INTRODUZIONE
CONNESSIONE CONFLITTUALE
Autentico e Neutrale nella Modernità di Charles Taylor
INTRODUZIONE
2
Per Charles Taylor, nella filosofia moderna, esiste un paradosso irrisolto che,
ancora oggi, nella nostra contemporaneità, crea diffusamente imbarazzo e disagio;
per questo, tutto ciò che riguarda l’ambito delle considerazioni morali, relative alla
nostra identità, in questa moderna civiltà occidentale, spesso ci tormenta.
Per Taylor, l’affermazione autentica di ciò che noi siamo, all’interno di una topografia
morale certa, ossia l’osservanza dell’ideale primario che caratterizza la modernità
stessa, non potrà mai essere compreso nei termini di una neutralità procedurale e
quindi nei termini di un distacco esecutivo, come richiede la vera spinta innovatrice
del moderno; viceversa, se noi stessi ci poniamo con un atteggiamento neutrale nei
confronti della nostra stessa identità, non avrà più alcun senso parlare in termini di
originalità. Ecco dunque che l’individuo moderno, da una parte, è incentivato a
seguire l’atteggiamento in terza persona, distaccato, oggettivo e procedurale, mentre
dall’altra parte, è inevitabilmente spinto verso una ricerca coinvolgente, in prima
persona, che riguarda esclusivamente lui stesso. Da qui, l’intero tracciato tayloriano si
determina esplicitamente e coerentemente, verso una possibile risoluzione delle
iniquità contemporanee; l’elenco di quest’ultime è disponibile, per tutti e su molteplici
livelli, dunque la loro considerazione non è certo controversa, soltanto che con
questo dato, la nostra situazione contemporanea risulta diffusamente complessa,
articolata e in taluni casi anche decisamente paradossale; tentare di risolvere questa
connessione conflittuale è per Taylor una esigenza irrinunciabile:
1
Mi piacerebbe molto spiegare questa centrale ma imbarazzante caratteristica della cultura
moderna, che da una parte genera una peculiare configurazione del senso del sé e, dall’altra,
oscura la sua natura e le sue radici.
2
L’aspetto specifico dell’argomentazione tayloriana, ci invita a valutare il fatto che la
nostra società moderna si è evoluta e sviluppata, sino ai nostri giorni, senza però mai
considerare pienamente, che la sua indubitabile grandiosità, si accompagna, ai suoi
estremi, necessariamente con un suo ineliminabile aspetto perverso e degenerativo; la
nostra inquietudine e il nostro disappunto contemporaneo nascono, secondo Taylor,
esclusivamente dal fatto che non è stato mai ben analizzato, e dunque compreso, il
legame esistente tra la grandezza e la miseria della nostra esistenza.
Taylor afferma che, l’analisi della nostra epoca contemporanea, può essere impostata
partendo da ciò che Blaise Pascal ha proferito nei riguardi della grandezza e della
miseria dell’essere umano:
Come disse Pascal degli esseri umani, la modernità è caratterizzata tanto dalla grandeur quanto
dalla misère.
3
1
Allegra, Antonio; Le Trasformazioni della soggettività - Charles Taylor e la tradizione del moderno; AVE srl,
Roma, 2002; p. 89; <<Abbiamo visto … l’analisi della modernità e delle sue ambivalenze rappresenta
in un certo modo il fulcro del percorso tayloriano>>
.
.
2
Taylor, Charles; The Moral Topography of the Self; Rutgers University Press, New Brunswick, 1988 (trad.
it. La topografia morale del sé; EDIZIONI ETS, Pisa, 2004; p. 53).
3
Taylor, Charles; The Malaise of Modernity, Canadian Broadcasting Corporation, 1991 (trad. it. Il Disagio
della Modernità; Laterza, Roma-Bari, 1999; p. 141).
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Per Charles Taylor, comprendere realisticamente la nostra epoca contemporanea,
vuol dire innanzitutto, valutare la caratteristica fondamentale del vivere la modernità,
e quindi considerarne a unisono, sia la sua grandezza e sia la sua miseria:
Soltanto una visione che abbracci entrambe può darci quella comprensione non deformata
della nostra epoca.
4
La mia tesi è che, la piattaforma operativa, che sostiene l’intero proposito
tayloriano, e su cui quest’utile fulcro non solo opera ma soprattutto si sviluppa, è
fondamentalmente e risolutivamente impianta sulle solide argomentazioni
portorealiste di Blaise Pascal ! Taylor afferma che la nostra società contemporanea, la
nostra cultura occidentale, considera la connessione fra grandezza e miseria più che
altro, al di là dello sviluppo della nostra civiltà, come un qualcosa di paradossale che
ci turba e sconcerta riguardo alla società moderna; essa crea disagio e malessere
perché evidenzia, proprio nella grandezza, un qualcosa di misero che lega un epoca
intera all’idea di perdita, di inevitabile declino:
I mutamenti che definiscono la modernità sono a un tempo ben noti e assai sconcertanti.
5
Secondo il mio punto di vista, Taylor riesce a centrare puntualmente, quale è la
nostra situazione negli anni novanta del ventesimo secolo, gli anni del secondo
ottantanove europeo, gli anni del declino delle utopie, del fratricidio slavo, della
tempesta nel deserto, della madre di tutte le battaglie, delle esasperazioni, delle
differenziazioni e dei distinguo culturali, ossia anni che sono stati caratterizzati come
non mai dalla complessità dello scontro, che si sta diffondendo, soprattutto, sul piano
personale, ma anche a livello sociale, ed in molteplici ambiti, da quello intellettuale a
quello spirituale, passando per l’economia e per la politica, sia nazionale e sia
internazionale:
Ciò che la nostra situazione sembra esigere è una lotta complessa a molti livelli - intellettuale,
spirituale e politico - in cui i dibattiti che si svolgono nell’arena pubblica si leghino con quelli
che hanno luogo in una miriade di contesti istituzionali, come gli ospedali e le scuole, dove i
problemi di una ri-concettualizzazione della tecnologia sono vissuti in forma concreta; e in
cui queste dispute di volta in volta alimentano e sono alimentate dagli svariati tentativi di
definire in termini teoretici il posto della tecnologia e gli imperativi dell’autenticità, e, al di là
di essi, la fisionomia della vita umana e il suo rapporto con il cosmo.
6
L’impegno primario, in questa multilaterale discussione, per Taylor, dovrà essere
allora incentrato, nel necessario tentativo di portare ben in evidenza cosa sia
veramente, per noi, la nostra modernità:
Ma per impegnarsi efficacemente in questo dibattito multilaterale è necessario scorgere quel
che c’è di grande nella cultura della modernità, e insieme quel che c’è di vacuo o di
pericoloso.
7
4
Taylor; Il Disagio della Modernità; op. cit. p. 141.
5
Ibidem cap. 1, p. 4.
6
Ibidem cap. 10, p. 141.
7
Ibidem cap. 10, p. 141.
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Taylor, vuole cogliere in pieno la sfida della modernità, e perciò afferma che ora, sul
piano politico, sociale, culturale e economico, c’è una reale necessità di stabilire una
sorta di intesa, che possa abbracciare entrambe le polarizzazioni, attualmente
conflittuali del mondo moderno, e che si ritrovano in una miriade di ambiti
istituzionali, a molteplici livelli; attraverso questa intesa, si potrà innanzitutto superare
il nostro attuale e intimo imbarazzo, e poi, in un secondo momento, si potrà forse
anche innalzare dalla miseria la nostra contemporaneità; l’intenzione specifica
tayloriana, di caratterizzare il moderno, considerandone la validità, sia dei suoi più
esaltanti ed edificanti aspetti, e sia dei suoi più degenerati e perversi ambiti, non è una
sorta di compromesso tra vantaggi e costi, perché, in una tale considerazione della
modernità, gli aspetti ammirevoli e i suoi sviluppi, da una parte, e gli aspetti degradati
e le sue applicazioni, dall’altra, inevitabilmente rimangono conflittuali:
La verità è che … comprendere il rapporto tra l’uno e l’altro aspetto significa rendersi conto
che la questione non è quanto alto sia il prezzo da pagare (in termini di conseguenze
negative) per i frutti positivi, ma piuttosto come pilotare questi sviluppi verso le loro più
promettenti potenzialità, e come evitare di scivolare nelle forme degradate.
8
8
Taylor; Il Disagio della Modernità; op. cit. p. 15.
GRANDEZZA & MISERIA
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GRANDEZZA & MISERIA
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MISURA PORTOREALISTA
a) L’uomo moderno a Port-Royal.
Per Pascal, il bisogno primario dell’essere umano, è innanzitutto la
conoscenza di se stessi, e questo perchè essa risulta utile nel regolare la propria
esistenza, e non c’é nulla di più importante che rendersi conto di questa misura:
Bisogna conoscere se stesso. E anche se questo non servisse a trovare la verità, servirebbe
almeno a regolare la propria vita; e non c’è niente di più giusto.
1
La conoscenza di se stessi, porta in evidenza la caratteristica naturale dell’essere
umano, ossia il suo stato di medietà; le metafore per rappresentare questo stato
naturale di cose possono essere molte; prendiamo per esempio la bilancia:
La natura ci ha messi così bene nel mezzo che se mutiamo un lato della bilancia, mutiamo
anche l’altro…ci sono delle molle…sono disposte in modo che chi tocca l’una tocca anche la
contraria.
2
L’uomo per Pascal può essere ben compreso, sviluppando l’idea del troppo e del
troppo poco, partendo anche da questioni non speculative ma pratiche:
Due infiniti, mezzo – Quando si legge troppo alla svelta o troppo lentamente, non si capisce
nulla.
3
Troppo vino e troppo poco vino. Non gliene date, e non potrà trovare la verità; dategliene
troppo, e avrete lo stesso risultato.
4
Ora, Pascal indica che, non solo la nostra situazione mediana è sempre distante dalle
estremità, ma soprattutto che, questa condizione, è comunque sempre in ogni cosa,
ed è proprio in quest’ultimo punto dove s’incentra l’intera speculazione ispirata
tayloriana:
Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti e instabili, sballottati da un capo all’altro.
Qualunque scoglio a cui pensiamo di attaccarci e restar saldi, vien meno e ci abbandona, e se
l’inseguiamo sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna. Per noi
nulla si ferma. Questa è la nostra naturale condizione, che tuttavia è la più contraria alla
nostra inclinazione; desideriamo ardentemente di trovare un assetto stabile, e una base ultima
per edificarvi una torre che si levi all’infinito; ma ogni nostro fondamento si squarcia e la
terra s’apre in abissi.
5
1
Pascal, Blaise; I Pensieri; Coll. I Maestri, n° 110; Edizioni Paoline, Milano, 1961; n. 66, p. 160.
2
Pascal; I Pensieri; op. cit. n. 70, p. 160.
3
Ibidem n. 69, p. 160.
4
Ibidem n. 71, p. 161.
5
Ibidem n. 72, p. 167.
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GRANDEZZA & MISERIA
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Ciò che si deve sottolineare, per quanto ci riguarda, è la prospettata soluzione che
giunge da Port-Royal, infatti solo quando si sarà compresa questa nostra condizione
mediana, ogni essere umano potrà ritenersi felice per il posto che la natura ha a lui
riservato:
Quando si è ben capito questo … ognuno potrà tenersi pago dello stato in cui la natura l’ha
posto.
6
Ecco dunque che l’intera soluzione tayloriana, la spinta per il superamento della
frammentazione e dell’impotenza, nei confronti del nostro disagiato stallo
contemporaneo,
7
s’ispira proprio ai “I Pensieri” di Pascal che, da uomo di scienza del
diciassettesimo secolo, percepisce la grandezza affascinante e le notevoli possibilità
investigative del suo tempo, ma allo stesso tempo, si preoccupa soprattutto della
miserabile e pericolosa deriva razionalista, tutta incentrata eccessivamente sulle
proposte cartesiane inutili e incerte,
8
tutte concentrate su un temibile
approfondimento esasperato.
9
La questione controversa, è irragionevolmente
derivata dalla ferma convinzione di poter stabilire una e una sola universale verità,
nell’ambito della conoscenza dell’essere umano, e quindi nella scienza della natura,
della scienza umana, della filosofia, della politica, della cultura e dell’economia; un
irrigidimento intellettuale, questo, che non ha però nulla di concreto, infatti se
osserviamo per un attimo, e per esempio, i risultati ottenuti riguardo all’indagine sul
sommo bene, si potrà considerare che questa semplice unità, inneggiata dai
razionalisti radicali e/o dai più oltranzisti cartesiani, non è mai riscontrabile
oggettivamente, infatti tradizionalmente, ritroviamo una complessa molteplicità di
definizioni, anche contraddittorie fra di loro, che si riferiscono al sommo bene, e
questo non solo nei molti pensatori, tradizionali o contemporanei che siano, ma
anche in uno stesso autore.
10
Le controversie non fanno che amplificarsi nei
confronti di molte altre questioni, come ad esempio quella sulla natura del rapporto
fra l’anima e il corpo; qui Pascal conviene in pieno con i razionalisti, perché la
capacità del pensiero umano, costituisce senza alcuna ombra di dubbio la vera
grandezza nell’uomo, ma si deve anche, sempre razionalmente, porre attenzione al
fatto che questa naturale grandezza è anche agostinianamente limitata:
La natura dell’uomo non è di avanzare sempre; ha i suoi alti e i suoi bassi.
11
6
Pascal; I Pensieri; op. cit. n. 72, p. 167.
7
Taylor; Il Disagio della Modernità; op. cit. cap. 10, p. 140; <<E quest’azione comune esige che noi
superiamo la frammentazione e l’impotenza>>.
8
Pascal; I Pensieri; op. cit. n. 78, p. 173; <<Cartesio inutile e incerto>>.
9
Ibidem n. 76, p. 173; <<Scrivere contro coloro che approfondiscono troppo le scienze: Cartesio>>.
10
Ibidem n. 74, p. 172; <<Una lettera sulla follia della scienza umana e la filosofia…Duecentoottanta
specie di sommi beni in Montaigne>>; V. anche frammento n. 73, pp. 170-171.
11
Ibidem n. 354, p. 303; V. anche nota 11, n. 72, p. 169, la citazione agostiniana <<Gli uomini non
possono capire la maniera con cui l’anima si unisce al corpo, e tuttavia l’uomo è proprio questo>> (S.
Agostino; De Civitate Dei; XXI, 10).
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GRANDEZZA & MISERIA
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Negli appunti utilizzati nella conferenza apologetica, che Pascal tenne nel 1658, ai
“solitari” di Port-Royal si legge letteralmente che, solo nel momento in cui, l’uomo
prende atto del suo naturale misero stato di natura, nasce tutta la sua originale
grandezza:
Poiché la miseria si deduce dalla grandezza e la grandezza dalla miseria, gli uni hanno
concluso a favore della miseria quanto più hanno preso come prova la grandezza, e gli altri
hanno concluso a favore della grandezza con tanta più forza quanto più si sono serviti della
miseria stessa: tutto quello che gli uni hanno potuto affermare per mostrare la grandezza è
servito di argomento agli altri per concludere a favore della miseria, perché si è tanto più
miserabili quanto più si è caduti dall’alto; e gli altri, al contrario. Essi si sono saldati tra loro in
un cerchio senza fine, giacché è certo che gli uomini quanto più lume hanno tanto più
trovano grandezza e miseria nell’uomo. In una parola, l’uomo conosce di essere miserabile;
ma è abbastanza grande perché lo sa.
12
Al fine di sostenere la mia tesi, è molto importante sottolineare, che Pascal cita
espressamente due autori, come Agostino e Montaigne, che risulteranno, come
vedremo in seguito, fondamentali per tutta la speculazione tayloriana sulla genesi
della modernità, e quindi del suo complesso sviluppo, che Taylor considera, ancora
oggi, predominante nella nostra quotidiana contemporaneità.
12
Pascal; I Pensieri; op. cit. n. 416, p. 324.
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9
b) La grandezza dell’essere umano sta nel mezzo.
Per Pascal è importante sottolineare, innanzitutto, che tutte le difficoltà e
tutte le sofferenze, per l’uomo, nascono dalla tradizionale dimostrazione,
accettazione e esasperazione, dell’esistenza di una vera e propria battaglia, tutta
interiore, tra la ragione e la passione:
Guerra intestina nell’uomo tra la ragione e le passioni. Se avesse soltanto la ragione senza
passioni…Se avesse soltanto le passioni senza la ragione… Ma poiché possiede l’una e le
altre, non può non essere in guerra, perché non può avere la pace con l’una senza essere in
guerra con le altre, e viceversa; e così è sempre combattuto e in contrasto con se stesso.
13
Resistere, nell’ammissione dell’esistenza di una tale, semplice e naturale, condizione
umana, significa voler perpretare il conflitto, la disperazione e il malessere, e questo
può avvenire soltanto quando ancora non si è ancora compreso che, sia la passione e
sia la ragione, quindi entrambe, caratterizzano ordinariamente l’essere umano stesso:
Quel che può la virtù di un uomo non si deve misurare dai suoi sforzi ma dal suo
comportamento ordinario.
14
La grandezza di un uomo, secondo Pascal, consiste nel riuscire a comprendere, a
considerare e a fare proprie, le naturali estremità di cui egli è parte:
Non si mostra la propria grandezza stando a una estremità, ma toccando insieme le due
estremità e riempiendone lo spazio intermedio.
15
La nostra inquietudine, il nostro disagio e il nostro malessere, nascono
esclusivamente dalla nostra incapacità nel mantenersi nella medietà:
Quando si vuole tendere alla conquista delle virtù fino nei loro estremi, da una parte e
dall’altra, si presentano allora dei vizi che si insinuano inavvertitamente…cosicché ci
perdiamo tra i vizi e non vediamo più le virtù. Siamo irretiti dalla stessa perfezione.
16
La questione è che Pascal, da scienziato del milleseicento, che centra i suoi studi sulla
base della conoscenza esatta, matematica e geometrica, proprio negli anni del pieno
sviluppo della svolta soggettivistica moderna, operata in primo luogo sulla base del
razionalismo cartesiano e quindi sulla diffusa esaltazione delle capacità conoscitive
umane, oggettive, veritiere e liberatorie, valuta negativamente l’eccessiva
enfatizzazione concessa a queste capacità.
13
Pascal; I Pensieri; op. cit. n. 412, p. 322.
14
Ibidem n. 352, p. 302.
15
Ibidem n. 353, p. 303; V. anche nota 5, p. 303; <<La virtù è lontana da ogni eccesso; sta nel
mezzo>>.
16
Ibidem n. 357, p. 304.
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10
Ciò di cui Pascal si sta occupando riguarda, non solo la scienza a lui contemporanea,
naturale e/o umana, ma anche le estremizzazioni radicali della filosofia tradizionale
perché, agostinianamente e/o nicomacheamente, è bene affermare che l’uomo
trasportato verso gli eccessi è comunque e sempre pericoloso:
Non è un bene essere troppo libero. Non è un bene sentire tutte le necessità.
17
Dunque per Pascal, è inevitabile affermare che la via della medietà, è quella da
perseguire; ma ciò che per noi è interessante sottolineare, è che questa via, si deve
perseguire, in primo luogo, dentro di noi, nella nostra intimità, nella nostra anima:
Soltanto la medietà è buona…Uscire dalla condizione media significa uscire dall’umanità. La
grandezza dell’anima umana consiste nel sapervici restare; non è vero che la grandezza
consiste nell’uscirne ma, al contrario, nel non uscirne.
18
In definitiva, secondo Pascal, il nostro compito primario di essere umani, è solo
quello di ri-stabilire, continuamente e quotidianamente, al fine della conoscenza,
quale sia il nostro naturale stato di equilibrio, lontano, allo stesso modo, da
un’esistenza sia bestiale e sia angelica:
Non bisogna far credere all’uomo di essere uguale alle bestie o agli angeli, né bisogna fargli
ignorare l’una e l’altra cosa, ma è necessario che conosca l’una e l’altra cosa.
19
La mia tesi è che Taylor mette in pratica e sviluppa in pieno, nelle sue dettagliate
speculazioni morali, l’obiettivo misurato pascaliano, con cui, come a fatto notare
Paolo Nepi, si possono osservare e considerare le reali difficoltà, a cui l’uomo
naturalmente è sottoposto:
È qui, nella grandezza e miseria di quella canna pensante che è l’uomo, che risiede la
difficoltà di portare a compimento il naturale desiderio dell’uomo di conoscere il bene e di
realizzarlo nella storia.
20
17
Pascal; I Pensieri; op. cit. n. 379, p. 312.
18
Ibidem n. 378, p. 312; V. anche nota 27, p. 312; <<Né angelo né bestia: ma creatura umana, che resta
nell’umanità, a mezza distanza tra il tutto e il nulla, tra l’infinito e il finito (cfr. i frammenti 418 e
420)>>.
19
Ibidem n. 418, p. 325.
20
Nepi, Paolo; Individui e Persona. L’identità del soggetto morale in Taylor, MacIntyre e Jonas; Edizioni
Studium, Roma, 2000; p. 65.
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11
c) La miseria dell’essere umano.
La soluzione delle controversie, che interessano la condizione umana,
secondo Pascal, passa attraverso l’ammissione del fatto che l’essere umano si trova in
uno stato di perenne conflitto:
L’uomo è un essere pieno di errore.
21
L’ammissione può avere inizio, nel momento in cui s’inizia a considerare che,
innanzitutto, sono i nostri stessi sensi che ci deviano dalla conoscenza della realtà
delle cose esteriori; queste ultime, è anche vero, che appaiono tali solo in riferimento
alla nostra sensazione:
I sensi ingannano la ragione con le false apparenze.
22
Se pensiamo poi che la memoria, potrebbe sorreggerci nella ricerca della verità,
23
dobbiamo anche valutare il fatto che essa, nella casualità contingente o nella malattia,
in fondo ci può far giungere al massimo a istruirci più che altro sulla dimenticanza.
24
L’elenco delle miserie umane continua, passando per l’immaginazione, che
sin dall’infanzia ci suggestiona continuamente senza avere però alcun rapporto con la
realtà esistente,
25
passa poi per l’abitudine, che ci condiziona sinceramente stabilendo,
convenzionalmente di volta in volta, cos’è per noi il naturale, lo scientifico e/o
l’oggettivo.
26
Soprattutto però è l’amor proprio, il nostro io, il nostro sé, che ci pone sempre in
prima persona o all’inizio e termine di ogni giudizio, che ci rende effettivamente
limitati, al di là delle intenzioni di Milton,
27
e costringe definitivamente i nostri e gli
altrui orizzonti;
28
a questi poi si legano e ne derivano tutta una lunga serie di vizi
concatenati come l’orgoglio e la vanità:
29
Non siamo che menzogna, doppiezza, contrarietà, e ci nascondiamo e mascheriamo a noi
stessi.
30
21
Pascal; I Pensieri; op. cit. n. 83, p. 180.
22
Ibidem n. 83, p. 180.
23
Ibidem n. 369, p. 309; <<La memoria è necessaria per tutte le operazioni della ragione>>.
24
Ibidem V. n. 370, 372, p. 309.
25
Ibidem V. n. 82, p. 175; n. 84, pp. 180-181; nn. 85, 86, 87, 88, p. 181; nn. 122, 123, 124, p. 196; n.
133, 134, p. 198.
26
Ibidem V. n. 91, p. 182; n. 92, pp. 182-183; nn. 93, 94, 95, p. 183; n. 96, pp. 183-184; n. 97, p. 184; n.
116, p. 194; nn. 117, 118, p. 195; n. 121, pp. 195-196.
27
Ibidem V. n. 455, p. 350.
28
Ibidem V. n. 41, p. 151; n. 100, pp. 185-189; n. 101, p. 189; nn. 451, 452, 453, 454, p. 349; n. 455,
456, 457, p. 350.
29
Ibidem V. n. 18, p. 142; n. 102, p. 189; nn. 147, 148, p. 209; nn. 149, 150, 151, p. 210; nn. 153, 154,
p. 211; n. 155, pp. 211-212; nn. 156, 157, 158, p. 212; n. 209, p. 237; n. 214, p. 238; nn. 405, 406, p.
320; n. 407, p. 321.
30
Ibidem n. 377, pp. 311-312.