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INTRODUZIONE
Nell’ambito della traduzione audiovisiva, la sottotitolazione (subtitling) è considerata una
modalità traduttiva estremamente rispettosa nei confronti della realtà linguistica originaria,
oltre che uno strumento utile per l’apprendimento delle lingue straniere (Danan, 2004;
Caimi, 2009; Ghia, 2012). La conoscenza di altre lingue, oltre quella materna, varia infatti
da paese e paese e, in alcuni casi, da regione a regione all’interno del medesimo paese.
Studi recenti (Media Consulting Group, 2011) hanno, a tale proposito, evidenziato il
legame che esisterebbe tra paesi che mostrano un elevato livello di conoscenza delle lingue
straniere e preferenza per la sottotitolazione piuttosto che per il doppiaggio.
Il prevalere in Italia della tradizione del doppiaggio ha fatto sì che, per lungo tempo,
la sottotitolazione sia stata sottovalutata o confinata nell’ambito della modalità per non
udenti. Tuttavia, più di recente e in special modo da parte delle generazioni più giovani, il
sottotitolo è stato rivalutato, come forma di mediazione linguistica che lascia inalterato il
prodotto filmico o televisivo e consente di apprezzare pienamente le variazioni fonetiche e
diastatiche della lingua originaria, la quale, in larga misura è rappresentata dall’inglese.
L’allargamento del mercato degli audiovisivi ha poi rappresentato un ulteriore fattore
di ampliamento della richiesta di prodotti sottotitolati nelle diverse lingue, compreso
l’italiano. L’uso di questa modalità traduttiva è giustificato proprio dall’abbattimento dei
costi che, nel doppiaggio, fanno capo a un lavoro complesso di riscrittura della traccia
sonora, oltre che di adattamento dei dialoghi, che richiede la collaborazione di numerosi
professionisti. Molte emittenti televisive in lingua italiana (come Discovery Channel,
MTV, Gambero Rosso, Fox, ecc.), che sono solite importare format televisivi in altre
lingue, optano infatti per questa modalità anche per accorciare i tempi di post-produzione e
messa in onda. Un esempio può essere costituito dalla trasmissione di serie televisive
statunitensi, molto amate da un certo target di pubblico, che vengono trasmesse in
contemporanea con il paese d’origine proprio per fidelizzare la quota di ascolti. Quando,
invece, la trasmissione in Italia non è sincronizzata, vi è spazio per quelle comunità di fan e
di amatori per produrre in proprio la sottotitolazione che, di fatto, si accumula sul WEB,
costituendo una vasta mole di materiale tradotto, il cui standard qualitativo è variabile, se
non proprio discutibile.
Un fatto è certo: l’esposizione del pubblico e in particolare delle giovani generazioni
al prodotto sottotitolato sta cambiando le scelte e i gusti dello spettatore anche in Italia in
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una forma che probabilmente renderà evidenti le sue conseguenze solo tra qualche anno.
L’industria della produzione audiovisiva è, d’altra parte, un settore in continuo movimento,
in cui le figure professionali e i singoli specialismi vengono di volta in volta ridefiniti
anche in funzione dei mezzi tecnologici e della loro evoluzione.
Il presente lavoro scaturisce dunque da una serie di riflessioni, nate all’interno
dell’esperienza del Master, ma che riguardano anche alcune domande relative alla figura
del traduttore in un mondo condizionato dalla tecnologia e dai bisogni del mercato. La
prima questione riguarda proprio lo standard qualitativo della traduzione audiovisiva e, in
particolare, quello relativo alla sottotitolazione, per il significato che ha, anche in
prospettiva e in quanto testo scritto. Ma, prima di tutto occorre domandarsi: esiste uno
standard? Vi sono dei mezzi per poterlo misurare? La risposta è sembrata più negativa che
positiva, nonostante gli studi nel settore della screen translation abbiano fatto, in questi
ultimi venti anni, notevoli passi in avanti (Orero, 2004; Paolinelli & Di Fortunato, 2005;
Chiaro et al., 2008) anche solo per acquisire maggiore riconoscibilità in ambito
traduttologico.
A partire da questa prima, provvisoria, risposta ci si è chiesti allora se le metodologie
linguistiche più aggiornate fossero in grado di offrire nuovi spunti finalizzati
all’organizzazione e all’analisi di un materiale che già esiste e che necessita unicamente di
essere strutturato. Per i motivi accennati, ci si trova infatti di fronte a una mole notevole di
informazione testuale (i sottotitoli), per lo più in formato elettronico, che attende di essere
visionata e analizzata e che è destinata a crescere.
Alcuni spunti per avviare questo lavoro sono poi stati ricavati da iniziative che, in
altre Università italiane, hanno portato alla creazione di vere e proprie banche-dati di tipo
multimediale (Valentini, 2009), senza, ovviamente, la pretesa di imitarne l’estensione e le
implicazioni a livello di ricerca. Il presente lavoro si configura piuttosto come un tentativo
di riflettere su ciò che si è imparato sino a questo punto e su come proseguire un certo
percorso professionale in un settore dai contorni sfuggenti, ma le cui prospettive future
sembrano ancora abbastanza incoraggianti.
Una notazione a parte va fatta invece sulla scelta di utilizzare gli strumenti della
linguistica computazionale per delineare un percorso metodologico, più che una vera e
propria analisi, su materiale sottotitolato originale. I tempi molto ristretti e la necessità di
approfondire un argomento così complesso non hanno consentito di pervenire
all’organizzazione di un corpus parallelo di sottotitoli dall’inglese verso l’italiano di
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dimensioni tali da poter essere considerato rappresentativo (Cfr. Par. 3.3). La scelta è stata
dunque quella di far emergere soprattutto le potenzialità insite, sia nei materiali testuali
stessi, anche come prova di un’autorialità (quella del traduttore di prodotti multimediali)
tutta da definire e da discutere, sia nello strumento della statistica testuale. Il risultato è
sicuramente un percorso incompiuto, come quello di chi ha scelto di tradurre per
professione.
Il lavoro è organizzato come segue: nel primo capitolo viene presentata la tecnica
della sottotitolazione accanto ad alcune sue implicazioni dal punto di vista traduttologico;
nel secondo capitolo vengono individuate le origini della linguistica computazionale e
delle metodologie che han fatto uso di corpora, per giungere, attraverso i linguaggi di
mark-up, agli strumenti della statistica testuale. Nel terzo capitolo viene presentato il
materiale empirico sul quale si è deciso di operare (la serie televisiva statutinense tuttora in
onda The Big Bang Theory), prima producendo la traduzione in italiano dell’originale
inglese e poi sperimentando il software TaLTaC
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, al fine di delineare un percorso
metodologico, più che una vera e propria analisi di dati testuali rappresentativi, utile a chi
eventualmente intenda proseguire in questa direzione. Nelle conclusioni si è tentato, oltre
che di tirare le fila dell’intero percorso, anche di individuare le future potenzialità di questo
tipo di approccio.
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CAPITOLO 1. La sottotitolazione nella traduzione audiovisiva
In questo capitolo verrà presentata, seppur concisamente, la tecnica della sottotitolazione.
Saranno fornite alcune definizioni e una spiegazione della teoria generale che sostiene la
creazione dei sottotitoli. La discussione procederà poi con un'analisi più dettagliata dei
vincoli connessi a tale pratica per sottolineare le loro implicazioni in termini di traduzione.
1.1. Caratteristiche della sottotitolazione
La tecnica della sottotitolazione risale al 1909, all’epoca dei film muti, quando fu
brevettato un meccanismo che mostrava i sottotitoli sotto gli intertitoli (o didascalie) dei
film originali. Nel cinema muto, le didascalie supplivano ai dialoghi assolvendo a tre
funzioni specifiche: una funzione narrativa, che spiegava e sintetizzava il significato delle
immagini e degli eventi a seguire; locativa, che esplicitava quanto detto o pensato da un
personaggio; tematica, volta a esprimere idee di carattere universale, talora sotto forma di
citazione (Raffaelli, 1992). Il procedimento fu migliorato dopo l’introduzione del sonoro,
in modo da non interrompere il corso delle immagini del film, come accadeva in passato
con gli intertitoli, posizionando la traduzione sulla parte inferiore dello schermo. La prima
proiezione di un film sottotitolato avvenne nel 1929 a Copenhagen: si trattava di The
Singing Fool, diretto da Lloyd Bacon, un film americano con i sottotitoli in danese.
L’avvento del sonoro aveva infatti imposto condizionamenti nuovi, sia tecnici sia
linguistici: dalle versioni multiple di un film in diverse lingue straniere sino
all’introduzione del doppiaggio, che fece la sua comparsa subito dopo.
Al fine di raggiungere livelli di maggiore accettabilità da parte del pubblico,
l’adattamento dei sottotitoli ha poi subito una continua evoluzione, anche grazie agli
strumenti tecnici nati appositamente allo scopo. Questi ultimi comprendono oggi numerose
soluzioni, come l’uso di specifici software o di tecniche al laser, che sono in grado di
ridurre i tempi di realizzazione e i costi di post-produzione di un’opera cinematografica o
televisiva.
Dal punto di vista linguistico, la sottotitolazione può essere considerata una modalità
“politicamente corretta”, poiché più aderente al copione originale. In realtà, secondo la
classificazione di Gambier (2003), le modalità traduttive attraverso le quali può avvenire il
trasferimento linguistico dei prodotti multimediali, sono numerose; tra queste vanno
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segnalate: l’interpretazione consecutiva e simultanea, il voice-over, la sopratitolazione, il
commento libero e la sottotitolazione intralinguistica per non udenti. In quest’ultimo caso
siamo di fronte a una serie di speciali adattamenti testuali che presuppongono una sorta di
riscrittura del testo di partenza adottando procedure di semplificazione ed esplicitazione
sul piano lessicale, sintattico, stilistico e talvolta enciclopedico (Diaz-Cintas et. al. 2007).
In questo lavoro ci si occuperà essenzialmente di sottotitolazione interlinguistica, che
prevede cioè il passaggio da una determinata lingua a un’altra.
Sono state individuate da Gottlieb (1996) una serie di caratteristiche che distinguono
la sottotitolazione da altre forme di traduzione multimediale, in particolare dal doppiaggio.
La prima può essere infatti definita scritta, aggiuntiva o sovraimpressa, immediata,
sincronica, multimediale, selettiva e predisposta separatamente. Il doppiaggio si presenta,
al contrario, immediato, sincronico e multimediale, ma non scritto e additivo. La
sincronizzazione del segno verbale con il dato visivo è attuata secondo regole diverse: nel
doppiaggio si tratta di un aspetto puntuale che riguarda l’enunciato/battuta, mentre il
sottotitolo non è misurabile in termini di isocronia
1
, ma in base ad altri parametri che
derivano dall’operazione di lettura da parte dello spettatore. Immagini e colonna sonora
risultano infatti inseparabili. Al fine di ricostruire l’integrità del messaggio originale, lo
spettatore ha infatti a sua disposizione due canali paralleli: quello visivo, per le immagini, e
il testo scritto e quello uditivo, per la colonna sonora e i dialoghi. Proprio attraverso
l’integrazione dei diversi canali, che trasmettono simultaneamente l’informazione, lo
spettatore ricostruisce il senso del messaggio filmico. Di conseguenza, il carico cognitivo
che viene imposto dal sottotitolo è sicuramente superiore a quello richiesto dalla decodifica
dei dialoghi doppiati. In particolare, la presenza del sottotitolo rende attivo lo stato di
vigilanza del soggetto impegnato nella lettura, assente quando vede il film nella propria
lingua di origine o doppiato. In questa direzione, la dimensione semiotica totale coinvolge
sia il pubblico, sia il traduttore dialoghista (Torop, 2000).
La caratteristica principale di un sottotitolo è infatti quella di apparire e scomparire,
solitamente nella parte inferiore dello schermo, adattandosi alle battute degli attori. Inoltre,
1 L' isocronia è una parte della fonologia che studia la suddivisione ritmica del tempo all'interno di una
frase, la quale cambia secondo le lingue; per esempio, l’italiano, il francese e lo spagnolo, ma anche il cinese
mandarino, sono isosillabiche (la durata di ogni sillaba è uguale), mentre l’inglese, il tedesco e l’olandese
sono isoaccentuali (la durata tra due sillabe accentate è uguale). Di conseguenza, in inglese la velocità con
cui è pronunciata una frase sarà basata su una serie di sillabe accentate, entro le quali possono essere presenti
un qualsiasi numero di sillabe non accentate, senza modificare la durata, mentre, in italiano, al contrario, il
tempo necessario per pronunciare una frase dipende dal numero di sillabe e non dal numero di accenti. È
ovvio che nel doppiaggio la sincronizzazione tra la durata della battuta in lingua originale e in lingua target
rappresenta un vincolo e la traduzione dovrà tenere conto anche di questo aspetto.
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il suo carattere aggiuntivo, ossia il fatto che viene sempre addizionato alle immagini
durante le fasi di post-produzione del film, lo rende in un certo senso più autonomo, anche
se mai del tutto, dall’immagine e dalla traccia sonora. Occorre comunque distinguere il
sottotitolo dalla didascalia (caption), che viene impiegata soltanto per comunicare
informazioni aggiuntive, inserite allo scopo di identificare luoghi, date, suoni o altri
elementi di riconoscimento del contesto considerati rilevanti.
Dal punto di vista traduttivo, la realizzazione dei sottotitoli comporta gli stessi
problemi di altre tipologie di testi, ai quali, però, si aggiunge la complicazione dovuta
all’esigenza di condensare leggermente il parlato e di sincronizzarlo alle immagini e,
possibilmente, al movimento labiale degli attori. Infatti può accadere che il dialogo venga
sintetizzato, eliminando le informazioni non essenziali, rispettando per quanto possibile il
copione originale.
In rapporto ad altre forme di traduzione polisemiotica, la sottotitolazione
interlinguistica può essere definita una forma di traduzione diagonale poiché,
contemporaneamente alla traduzione del testo, si attua una variazione diamesica
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; si passa
infatti dal canale uditivo a quello visivo. Nel doppiaggio, infatti, il trasferimento linguistico
è orizzontale, poiché veicolato esclusivamente dal canale uditivo, in analogia a ciò che
avviene durante l’interpretazione simultanea (Gottlieb, 2000). La sottotitolazione
intralinguistica, come quella per non udenti, può essere considerata invece una modalità
verticale di trasferimento linguistico.
La sottotitolazione non richiede, in generale, una sincronizzazione così rigida come
quella necessaria per il doppiaggio e, soprattutto, non necessita del contributo degli attori
doppiatori e della figura del direttore. Questo è probabilmente anche il motivo per cui ha
dato origine a un tipo di trasposizione linguistica più fedele al testo fonte, cioè meno
addomesticata in termini di lingua e cultura di arrivo.
2 Nella lingua si osservano quattro dimensioni relative a ogni sua possibile variazione: il luogo (diatopia),
lo strato sociale dei parlanti (diastratia), lo stile (diafasia), il tempo (diacronia) e infine il mezzo di
comunicazione e la modalità, uditiva o visiva (diamesia).
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1.2. Aspetti tecnici della sottotitolazione
La presentazione dei sottotitoli sullo schermo si basa su alcune convenzioni formali (tempi
di esposizione, segmentazione/distribuzione del testo, sincronizzazione e convenzioni
tipografiche) che il traduttore deve tenere presenti se desidera ottenere un buon risultato.
Per quanto la traduzione audiovisiva si sottragga a qualunque tentativo normativo o
prescrittivo, è utile tentare di enucleare alcuni parametri essenziali che guidano il traduttore
nella difficile operazione di mediazione tra esigenze linguistiche (semantiche) e tecniche
(Díaz Cintas, 2003). Risulta pertanto difficile, se non impossibile, trattarle separatamente,
dal momento che le une condizionano le altre.
Occorre prima di tutto considerare che esistono diversi tipi di prodotti audiovisivi da
sottotitolare, ciascuno portatore di differenti parametri tecnici. Così è possibile distinguere
tra cinema, televisione, video (in diversi formati digitali o analogici), giochi per il
computer e spettacolo o performance dal vivo (teatro, opera, conferenze e video lezioni).
Questa lista è in continua evoluzione a mano a mano che il mercato dell’editoria
multimediale si modifica e offre al pubblico nuove soluzioni per l’intrattenimento, lo
studio e il lavoro (Bartoll, 2004). Ma anche le diverse esigenze in ambito di traduzione si
modificano e conducono a nuove forme di sottotitolazione.
Volendo riassumere il decalogo del sottotitolatore si potrebbero individuare una serie
di regole fondamentali, che fanno capo, a loro volta, alla soluzione di altrettante
problematiche da un punto di vista tecnico e traduttologico
3
. Va comunque tenuto presente
che le procedure variano notevolmente in base all’agenzia e alla clientela. Una
metodologia standard non è dunque pienamente identificabile poiché la maggior parte
degli studi di post-produzione sembra averne sviluppate e affinate di proprie.
1.2.1. Compito del sottotitolatore, procedure e standard di traduzione
Il sottotitolatore deve sempre lavorare con una copia della produzione (a video) e, se
possibile, dovrebbe essere in possesso della lista dialoghi originale, oltre che di un
glossario, con nomi e riferimenti particolari. Il suo compito precipuo consiste, prima di
3 Si vedano, per esempio, le regole formalizzate dalla ESIST, European Association for Studies in
Screen Translation (www.esist.org).
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tutto, nel saper individuare il tipo di prodotto multimediale e poi nel tradurre e scrivere i
sottotitoli nella lingua straniera richiesta. La qualità della traduzione deve essere elevata,
tenuto conto di tutte le sfumature idiomatiche e culturali. Il registro linguistico deve quindi
essere appropriato e corrispondere ai dialoghi originali. Per esempio, esistono
innumerevoli casi in cui i personaggi negativi utilizzano un particolare gergo o ricorrono al
turpiloquio e, in effetti, si potrebbe sostenere che, quante più parole particolari entrano in
gioco in una battuta, più la caratterizzazione risulta efficace, riconducendola a un
particolare background. Se il traduttore optasse per una soluzione neutralizzante, i tratti del
personaggio risulterebbero alterati, facendolo apparire meno minaccioso e meno
caratterizzato di ciò che è necessario. Ne consegue che occorre un attento lavoro di
documentazione e approfondimento prima di optare per una certa soluzione traduttiva.
A tale proposito c'è una sostanziale differenza tra materiale sottotitolato reperibile in
circolazione in versione professionale e in versione amatoriale. Con quest’ultima si indica
il contributo che le odierne comunità di funsubber
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offrono gratuitamente sul WEB agli
amatori di serie televisive e di film in lingua straniera. In effetti, vi è una differenza di
qualità negli allineamenti dei sottotitoli che costituiscono parte integrante di un DVD e dei
sottotitoli cosiddetti esterni, che possono continuamente essere alterati e che sono
archiviati in determinati formati, su appositi siti o sul computer. Il formato elettronico è
quello che consente la completa separazione dei sottotitoli dal formato audio e video. Ciò
ha avuto una serie di conseguenze sul piano tecnico e sulla qualità stessa della traduzione.
Dal punto di vista linguistico, la prima indicazione è quella che riguarda l’uso di
un’unità semantica chiara. Concentrandosi sulla segmentazione del testo e sulla sua
spazializzazione si corre infatti il rischio di perdere una delle caratteristiche più importanti:
l’unitarietà semantica, in altre parole, la possibilità di catturare il senso di un dialogo senza
perdere il filo. Questa è una problematica comune al fenomeno della lettura delle pagine
WEB e, in generale, degli ipertesti, ove il lettore rischia di disorientarsi, motivo per cui
ogni unità semantica va accuratamente ricondotta all’argomento principale attraverso una
serie di collegamenti ipertestuali.
4 Si confronti il materiale presente in: http://www.italiansubs.net/; http://www.subsfactory.it/;
http://www.addic7ed.com/
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La compressione di un dialogo filmico necessita poi del rispetto di alcune norme:
battute brevi, poche ripetizioni, scarsa sovrapposizione dei turni tra parlanti, uso di poche
frasi subordinate. Questa è una delle ragioni per le quali i dialoghi filmici e televisivi, già
al livello del copione e della lista dialoghi, si distanziano abbastanza da quelli naturali,
argomento che è stato più volte trattato in ambito traduttologico (Rossi, 2007). A riprova di
ciò, in letteratura sono state rilevate alcune tendenze sistematiche (Rossi, 1999), che
concorrono a definire la lingua filmica come una forma di parlato caratterizzata da una
maggiore uniformità rispetto al parlato spontaneo. Tale uniformità riguarda sia la struttura
dei turni conversazionali e degli enunciati, che tendono a presentare tutti il medesimo
numero di parole e a lasciar trapelare maggiori indizi di pianificazione, coerenza e
coesione, sia la struttura sintattica, con una tendenza all’elaborazione di enunciati semplici
e una distribuzione estremamente omogenea dei tipi e del grado di subordinazione, sia,
infine, le scelte lessicali, comprese per lo più nel vocabolario di base. È chiaro allora che
un sottotitolatore non potrà permettersi di appesantire la struttura della frase là dove è già
stato fatto uno sforzo di semplificazione e uniformazione.
Altra regola fondamentale, che potrebbe apparire scontata, è che il linguaggio deve
essere grammaticalmente corretto in quanto i sottotitoli possono rappresentare un modello
linguistico. Uno dei parametri è costituito, a questo proposito, dal tipo di pubblico cui i
sottotitoli si rivolgono. Studenti, bambini e pubblico scarsamente alfabetizzato
guarderanno al dialogo tradotto come a un modello e, di conseguenza, il traduttore si
assume la responsabilità di fornire uno standard adeguato. Come anticipato in premessa, si
ricorda che l’uso della sottotitolazione ha contribuito a far aumentare le conoscenze
linguistiche di determinate popolazioni con grande vantaggio per tutti. Questo mezzo è
stato, tra l’altro, proficuamente impiegato nel campo della didattica delle lingue straniere
come è stato ampiamente documentato (Ghia, 2012). La sua funzione educativa non è
dunque in discussione, proprio in qualità di linguaggio scritto, costituito per lo più da
dialoghi legati alle più svariate situazioni.
Al fine di garantire uno standard elevato, ogni produzione dovrebbe essere rivista da
un editor. In letteratura (Sànchez, 2004) vengono distinti quattro tipi di procedure standard
che possono intervenire durante l’intero processo della sottotitolazione:
a) pre-translation – adaptation – spotting;
b) pre-translation – spotting – adaptation;
c) adaptation – spotting – translation;
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d) translation/adaptation – spotting.
La pre-translation si riferisce alla traduzione della lista dialoghi prima della
creazione dei sottotitoli; con adaptation si intende invece la separazione e l’aggiustamento
della traduzione in unità di sottotitoli, mentre con spotting si indica l’operazione di
attribuzione (capturing) dei timecodes di inizio (TC-in) e di fine (TC-out) ai diversi
segmenti di dialogo che compariranno sul video. Nell’esempio che segue vengono
evidenziati il TC-in, il TC-out (TIMEIN e TIMEOUT) in formato ora, minuti e secondi,
più decimi di secondo, la durata (DURA TION), in secondi più decimi di secondo, assieme
al testo del sottotitolo, così come apparirà sullo schermo.
TIMEIN: 00:01:48:00 DURA TION: 04:16 TIMEOUT: 00:01:52:16
I have a sister with the same basic DNA
mix who hostesses at Fuddruckers.
TIMEIN: 00:01:52:76 DURA TION: 01:60 TIMEOUT: 00:01:54:36
Sheldon, this was your idea.
È facile notare che esiste una piccolissima pausa, in termini di decimi di secondo, tra
la battuta di Sheldon e quella del suo amico, per cui il sottotitolo risulta ben concatenato.
Se, viceversa, vi fosse sovrapposizione tra TC-out della prima battuta e il TC-in della
seconda non si potrebbe ottenere una corretta visualizzazione.
Altri importanti parametri che possono essere posti in relazione con la durata, la
quale in ogni caso ci garantisce che il sottotitolo non apparirà per meno di uno e per non
più di sette secondi, sono il numero di parole e di caratteri (con spazi) presenti nel testo.
Dal rapporto tra numero di caratteri e durata si ricava infatti un ulteriore indicatore che
consiste nei caratteri al minuto secondo; esso è in grado di fornire un parametro dello
sforzo di lettura al quale è sottoposto lo spettatore.
E ancora, con LTC (Linear Time Codes) si indica il caricamento degli stessi
timecodes sul canale audio, mentre con VITC (V ertical Interval Time Codes) si intendono
gli intervalli temporali riferiti all’immagine e che delimitano un certo frame. La procedura
di verifica finale è rappresentata dalla simulazione vera e propria dei sottotitoli sulla scena
(simulation).