4
Introduzione
Il presente lavoro si occupa delle relazioni sullo scenario regionale e globale di una realtà
amministrativa poco conosciuta: le Federally Administered Tribal Areas. Questa regione
è una provincia del Pakistan che dal 15 aprile 2010 rappresenta un caso anomalo in
quanto è un vero e proprio governo tribale che agisce all‟interno dello stato pakistano
come realtà statale a se stante. Inoltre la regione, a causa della sua organizzazione tribale e
del suo isolamento geografico, è divenuta negli anni rifugio e base militare di alcuni dei
più pericolosi gruppi terroristici dell‟area e perno della stabilità regionale.
Ripercorrerò la storia politica delle FATA dal 1900 sino ad oggi, dando particolare risalto
ai movimenti nazionalisti e religiosi (come i Deoband), attraverso le travagliate vicende
della storia del Pakistan, alla formazione di una miriade di gruppi estremisti che hanno
condizionato la vita dello stato pakistano durante dagli anni Settanta fino ai giorni nostri.
Esaminerò in particolare i vari gruppi estremisti nell‟area e le loro relazioni con i governi
stati vicini e con il governo delle FATA. Analizzerò le conseguenze del conflitto in
Afghanistan (maggiore evento di crisi nell‟area) e ipotizzerò futuri scenari che si
potrebbero creare nell‟area all‟atto del ritiro delle truppe. Inoltre, grazie a ricerche
compiute on-line ed alle email di alcuni funzionari del governo delle FATA, cercherò di
dare la foto dell‟attuale sistema amministrativo dell‟area e dei possibili sviluppi di questo
travagliato ed importante governo regionale.
Infine l‟analisi del problema da me proposta terrà conto di un punto di vista particolare
maturato in circa dieci mesi di esperienza sul campo in Afghanistan nella missione ISAF,
nell‟ambito della quale, grazie al mio lavoro di ufficiale dei paracadutisti, sono stato
impegnato in varie province afghane, in particolare fino all‟ottobre del 2011 a Farah.
La bibliografia utilizzata per il lavoro comprende molta pubblicistica di origine
anglosassone, che è in effetti molto più ricca sul Pakistan in generale e sulle Federally
Administered Tribal Areas in particolare. Inoltre ho utilizzato numerose riviste
specializzate di geopolitica, che hanno dato sempre un contributo puntuale ed una visione
oggettiva sulle analisi geopolitiche che ho trattato (in particolare “Foreign Affairs” e
l‟italiana “Limes”). Infine un contributo importantissimo alla mia ricerca è venuto dal
materiale on line, come i siti web: http//newamerica.net, http//pakistansurvey.net e
http//khyber.com.
Il maggiore stimolo che ho avuto nella ricerca è che il teatro, per la vicinanza geografica e
strategica al Pakistan ed al suo tradizionale alleato, la Cina, avrà sicuramente un grande
peso nello scenario geopolitico Asia-Pacifico, rappresentando il futuro baricentro delle
relazioni internazionali degli Stati Uniti.
5
1. Storia politica e movimenti islamici dal 1900 alla nascita del Pakistan.
Il territorio attualmente appartenente al Pakistan identificato come Federally
Administered Tribal Areas è una striscia di terra aspramente montuosa di circa
27000 km quadrati, che storicamente si è trovata a cavallo della famosa Linea
Durand
1
. Questa linea fu un confine artificiale imposto dai britannici nel 1893,
nell‟intento di dividere l‟Afghanistan creando un buffer state con l‟impero
zarista.
Figura 1 1 Le FATA, immagine tratta da S. Nawaz, FATA a most dangerous place, Centre for Strategics
and International Studies, Washington, 2010.
La capitale di quest‟area è la città di Parachinar nel distretto del Kurram, situato
al Centro-Nord delle aree tribali. Le FATA sono nominalmente amministrate dal
governo federale pakistano ma, di fatto, sono controllate dalle diverse tribù
1
Cfr. M. Armellini, La posta in gioco è il controllo dello heartland, in “I quaderni speciali di LIMES
n. 4 2002-Il mondo di Bin Laden”, pp. 43-45.
6
pashtun che le abitano e sono suddivise in sette distretti: Bajaur, Khyber,
Kurram, Mohmand, Waziristan del Nord, Orakzai, Waziristan del Sud; le cinque
regioni frontaliere: Dehera Ismail Khan, Khotan, Lakki, Peshawar, Tank. Nella
tabella successiva viene mostrata la suddivisione delle varie tribù pashtun nei
sette distretti.
Tabella 1: dati per la realizzazione della tabella tratti dal sito internet
http//newamerica.net
Per semplificare la trattazione verrà utilizzato sia il termine Aree Tribali che
FATA, anche se la seconda dizione risale al 15 aprile 2010, momento in cui le
7
FATA sono scaturite da una ripartizione della provincia pakistana, la cosiddetta
North Western Frontier Province
2
.
In realtà le FATA differiscono profondamente da uno stato vero e proprio, in
quanto, sin dalla nascita del confine, ossia la già citata linea Durand, furono,
più che un‟entità di separazione, un trait d’union fra le varie tribù pashtun
dell‟Afghanistan e dell‟India britannica.
La fiera popolazione pashtun, dedita tradizionalmente alla pastorizia, è
suddivisa in numerose tribù, in perenne lotta clanica fra di loro.
Le due tribù principali sono i Durrani (o Waziri) e gli Orakzai, i quali sono da
sempre state il più grande ostacolo ai vari tentativi di colonizzare l‟area, rimasta
fondamentalmente estranea all‟occupazione dell‟India da parte dell‟Impero
britannico.
Seppure siano rimasti tradizionalmente frazionati e divisi fra varie tribù, che
trovavano la convenienza di unirsi solo per fronteggiare la minaccia di invasione
ed occupazione straniera, i pashtun sono fortemente uniti dal vincolo della
comune sorte tribale e dal pakhto, lingua estranea ad ogni altro ceppo linguistico
conosciuto ed attualmente secondo idioma ufficiale dell‟Afghanistan.
L‟ultima unificazione dei pasthun si ebbe sotto Ahmad Shah della tribù Durrani
nel 1747. Il capotribù, con il titolo di re, riuscì a riunire, organizzando una sorta
di regno feudale, tutte le tribù pasthun dell‟Asia centrale, localizzate al tempo
nell‟area attualmente identificata con Afghanistan del Sud e le FATA
3
.
L‟Impero britannico tentò di colonizzare i territori aspri ed inospitali delle tribù
pashtun nella seconda metà dell‟Ottocento, tuttavia gli inglesi riuscirono ad
imporre solamente il proprio protettorato sull‟Afghanistan, allora governato
dall‟emiro Dōst Mohammad. Nacque così nel 1880 il protettorato britannico
sull‟Afghanistan
4
. L‟Impero britannico subì, a cavallo tra Ottocento e
Novecento, tre sconfitte brucianti, tentando di inserirsi nelle lotte tribali per
conquistare i territori dei pashtun e premendo dai propri domini indiani (l‟attuale
Pakistan) verso la cosiddetta frontiera tribale di Nord-Ovest. I britannici
cercarono, senza successo, di portarsi a nord attraverso le intricate gole e passi di
2
Cfr. ivi, p. 46.
3
Cfr. ivi, pp. 46-48.
4
Cfr. T. Barfield , Afghanistan, a cultural and political history, Princeton, Princeton studies in muslim
politics, 2008.
8
montagna di Khyber e Kojak
5
. Dopo le prime due guerra anglo-afghane, quella
del 1839-1842 e quella del 1878-1880, i britannici riuscirono solo ad imporre un
protettorato sull‟Afghanistan e tracciarono la già citata linea Durand, che
divideva i pashtun tra territorio del dominion inglese e il buffer state
dell‟Afghanistan, al di là della loro appartenenza tribale. Dopo pochi anni i
britannici dovettero poi ritirare le loro truppe dal protettorato afghano per
problemi logistici
6
. Fu proprio questa l‟origine storica di una delle principali
caratteristiche delle FATA, cioè la completa permeabilità dei loro confini, che
non separano, ma uniscono, le tribù pasthun transfrontaliere
7
.
La linea Durand scaturì dal trattato di Gandomak (1893), firmato da sir Mortimer
Durand (per l‟Impero britannico) e dall‟emiro afghano Abdur Rahaman. Il
trattato era rivolto a delimitare il confine sud dell‟Afghanistan ed era stato
firmato nella fase conclusiva del cosiddetto “grande gioco”, espressione con la
quale si indica l‟antagonismo che contrappose per gran parte del 1800 la Russia
zarista all‟Impero britannico, interessato a difendere il proprio domini sull‟India
8
.
Gli inglesi cercavano di avere nell‟Afghanistan uno stato cuscinetto, che, in
cambio del loro sostegno militare tenesse lontani i russi da quelle “lande desolate
e brutali”
9
, si trattava quindi di indirizzare la leggendaria bellicosità pashtun, in
special modo delle selvagge tribù che abitavano il confine nord con l‟India
britannica contro l‟esercito zarista. Anche a ragione del fatto che i pashtun
meridionali erano stati più volte all‟origine di incursioni dirette contro l‟India, si
temeva che essi potessero essere usati dalla Russia per indebolire il controllo
inglese dell‟area e per raccogliere importanti informazioni sui movimenti delle
truppe inglesi. Il trattato comportava per l‟emirato afghano la perdita di alcune
tribù pashtun nelle aree dello Swat, a Bajaur, Chitral, Chageh e nel Waziristan,
tutte regioni che tradizionalmente gravitavano sui mercati situati a sud, nelle aree
controllate dall‟Impero britannico
10
.
5
Cfr. M. Armellini, op.cit., pp. 43-45.
6
Cfr. Ivi,. pp. 42-45.
7
Cfr. R. Nichols, Colonial Reports on Pakistan’s Frontier Tribal Areas, Londra, OUP PAKISTAN,
2006, pp-40-51.
8
Cfr. E. Giunchi, Afghanistan. Storia e società nel cuore dell’Asia, Roma, Carocci, 2007.
9
Cfr. P. Sykes, The right Honourable Sir Mortimer Durand. A biography, Lahore, alBiruni, 1977,
p.155.
10
Cfr. R. Nichols, op. cit..
9
La divisione a livello territoriale dei pashtun avrebbe indebolito il loro peso
politico nell‟Afghanistan e rafforzato di conseguenza il peso delle altre etnie, che
fino ad allora erano state talmente esigue da non avere nessuna importanza
politica, creando così un‟instabilità politica che avrebbe reso più facile il
controllo da parte britannica. Alcuni storici hanno sostenuto addirittura che
l‟emiro non si rendesse conto di ciò che firmava, ma questa è una tesi difficile da
sostenere, infatti, come risulta dalla sua biografia e dalle memorie di chi lo
conobbe direttamente, Abdur Rahman era un uomo troppo astuto e intelligente
per farsi sfuggire certe pesanti implicazioni di politica internazionale
11
. E‟
probabile che Abdur Rahman accettasse l‟influenza britannica e le mutilazioni
territoriali per essere protetto proprio dalla minaccia zarista. L‟emiro si rendeva
infatti conto che gli inglesi, consci di non poter dislocare un numero elevato di
truppe in Afghanistan dall‟impero, avevano scopi prettamente difensivi
12
.
L‟accordo fu seguito dalla demarcazione del confine, che poté essere solo
parziale a causa dell‟assenza o inadeguatezza (nel caso migliore) delle mappe a
disposizione, e delle rivolte che scoppiarono immediate e sanguinose fra i
pashtun, che di nuovo si unirono per fronteggiare la divisione territoriale alla
quale andavano incontro. Nell‟immediato i britannici inviarono l‟esercito a
sedare i disordini, ma successivamente cercarono di assicurarsi l‟appoggio delle
tribù locali, versando sussidi e aiuti, anche se con risultati alterni
13
.
L‟accordo che realizzava la linea Durand fu ratificato dai britannici e
riconosciuto solo informalmente dall‟emiro afghano sino agli anni Trenta del
Novecento, quando l‟emiro Zahir Shah iniziò a mettere chiaramente in
discussione il trattato confinario sotto la spinta del nazionalismo pashtun.
Alle prime due guerre tribali che coinvolsero la Gran Bretagna seguì un periodo
di relativa calma, nel quale dal dominion britannico dell‟India partirono delle
spedizioni di esplorazione delle FATA, da Sud-Est verso Nord-Ovest,
praticamente infruttuose in termini di stabilimento di continue relazioni con le
tribù del territorio, in alcuni casi conclusesi sanguinosamente
14
. Nel 1919
scoppiò una terza guerra tribale, nella quale Londra si inserì nella speranza di
11
Cfr. P. Sykes, A History of Afghanistan, Londra, MacMillan, 1940, pp.173-181.
12
Cfr. ivi., p. 216.
13
Cfr. E. Giunchi , Pakistan., op. cit ,, pp.69-72.
14
Cfr. Teepu Mahalat Khan, The Tribal areas of Pakistan, a contemporary profile, Islamabad., Sang-
e-Meel Publication, 2008.
10
ottenere uno stabile dominio e di sottomettere i pashtun, ma anche questa volta fu
completamente sconfitto e dovette rinunciare al protettorato sull‟Afghanistan,
che divenne indipendente sotto il governo dell‟emiro Amanullah Khan
15
. I
britannici si accontentavano del fatto che in Afghanistan non vi fosse un governo
ad essi ostile, ma rinunciavano a farne una docile pedina del loro grande gioco
coloniale, ottenendo però di tenere divise le tribù pashtun (o almeno così
ritenevano), suddivise fra Afghanistan e territori della Frontiera tribale di Nord-
Ovest (conosciute anche come North Western Frontier Province, NWFP)
16
.
L‟Impero britannico, come già accennato, ottenne poi soprattutto il buffer state
dell‟Afghanistan, che divideva i suoi domini indiani dall‟influenza del pericoloso
gigante russo
17
, il quale premeva da Nord verso l‟Asia centrale sotto la guida del
generale Michail Cernjaev
18
. L‟esercito zarista si era infatti spinto sino all‟Oxus.
La controversia sulla linea Durand fu fomentata dal 1920 al 1940 dai movimenti
nazionalisti pashtun, che mettevano chiaramente in discussione per la prima volta
la legittimità internazionale del confine, approvato unilateralmente dall‟Impero
britannico con il trattato di Gandomak
19
. Il nazionalismo pashtun nacque
fondamentalmente fra quei pashtun, specialmente delle tribù Waziri e Orakzai,
allontanatisi dai modelli tribali ed avvicinatisi alle correnti modernizzatrici, come
il movimento Deoband. In particolare la prima forma di resistenza pashtun
all‟Impero, che si affermò negli anni Venti nella pianura di Peshawar, fu il
movimento Khoda‟i Khidmotgar, sotto la guida di Khan Abdul Ghaffar Khan.
Tale movimento, noto anche come “Red shirts”, aveva come obiettivo principale
la liberazione dal giogo britannico, la creazione dello stato dei pashtun, tra
l‟India e l‟Afghanistan, come provincia autonoma o stato autonomo: il
Pashtunistan. Tale creazione fu promossa ufficialmente con la “Risoluzione di
Bannu”, promulgata negli anni Quaranta dai capi tribali, ma, a causa
dell‟isolamento in cui si trovarono i pashtun con l‟avvento della Partition, non
ebbe risonanza alcuna
20
.
15
Cfr. R. Nichols, op.cit, 2006, pp. 40-51.
16
Cfr. M. Armellini, op.cit.., pp. 46-48.
17
Cfr. R. Bartlett, Storia della Russia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2007, pp-162-163.
18
Idem, p.162.
19
Cfr. M. Torri, Storia dell’India, Roma-Bari, Laterza, 2000.
20
Cfr. AA. VV. , LIMES-n. 2 2010. Afghanistan addio, Roma, Gruppo editoriale L‟Espresso, 2010,
p.61.
11
Parallelamente a tali movimenti politici e militari, avvenne in quegli anni la
diffusione nelle Aree Tribali del movimento Deoband
21
. La scuola Deoband è un
movimento religioso islamico sunnita che aderisce in maggior parte alla scuola
giuridica (madhhab) dell'Imam Abu Hanifa. Il loro principale centro è il
seminario della città di Deoband, in India.
Il nome deriva appunto dalla città indiana di Deoband, sita nel distretto di
Sahāranpur. Qui, nel 1867, fu fondata da Hājjī Muhammad „Abīd Husayn la
madrasa (scuola coranica, plurale madaris) chiamata Dār al-„Ulūm (Darul
Uloom Deoband), considerata uno fra i più importanti centri di formazione
religiosa di tutto il mondo islamico. A Deoband, ancora oggi, si mantiene vivo il
ricordo e l'insegnamento del grande mistico e tradizionalista musulmano Shāh
Walīullāh Dihlawī, in una struttura che può ospitare fino a millecinquecento
studenti, con una biblioteca ricca di oltre settantamila volumi a stampa, litografie
e manoscritti di carattere giuridico-religioso
22
. I due principali esponenti della
scuola Deoband sono considerati Rashid Ahmad Gangohi e Muhammad Yaqub
Nanautawi
23
. Proprio ad opera di questi ultimi avvenne la fondazione, negli anni
dal 1905 al 1910, di numerose madaris deobandite nelle FATA
24
. Il
deobandismo fu un movimento progressista di reazione all‟Impero britannico, ma
non di aperta opposizione e soprattutto non fu, e non è, un estremismo religioso,
né ha tra le sue priorità la creazione dello stato islamico
25
. In particolare adottava
il curriculum tradizionale, dars-e nizami, ma enfatizzava le fonti principali
dell‟islam e predicava l‟abbandono di alcune pratiche popolari legate soprattutto
al sufismo. Le materie scientifiche non trovavano spazio nel curriculum di
Deoband.
Le credenze deobandite sono basate integralmente sul Corano, la Sunna, l‟ Ijma e
il Qiyas, come la quasi totalità dei sunniti
26
. Ma i seguaci del movimento, pur
riconoscendo egualmente l‟operato di Abu Hanifa, Imam Shafi, Imam Malik e
21
Cfr. E. Giunchi , op. cit..
22
Cfr. B. D. Metcalf, Islamic revival in british India: Deoband 1860-1900, Oxford, Oxford University
press, 2004.
23
Cfr. ivi, p. 27.
24
Cfr. A. Rashid , Talebani, Milano,Feltrinelli, 2002, p. 113.
25
Cfr. E. Giunchi , Pakistan op., cit. p. 54.
26
Cfr. M. Campanini, I sunniti, Bologna, Il Mulino, 2008, p.33.
12
Ahmad bin Hanbal, credono e seguono particolarmente l‟insegnamento hanafita e
soprattutto la scuola hanafita del diritto islamico (al-fiq). I deobanditi
riconoscono inoltre alcune pratiche sufi come come quelle diffuse dalle scuole
Chisti, Naqshbandi e Surhrawardi
27
, qualificandosi come un movimento
estremamente sincretico. Il movimento Deoband si opponeva alla
contaminazione con l‟induismo, inoltre il suo fondatore Nanautawi (nato in India
nella seconda metà dell‟Ottocento e fondatore con Gangohi del movimento) fu
fortemente influenzato dal wahabismo e questo sicuramente favorì la diffusione
del deobandismo nelle FATA.
Nanautawi nacque in India intorno alla metà dell‟Ottocento. Completò la sua
istruzione primaria nel paese d‟origine e successivamente si trasferì a Deoband,
dove studiò grammatica araba e sintassi. Successivamente, a Delhi, ebbe
occasione di approfondire lo studio della Kafia e della legge islamica,
frequentando successivamente l‟università
28
. Aprì il suo curriculum di studi ad
elementi razionali e logici, cosa che riportò successivamente anche nel pensiero
deobandita. Completata la sua educazione lavorò nell‟editoria (scrivendo per il
“Matbah-e-Ahmadi” ). Prima della fondazione della prima madrasa deobandita
fece il pellegrinaggio alla Mecca per due volte e insegnò in alcune madaris.
Conformò ogni aspetto della sua vita alla shari’a ed alla sunna e insegnò tale
atteggiamento a chi lo circondava
29
. Con la fondazione della prima scuola il
successo fu quasi immediato e la diffusione in India a macchia d‟olio. Sorsero in
particolare, a partire dai primi anni del Novecento, almeno quattro madaris
Deoband nei pressi di Parachinar, attuale capoluogo delle FATA e il movimento
iniziò la sua opera di proselitismo nelle Aree Tribali
30
. Si pensi anche al dato
riferito all‟intero subcontinente, che, alla metà del Novecento, contava circa 8930
scuole.
Il movimento Deoband mutuò il sincretismo religioso e la tolleranza che, con
poche eccezioni, aveva contraddistinto la storia del subcontinente indiano, dove i
governanti musulmani e induisti avevano sempre dimostrato totale apertura e
volontà di integrazione verso l‟altra parte religiosa
31
. E‟ un esempio di tale
27
Cfr. B. D. Metcalf, op.cit..
28
Cfr. Idem.
29
Cfr. Ibidem.
30
Cfr. Ibidem.
31
Cfr. E. Giunchi , Pakistan,. op. cit.
13
comportamento quanto concesso agli indù nei principati musulmani, nei quali,
coloro che non si convertivano potevano continuare a praticare la loro religione
senza costrizioni, venendo addirittura assimilati alla ahl-al kitab o “gente del
libro”, vale a dire: ebrei, e cristiani
32
. Tale trattamento avveniva nella normalità
dei casi e, sebbene l‟appartenenza a questa categoria comportasse in teoria il
pagamento della jizya e il divieto di testimoniare in casi in cui le parti coinvolte
fossero di fede islamica, queste restrizioni dello status di cittadino erano
raramente applicate. Infine, cosa ancora più importante per i pashtun, come alla
popolazione di fede musulmana, veniva lasciata ampia autonomia: chi si
convertiva non era costretto ad abbandonare usi e costumi tradizionali
33
. Anche
se a volte voci di ulama wahhabiti si levavano contro l‟eccessivo sincretismo e la
tolleranza Deoband, queste caratteristiche rimasero distintive del movimento
soprattutto nelle FATA. Inoltre va evidenziato che la maggior parte delle dispute
e dei reati, soprattutto in ambito rurale e tribale, per questioni inerenti alla sfera
privata, venivano risolte in ambito extragiudiziale e con procedure informali. Si
giudicava con meccanismi e principi consuetudinari che poco avevano a che fare
con i dettami della religione
34
. Per l‟impossibilità dell‟imposizione della shari’a
su un territorio aspro e difficile da coprire e su popolazioni radicate nelle proprie
usanze tribali, il movimento Deoband si inserì perfettamente nell‟ambiente
religioso delle FATA
35
. Nel 1910 si contavano ben 40 scuole Deoband in tutto il
subcontinente, di cui almeno dieci nelle FATA
36
.
Come è chiaro dai dati numerici, il deobandismo fu un movimento che assunse le
caratteristiche del movimento politico-religioso di massa e fu determinante per
gli eventi politici che stravolsero il subcontinente tra il 1910 ed il 1947, anno
della nascita dell‟India indipendente e della sua Partition dal Pakistan
37
. Eppure
il movimento Deoband si oppose sin da subito, oltre che alla Partition, alla
divisione della rappresentanza politica fra musulmani e induisti, nella
32
Cfr. ivi., p. 54.
33
Cfr. Idem.
34
Cfr. S. Shuja, Pakistan: Islam, radicalism and the army, in “International journal on world
peace”, Professors world peace academy 2007, vol. 24, no.2, pp.25-35.
35
Cfr. E. Giunchi , Pakistan,. op. cit.
36
Cfr. ivi., p. 57.
37
Cfr. ivi, op. cit..
14
convinzione che misure di questo tipo avrebbero finito per alimentare in tutta
l‟India l‟antagonismo fra le due comunità (induista e musulmana), facendo il
gioco dell‟Impero britannico e limitando le attività di proselitismo islamico
38
. Gli
ulama deobanditi si unirono fin da subito al Congresso nazionale indiano, come
era prevedibile che fosse, e continuarono dall‟interno del partito la dirigenza del
movimento. Gli ulama avevano la convinzione che la collaborazione fra le
comunità religiose (da sempre insita nel sincretismo Deoband) fosse essenziale
per resistere al nemico comune, ossia la Gran Bretagna. Per legittimare questa
posizione, ad una delle prime sessioni del Congresso, Rashid Ahmad Gangohi,
che allora presiedeva la scuola di Deoband, promulgò una fatwa, secondo la
quale la collaborazione fra indù e musulmani era ammissibile, anzi incoraggiata,
nella sfera politica e non precludeva in alcun modo l‟esistenza di differenze
dottrinali. La posizione di Deoband era senza dubbio maggioritaria, ma aveva
grosse frange di opposizione fra i notabili musulmani dell‟India del Nord
39
. Il
movimento Deoband si oppose a tutte le forme di separazione e differenziazione
dottrinale in ambito politico (abbiamo visto che ciò avvenne per la discussione
sugli elettorati separati e fu di nuovo il caso per il Patto di Lucknow nel 1916). In
tale accordo si reiterava il principio della rappresentanza separata secondo linee
confessionali, rivendicata dalla Lega nel suo programma politico generale e si
riconosceva alle comunità, che si trovavano in minoranza nelle province, una
rappresentanza superiore al loro peso numerico. Gli ulama deobanditi in seno
alla Lega criticarono l‟accordo perché a loro giudizio privilegiava la classe media
indiana occidentalizzata e rischiava di alimentare l‟antagonismo tra comunità,
con l‟effetto sia di dividere il fronte antibritannico, che di ostacolare il
proselitismo islamico
40
.
Anche a partire dal 1930, anno in cui la Lega musulmana (partito che raccoglieva
i musulmani indiani) iniziò a parlare ufficialmente di Partition, il movimento
Deoband, che rappresentava ormai il maggior gruppo religioso nel territorio
attualmente appartenente alle Aree Tribali, continuò ad osteggiare la Partition.
38
Cfr. B. D. Metcalf, op. cit..
39
Cfr. E. Giunchi , Pakistan. Op. cit..
40
Cfr. Ivi, p. 57.