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Introduzione
L’avvento di Internet ha sconvolto radicalmente tutto l’
“ecosistema mediatico” e sta minacciando l’esistenza stessa
dei giornali.
Tuttavia, la carta stampata probabilmente non scomparirà e
sarà uno dei tanti strumenti con cui sarà possibile informarsi
in futuro.
Essa dovrà far fronte a un’informazione che non circola più
come prima, in unità controllate e confezionate, bensì
immateriale e fluida.
In questo contesto così definito, giornali e giornalisti,
tentano di reinventare il loro ruolo, di definire le tendenze di
un nuovo modo di informare e di informarsi.
Ciò che cambia radicalmente, non è tanto la figura del
giornalista in sé, mediatore che seleziona e gerarchizza le
notizie, il cui dovere è sempre quello di informare nel
rispetto delle regole deontologiche proprie della professione,
quanto piuttosto il suo modo di lavorare. Oggi, i giornalisti
devono tenere ben presente che il lettore, grazie
all’interattività – ingrediente fondamentale del Web 2.0,
acquisisce una centralità nel processo di costruzione
dell’agenda setting che non aveva con i vecchi media.
I professionisti del settore dovranno essere in grado di
interfacciarsi con gli utenti, di saperli ascoltare.
Il giornalista del XXI secolo è social media editor. Una
figura innovativa, che nella circolarità della Rete, offerta da
Internet, in cui non vi sono gerarchie particolari, è abile a
OLTRE LA CRISI DELLA CARTA STAMPATA: ANALISI E STRATEGIE
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intrattenere un rapporto diretto e non filtrato con i propri
lettori.
Il presente studio è, quindi, un’analisi utile a tracciare i tratti
distintivi di un nuovo e plausibile giornalismo che sa
sfruttare nel modo adeguato il potere offerto da Internet.
In particolare, partendo da un’osservazione approfondita
sulle ragioni strutturali della crisi che sta mettendo a dura
prova il mercato editoriale con il costante calo delle vendite
dei giornali e i tagli alla pubblicità, si evince un
cambiamento di rotta nel giornalismo tradizionale. Non
poche testate, infatti, sono emigrate verso il supporto
digitale che ha fatto esplodere il fenomeno del “giornalismo
online”.
Una cosa è certa nell’epoca del Web 2.0: non sono più i
giornalisti ma gli internauti a definire le nuove leggi della
comunicazione e dell’informazione.
I nuovi media incarnano un modello bidirezionale e
circolare della comunicazione, in cui l’emittente e il
ricevente costruiscono, nell’interazione, un dominio
condiviso di significato.
Le persone non hanno più bisogno a tutti i costi di
mediatori, dal momento che la società in Rete sta imparando
a comunicare, a informarsi e a condividere cultura.
Il giornalismo assume volti diversi: nascono i blog, “piazze
virtuali” in cui chiunque può esprimere il proprio punto di
vista, si inizia a parlare di citizen journalism e del fenomeno
del reporter diffuso.
È chiaro che stiamo vivendo una rivoluzione in cui i grandi
gruppi editoriali sono costretti ad adattarsi, se vorranno
sopravvivere a questa bufera. In che modo? È ciò che ho
9
provato a dimostrare nell’ultima parte di questo lavoro,
esaminando una serie di strategie adottate da alcune tra le
più importanti testate giornalistiche, nazionali e
internazionali.
Libera interpretazione, quindi, alla domanda: i giornali si
salveranno?
Il buon giornalismo dovrà trovare il modo di re-inventarsi,
adeguarsi e sopravvivere anche in altre forme, perché – a
distanza di pochi secoli – è rimasto la principale garanzia
per i cittadini di una società che si possa definire civile e
democratica.
L’IMPERO DI CARTA È IN CRISI
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Capitolo primo: l’impero di carta è in crisi
“Il mondo sta cambiando in fretta. Chi è grande non
sconfiggerà più chi è piccolo, ma chi è veloce batterà quelli
che sono lenti”.
Rupert Murdoch.
OLTRE LA CRISI DELLA CARTA STAMPATA: ANALISI E STRATEGIE
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1. Le ragioni strutturali della crisi
Sembra essere iniziato, per i giornali di carta, il conto
alla rovescia: chi prevede l’estinzione del New York Times
nel 2043 (come Philip Meyer, studioso dell’editoria
americana), chi invece ha anticipato questa data di 31 anni,
quindi l’ultima copia del più importante quotidiano del
mondo sarebbe stata acquistata entro il 2012 (come Arthur
Sulzberger jr., editore del NYT)
1
.
Il punto è che la realtà dell’informazione cambia troppo in
fretta per fare qualsiasi previsione. Come dice brutalmente
Rupert Murdoch
2
: adattarsi ai cambiamenti o morire. A
essere in pericolo sono le aziende editoriali che ancora si
illudono che tutto potrà tornare come prima e che rifiutano
di considerare le grandi possibilità di espansione del
business aperte dalle nuove tecnologie di comunicazione.
Negli ultimi anni tutto è cambiato così rapidamente, che il
mondo dell’editoria ha fatto fatica ad accorgersene,
reagendo in ritardo alla minaccia che arriva da Internet, dai
1
V. Sabadin, L’ultima copia del “New York Times”, Interventi Donzelli,
2007, p. XI
2
R. Murdoch è il più importante editore del mondo. Nato nel 1931, ha
mantenuto sempre lo spirito di un ventenne e per tutta la sua vita ha
sconfitto gli avversari tenendo fede alla sua massima: la velocità.
Soprannominato lo “squalo”, ha fondato la New Corporation, che
controlla decine di giornali in Australia, Europa, Asia e Stati Uniti,
possiede televisioni digitali, satellitari e via cavo, pubblica libri. Ha
costruito un impero partendo da un piccolo giornale di Adelaide, in
Australia, ereditato dal padre.
L’IMPERO DI CARTA È IN CRISI
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new media, dalla telefonia mobile e dal mondo virtuale, che
occupano sempre di più il tempo e le risorse dei lettori dei
giornali. Molti esperti ritengono che il modello economico
che ha tenuto in vita i quotidiani per secoli sia stato
definitivamente scardinato dalle nuove tecnologie, che
erodono le risorse una volta destinate alle imprese
editoriali
3
. Merito o colpa della tecnologia? È difficile
rispondere con precisione, ma è certo che nell’arco di un
paio di generazioni carta e inchiostro diventeranno uno
strumento antico, superato dalla possibilità di informarsi con
altri mezzi dove, quando e come si vuole. E a costi ridotti.
La stampa ha bisogno dell’online e viceversa. Se sapranno
integrarsi non ci saranno morti, ma solo bilanciamento di
funzione e di pesi
4
. Il buon giornalismo, quello di qualità,
dovrà trovare il modo di adeguarsi e sopravvivere anche in
altre forme, perché – a distanza di secoli – è rimasto ancora
la principale garanzia disponibile ai cittadini di una società
civile e democratica e perché i lettori ora chiedono di
ricevere notizie su una gran varietà di piattaforme: siti web,
iPods, telefonia mobile, laptop. Come ricorda Umberto Eco:
mai, nel corso dei secoli, un nuovo mezzo ha sostituito
totalmente il precedente: la fotografia non ha condannato a
morte la pittura, il cinema non ha ucciso la fotografia, la
televisione non ha eliminato il cinema e il treno convive
benissimo con auto e aereo
5
. Secondo Vittorio Sabadin,
3
V. Sabadin, 2007, p. XIII.
4
M. Pratellesi, New Journalism. Teorie e tecniche del giornalismo
multimediale, 2008, p. 47.
5
U. Eco, Non fate il funerale ai libri, agosto 2010, tratto dal seguente
sito web, http://espresso.repubblica.it.
OLTRE LA CRISI DELLA CARTA STAMPATA: ANALISI E STRATEGIE
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giornalista che per anni ha guidato la redazione de La
Stampa e ne ha curato anche le trasformazioni tecnologiche
e grafiche, autore del libro “L’ultima copia del New York
Times”, i quotidiani tradizionali avranno ancora molti anni
di vita e nel futuro l’inchiostro e la carta saranno soltanto
uno dei molti modi con i quali si comunicherà con i lettori.
Dal primo giornale del mondo apparso in Germania più di
350 anni fa
6
, l’inchiostro e la carta sono stati, per più di tre
secoli, gli assoluti protagonisti dell’informazione. La lettura
dei giornali era un rito quotidiano (nell’accezione hegeliana,
per cui il giornale era considerato come la preghiera del
mattino dell’uomo moderno), al quale non ci si poteva
sottrarre se si voleva continuare a essere informati.
Oggi, con Internet, i giornali hanno perso il monopolio
dell’informazione e non sono riusciti a seguire con
tempestività i mutamenti sociali. Se un evento accade nelle
prime ore della mattina, le persone hanno infinite possibilità
di documentarsi subito sullo stesso evento attraverso il web,
la telefonia mobile e la televisione. Il lettore che si recava
all’edicola per acquistare il suo giornale preferito ora entra
in un grande bazar, nel quale può scegliere tra l’opera omnia
di Mozart e i classici del brivido, e spesso rinuncia al suo
quotidiano perché i concorrenti offrono quel giorno
qualcosa di più
7
.
Perché la vecchia e gloriosa carta stampata non riesce a
reagire efficacemente all’arrivo e alla concorrenza delle
nuove tecnologie del XXI secolo? Il punto è che Internet, la
telefonia mobile, la tv satellitare, il digitale terrestre, l’iPod
6
V. Sabadin, 2007, p. 5.
7
V. Sabadin, 2007, p. 9.
L’IMPERO DI CARTA È IN CRISI
15
hanno cambiato lo stesso tessuto sociale nel quale operano,
modificandone le abitudini e scandendo in modo diverso il
tempo della giornata di ogni persona. Per comprendere a
fondo questo cambiamento, Giuseppe Longo
8
utilizza il
termine “simbionte” per identificare l’interazione complessa
uomo-ambiente-altri uomini-tecnologia. Gli uomini sono
sempre stati “simbionti” dell’ambiente in cui vivevano, così
come delle tecnologie che hanno di volta in volta sviluppato,
modificato o subìto nel corso della loro storia. Oggi, gli
uomini possono essere definiti “simbionti strutturali”: la
nostra vita è letteralmente impossibile senza l’utilizzo della
tecnologia
9
. Probabilmente l’unica e vera e banale ragione
per la quale i giornali vendono meno copie è che nessuno ha
più tempo di leggerli. Le nuove tecnologie sembrano essere
state progettate per non lasciarci mai soli e riempire ogni
momento della nostra vita: abbiamo infinte possibilità di
comunicare e di essere informati.
Rispetto ai loro nuovi concorrenti, i giornali sono rimasti
molto indietro: sono lenti, costosi da produrre, difficili da
consumare. Richiedono tempo e impegno, molti sono in
bianco e nero, come un secolo fa. Hanno formati troppo
grandi e nessun appeal per le nuove generazioni, incapaci di
concentrarsi per più di qualche minuto su qualcosa e per
nulla disposte ad affrontare la lettura di articoli lunghi e
8
Docente di Teoria dell’informazione alla Facoltà di ingegneria
elettronica dell’Università di Trieste. Attualmente si occupa di
epistemologia, intelligenza artificiale e di problemi della comunicazione,
con particolare riguardo alle conseguenze sociali e formative dello
sviluppo tecnologico.
9
P. Ferri, Nativi digitali, Bruno Mondadori, 2011, p. 149.
OLTRE LA CRISI DELLA CARTA STAMPATA: ANALISI E STRATEGIE
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apparentemente noiosi. La loro realtà è in continuo
movimento.
Manuel Castells
10
sostiene che la società della informazione
nella quale ci troviamo a vivere è in primo luogo una
“società dei flussi”, una società in cui vi è un continuo
scambio di flussi di informazione
11
. Per questo le nuove
generazioni sentono il bisogno di informarsi, ma hanno
mille modi diversi di farlo subito, senza dover attendere che
una rotativa stampi nella notte un giornale per loro.
Indubbiamente la tecnologia ha modificato le abitudini di
lettura. Il dato più incontrovertibile è il forte calo
dell’interesse dei giovani alla lettura dei quotidiani. Loro
cercano le notizie, ma non i giornali.
Che le cose vadano male, è testimoniato dall’andamento
dell’editoria americana, che da sempre anticipa i trend di
quella europea. Sono anni, oramai, che la stampa vacilla
sotto i colpi dei nuovi media. Nell’ultimo decennio la
diffusione complessiva dei giornali statunitensi si è ridotta
di circa il 2 per cento all’anno.
10
Sociologo spagnolo naturalizzato statunitense. Dal 1973 al 2003 è
stato professore di sociologia presso l’Università della California,
Berkeley. Oggi è professore in “comunicazione” all’Annenberg Center,
presso l’University of Southern California (USC). La sua opera più nota
è la trilogia intitolata L’età dell’informazione:
La nascita della società in rete;
Il potere delle identità;
Volgere di millennio.
11
P. Ferri, 2011, p 141.