VII
INTRODUZIONE
L’osservazione delle dinamiche concorrenziali odierne e le mutate condizioni di
interscambio tra soggetti, fanno emergere oggi l’adozione da parte delle imprese di
nuovi approcci strategici per il raggiungimento dell’obiettivo di creazione di valore.
Il presente elaborato intende approfondire, in particolare, l’analisi della strategia di
“co-creazione di valore”, ponendo in luce i fattori caratterizzanti il “nuovo” legame
impresa-consumatore e ricercando, attraverso l’approfondimento di un caso pratico, gli
strumenti strategici adottati per la sua attuazione.
Nel primo capitolo, si offre un inquadramento teorico circa la “strategia di co-
creazione” sulla base delle analisi condotte dagli autori Prahalad e Ramaswamy (2004) ,
evidenziando i pilastri a fondamento della teoria e proponendo un breve excursus
storico circa ruolo ed evoluzione delle caratteristiche del consumatore, attraverso la
lente dei differenti approcci strategici susseguitisi a partire dalla “Resource Based
View” di Wernerfelt (1984).
Il secondo capitolo si propone, invece, di inquadrare, in linea generale, il settore
merceologico relativo al caso pratico – settore cosmetico italiano – ponendo in luce gli
aspetti più rilevanti del fenomeno evolutivo che ha traversato il comparto nel corso
degli ultimi anni.
Il terzo capitolo è dedicato, infine, all’approfondimento del caso pratico relativo
all’azienda Intercos S.p.A. con specifico focus sui brand: “Madina Milano” e “Madina
Revolution”. La trattazione viene condotta nell’intento di evidenziare le modalità e gli
strumenti messi in atto dalla casa cosmetica in un’ottica di “co-creazione”,
sottolineando, in particolare, i risultati ottenuti grazie all’impiego di strumenti
informatici e della rete, vista quale utile piattaforma di interscambio virtuale. A tal
proposito, si sottolinea, altresì, come il caso analizzato illustri semplicemente una delle
tante modalità attraverso le quali sia possibile per un’impresa oggi operare in un’ottica
di co-creazione e come, all’interno del panorama cosmetico mondiale, esso non
rappresenti un isolato o raro esempio di applicazione del suddetto approccio.
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1. LA CO-CREAZIONE DI VALORE
1.1 I pilastri della co-creazione
Prahalad e Ramaswamy (2000) introducono per la prima volta il concetto di creazione
congiunta (“co-creazione”) di valore in un articolo pubblicato sulla Harvard Business
Review dal titolo: “Co-Opting Customer Competence”. Gli autori parlano di co-
creazione di valore con riferimento a quella risorsa intangibile che è possibile trovare
all’interno dell’esperienza di co-creazione stessa.
Il valore si crea “in un dato momento, in un luogo preciso e nel contesto di un
particolare evento” (Prahalad, Ramaswamy, 2004, p.11). Nulla sarebbe, infatti,
possibile senza l’interazione con uno spazio di creazione del valore, ovvero, uno spazio
competitivo all’interno del quale abbiano luogo interazioni attive tra consumatore, rete
delle imprese e comunità dei consumatori.
Tradizionalmente, all’interno del processo di creazione di valore, i consumatori
assumono il ruolo del consumo, mentre le imprese quello della produzione. I prodotti e i
servizi sono portatori di valore e i mercati si occupano del trasferimento di quest’ultimo
dal produttore al consumatore. La creazione del valore avviene, in tal senso, “al di fuori
dei mercati”. Quando facciamo riferimento, invece, all’esperienza della co-creazione, la
sottile linea di demarcazione tra le due categorie tende a scomparire e scopriamo come
il consumatore e tutti gli agenti compresi nella sua rete di connessione interagiscano
attivamente nei processi di definizione e creazione di valore.
L’osservazione della realtà fa emergere per gli autori nuovi modelli d’interazione tra
consumatore e impresa che sfidano le modalità usuali di condurre gli affari e creano
valore attraverso lo sviluppo di nuove opportunità. L’invito è quello, dunque, di
“sgombrare la mente dal passato” ponendo al centro gli individui e le loro esperienze di
co-creazione.
Il processo di co-creazione di valore ha luogo nell’interazione tra consumatore-
impresa, ma, per poterne comprendere a fondo stadi e dinamica di sviluppo, è
necessario soffermare l’attenzione sugli elementi chiave posti a fondamento del
processo. I quattro pilastri sono sintetizzati nell’acronimo “Dart”: dialogo, accesso,
valutazione del rischio, trasparenza.
Il dialogo
“Dialogare con i clienti è qualcosa di più che semplicemente prestare loro ascolto”
(Prahalad, Ramaswamy, 2004, p.26)
Secondo gli autori, il dialogo diviene parte fondamentale del processo di co-creazione,
nella misura in cui funge da strumento interattivo attraverso il quale comprendere,
condividere e comunicare bisogni ed aspettative.
L’interattività della relazione è oggi, infatti, “la prima condizione fondamentale delle
nuove tecnologie, in quanto permette lo sviluppo di un marketing one-to-one
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” (Tesser,
2002, p.20), cioè di un rapporto personalizzato e di fiducia con il cliente potenziale o
attuale, difficilmente raggiungibile tramite comunicazioni mediate.
Tesser (2002) specifica come la possibilità di instaurare un contatto diretto offre
vantaggi a tutti gli attori coinvolti, in particolare, all’azienda che, grazie alla facilità
d’accesso all’informazione e al vasto numero di soggetti che è oggi in grado di
raggiungere, può proporre al cliente prodotti sempre più personalizzati e calibrati
secondo le diverse aspettative. Il cliente beneficerà, invece, indirettamente “degli effetti
derivati dal miglioramento della qualità dell’offerta, del servizio e delle informazioni
[...] più mirate ed esaurienti” (Tesser, 2002, p.22).
Prahalad e Ramaswamy (2004) individuano, inoltre, i requisiti specifici
caratterizzanti il dialogo nella co-creazione: comunione d’interessi - trattare argomenti
d’interesse comune per consumatore e impresa; esistenza di un forum – sito ove il
dialogo possa aver luogo; presenza di regole di comportamento - a garanzia di
un’interazione ordinata e produttiva. La presenza di tali elementi consente il
mantenimento di un dialogo fattivo e interattivo con i consumatori.
L’accesso
“Non c’è bisogno di possedere qualcosa per accedere a una certa esperienza”
(Prahalad, Ramaswamy, 2004, p.28)
Il consumatore di oggi ha accesso a una notevole quantità d’informazioni in grado di
orientarlo verso decisioni d’acquisto razionalmente più ponderate. Sono milioni, infatti,
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Tesser (2002) suddivide le comunicazioni in tre tipologie: (i) comunicazione one-to- many – l’utente
accede ad un certo contenuto senza alcuna possibilità d’intervento, un esempio sono le sezioni FAQ
(Frequently Asked Questions), link presente sul sito di un’impresa nel quale vengono fornite le risposte
alle domande più frequenti poste dagli utenti; (ii) comunicazioni many-to-many - tramite chat o
discussion group; (iii) comunicazione one-to-one – l’utente ha la possibilità di attivare una conversazione
con il gestore del sito Web (post-master) attraverso posta elettronica
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i consumatori che ogni giorno, grazie al largo uso di tecnologie informatiche,
comunicano tra loro, scambiandosi informazioni, opinioni e credenze riguardanti i più
svariati settori
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. Con riferimento all’importanza dell’elemento “informazione” dell’era
post-industriale, Prahalad e Ramaswamy (2004) sottolineano come l’obiettivo del
consumatore oggi non sia necessariamente il possesso del prodotto bensì la possibilità
di accedere ad una certa esperienza.
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Sono davvero numerose le modalità attraverso le
quali è possibile che tale desiderio d’accesso si concretizzi.
Per citare un esempio dal settore automobilistico, Prahalad e Ramaswamy (2004)
analizzano le possibilità offerte da contratti leasing e noleggi auto. Grazie a tali servizi,
è oggi possibile per il consumatore comportarsi come se fosse proprietario del veicolo,
con il vantaggio di non essere legato alle responsabilità connesse al suo possesso.
Seguendo l’esempio citato dagli autori, l’utente avrà la possibilità, di essere alla guida
di una berlina il venerdì sera per una cena elegante; il sabato mattina trasportare con un
Suv la squadra di calcio del figlio e il giovedì avere a disposizione un’utilitaria, facile da
parcheggiare, per andare a fare shopping.
E’ questo ciò che oggi attrae e fa “emozionare” il consumatore, l’accesso esclusivo
ad esperienze e stili di vita che possano farlo sentire soggetto attivo del mondo che lo
circonda.
La valutazione del rischio
“Dateci le informazioni, gli strumenti e la libertà di decidere”
(Prahalad, Ramaswamy, 2004, p.33)
In passato, l’interesse principale degli esperti di marketing è stato quello di riuscire ad
evidenziare, in modo accattivante e convincente, vantaggi e benefici legati all’offerta
dei prodotti/servizi, trascurando o ignorando del tutto i rischi
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ad essa connessi. Essi
erano mossi, infatti, dalla convinzione che il consumatore non fosse in grado di valutare
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Prahalad, Ramaswamy (2004) citano, a tal proposito, quanto accade nel settore dei servizi sanitari.
L’accesso ad Internet consente agli utenti del servizio di ricercare con grande facilità informazioni su
malattie e terapie, rintracciare numerose testimonianze di medici ed ospedali, essere rapidamente
informati sui più recenti test clinici e protocolli sperimentali e condividere in rete le proprie esperienze
personali
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“L’esperienza non è quello che capita ad un uomo; è quello che un uomo fa con ciò che gli capita”
( Huxley, 1932)
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Con il termine “rischio” s’intende, in tale contesto, la probabilità del consumatore di subire qualche
danno.
il rischio né, tantomeno, di gestirlo. Tale compito spettava, dunque, in via esclusiva,
all’impresa.
Prahalad e Ramaswamy (2004) sottolineano, tuttavia, come oggi l’attenzione dei
consumatori, in relazione a tale tematica, sia mutata. In un’ottica di co-creazione i
consumatori, investiti del ruolo di “co-creatori”, si sentono soggetti attivi
corresponsabili di eventuali rischi emergenti dall’offerta e mostrano una maggiore
sensibilità ed interesse nel discutere e ricercare informazioni in merito. ” Oggi, la gente,
esige di essere informata con franchezza sui limiti delle nostre attuali conoscenze [...]”
( Prahalad, Ramaswamy, 2004, p.31).
Strettamente legata alla possibilità di valutazione del rischio, si è sollevata negli
ultimi anni, la richiesta accorata dei consumatori verso una maggiore trasparenza
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da
parte delle imprese, al fine di poter effettuare scelte più informate e consapevoli. Le
previsioni degli autori circa l’evoluzione del ruolo del consumatore, sono chiare: ”Non
cederanno il loro diritto a scegliere, ma continueranno a battere sullo stesso tasto”
(Prahalad. Ramaswamy, 2004, p.33). Per l’impresa che intenda, dunque, conquistare un
nuovo e superiore livello di fiducia con il consumatore, sarà necessario mantenere un
dialogo sempre attivo, in grado d’informare in maniera chiara e tempestiva circa i rischi
e benefici derivanti dalla propria offerta.
La trasparenza
“Il compito è agevolato da un livello di trasparenza sconosciuto in passato”
(Prahalad, Ramaswamy 2004, p.34)
Se si getta uno sguardo al passato, non sono certo rare le occasioni in cui diverse
imprese hanno saputo trarre vantaggi dallo sfruttamento di situazioni caratterizzate da
profonda asimmetria informativa tra organizzazioni e consumatori. Oggi, tuttavia,
grazie alla facilità d’accesso ad informazioni su prodotti, tecnologie e metodi
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A testimonianza della richiesta di trasparenza da parte dei consumatori , Prahalad e Ramaswamy (2004)
fanno riferimenti al dibattito sviluppatosi nel corso degli ultimi anni attorno agli OGM ( organismi
geneticamente modificati). In particolare, riportano la vicenda relativa all’azienda Monsanto, leader nella
produzione di OGM, chiamata più volte nel corso degli anni al banco degli imputati. Secondo gli autori,
gran parte dei guai legali incorsi, si sarebbero potuti evitare se solo l’azienda avesse dichiarato: ”Abbiamo
valutato i rischi, e la Food and Drug Administration, dopo aver studiato i nostri prodotti, ne ha autorizzato
la vendita”. In virtù del principio di trasparenza, “la maggioranza dei consumatori si sarebbe sentita
soddisfatta e tranquillizzata” ( Prahalad, Ramaswamy 2004, p.31).