravvisare che la Gestalt, non è uno studio della percezione fine a se
stesso, ma è principalmente e nella sua essenza un metodo d'indagine dell'umano.
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