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Introduzione
Il mese di novembre del 2011 ha prodotto notevoli sconvolgimenti nello scenario
politico italiano. Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al termine di un periodo
molto difficile che ha visto il debito sovrano subire l’attacco dei mercati finanziari
internazionali, ha dovuto lasciare il passo all’ex rettore dell’Università Bocconi, da poco
nominato senatore a vita, Mario Monti. Nel frattempo, alla guida della Banca Centrale
Europea si era già insediato da qualche mese l’ex governatore della Banca d’Italia
Mario Draghi. Tanto che, all’inizio del 2012, due “Mario” italici si apprestavano ad
affrontare la crisi economica da posizioni di prestigio.
Il governo Monti ha trovato diverse definizioni da parte della stampa e degli addetti ai
lavori. Governo del Presidente e governo tecnico sono state quelle più gettonate: alcuni
hanno richiamato paragoni con gli esecutivi guidati da Carlo Azeglio Ciampi e da
Giuliano Amato. A partire dal dicembre 2012, Monti ha dovuto far fronte agli impegni
siglati dal governo precedente con l’Unione Europea, tra cui spiccava la necessità di
raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013.
Per questo, l’esecutivo si è distinto per aver immediatamente disegnato una forte
politica economica restrittiva, formata da tagli alla spesa e aumento delle imposte: tra le
riforme ricordiamo la manovra cosiddetta Salva-Italia, la manovra Cresci-Italia o la
spending-review. Contemporaneamente, la riforma del mercato del Lavoro sostenuta dal
ministro del Welfare Elsa Fornero, ha provocato la cancellazione de factu dell’articolo
18 dello Statuto dei Lavoratori, qualcosa di più di un simbolo per la sinistra politica e
sociale.
Non è dunque azzardato sostenere che il governo Monti abbia contribuito a promulgare
alcune riforme epocali, le stesse che negli anni precedenti alcuni esecutivi, perlopiù di
centrodestra, non erano riusciti a portare a termine. Ciò è avvenuto, tra le altre cose, per
la presenza a sostegno del governo di una larga coalizione formata dai tre principali
partiti del centrodestra, del centro e del centrosinistra. Inoltre, non vanno dimenticate né
8
la situazione di emergenza in cui si trovava il Paese, né il consenso popolare, misurato
dai sondaggi, di cui ha potuto godere lo stesso esecutivo almeno fino all’autunno del
2012.
A tredici mesi dall’inizio del mandato si materializza però una svolta: Mario Monti,
infatti, si dimette dall’incarico a seguito del mancato appoggio del Popolo delle Libertà
in alcune votazioni importanti. E nonostante avesse spesso smentito la volontà di
proseguire l’impegno politico, decide di candidarsi alle elezioni anticipate del 24 e 25
febbraio 2013 con un proprio movimento, denominato “Scelta Civica”.
Dato questo contesto, ho dovuto modificare leggermente un lavoro che in origine si
poneva come obiettivo quello di analizzare la comunicazione del presidente del
Consiglio durante l’anno di mandato, per verificare se la definizione dominante di
“tecnico” non si rivelasse piuttosto imprecisa, almeno a giudicare dall’attenzione
prestata alla comunicazione politica. D’altra parte, il fatto di non considerare la
campagna elettorale del professore mi impedirebbe di collegare, come è nelle mie
intenzioni, questa ricerca al presente e al futuro.
Nel primo capitolo, a carattere introduttivo, descrivo tutti i passi che hanno portato alla
nomina di Monti come Presidente del Consiglio, attraverso l’analisi qualitativa di
numerosi articoli di giornale. Contestualmente descrivo clima politico e di opinione al
momento del cambio di mano.
Nel secondo capitolo, il mio obiettivo è l’analisi qualitativa della comunicazione del
Presidente del Consiglio durante la cosiddetta luna di miele, nel tentativo di tracciare
un quadro del suo stile di comunicazione.
Nel terzo capitolo focalizzo la mia attenzione sulla crisi economica e attraverso l’analisi
di oltre duecento dichiarazioni riportate dalle agenzie di stampa, mi pongo delle
domande riguardanti la targetizzazione e la discriminazione del messaggio in base al
luogo di provenienza e alla prospettiva temporale a cui si riferisce.
9
L’ultimo capitolo riguarda invece l’analisi qualitativa di oltre duecento editoriali di
prima pagina dei quotidiani La Stampa e La Repubblica, valutati e suddivisi in base al
frame entro cui è compreso il contenuto. Infine, la conclusione si presenta sui generis:
infatti nelle ultime pagine analizzo la campagna elettorale del Presidente del Consiglio
in carica, ipotizzando le cause di un responso delle urne da molti giudicato deludente.
In sintesi, inizialmente il mio obiettivo è stato quello di scoprire se vi fosse una certa
attenzione, anche culturale, alla comunicazione politica e, in secondo luogo, quale fosse
la strategia comunicativa del primo ministro, anche e soprattutto riguardo al tema della
crisi e dell’Europa.
Successivamente e seguendo il corso degli eventi, la mia attenzione si è focalizzata sulla
“salita in politica” dell’ex premier tecnico e in particolare sulla sua campagna elettorale:
a pochi giorni dal responso delle urne la domanda da porsi riguarda, infatti, più che
quanta attenzione sia stata riservata alla comunicazione, cosa non abbia funzionato nella
strategia complessiva.
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CAPITOLO UNO “MONTI PRIMA DI MONTI”
1.1.Gli editoriali di Mario Monti sul Corriere della Sera
“Bisogna evitare di rendere l'Italia da un paese fondatore dell'Euro a un paese
affondatore” (Mario Monti, 20 ottobre 2011,‘Otto e mezzo’, La7)
Monti prima di Monti comincia, volutamente, dal 14 dicembre 2010. Quel giorno, in
una Roma sconvolta dalla rivolta degli studenti, Berlusconi riesce a oltrepassare
l’ostacolo più grande, quella mozione di sfiducia presentata alla Camera dalle
opposizioni, a cui si è aggiunto il partito ‘Fli’, che fa capo al presidente della Camera
Gianfranco Fini
1
. Il governo si salva, con 314 no a fronte di 311 si, e non deve lasciare.
Ma le difficoltà dovute ad una maggioranza così risicata, da quel momento in poi, lo
costringeranno ad un immobilismo che a lungo andare si rivelerà fatale.
Mario Monti, economista di fama internazionale, è presidente dell’Università Bocconi
ed editorialista del Corriere della Sera. Ed è proprio sul quotidiano di via Solferino che
il futuro premier avrà la possibilità di esprimere le proprie considerazioni. Lo farà, nel
corso del 2011, con dieci fondi
2
dal 2 gennaio al 30 ottobre, prima di avvicinarsi
all’incarico più prestigioso.
Già ad una prima analisi dei titoli, si possono registrare alcuni segnali delle priorità del
discorso del professore. Verso Berlusconi domina la critica rispetto alla negazione della
crisi e alla mancanza di strategie per uscirne. Si parla a questo proposito di “illusioni” e
di “false promesse”. Quando poi lo sguardo passa alla proposta, emerge dalle colonne
del foglio di Rcs un’impostazione marcatamente realista: l’obiettivo è la crescita, per la
quale il governo si sta mostrando troppo timido, non avanzando alcuna strategia.
“Quello che serve al Paese” lo proverà a indicare proprio Monti, testimoniando ancora
1
Il Partito “Futuro e Libertà per l’Italia” si è costituito come gruppo parlamentare a seguito di una
scissione interna al Popolo delle Libertà
2
(“Meno illusioni per dare speranza”, 2 gennaio 2011; “Impegni reali, non false promesse”, 6 febbraio
2011; “Il Patto per l’Euro”, 28 marzo 2011; “Una strategia per la crescita”, 1 maggio 2011; “Troppo
timidi per crescere”, 3 luglio 2011; “ Quello che serve al Paese” 14 luglio 2011; “Il podestà forestiero”,
11 agosto 2011; “Un nuovo governo dell’economia”, 14 agosto 2011; “False illusioni, sgradevoli realtà”,
16 ottobre 2011; “Lettera al premier”, 30 ottobre 2011”) Tutti gli articoli sono consultabili all’interno
dell’archivio de il Corriere.it
11
una volta, semmai se ne fosse sentito il bisogno, la frattura tra i cosiddetti “poteri forti”
italici e il governo del Cavaliere(che per la verità ha radici più lontane
3
).
Scendendo nei particolari, il 2 gennaio
4
, il professore azzarda un paragone tra Karl
Marx e Silvio Berlusconi. A suo giudizio, infatti, a partire da queste due personalità
indubbiamente diverse, in Italia sarebbero scaturiti due illusionismi. Il Cavaliere sarebbe
riuscito “ad alimentare, in moltissimi italiani, un sogno sul presente, per il quale la
verifica sulla realtà dovrebbe essere più facile”. “Molti credono che oggi, in Italia, ci
sia davvero un pericolo comunista. Molti credono che i governi Berlusconi abbiano
davvero portato una rivoluzione liberale (come avevo sperato anch'io, incoraggiandolo
da queste colonne ad un “Liberismo disciplinato e rigoroso”, 8 maggio 1994).
Soprattutto, di fronte al magnetismo comunicativo del premier, molti credono che
l'Italia — oltre ad avere, anche per merito del governo, riportato indubbiamente meno
danni di altri Paesi dalla crisi finanziaria — davvero non abbia gravi problemi
strutturali irrisolti, anche per insufficienze di questo e dei precedenti governi” aggiunge
Monti. Ma, come ha detto il presidente Napolitano, “non possiamo consentirci il lusso
di discorsi rassicuranti, di rappresentazioni convenzionali del nostro lieto vivere
collettivo”. L'illusionismo berlusconiano, al quale avevano creduto in tanti fin dalle
origini (il professore tra questi)- favorito dal suo magnetismo comunicativo - sarebbe
dannoso per il Paese perché mette in secondo piano la necessità delle riforme, che
comunque l'illusionismo marxiano(quello della sinistra) e il cinismo delle corporazioni
provvedono a rendere più difficili.
La strada alternativa ci sarebbe, ed è stata percorsa, pur tra le difficoltà, da due
personaggi molto diversi tra loro: “La riforma dell’università e la riforma della
contrattazione indicano la strada, mostrano che è possibile percorrerla” sostiene il
professore, riferendosi alle due “importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a
3
Anche a fine 2010, dagli interventi di Mario Monti emergono critiche e distinguo rispetto all’azione
governativa
4
MONTI Mario, “Meno illusioni per dare speranza”, Corriere della Sera, 2 gennaio 2011, pag.1
12
Sergio Marchionne
5
. Grazie alla loro determinazione, verrà un po' ridotto l'handicap
dell'Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili”.
Il 6 febbraio Monti ironizza sull’annuncio di Berlusconi di un grande piano per la
crescita
6
, avanzato in una lettera al Corriere del 30 gennaio
7
, giudicando l’intervento del
premier fuori tempo massimo e in ogni caso non credibile. Anche per le opposizioni,
tuttavia, per non aver comunque provato a instaurare un dialogo bipartisan, non vi sono
parole positive.
Entrando nel merito, Monti spiega come la mancata crescita sia legata “a carenze nella
competitività e richieda riforme strutturali, tra cui varie liberalizzazioni (ma anche,
speriamo che non venga dimenticato, il rafforzamento delle autorità indipendenti a
presidio del mercato)”. Rispetto al governo, Monti introduce un giudizio sempre più
ricorrente nei suoi interventi: l’azione sarebbe guidata da “una politica economica
solida nella tenuta dei conti pubblici ma viziata da errori nella strategia complessiva”.
Per questo, l’invito è a guardare ad Atene: “Se si vuole essere seri sulle liberalizzazioni,
si rivisiti pure la Costituzione, ma prima ancora si visiti Atene. Il 21 gennaio il governo
Papandreou ha adottato una riforma di quelle che i Greci chiamano correttamente le
“professioni chiuse” e noi pudicamente le “professioni liberali”.
Ancora il 1 maggio
8
Monti difende il capo del dicastero dell’Economia, il super-
ministro Giulio Tremonti, che riceve gli attacchi di un pezzo del governo, sostenuto da
Berlusconi, affinché apra i cordoni della borsa per favorire lo sviluppo. “Tremonti ha
ragione. Non è creando più disavanzo che si genera una crescita solida. E non
possiamo permetterci quel disavanzo in più, dato il nostro grande debito pubblico, lo
sguardo severo dei mercati, la vigilanza più stretta introdotta dall'Unione Europea”.“
La crescita sana e durevole - illustra invece Monti - si ottiene spiegando ai cittadini e
ai mercati la politica economica alla quale il governo intende attenersi, mantenendola
5
Rispettivamente Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca e Amministratore delegato di Fiat
6
MONTI Mario, “Impegni reali, non false promesse”, Corriere della Sera, 6 febbraio 2011, pagina 1
7
BERLUSCONI Silvio, “Piano bipartisan per la crescita”, Corriere della Sera, 30 gennaio 2011, pag.1
8
MONTI Mario, , “Una strategia per la crescita”, Corriere della Sera, 1 maggio 2011, pagina 1
13
nel tempo e rendendola così credibile”. “Meno barriere all'entrata, meno privilegi e
rendite per gli inclusi, più possibilità di ingresso per gli esclusi e per i giovani, più
spazio al merito e alla concorrenza: questi gli ingredienti di un'economia più
competitiva, di una maggiore crescita, di una società più aperta, più inclusiva, più
equa. Purtroppo, questo impegnativo disegno non è stato voluto con continuità; ancor
meno è stato realizzato”.
A “In mezz’ora” da Lucia Annunziata, domenica 19 giugno 2011
9
, Monti viene
presentato come un “grande economista, figura terza e indipendente, già commissario
europeo e grande figura dell’antitrust”. La settimana è di quelle importanti in
riferimento ai mercati: due giorni prima, l’agenzia di rating Moody’s aveva minacciato
di abbassare il rating all’Italia
10
, e poco tempo più tardi sarebbe arrivata la nomina di
Mario Draghi a presidente della Bce
11
. Per questo la giornalista esordisce con la
domanda: quanto è grave il rischio di default in Italia? Monti si mostra preoccupato e
propone la sua ricetta: “non si possono abbassare le tasse, si possono e devono fare le
riforme per fare crescere l’Italia e per essere un Paese più equo. Contro i
corporativismi che mantengono l’economia sclerotica e chiusa ai giovani. Non abbiamo
soldi perché c’è il debito, nonostante l’ottima politica di Tremonti, e poi perché non c’è
la strategia della crescita”. Poi il professore fa riferimento alla raccomandazione della
Commissione Europea, che a suo giudizio dovrebbe essere la linea guida delle riforme
strutturali. “Non è vero che l’Italia è uscita dalla crisi meglio degli altri”, dice Monti
snocciolando alcuni dati. Le parole chiave cominciano a intravvedersi: no alle rendite e
ai privilegi. “Occorrono meno tasse sul lavoro, poi distribuzione del reddito ed equità, i
governi hanno fatto come se l’obiettivo di equità e distribuzione fossero passate di
moda: la mia tesi per l’Europa, l’Italia, e persino per salvare l’economia di mercato, è
che bisogna renderla più accettabile a tutti, ai meno favoriti e ai lavoratori dipendenti”.
9
Il programma realizzerà un ascolto medio di1 milione 626mila telespettatori, 11.33% di share, (dati
Auditel)
10
“Moody’s minaccia l’Italia”, Corriere.it, 18 giugno 2011
11
“Draghi è il banchiere d’Europa”, Corriere.it, 25 giugno 2011
14
Durante la crisi estiva che porterà alla revisione dell’outlook dell’Italia, Monti
interviene due volte: il 9 luglio è in prima pagina sul Messaggero di Roma, con
un’intervista dal titolo: “la fibrillazione politica è un danno serio per il Paese”. Meno di
una settimana e torna con l’editoriale sul Corriere–pubblicato anche dal Financial
Times- dal titolo eloquente: “Quel che serve (davvero) al Paese: riorientare la politica
economica”, nel quale prova a spiegare la tempesta dei mercati con due ragioni
principali. L’Italia, pur non trovandosi nelle condizioni di Grecia (deficit incontrollato),
Irlanda (banche indebitate) e Spagna (bolla edilizia), ha la “tendenza ad andare alle
calende greche” e inscena un “revival della commedia all'italiana, naturalmente a
Roma”.
Il fatto positivo è che l’urgenza abbia spinto maggioranza e opposizione a compattarsi,
votando la fiducia sulla manovra a tempo di record, perseguendo “l’interesse generale
con senso di responsabilità comune”. Ma secondo il professore la sfida per il Paese,
nuova, richiederebbe una strategia per la crescita, vista tuttavia con sfavore “dalle
culture politiche tradizionali in Italia, di destra e di sinistra”. Solo che, sembra
sottolineare il Professore, ora non si può proprio farne a meno: lo chiedono
Commissione Europea, agenzie di rating e mercati.
Ancora estate, 7 agosto, sempre il Corriere della Sera
12
. Stavolta Monti prova a
risvegliare l’orgoglio italiano. Prima difende i mercati e il loro ruolo: “se il governo ha
finalmente aperto gli occhi e deciso almeno alcune delle misure necessarie, lo
dobbiamo ai mercati”. Poi bersaglia le forze politiche, che a suo giudizio avrebbero
accettato un governo tecnico: “Le forme sono salve. I ministri restano in carica. La
primazia della politica è intatta. Ma le decisioni principali sono state prese da un
‘governo tecnico sopranazionale’ e, si potrebbe aggiungere, ‘mercatista’, con sedi
sparse tra Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York”.
Questo quadro, a giudizio di Monti è indice innanzitutto di scarsa dignità: “dispiace che
l'Italia possa essere vista come un Paese che preferisce lasciarsi imporre decisioni
12
MONTI Mario, “Il podestà forestiero”,7 agosto 2011, Corriere della Sera, pagina 1
15
impopolari, ma in realtà positive per gli italiani che verranno, anziché prenderle per
convinzione acquisita dopo civili dibattiti tra le parti”. E ancora, downgrading politico:
“Quanto è avvenuto nell'ultima settimana non contribuisce purtroppo ad accrescere la
statura dell'Italia tra i protagonisti della scena europea e internazionale. Questo non è
grave solo sul piano del prestigio, ma soprattutto su quello dell'efficacia”. Il problema è
stato quello di ascoltare poche voci rassicuranti, perdendo molto tempo con costi elevati
per la nostra economia e società, rendendo più difficoltose le decisioni capaci di
rimuovere gli ostacoli alla crescita. Magistrale la chiosa, che ammicca alle voci che
cominciano a circolare su un suo impegno, magistrale l’uso dell’indicativo al posto del
condizionale. “L'incapacità di prendere serie decisioni…….e l'essersi ridotti a dover
accettare misure dettate dall'imperativo della stabilità richiederanno ora un impegno
forte e concentrato, dall'interno dell'Italia, sulla crescita”.
E che l’editoriale fosse stato tanto eloquente, lo conferma la successiva uscita del
Professore. Il giorno seguente, intervistato dal Tg5, quando smentisce ogni
coinvolgimento in manovre cospirative: “Non ho mai partecipato alla disputa Governo
tecnico sì Governo tecnico no. L'emergenza spero venga presto superata, di chiamata
spero proprio non ci sia bisogno”.
Dopo aver dunque usato il bastone, Monti sceglie la carota: il “pezzo” da editorialista
del 14 agosto, è infatti più conciliante
13
. Se in precedenza, “il ministro dell'Economia,
non aveva affrontato adeguatamente i problemi della competitività, della crescita, delle
riforme strutturali indispensabili per rimuovere i vincoli alla crescita e il premier non
aveva mai mostrato di considerare l'economia come una vera priorità del suo governo,
in quei giorni tutto pareva cambiato, almeno secondo il professore. “Il Presidente del
Consiglio ha preso visibilmente la guida. Si è schierato, per amore o per forza, dalla
parte del rigore. Almeno su questo, non dovrebbero più esserci contrapposizioni con il
ministro dell'Economia. Entrambi, dopo avere prestato scarsa attenzione alle
raccomandazioni rivolte loro per anni dalla Banca d'Italia, si premurano di seguire ora
13
MONTI Mario, “Un nuovo governo dell’economia”, 14 agosto 2011, Corriere della Sera, pagina 1
16
le indicazioni - molto simili! - della Banca Centrale Europea”. È una svolta positiva e
importante secondo Monti, pur se avvenuta nella precipitazione e perciò con due
conseguenze negative. Le misure adottate, che potrebbero ben chiamarsi “tassa per i
ritardi italiani malgrado l'Europa” e non certo “tassa dell'Europa”, non hanno potuto
essere studiate con il dovuto riguardo all'equità e gravano particolarmente sui ceti medi.
Inoltre, la priorità-crescita, pur sottolineata dalla Commissione europea e dalla Bce,
rischia di essere vissuta come “meno prioritaria”, nella situazione di emergenza in cui
l'Italia, soprattutto per sua responsabilità, è venuta a trovarsi. “Crescita ed equità. Come
molti osservatori hanno notato, è ora su questi due grandi problemi, trascurati nei
primi tre anni della legislatura, che l'azione del governo, delle opposizioni e delle parti
sociali dovrà concentrarsi, con un comune impegno come auspica il Presidente
Napolitano”
1.2. Il nome di Mario Monti tra partiti, lobby e governo
Il nome di Mario Monti a capo di un governo di “emergenza” per contrastare la crisi
esce per la prima volta da sinistra. Sono i “veltroniani” del Pd, quelli della corrente
cosiddetta moderata, che per primi spingeranno in questa direzione. Alla fine di
febbraio, Giovanna Melandri
14
dichiara che “Mario Monti potrebbe essere al centro
dell’alleanza Pd-Terzo Polo alle prossime elezioni”. Poi si va avanti senza squilli di
tromba, fino a quando i retroscena riportano una dichiarazione virgolettata di Prodi:
“Caro Mario, secondo me Berlusconi non se ne va neppure se lo spingono, ma certo se
le cose volgessero al peggio, credo che per te sarebbe difficile tirarti indietro”. Fabio
Martini aggiunge: “nelle ultime due settimane al presidente della Bocconi è capitato già
altre volte di sentirsi fare discorsi come questo, nel corso di incontri riservati, da parte
di interlocutori qualificati e di diverso orientamento politico. Tra gli altri, qualche
giorno fa Monti ha ricevuto nel suo studio milanese anche Enrico Letta, sherpa di
frontiera, visto che oltre a essere vicesegretario del Pd è anche uno dei politici più
stimati dal Capo dello Stato”
15
. Lo stesso cronista svela che a gennaio 2011, D’Alema
14
Dichiarazione riportata dall’agenzia di stampa Ansa durante la trasmissione radiofonica di Radio 2 “Un
giorno da Pecora”
15
MARTINI Fabio, “L’investitura di Monti per il dopo Berlusconi”, La Stampa, 24/7/2011, p.11
17
aveva l’accordo con Fini e Casini per un governo di emergenza, qualora le cose per
Berlusconi fossero volte al peggio. E il candidato premier sarebbe stato proprio Mario
Monti.
A Cernobbio, alla convention degli industriali, si posa un altro mattone alle fondamenta
del futuro esecutivo. A dire il vero, Morando, veltroniano del Pd, non poteva essere più
esplicito nell’intervista del primo agosto a “La Stampa”. Alla domanda su come si
sarebbe usciti dalla crisi, l’esponente democratico rispondeva: “non con le elezioni, ma
con un governo del Presidente guidato da Mario Monti e composto da personalità che
sin da ora si impegnino a non partecipare alla prossima campagna elettorale”. Bersani
avrà fatto un salto sulla sedia, ma il senatore del Pd si rivelerà un buonissimo profeta.
Gli industriali riuniti sul lago di Como a inizio settembre, continuano a soffiare sul
fuoco della profezia che si auto-adempie. La credibilità dell’Italia è in rapido
dissolvimento, lo testimoniano dichiarazioni più o meno esplicite dell’establishment
europeo. E col nome di Monti fanno i conti anche alcuni ministri della maggioranza, che
cominciano a pensare al professore per sostituire Tremonti e “rassicurare i mercati”.
Già, perché mentre lo spread sale sempre di più, scende la fiducia nel Paese. Un
industriale padano si sente tradito dall’esecutivo e dice, quasi a consumare la rottura
ufficiale: “ci sentiamo abbandonati, a questo punto meglio un governo tecnico”. Un
governo Monti per intendersi, aggiunge nel suo retroscena dell’11 settembre Marco
Alfieri su “La Stampa”
16
.
16
ALFIERI Marco, “Ci sentiamo abbandonati, meglio un governo tecnico”, La Stampa, 11/9/2011, p. 7