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Introduzione 
 
Mi accingo a una breve introduzione del testo che segue, nel quale 
mi propongo di illustrare un’analisi sulla visione del potere operata da 
Max Weber sia sotto il profilo storico che filosofico. 
La relazione partirà dal binomio potere – potenza, per poi affrontare 
il tema della sociologia del potere e i suoi fondamenti di validità e 
scandagliare le forme legittime identificate dalla tripartizione 
effettuata dal filosofo tedesco. 
L’analisi si soffermerà successivamente sul concetto intrinseco di 
disciplina e di ubbidienza, prendendo in esame sia la parte di chi 
detiene il potere che di chi lo subisce. 
E’ a questo punto che si crea il connubio tra potere e comando, il 
legame inscindibile creato da Weber che porta questo testo a 
un’appendice sulla personale esperienza di chi scrive in ambito 
militare, dove si infittisce il legame tra i due termini. 
Questa tesi è suddivisa in quattro capitoli, come riportato qui di 
seguito. 
Il primo, intitolato “Il potere”, è suddiviso a sua volta in tre 
sottocapitoli: “Definizione, sociologia e forme”, “Potere e 
amministrazione”, “Fondamenti di legittimità del potere” . 
Il secondo capitolo, dal titolo “La triplice forma di legittimazione 
del potere” è suddiviso in tre sottocapitoli: “Il potere legale”, “Il 
potere tradizionale” e “Il potere carismatico”.
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Il terzo capitolo “Disciplina e obbedienza” è suddiviso in tre 
sottocapitoli: “Il significato della disciplina”, “L’origine dalla 
disciplina militare” e “L’obbedienza”. 
Il quarto capitolo dal titolo “Potere in ambito militare” è composto 
da un solo sottocapitolo, “Da Weber all’esperienza personale”, in cui 
mi accingo a fornire un breve approfondimento sul potere nella mia 
vita lavorativa partendo dall’analisi del sociologo tedesco sul potere 
nella struttura organizzativa della forza armata. 
L’elaborato prosegue e termina con le conclusioni personali 
dell’autore e la bibliografia dei testi consultati.
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1. Il potere 
 
1.1 Definizione, sociologia e forme 
Il sociologo tedesco Max Weber definisce il potere come la capacità 
di un attore sociale di esercitare un controllo sul comportamento degli 
altri attori, anche senza il consenso di questi ultimi, condizionando le 
loro decisioni.  
Il potere viene individuato, quindi, come quel fenomeno per cui una 
volontà manifestata dal detentore (o detentori) di esso, definita 
comando, influisce effettivamente sull’agire di altre persone, definiti 
dominati, i quali assumono un comportamento di obbedienza.
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Weber scinde il potere in due macro blocchi mediante l’utilizzo di 
due concetti fondamentali: quello di Macht (potenza) e quello di 
Herrschaft  (dominio). In essi si individua una prima palese e 
sostanziale differenza: nel primo caso, si ricorre all’utilizzo della forza  
per far rispettare la propria volontà e il potere viene imposto dall'alto 
grazie all’utilizzo della forza stessa e alla paura; nel secondo caso, 
invece, emerge l'abilità di trovare obbedienza da parte di determinati 
individui in cui vi è un minimo di volontà di obbedire e il potere si 
forma dal basso e scaturisce dal rispetto e dal riconoscimento di una 
superiorità. Weber distingueva tra un significato più generale e un 
significato più ristretto del concetto di Herrschaft. Il primo indica 
semplicemente tutte le strutture di relazioni di potere; in questo senso, 
                                                           
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una posizione usualmente designata come dominante può svilupparsi 
tanto nelle relazioni sociali di un salotto come sul mercato, dall'alto di 
una cattedra in un'aula di lezione come in una discussione scientifica e 
nello sport. Con il concetto di Herrschaft nel senso ristretto, Weber 
intende identificare relazioni strutturate tra superiori e subordinati in 
cui, tuttavia, l'obbedienza di fatto può basarsi sui motivi più diversi ed 
essere ottenuta con una grande varietà di mezzi.  
Il potere, considerato nel suo concetto più generale, costituisce uno 
degli elementi più importanti dell’agire in comunità. 
Sebbene non ogni agire in comunità mostri una struttura di potere, 
tuttavia il potere occupa un posto rilevante nella maggior parte delle 
specie di quest’ultima, anche in quelle nelle quali è meno evidente. 
Così avviene, per esempio, nelle comunità linguistiche nella scelta del 
dialetto da promuovere a linguaggio ufficiale come è avvenuto in 
Germania, portando allo sviluppo di una grande comunità di unità 
letteraria, e in Olanda, dove è avvenuto l’opposto, ossia una 
differenziazione linguistica dal tedesco. 
Tutti i campi dell’agire in comunità mostrano di essere influenzati 
in modo molto profondo da parte di formazioni di potere. In molti casi 
è il potere stesso, e il modo del suo esercizio, a far scaturire 
un’associazione razionale. 
La sussistenza del potere ha un’importanza decisiva soprattutto 
nelle formazioni sociali più rilevanti dal punto di vista economico, 
ossia nella proprietà fondiaria e nella grande impresa capitalistica. 
Weber prende come esempio il caso dei fabbricanti di birra in 
Germania e della Standard Oil Company, un vero e proprio trust
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controllante il settore petrolifero negli Stati Uniti ad inizio Novecento, 
la cui posizione rispetto ai propri rifornitori è assai approssimabile a 
quella del dominio del potere autoritario di una burocrazia statale. 
Il concetto di potere è strettamente connesso con quello di potenza 
di cui costituisce un caso speciale. Lo scopo esclusivo del detentore 
del potere non è affatto quello di perseguire in virtù di esso interessi 
puramente economici, sebbene la potenza economica sia sovente una 
conseguenza del potere ed anche uno dei suoi mezzi più importanti. 
La potenza designa la possibilità di far valere entro una relazione 
sociale, anche di fronte ad un’opposizione, la propria volontà, quale 
che sia la base di questa possibilità. 
Essa può essere considerata, quindi, come l’assoggettamento delle 
volontà altrui alla propria e può assumere diverse forme e appartenere 
a svariate sfere delle relazioni sociali, da quella economica a quella 
giudiziaria, da quella scientifica a quella sportiva.
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E’ praticamente incommensurabile la casistica comprensiva di tutte 
le forme, le condizioni e i contenuti in cui si potrebbe manifestare il 
potere. 
Weber, perciò, riassume tutte le varie forme in due principali specie 
di potere tra loro contrapposte: quello costituito in virtù di una 
costellazione di interessi (in particolare in virtù della posizione di 
monopolio) e quello costituito in virtù dell’autorità (potere di 
comando e dovere di obbedienza). 
                                                           
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Il tipo più puro della prima specie è costituito dal potere 
monopolistico sul mercato, mentre il tipo più puro della seconda 
specie è rappresentato dal potere del padre di famiglia o dal potere del 
principe. 
Il primo si fonda semplicemente sull’influenza sull’agire 
formalmente libero dei dominati ed è guidato soltanto dall’interesse 
personale; il secondo si fonda su un semplice dovere di obbedienza 
che viene preteso prescindendo da ogni motivo o interesse.  
Spesso i due tipi di potere si compenetrano a vicenda, cosicché il 
potere detenuto dalle banche e da ogni detentore di monopolio, finisce 
per trasformarsi in un potere di comando, alla stessa stregua di quello 
di un’istanza burocratica statale, e la subordinazione dei dominati 
potrebbe assumere il carattere di un rapporto autoritario di 
obbedienza. 
La linea di demarcazione tra i due tipi è comunque molto labile se 
consideriamo che anche nel potere di comando puro, fondato sul 
dovere di chi lo subisce, un minimo di interesse personale da parte di 
chi obbedisce è normalmente indispensabile molla dell’obbedienza. Il 
potere, in assenza di regole, sancito in virtù solo di una costellazione 
di interessi, può essere, anzi, ritenuto molto più oppressivo di quello 
conferito dall’autorità.
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Di qualsiasi natura esso sia, il potere implica sempre il rapporto tra 
due soggetti: il detentore del potere stesso e il dominato, i quali si 
relazionano tra loro attraverso la biunivocità di comando e 
obbedienza. Questo rapporto è regolamentato dall’accettazione dei 
                                                           
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dominati per loro stesso volere della volontà manifestata dall’autorità 
che detiene il potere. 
La particolare condizione del dominato è determinata da una 
concatenazione causale dei processi che intercorrono dal principio del 
comando fino alla sua esecuzione. 
Dal punto di vista puramente psicologico, un comando può 
raggiungere il suo effetto mediante tre diverse forme di influenza: 
suggestione, ispirazione o convincimento razionale, ma non è esclusa 
anche la combinazione di esse. Dal punto di vista sociologico la 
motivazione concreta che porta all’obbedienza i dominati può 
scaturire da una personale convinzione della giustizia alla quale si 
ispira il comando, un sentimento di dovere o di paura, una sorda 
abitudine, un vantaggio personale.  
Esistono, addirittura, taluni casi ambigui, in cui le figure del 
detentore del potere e del dominato sono difficilmente delineabili. E’ 
questo l’esempio dei funzionari dei dicasteri, i quali nel loro potere di 
comando, possono essere reciprocamente sottoposti, ognuno 
nell’ambito di competenza dell’altro. Ambigue sono anche le 
posizioni di venditore e acquirente nei rapporti di scambio: chi domina 
chi?
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La scelta nella definizione della loro condizione di potere è, quindi, 
ricavata puramente dalla loro capacità di pretendere e ottenere 
obbedienza. 
                                                           
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