4
Introduzione
L’importanza data alla precisione è ciò che accomuna – o dovrebbe
accomunare – la professione del giornalista a quelle dello scienziato, del medico o
del comandante di aerei. Certo, una distrazione in cabina di pilotaggio o durante
un esperimento chimico possono comportare danni indubbiamente maggiori di un
refuso o di un’imprecisione finita in stampa. Ma anche questi possono costare
cari. Ogni svista, è stato dimostrato, è come un granello di credibilità e di fiducia
perso da una testata e automaticamente un granello di credibilità e di fiducia perso
dall’informazione intera, fondamento della libertà e delle democrazie. Senza
contare poi gli aspetti più concreti agli occhi degli editori, come il costo di un
ritiro in fretta e furia di copie malfatte e ormai distribuite; o il peso economico di
difendersi in tribunale di fronte a una denuncia per diffamazione che molto
probabilmente si perderà, se l’ingiuria è figlia di un errore. Tutti elementi che
furono presi in considerazione da riviste come Time o The New Yorker sin dal
momento della loro nascita negli anni venti del Novecento, al punto di
convincerle a mettere in piedi un reparto di fact checking, dedito – già dal nome –
esclusivamente alla verifica dei fatti.
Il passare degli anni e l’aggravarsi della salute economica del settore
dell’editoria hanno fatto sì che i fact checkers fossero tra le prime figure a essere
ricollocate all’interno delle redazioni. O almeno, come è ovvio, all’interno di quei
rari casi di redazioni che in passato avevano investito nell’importanza
dell’accuratezza e della verifica: in molti paesi – tra cui l’Italia – il fact checking è
infatti rimasta una pratica perlopiù esotica e costosa, ridotta a poche righe in
qualche manuale di giornalismo particolarmente attento alle tendenze editoriali
d’oltreoceano. Anche la tecnologia però ha contribuito alla sostituzione di queste
figure redazionali. Il progressivo accorciamento dei tempi delle notizie è andato
5
sempre più scontrandosi con una pratica lenta che richiede letture su riletture,
ripetuti viaggi a ritroso sulle strade che collegano il fatto e il suo essere notizia,
all’articolo che lo rende pubblico. Una pratica talmente legata alla tradizione, da
essere definibile come la parte più artigianale del giornalismo. E come gli
artigiani soffrirono gli esiti della rivoluzione industriale con i suoi prodotti
standardizzati e i costi di produzione crollati per l’aumento della velocità, così i
fact checkers hanno sofferto la rivoluzione di un giornalismo quasi immediato,
dove la competizione si gioca sui secondi e accetta – benché non li ammetta –
fenomeni come quello che Massimo Russo e Vittorio Zambardino hanno chiamato
della ‘copia non creativa’
1
. Una pratica talmente legata alla tradizione, si diceva,
da non tralasciare neppure – nei pochissimi manuali a lei dedicati – l’importanza
di sottolineare, quasi con l’orgoglio di chi è guardiano del passato, che il fact
checking si fa su carta e non di fronte allo schermo del pc, violando le pagine con
segni colorati che indichino i termini inesatti, le frasi da controllare, i nomi da
ricontattare, le date da verificare.
E tuttavia è proprio questa stessa tecnologia – complice, per la verità, la rivalsa
sull’atteggiamento adottato dalla stampa americana di fronte all’11 settembre e le
sue conseguenze – a riportare in vita oggi, con qualche modifica, le vecchie
tecniche della verifica. Lo fa mettendo a disposizione le risorse della versione 2.0
del Web, nella sua duplice accezione di infinito database e piazza digitale.
Le nuove forme di fact checking si incarnano così in soggetti editoriali come
Factcheck.org, Accuracy In Media o Fairness and Accuracy In Media, che si
occupano di monitorare l’informazione mainstream, da una posizione
politicamente neutra o meno (AIM, si vedrà, controlla i media di sinistra per conto
della destra americana e FAIR fa il contrario). Oppure, in realtà ramificate dalle
tradizionali testate giornalistiche, talvolta ospitate al loro interno come la “Fact
Checker column”, rubrica del Washington Post – oggi condotta da Glenn Kessler;
talaltra più autonome come PolitiFact, affiliato di quello che è oggi il Tampa Bay
1
M. Russo, V. Zambardino, Eretici digitali. La rete è in pericolo, il giornalismo pure: come
salvarsi con un tradimento e 10 tesi, Milano, Apogeo, 2009, p.14.
6
Times (all’epoca della nascita, St. Petersburgh Times) e vincitore di un premio
Pulitzer nel 2009. Il loro compito è scandagliare ogni angolo della Rete per
trovare documenti, video, dichiarazioni che confermino o smentiscano le parole
degli uomini politici, che smascherino i talking points pre-elettorali e le
propagande ingannevoli, rendendo ai cittadini il loro diritto a essere informati in
maniera imparziale, corretta e precisa. Non è un caso, infatti, che i primi segnali di
una ‘contaminazione’ di queste rivisitazioni di vecchie pratiche giornalistiche si
siano registrati, per quanto riguarda l’Europa, in vista delle elezioni francesi del
2012 e, quasi in contemporanea, a Genova, in occasione delle amministrative – se
ne leggerà più avanti: è un esperimento, questo nostrano, molto più timido, ma
comunque coraggioso e da apprezzare, visto il manipolo di ventenni universitari
che ne ha preso parte.
Che sia stato l’effetto del Pulitzer conquistato per il National Reporting o
meno, il successo di PolitiFact è stato ribadito dai suoi continui ampliamenti, sia
affiancando alla pratica di sconfessare le bugie dei politici la denuncia delle loro
capriole ideologiche; sia dando vita a una diffusione, in una sorta di franchising,
del marchio PolitiFact a livello locale (oggi, tanto per dirne alcuni, c’è un
PolitiFact Florida, un PolitiFact Virginia, un PolitiFact Ohio e pure un PolitiFact
Georgia). Per non parlare poi delle emulazioni sparse per le testate degli Stati
Uniti e non solo, come conferma di una tendenza avviata dall’ideatore del
progetto, Bill Adair, che sta riportando in auge un aspetto tradizionale del
giornalismo, sotto una forma che lo rende però più simile all’inchiesta che a un
controllo di qualità redazionale. Sfruttando – come si è già detto – la Rete in
quanto contenitore.
Ma la Rete è anche un insieme di meccanismi e di logiche di conversazione,
interazione, condivisione e partecipazione che convergono, e convergendo danno
risultati molto più ampi della somma delle singole parti coinvolte. Nuove forme di
fact checking nascono anche dall’idea di far fruttare questi meccanismi e queste
logiche, l’aspetto social di Internet. Si affacciano piattaforme come Truthsquad o
Factchecking.it che rinnovano il fact checking tradizionale, chiedendo agli utenti
di condividere e provare a sciogliere i dubbi sulle notizie che leggono sui giornali
7
o che vedono in televisione. Oppure utilizzi nuovi dell’intelligenza collettiva,
come quello messo in atto da Andy Carvin della National Public Radio americana,
che raccoglie e verifica le informazioni sulle rivoluzioni arabe dal suo ufficio a
Washington, coordinando gli abitanti dei social network.
Tutti questi casi dimostrano che l’impossibilità di condurre una pratica come
quella del fact checking nel veloce giornalismo online può non significare
l’automatica perdita della qualità dell’informazione. Il fact checking esce dalle
redazioni e trova un suo posto anche nella Rete. Certo, non basterà a compiere
l’impossibile impresa di un giornalismo esatto – nella sfumatura più scientifica
del termine, ma rinascendo come creatura autonoma e unicamente dedicata alla
verifica avrà perlomeno a sua disposizione tutto il tempo necessario a ridurre i
propri errori.
8
Capitolo 1
L’ACCURACY NEL GIORNALISMO
«ALWAYS HOLD ACCURACY SACROSANT»
2
Quello di dire la verità è il primo fra i cinque principi fondamentali dell’etica
giornalistica, elencati da Edmund B. Lambeth nel saggio Committed Journalism
3
.
Aldilà dell’impegno del giornalista a non falsificare i fatti, dire la verità consiste
nella difficile ma fondamentale persecuzione del massimo grado di esattezza
dell’informazione: è un risalire la corrente della notizia, un percorrere la strada a
ritroso per verificarne l’origine, un mappare il tragitto percorso per interrogarlo ed
interpretarlo. Il trionfo del dubbio e dello scetticismo, insomma. In altre parole, si
tratta di quello che il giornalismo americano ha mitizzato sotto il nome di
accuracy. Quella che segue è una breve rassegna dei manuali delle tre agenzie
mondiali d’informazione, con lo scopo di delineare come queste perseguano il
duplice obiettivo di precisione e velocità. Sarà chiaro, alla fine, come per un
giornalista accuratezza debba essere sinonimo di factual information,
informazione basata sui fatti; lavorare con precisione e qualità, sinonimo di
avvicinarsi il più possibile alla fonte, per scrutarla e valutarla. Si tratta di un
impegno che ogni professionista dell’informazione dovrebbe perseguire nei
confronti dell’etica professionale, ma soprattutto nei confronti dell’interlocutore –
sia esso un lettore, un cliente, uno spettatore, un ascoltatore, un cybernauta. Le tre
agenzie di stampa mondiali hanno formalizzato questo impegno nei rispettivi
2
È il primo punto nell’elenco dei fondamentali del giornalista, stilato dal manuale di giornalismo
dell’agenzia di stampa Reuters. (disponibile qui:
http://handbook.reuters.com/index.php?title=Standards_and_Values).
3
Gli altri sono il principio di giustizia, quello di libertà, di umanità e di responsabilità. Vengono
tutti analizzati da A. Papuzzi, Professione giornalista. Tecniche e regole di un mestiere, Donzelli
editore, Roma, 2003, p.245.
9
handbook, i manuali consegnati ai propri giornalisti che determinano gli standard
professionali da rispettare all’interno di quella data agenzia.
REUTERS
Nel manuale di giornalismo dell’agenzia Reuters, l’accuratezza è il primo
capitolo della sezione Standards and Values:
Accuracy is at the heart of what we do. It is our job to get it first but it is
above all our job to get it right. Accuracy, as well as balance, always takes
precedence over speed.
4
.
L’accuratezza, per la storica agenzia mondiale d’informazione, significa
impegnarsi in diversi campi del lavoro giornalistico, a partire dalle correzioni.
Bisogna essere trasparenti di fronte agli errori. Vanno corretti prontamente e in
maniera evidente: se l’errore è nel take, i lead o gli approfondimenti successivi
non devono essere rivisitati senza far riferimento allo sbaglio precedente,
“travestendo” la correzione magari nella speranza che chi legge non se ne
accorga
5
.
L’accuratezza e l’indipendenza da qualunque genere di influenza – alla base
della reputazione dell’agenzia – si reggono invece sulla credibilità delle fonti. Per
questo la migliore fonte per la Reuters è sempre un proprio corrispondente che
vive in prima persona l’evento e lo testimonia, con la telecamera o con i suoi
occhi. Qualora questo non sia possibile, è bene poter citare una fonte
identificabile. Quelle anonime, al contrario, sono le più deboli ed andrebbero
quindi usate solo in casi di estrema necessità, dopo aver tentato di convincere la
fonte a rendersi identificabile e comunque sempre con parsimonia. Il manuale a
questo punto prosegue con alcuni consigli da tenere a mente nel rapporto con le
fonti. Tra questi vale la pena sottolineare, ai fini di questa tesi: avere sempre
almeno due fonti per un’informazione – meglio se di schieramenti opposti,
4
L’accuratezza nel manuale della Reuters (http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy).
5
Le correzioni nel manuale della Reuters
(http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Corrections).
10
quando ci troviamo di fronte a una disputa – e verificare le due versioni,
incrociandole; se un’informazione non è convincente bisogna indagare fino a
ridurre al minimo i dubbi sulla sua attendibilità. Rientra nell’onestà nei confronti
della fonte – e di chi legge – anche il dare informazioni dettagliate sul contesto,
oltre che sulla fonte stessa ed esaminare le informazioni che questa ci fornisce.
L’ultimo – ma non per importanza – dei consigli ribadisce il concetto citato sopra:
prima di ogni altra cosa viene l’esattezza. «It’s better to be late than wrong»
6
, si
legge: meglio essere in ritardo, che sbagliare.
Le citazioni, come si legge nel titolo di questo paragrafo, sono «sacrosante» per
la Reuters. «Non devono mai essere alterate a eccezione dell’eliminazione di
parole o frasi ridondanti e, in questi casi, solo se l’eliminazione non modifica in
alcun modo il senso della citazione»
7
. La citazione usata deve essere sempre
rappresentativa di ciò che l’intervistato sta dicendo e, a tal fine, è importante
anche rendere conto del linguaggio del corpo, di movimenti – un sorriso o una
strizzata d’occhio – che possano modificare, enfatizzare o contraddire il senso di
quanto viene detto. Si può correggere un errore grammaticale all’interno di un
virgolettato, ma non formulare con parole differenti una frase intera.
Accuratezza è poi, ovviamente, rappresentare la realtà, raccontare la notizia
con la massima aderenza ai fatti. Il sensazionalismo e l’esasperazione dei toni può
essere allettante per un giornalista, ma alla Reuters vengono considerati al pari di
un fotomontaggio: parlare di una “marea” di immigranti quando ci si trova di
fronte a numeri oggettivamente piccoli, restituisce al lettore un’immagine
fuorviante della realtà. L’agenzia di stampa mette in guardia i suoi giornalisti: la
distorsione di quanto accaduto, se intesa in termini di fabrication – di invenzione
o falsificazione, può essere pagata anche con il licenziamento
8
.
Datelines e bylines sono i termini inglesi per indicare, rispettivamente, la linea
che mostra luogo e data di origine della notizia, e quella in cui viene riportato il
nome del giornalista cui la notizia viene attribuita. Anche qui per la Reuters è
6
Le fonti nel manuale della Reuters (http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Sourcing).
7
Le citazioni nel manuale della Reuters
(http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Quotes).
8
Raccontare la realtà nel manuale della Reuters
(http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Reflecting_reality).
11
importante essere precisi: «We should byline stories only from datelines where
the writer (or the reporter being written up on a desk) was present.»
9
Accuratezza è attribuire in maniera precisa e corretta i materiali che
provengono da altri fonti, siano essi una storia, una fotografia o una video.
Conoscere l’origine, chiara ed esatta, di un’informazione, chiama infatti in causa
l’onestà che i clienti, così come i lettori, pretendono da un organo di informazione
– specie se si tratta di un’agenzia, dando loro l’opportunità di valutare, con mezzi
propri l’affidabilità di quell’informazione. La mancata attribuzione – o
un’attribuzione errata – può essere considerata come plagio e, in quanto tale,
punita.
10
Infine il manuale dell’agenzia Reuters non tralascia di indicare le linee guida di
fronte a pettegolezzi e oscenità. Per quanto riguarda i primi, l’agenzia britannica è
categorica: «Lo scopo della Reuters è riportare i fatti, non le voci». La reputazione
di un’agenzia d’informazione infatti dipende fortemente dalla sua capacità di
discernere i fatti dai pettegolezzi. Quando quindi a un giornalista arriva una voce,
c’è solo una cosa da fare: verificarla. Se l’indagine porterà delle conferme,
trasformando la diceria in un fatto, allora se ne renderà conto; altrimenti verrà
lasciata stare.
11
Di fronte a immagini dal contenuto particolarmente violento o
indecente, invece, si pone la questione della pubblicazione. Riportare la realtà con
accuratezza può significare trovarsi a mandare in stampa o online materiale che
può violare la sensibilità altrui. È una decisione che solitamente viene presa da chi
gode di maggiore esperienza all’interno della redazione, solitamente il capo-
redattore, in base all’impatto che tale materiale ha nella comprensione del fatto.
Qualora però si decida di pubblicare certi materiali, lo si farà comunque
diligentemente e senza eufemismi.
12
9
Datelines e bylines nel manuale della Reuters
(http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Datelines_and_bylines).
10
L’attribuzione nel manuale della Reuters
(http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Attribution).
11
Riportare i rumors nel manuale della Reuters
(http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Reporting_rumours).
12
Come comportarsi di fronte alle oscenità nel manuale della Reuters
(http://handbook.reuters.com/index.php/Accuracy#Graphic_images_and_obscenities).
12
ASSOCIATED PRESS
È considerata la prima agenzia mondiale per diffusione
13
, l’americana
Associated Press, che si presenta con queste parole nel suo manuale:
For more than a century and a half, men and women of The Associated
Press have had the privilege of bringing truth to the world.
Portare la verità al mondo significa, anche per questa agenzia, molto più che
evitare di diffondere notizie che si sanno essere false: è perseguire i più alti
standard di correttezza etica, evitare le inesattezze, i pregiudizi e le influenze,
riportare con precisione le citazioni e rendere la fonte il più identificabile
possibile. Si trova in questa introduzione, anche una citazione – datata 1914 e
attribuita allo storico direttore dell’AP, Melville E. Stone:
«I have no thought of saying The Associated Press is perfect. The frailties
of human nature attach to it […] The thing it is striving for is a truthful,
unbiased report of the world's happenings.»
14
Per il resto, la guida dell’AP non si discosta molto da quella della concorrente
inglese, Reuters. Valgono anche qui le regole, relative alle fonti, di averne almeno
due per ogni notizia, a meno che non se ne abbia a disposizione una soltanto ma
particolarmente attendibile, e di identificarle con la massima precisione possibile.
Per quanto riguarda le fonti anonime, si stabilisce che possano essere usate solo
quando:
1. The material is information and not opinion or speculation, and is vital
to the news report.
2. The information is not available except under the conditions of
anonymity imposed by the source.
3. The source is reliable, and in a position to have accurate information.
15
13
V. Pandolfi, Dispense del corso di Giornalismo d’Agenzia, Corso di laurea in Editoria e
Scrittura dell’Università degli Studi La Sapienza di Roma, anno accademico 2010/11, p. 14.
14
Associated Press, Associated Press statement of news values and principles
(https://secure.ethicspoint.com/domain/media/en/gui/22315/AP_values_principles.pdf)
15
Ivi.
13
Particolarmente interessante ai fini di questa tesi, mi è parso poi il paragrafo
relativo alle correzioni. All’interno della redazione è richiesto, a chiunque trovi un
errore – effettivo o potenziale – in un pezzo proprio o di altri colleghi, di riferirne
al caporedattore, per poi fare il possibile per contattare l’autore dell’articolo prima
di apportare le correzioni.
AGENCE FRANCE-PRESS
Anche all’Agence France-Press, terza agenzia mondiale d’informazione con i
suoi 110 uffici sparsi per i cinque continenti, accuratezza significa esplicitare la
fonte di ogni singola informazione.
Cette pratique est indispensable à notre credibilité dans la mesure où:
- Elle indique au client le degré de certitude de l’information
rapportée.
- Elle lui permet de vérifier ou completer lui-même l’information
auprès de la source.
- Elle souligne explicitement nostre responsabilité lorsque le
journaliste de l’AFP est personellement le témoin des faits dont il
rend compte.
- Elle nous autorise une explication lorsqu’une information se révèle
erronée.
- Elle place, dans le cas des sources identifies, nos interlocuteurs
devant leur responsabilité.
16
Anche per l’AFP quindi le fonti identificabili sono quelle da preferire:
l’identificazione deve essere il più possibile completa e, nei casi in cui non sia
possibile citare nome e cognome della fonte è importante cercare almeno di
qualificarle, ossia indicare se sono fonti governative, sindacali, diplomatiche,
parlamentari, giudiziarie e via dicendo. Quelle non identificabili o difficilmente
qualificabili sarebbero invece da evitare:
16
Agence France-Press, Le manuel de l’agencier, 1997, p. 21.
14
Il faut essayer de réduire ces cas au maximum, car ils ouvrent la porte à la
désinformation. L’information ne doit être utilisée que lorsque la source est
evaluée comme absolument fiable.
17
Il manuel de l’agencier dell’AFP si sofferma poi sulle pratiche di rilancio di
una notizia appresa da altri media – affatto infrequenti, soprattutto o per gli uffici
di corrispondenza di un’agenzia di stampa mondiale. Tentare di verificare
l’informazione e di ampliarla è il primo passo da compiere; se però questo
dovesse richiedere troppo tempo, il manuale ammette che la notizia possa essere
data al momento, citando il medium da cui è stata appresa. Quando si sarà
ottenuta una conferma sarà invece possibile dare la notizia riferendosi alle proprie
fonti, fermo restando l’obbligo di indicare – nel lead o subito dopo – da chi si è
avuta originariamente l’informazione.
L’ultimo aspetto degno di nota – a mio avviso – è quello relativo alle
correzioni. Detto che ogni correzione deve essere facilmente identificabile
aggiungendo nello slug – ossia, la stringa di parole chiave relative al dispaccio –
la menzione, in stampatello, «CORR», il manuel indica, tra l’altro:
- Toute correction doit être claire pour le client. Sur la ligne après le titre,
une mention explique au client où est située la correction et sur quoi elle
porte. La dépêche corrigée est ensuite répétée en entier avec son titre, dans le
même envoi.
- La correction allusive, faite «en passant» ou à l’occasion d’une autre
dépêche, doit être exclue.
18
Ho continuamente assistito e talvolta eseguito personalmente queste pratiche
nel corso dello stage che ho svolto all’ufficio romano dell’Agence France-Press,
nell’estate del 2011. L’impressione che ho avuto, dopo 180 ore di collaborazione
in cui il mio compito è stato prevalentemente quello di verificare – al telefono o
spostandomi fisicamente sul luogo – le informazioni che giungevano da altre
fonti, è stata che, almeno per questa agenzia, l’accuratezza è davvero un elemento
imprescindibile del proprio mestiere: ogni prodotto di un’agenzia d’informazione
17
Ibidem, p. 22.
18
Ibidem, p. 47.
15
deve essere preciso nei contenuti e nella forma. Per questo ogni pezzo viene
sempre fatto leggere ad almeno un altro membro della redazione – preferibilmente
il direttore o il vice – prima di essere inviato al desk centrale; sarà di entrambi la
firma alla chiusura del dispaccio.
Azzardando una motivazione che vada oltre l’etica professionale, si potrebbe
dire che, per le agenzie di stampa, l’accuratezza sia una questione di
sopravvivenza: perso il monopolio sulla velocità e l’intermediazione tra fonte e
giornali, le agenzie possono trovare una nuova ragione d’essere nella confezione
di una notizia che abbia garanzia di verità e precisione. In questo non è certo da
sottovalutare il rapporto esistente tra un’agenzia e i propri clienti – molto più
stretto di quello tra una testata giornalistica e i suoi lettori: sia in termini di
interessi economici e professionali di una parte e dell’altra, sia in funzione della
possibilità di feedback da parte del cliente, che, qualora negativo, può avere
conseguenze molto più influenti di un feedback negativo da parte di un semplice
lettore (si pensi, ad esempio, a un cliente che non rinnova l’abbonamento con
un’agenzia in seguito a un servizio troppo lento o sciatto).
L’ ACCURACY NELLA STORIA DEL GIORNALISMO
La storia dell’evoluzione del giornalismo e dei diversi sistemi di informazione
è strettamente legata alla storia dell’accuratezza, benché l’accuracy intesa come
principio etico del giornalismo risalga, più recentemente, al diciottesimo secolo.
Una panoramica interessante sulla storia degli errori e dell’accuratezza nel
giornalismo, è quella presentata da Craig Silverman nel libro Regret the error.
How media mistakes pollute the press and imperil free speech
19
. Accuratezza e
informazione vanno necessariamente a braccetto dalla notte dei tempi:
19
C. Silverman, Regret the error. How media mistakes pollute the press and imperil free speech,
New York, Sterling Publishing Co., 2009.