Davide Morosi - Tesi di laurea in Economia / Corso Scienze Bancarie e Assicurative (22 Febbraio 2013) 4
Introduzione
Il contenuto di questa tesi di laurea sarà centrato, come si evince dal titolo, sul
sistema previdenziale vigente in Italia nel 2013 dopo l’entrata in vigore della riforma
varata alla fine del 2011 (Fornero-Monti) ed introdotta con il Decreto legge n. 201 del
06 Dicembre 2011 – “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento
dei conti pubblici (convertito nella legge 214/2011)”. Nel titolo della legge si parla di
due concetti importanti: disposizioni urgenti ed equità che saranno oggetto di
approfondimento in questo elaborato. Il tema della “previdenza” si colloca, come
noto, all’interno del cosiddetto Welfare State che comprende anche “assistenza” e
“sanità” e rappresenta uno degli argomenti di maggiore rilevanza per i paesi
industrializzati, con implicazioni di natura economico-finanziaria e conseguenze sul
piano sociale. La pensione pubblica erogata da un organo sovrano, uno Stato o un
ente da esso preposto, può essere, sinteticamente, definita come un supporto
economico riconosciuto a diverse tipologie di soggetti per il loro sostentamento
(consumi) e per la loro sopravvivenza duratura (salute). Qualcuno parla anche della
pensione come di un’entrata economica, da ricevere alla fine dell’attività lavorativa,
che consenta di mantenere il piø possibile, lo stesso tenore di vita antecedente al
pensionamento, ma su questo argomento di seguito alcune riflessioni. Il “diritto” di
ricevere una pensione pubblica è stato introdotto nelle moderne legislazioni nella
prima parte del ‘900 per tutelare diverse tipologie di soggetti: a) chi ha concluso il
periodo lavorativo e si trova senza entrate economiche da salario, stipendio o altro
reddito (pensione di vecchiaia o di anzianità); b) chi ha lavorato per un periodo
inferiore al quello minimo imposto dalla legge (pensione o assegno sociale); c) chi
ha subito eventi traumatici sul piano dell’integrità fisica e non può piø lavorare o agli
eredi nel caso di premorienza (invalidità, superstiti). Nella tesi si analizzerà,
soprattutto, la prima categoria. In sostanza la pensione pubblica è una forma di
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reddito (entrata) che uno Stato si impegna a garantire a coloro che non lavorano piø
per motivi di età o di anzianità lavorativa o a coloro, che per diverse ragioni, non
sono nelle condizione psico-fisiche di lavorare e di produrre di conseguenza un
reddito. Lo scopo dell’assegno vitalizio pubblico è di permettere a tutti i cittadini di
una comunità (Stato) di vivere la loro quarta fase del “ciclo di vita”
1
in modo
decoroso e autonomo, possibilmente, senza aiuti esterni. Secondo quanto sopra
esposto, il reddito derivante dalla pensione pubblica deve svolgere una primaria
funzione di sostentamento economico dell’individuo e non ha come finalità
l’accumulo di ricchezza. In sostanza, nel periodo di quiescenza una parte di reddito
percepita durante la vita lavorativa non è piø necessaria perchØ in questa fase i
bisogni cambiano e si riducono; soprattutto quelli di medio-lungo periodo. Prevedere
che uno Stato possa mantenere, attraverso la pensione, lo stesso tenore di vita di un
individuo non è propriamente corretto. In questa fase della vita, cioè a 65-70 anni,
non ci sono piø impegni collegati all’istruzione dei figli, al loro mantenimento per 20-
25 anni, al mutuo per l’acquisto della casa, al risparmio per il futuro, alle vacanze di
4-5 persone, all’automobile di medio-grandi dimensioni, ecc.. Per chi è in pensione
queste “voci di spesa” non sono piø prioritarie e sono quindi comprimibili (in alcuni
casi però restano). Pertanto, la pensione può essere rappresentata da un valore
inferiore all’ultimo reddito percepito durante il lavoro. Di contro, in questo periodo
possono aumentare le spese per la salute come medicine, visite mediche, terapie,
esami clinici e ciò rappresenterà certamente un problema per le finanze pubbliche in
termini di “assistenza” (argomento non affrontato in questa tesi). Infatti, con
l’invecchiamento della popolazione non solo aumenterà il fabbisogno pensionistico in
relazione al numero totale dei soggetti ma, parallelamente, aumenterà la percentuale
1
Il “ciclo di vita” è un concetto sviluppato in termini scientifici da Franco Modigliani, Premio Nobel per l’economia nel
1985 – Egli ideò l'ipotesi del ciclo vitale o Life-cycle hypothesis, che spiega come il risparmio ed il consumo
cambino nell'arco della vita di un individuo. I consumatori, secondo Modigliani, tendono ad effettuare le loro scelte di
consumo non in base al loro reddito corrente, ma in base alla loro aspettativa di reddito e consumo totale futuri. Per
questo, gli individui tendono a risparmiare in alcune fasi della loro vita per poi spendere il denaro accumulato in altre
fasi, per esempio durante il pensionamento;
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di essi non autosufficienti2 (per un pensionato, che riceve una rendita pubblica tra
1.000-1.500 euro al mese è impossibile, nel caso di non autosufficienza, sostenere
spese di assistenza, domiciliare o residenziale, per 2.000-2.500 euro al mese senza
supporti pubblici o della famiglia). Ciò detto, emerge che tra reddito da lavoro e
pensione pubblica esiste, di fatto, una differenza oggettiva, basata su bisogni reali
del momento, che possiamo definire sinteticamente “gap previdenziale”. Vedremo,
nei capitoli successivi, in che modo potrà essere affrontato questo aspetto ma ciò ci
consente, da subito, di sgombrare il campo da equivoci sull’entità della pensione
pubblica che introduce il concetto di tasso di sostituzione atteso (pensione-reddito).
La materia previdenziale è molto vasta e complessa. Considerato che questa tesi è
redatta in modo sintetico, sono stati analizzati i principali aspetti che evidenziano le
motivazioni che hanno spinto a varare la riforma previdenziale alla fine del 2011 e i
primi effetti ottenuti, dopo 14 mesi, dai provvedimenti da essa introdotti.
Nel primo capitolo, dopo un quadro sintetico del contesto economico italiano tra la
fine del 2011 e il 2012, sono esposte le principali caratteristiche dei sistemi
previdenziali esistenti nei paesi industrializzati, vi è la genesi di quello italiano
vigente e sono illustrati gli interventi della riforma Fornero-Monti.
Nel secondo capitolo è illustrata una rappresentazione del contesto sociale italiano,
con un quadro demografico del nostro Paese, le stime sulla popolazione futura e le
implicazioni in termini previdenziali del fenomeno dell’invecchiamento e dei nuovi
provvedimenti introdotti.
Nel terzo e ultimo capitolo si è posta l’attenzione sugli interventi adottati con l’ultima
riforma e si valutato se essi hanno ottenuto gli obiettivi prefissiti: equità e sostenibilità
del sistema previdenziale attraverso un reale patto intergenerazionale.
2
Individui che non sono in grado di provvedere in modo autonomo alle attività della vita quotidiana (A.D.L. -
Activities of Daily Living. JAMA 1963 - Fonte: Katz) come lavarsi, vestirsi, uso dei servizi, trasferimento, continenza,
alimentazione.
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Infine, sempre in questo capitolo, sono esposte nuove idee e possibili interventi
finalizzati ad ottenere una maggiore equità del sistema. Nuovi spunti di riflessioni
che possano coinvolgere tutti gli attori in gioco, con sacrifici a carico delle diverse
generazioni, secondo un principio “win win”
3
.
3
Il principio “win win” trae origine dalla teoria psicologica dell’analisi transazionale ideata da Eric Berne negli anni
cinquanta. Win-win è un'espressione inglese che indica la presenza di soli vincitori in una data situazione. Per
estensione si considera win-win una qualsiasi cosa che non scontenti o danneggi alcuno dei soggetti coinvolti. Ad
esempio, un gioco win-win (in italiano potrebbe tradursi come gioco vincente-vincente) ha struttura e regole tali per
cui non esistono vinti, ma tutti i giocatori vincono. Un ulteriore esempio potrebbe essere una ideale riforma win-win,
tale che non provochi malcontento in nessuna componente sociale coinvolta dalla riforma stessa.
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Capitolo 1
Overview sui sistemi previdenziali dei
principali paesi industrializzati e focus
su quello italiano.
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1.1 Contesto macroeconomico italiano 2011-2012
Un periodo di grave crisi economica per l’Italia quello 2011-2012, con la necessità di
interventi di politica economica urgenti e conseguenze rilevanti sul piano finanziario
e sociale. Secondo il rapporto annuale dell’ISTAT 2012
4
, presentato a maggio dello
stesso anno, il 2011 ha segnato il ritorno dell’instabilità finanziaria per tutta l’area
euro che a messo a rischio i fondamenti stessi dell’Unione Monetaria Europea: in
questo contesto, l’Italia ha affrontato una delle crisi piø difficili della sua storia.
Negli ultimi mesi del 2011 si è verificato un repentino cambiamento nella psicologia
collettiva del Paese e nello scenario politico e si è affermata con forza la necessità di
un ridisegno della politica economica e sociale, fattori da sempre destinati a incidere
significativamente sulle prospettive a breve e a medio termine. La presa di
coscienza del carattere strutturale della crisi è stata per l’Italia improvvisa e per molti
versi traumatica. Gli interventi di politica economica che si sono succeduti in modo
convulso dalla fine dell’estate del 2011 hanno cercato di fronteggiare una crescente
sfiducia nei confronti della sostenibilità dei conti pubblici di alcuni Paesi dell’Unione
Europea tra i quali Grecia, Portogallo, Spagna e Italia.
- Le richieste dell’Unione Europea
Le nuove regole imposte dall’UE (“Patto di stabilità”) hanno obbligato anche l’Italia
all’adozione di misure drastiche, volte a velocizzare il percorso di riduzione del deficit
pubblico. Tali misure, finalizzate a sostenere il debito sovrano italiano, hanno ridotto
il rischio del collasso finanziario, dando tempo al Paese di avviare riforme di natura
strutturale. Interventi con priorità alla previdenza pubblica e al mercato del lavoro,
coerentemente con gli impegni assunti in sede europea. Si è assistito
4
ISTAT, Rapporto annuale 2012. La situazione del Paese presentato dal Presidente dell’Istituto nazionale di
statistica Prof. Enrico Giovannini, martedì 22 maggio 2012, a Roma presso la Sala della Lupa di Palazzo
Montecitorio.
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all’insediamento di un nuovo esecutivo a fine 2011 costituito da “tecnici” (Governo
Monti) e all’adozione di un nuovo modo di affrontare la politica economica nazionale;
in passato basata, soprattutto, sul ricorso all’indebitamento e sulla svalutazione
monetaria con oneri e impatti negativi sulle future generazioni. E’ oggi ormai noto
come l’Italia attraverso questo tipo di politiche si sia indebitata molto nel corso degli
anni passati, realizzando per il Paese un benessere diffuso per alcune generazioni
ma spostando, di fatto, i problemi strutturali negli anni a venire su altri soggetti.
L’ISTAT nel rapporto annuale 2012 indicava che il 2011 si era aperto nel segno di
una fase di ripresa ciclica delle economie sviluppate e dell’intensa crescita di quelle
emergenti. Tuttavia le difficoltà emerse sui mercati finanziari a metà dello stesso
anno (per l’Italia crescita elevata dello spread e degli interessi sul debito) hanno
provocato, a partire dall’estate, un brusco peggioramento delle prospettive,
influenzando i comportamenti delle imprese e delle famiglie. Le prime hanno rivisto
al ribasso i piani di produzione e di investimento. Le seconde hanno subito gli effetti
immediati dei provvedimenti di natura fiscale, nonchØ quelli futuri legati alla riforma
delle pensioni e del mercato del lavoro. Insieme alla riduzione del reddito disponibile
attuale, già diminuito significativamente negli anni precedenti, si è aggiunta una
contrazione di quello atteso per gli anni futuri aumentando così l’incertezza. Il clima
di fiducia è peggiorato e, analogamente a quanto avvenne nella crisi degli anni 1992-
1993, la discesa dei consumi non si è fatta attendere registrando, di fatto, una
pericolosa e difficile fase di recessione economica. A partire dal terzo trimestre del
2011 il PIL ha ripreso a diminuire e la discesa si è accentuata nel trimestre
successivo e in tutto il 2012 con una media negativa negli ultimi tre anni (linea rossa
di tendenza)
5
.
5
Elaborazione grafica dell’autore su dati Istat.
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L’unica componente che ha sostenuto la dinamica del prodotto è stata la domanda
estera netta grazie alla buona performance delle esportazioni. Si sono moltiplicati,
invece, i segnali di difficoltà del mondo delle imprese a causa del ritardo nei
pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e dei fenomeni di credit crunch
6
,
i quali, in crescita nei primi mesi del 2012, hanno interessato prevalentemente le
piccole imprese e coinvolto anche unità economicamente solide.
- Lavoro, inflazione e produttività (PIL)
A fronte di un leggero aumento dell’occupazione totale (+0,4%), nel 2011 è cresciuta
quella straniera dell’8,2% (pur in presenza di una diminuzione del tasso di
occupazione specifico) e quella italiana è diminuita dello 0,4%. ¨ aumentata
l’occupazione femminile (+1,2%) ed è rimasta sostanzialmente stabile quella
maschile. Sono diminuite l’occupazione giovanile (-2,8%) e quella dei 30-49enni (-
0,5%), mentre è aumentata (+4,3%) quella degli ultracinquantenni, anche per effetto
della modifica dei requisiti per accedere alla pensione. L’occupazione a tempo
indeterminato e a tempo pieno è diminuita dello 0,6%, a fronte di aumenti del 5,3%
di quella a termine (incluse le collaborazioni) e del 2% di quella a tempo parziale, in
gran parte “involontaria” (cioè accettata in mancanza di un impiego a tempo pieno).
6
Con il termine stretta del credito (in inglese credit crunch), si indica un calo significativo (o inasprimento
improvviso delle condizioni) dell’offerta di credito da parte delle banche. A seguito della stretta del credito, possono
verificarsi fallimenti sia di imprese e famiglie debitrici sia di banche stesse. Il credit crunch si verificò particolarmente
durante la crisi del ‘29. Nel 2007 alcuni economisti avevano teorizzato che la crisi dei mutui subprime avrebbero
potuto portare ad un nuovo fenomeno di credit crunch.