INTRODUZIONE
Il mio percorso universitario si conclude in un laboratorio di laurea che ha come obiettivo l’ approfondimento dei progetti che Giuseppe T erragni,
in alcuni casi in gruppo variamente formato, produsse per la città di Roma. Il mio lavoro di ricostruzione ha come terreno d’indagine la Casa
del Fascio nel quartiere Portuense-Monteverde. La creazione del modello digitale è stata preceduta da un’ampia e scrupolosa ricognizione
di tutto il materiale bibliografico e di archivio esistente sull’argomento, fattore determinante per una prima conoscenza dell’oggetto
architettonico, sia per le problematiche legate all’indisponibilità dell’area di intervento, sia per le molteplici valenze di conformazione
logica e processualità del suo linguaggio. La ricerca del materiale iconografico (elaborati grafici, mappe cartografiche, schizzi autografi,
lettere, articoli critici e citazioni) ha seguito criteri molto rigidi, dal vaglio delle monografie su Giuseppe Terragni, alla consultazione
delle biblioteche storiche e degli archivi pubblici e privati. Questa verifica capillare ha condotto alla stesura di un regesto completo delle
immagini e ad una bibliografia estremamente puntuale e rigorosa. Della documentazione raccolta, in gran parte inedita, si è fatto tesoro
come punto di partenza per la modellazione digitale che in effetti risolve alcuni nodi non perfettamente studiati all’ epoca del progetto. Le
interpretazioni sono state guidate da un attenta analisi della tipologia architettonica nonché della vasta produzione progettuale di T erragni.
Sapienza Università di Roma | Facoltà di Architettura | Tesi di laurea in Scienza della Rappresentazione
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CASA DEL FASCIO RIONALE DI PORTUENSE-MONTEVERDE | UNA CORAGGIOSA BATTAGLIA PER L’ARCHITETTURA MODERNA
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Sapienza Università di Roma | Facoltà di Architettura | Tesi di laurea in Scienza della Rappresentazione
UNA CORAGGIOSA BATTAGLIA PER L’ARCHITETTURA MODERNA
di Alessandra Bolli
Ad un’idea di Modernità in cui la rottura
con la tradizione e con l’antico si poneva
in termini di evento storico epocale, se
ne sovrappone un’altra caratterizzata da
un cambiamento incessante, da una rin-
corsa al nuovo che fa moda ed invecchia
precocemente per essere sostituito attra-
verso la stessa esasperante rituale ricerca.
Charles Baudelaire ha descritto in modo
magistrale questa condizione in “Il pit-
tore della vita moderna” con un capi-
tolo il cui titolo è proprio “Modernità”.
Il protagonista, Costantin Guys, cer-
ca “di tirar fuori dalla moda quanto
essa può contenere di poetico nello sto-
rico, di trarre l’eterno dal transitorio”.
Una costruzione architettonica può essere
estrapolata dal suo tempo, spogliata delle
sue parti e decriptata nella sua logica ag-
gregativa. Anche oggetti complessi posso-
no essere sviscerati, da un’unica narrazione
magistralmente aggrovigliata a temi com-
positivi la cui chiarezza si trasforma in am-
biguità soltanto per la loro stratificazione.
Per Eisenman, a determinare la forma
dell’architettura deve essere una ragione
che sia intrinseca alla stessa. A differenza
del linguaggio verbale, però, le figure ar-
chitettoniche quali possono essere piani,
pilastri, membrane, non sono segni ai quali
sia stato conferito un significato univoco.
Se la semantica è la parte della linguistica
che studia il significato delle parole e la
sintassi quella che si occupa del modo di
comporre una frase e quindi un periodo,
si potrebbe asserire che in architettura la
prima dovrebbe interessarsi al significato
delle forme e la seconda al loro accosta-
mento in un organismo di senso compiuto.
Eisenman differenzia nettamente Le Corbu-
sier da Terragni, sostenendo che quest’ul-
timo è in grado di spogliare le forme del
loro significato tradizionale e di attingere
direttamente a “universi formali” , quegli
stessi elementi primari che Tafuri rende
protagonisti dell’incessante trasformazio-
ne nel processo compositivo di Terragni.
Muri, colonne, slittamenti di piani
vengono accolti come “significanti ar-
bitrariamente connessi a significati”.
GENERAZIONE DI UN PROGETTO MODERNO
“L ’universo dei nostri occhi riposa
su di un piano bordato
di orizzonte.
La faccia girata verso il cielo,
consideriamo lo spazio
inconcepibile
fino a qui non colto”
Le Corbusier
Un piano e una retta ad esso ortogonale
sono la triade cartesiana che identificano lo
spazio geometrico euclideo. Il progetto del-
la Casa del Fascio di Portuense-Monteverde
nasce esattamente dall’atto ordinatore per
eccellenza: un piano verticale di riferimento
rintracciato a partire da un rettangolo au-
reo, e un vettore che prende l’avvio dal noc-
ciolo centrale individuato da due rettangoli
minori sovrapposti e sfalsati in altezza. Que-
sti due rettangoli sono le basi per le due se-
zioni a c contrapposte, la cui estrusione darà
forma alla prima parte del blocco degli uf-
fici. La seconda parte scaturisce, invece, da
un’operazione di doppio specchiamento: il
primo utilizza come linea speculare il piano
verticale, e il secondo, in cui a fare da asse
di riflessione è il grande vettore orizzontale.
LABORATORIO DI TESI 2011/2012 | TERRAGNI, PROGETTI PER ROMA
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Per Rowe la facciata è ben diversa da un
prospetto, poiché è iconica e spesso trat-
tiene i processi generativi dell’edificio,
mostrandone il carattere, al contrario di un
prospetto che è spesso solo manifestazione
letteraria e letterale dell’organizzazione in-
terna proiettata verso l’esterno.
Nella Casa del Fascio la facciata fa da con-
trappunto al piano di riferimento verticale
e può esser letta sia seguendo una conce-
zione additiva che una sottrattiva. La tesi
additiva parte da una stratificazione est-
ovest: dal podio emerge sulla sinistra il
muro con bassorilievo; il secondo layer è la
torre littoria, per quanto alleggerita a dive-
nire un traliccio da allestimento (con chiaro
riferimento al progetto per la Nuova Fiera di
Milano – salto di scala permettendo); il ter-
zo è la scala appena decentrata per salire al
vero e proprio ingresso posto al primo pia-
no; il quarto è l’arengario con il suo doppio
agetto; il quinto, il grande muro sospeso a
ricevere l’ombra filiforme della torre; infine
il fascione superiore che chiude il quarto ed
ultimo piano dell’edificio.
L’altra interpretazione è quella, ad esem-
pio, seguita dal professor Nicolò Sardo
dell’Università di Camerino, in cui su una
grande piastra parallelepipeda vengono
effettuate operazioni di scavo a profondità
differenti.
A sostenere i volumi degli uffici è un siste-
ma strutturale a pilastri, che rimangono a
vista sui fianchi lunghi dell’edificio e deli-
mitano in tal modo spazi porticati ad altez-
ze alternate: a nord prima ad un solo livello
poi doppio, speculari nel prospetto sud. La
pilastrata è stavolta soltanto una quinta
per una delle “figure” che Giorgio Ciucci rin-
traccia nella progettazione di Terragni. La
griglia non è la traccia della fuoriuscita del
sistema strutturale, ma quella degli infissi,
che ha in sé un altro movimento, fatto di
avvicendamenti ritmici (A-B-A-B) di rettan-
goli verticali ed orizzontali.
E’ lo stesso ritmo che prosegue nel ponte
sospeso e si spezza completamente nell’in-
contro con il volume trapezoidale della sala
cinema-teatro. L’unico legame che rimane
invariato è il percorso di 80 metri - il grande
vettore - che, dalla sua memoria in facciata,
percorre longitudinalmente tutto l’edificio
in direzione ovest-est e diviene corridoio
della galleria del cinema. Terragni sovrap-
pone dunque due schemi compositivi: uno,
ortogonale, legato al volume degli uffici nel
corridoio centrale e nei percorsi secondari;
l’altro che ruota di 15° rispetto al primo e
che avalla il sistema proprio del cinema con
i percorsi perimetrali. La rampa curvilinea
sale alla quota della galleria, poi scende
fino ad uscire dalla facciata, inclinandosi su
di essa e riguadagnando la quota dell’in-
gresso.
Il risultato è un ossimoro tra astrazione e
plasticità, posato su un orizzonte fuori dal
tempo. Terragni non può seguire il reper-
torio di trasgressioni delle avanguardie. Le
sue composizioni si rifanno a sezioni au-
ree, leggi matematiche, ritmi regolari che
mostrando la loro trasformazione cedono
volontariamente al gioco. Egli sceglie un
campo che sente già suo, per lavorare all’in-
terno di categorie di senso che consentano
interrogazioni e comunicazioni sul signifi-
cato e l’orizzonte della Modernità. Se è la
Grande Forma che deve essere recuperata
e se la Grande Forma è data dalla trasfor-
mazione perenne di un linguaggio, allora
Terragni ne è il principe assoluto giacché
nel momento stesso in cui denucia le re-
gole del gioco intraprende un progressivo
inesauribile cambiamento della natura in-
CASA DEL FASCIO RIONALE DI PORTUENSE-MONTEVERDE | UNA CORAGGIOSA BATTAGLIA PER L’ARCHITETTURA MODERNA
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Sapienza Università di Roma | Facoltà di Architettura | Tesi di laurea in Scienza della Rappresentazione
tima delle medesime, padrone delle forze
espressive al tal punto da accostare a valori
oggettivi idee e interpretazioni strettamen-
te individuali. Nuclei concettuali resistenti -
materialità, scavo e vuoto…- vengono in-
dagati nei limiti del loro divenire forma, ma
sempre in modo estremamente funzionale.
La sua architettura potrebbe vivere chiusa
in se stessa senza alcun osservatore, ma è
al contempo edificio nato dal mestiere del
costruire.
La Casa del Fascio di Portuense-Montever-
de è un architettura Moderna, perché tra-
sforma, alla Zevi, “la crisi in valore e suscita
un’estetica di rottura e di cambiamento”. La
crisi era quella rappresentata dalla “grande
Architettura Aulica del compromesso” (vedi
Palazzo Littorio e E42) e la risposta sarebbe
stata “ uno schema distributivo planimetrico
che sia quanto di meglio si possa oggi tenta-
re nell’ordine della funzione e della perfetta
circolazione”. A detta di Terragni avrebbe
dovuto essere “la conclusione tangibile di
10 anni di polemica e di propaganda per
l’Architettura”. Nel progetto non c’è indica-
zione delle funzioni né uno schema chiara-
mente leggibile della circolazione interna,
soltanto ipotizzabile dai disegni.
Rimane, però, questo splendido, contrad-
dittorio accostamento tra l’astrazione tra-
sparente di slittamenti, scavi ed inversioni
del blocco degli uffici e la fisicità massiva
del cinema opaco ad esser “cosa degna del-
la purissima e coraggiosa battaglia per l’Ar-
chitettura Moderna”. La vera modernità è
un’affermazione positiva dell’epoca nella
quale si vive, esattamente come questa
esclamazione di Terragni nella lettera a
Bernasconi. E’ la coscienza di una sensibilità
diversa, un senso acuto di originalità che
può e deve vivere per raccogliere la sfida di
un’eredità di modelli, di tipi, di tecniche, di
vocabolari formali. Per reinterpretarli e ac-
cordarli al proprio tempo, o, come Terragni,
portarli definitivamente fuori da esso.