7
Introduzione
Il contesto economico nell’ultimo quinquennio è drasticamente
cambiato.
La crisi di natura finanziaria partita dagli Stati Uniti con i mutui subprime è
stato solo l’inizio di una crisi che ha avuto forti ripercussioni nell’economia
reale degli Stati sovrani e che viene considerata da vari economisti come
una delle peggiori crisi economiche della storia, seconda solo alla Grande
depressione.
Alla recessione e alla contrazione del PIL in molti paesi del mondo,
soprattutto in quelli occidentali, si è affiancato la crisi dei debito dei paesi
sovrani e alle finanze pubbliche, e in più casi si è provveduto ad attuare
importanti “piani di salvataggio” per evitare possibili default.
Le cause della crisi sono svariate, come ad esempio gli alti prezzi delle
materie prime soprattutto in un’economia fortemente legata al petrolio,
una crisi alimentare mondiale, un'elevata inflazione globale, la minaccia di
una recessione in tutto il mondo e per finire una crisi creditizia con
conseguente crollo di fiducia dei mercati borsistici.
La ripresa economica non può prescindere dall’avanzamento del sistema
finanziario in generale e del mercato borsistico in particolare. La letteratura
economica ha evidenziato l’esistenza di una forte dipendenza tra lo
sviluppo economico e il progresso del sistema finanziario. Un sistema
finanziario progredito favorisce una crescita vigorosa e sostenibile,
8
limitando le barriere che si frappongono tra la raccolta e l’allocazione del
risparmio, favorendo il processo di selezione delle eccellenze
imprenditoriali e degli investimenti e offrendo nuove modalità di gestione
dei rischi.
E’ risaputo che il tessuto imprenditoriale italiano è creato da piccole e
medie imprese che storicamente hanno preferito il ricorso al debito
bancario come forma di finanziamento utilizzata, e hanno trascurato lo
strumento della quotazione che per lungo tempo è stato strutturato solo su
misura delle grandi imprese. A tal fine viene approfondita la riforma dei
mercati AIM e MAC, con la creazione del nuovo MTF AIM Italia -
Mercato Alternativo del Capitale, che pone le basi per ottimizzare il
percorso delle PMI verso un più sicuro e agevole approdo al mercato dei
capitali.
La struttura dell’AIM Italia - Mercato Alternativo del Capitale, fondandosi
sui punti di forza di AIM e MAC, è predisposta in modo tale da superare le
criticità legate alla complessità del processo di quotazione e i relativi costi
e al tempo stesso dà una visibilità più ampia alle imprese che vi si quotano.
9
Capitolo 1
Le PMI: crisi e opportunità
1.1 Definizione di PMI
L’acronimo PMI (o SME in inglese) è generalmente usato per
rappresentare le imprese di piccola e media dimensione, ed è di largo uso
soprattutto nell'Unione Europea e nelle organizzazioni internazionali, quali
la Banca Mondiale, le Nazioni Unite ed il WTO. In altri Paesi è usata
l'abbreviazione SMB, "Small or Medium sized Business".
Mentre negli Stati Uniti non è mai esistita una definizione condivisa di PMI
e solitamente la distinzione viene determinata in funzione del settore
industriale di appartenenza, in Europa ciascuno Stato membro ha
tradizionalmente utilizzato una propria definizione di PMI. Per esempio
in Italia il limite era 250 impiegati, a differenza dei 500 in Germania e dei
100 in Belgio. Solo nel 2003 l'Unione Europea ha uniformato il concetto di
PMI, ed alla base dell’ottenimento della qualifica di PMI è necessario
essere considerati un’impresa
1
.
Secondo la terminologia utilizzata dalla Corte di giustizia delle Comunità
europee nelle sue decisioni, un’impresa è «ogni entità, a prescindere dalla
forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica»
2
.
1
Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione
Europea L 124 del 20 maggio 2003, con decorrenza dal 1 gennaio 2005.
2 AA.VV., La nuova definizione di PMI, Pubblicazioni della direzione generale per le imprese e
l'industria, Commissione Europea – Ufficio delle pubblicazioni, 2006.
10
Possono essere considerati imprese i lavoratori autonomi, le imprese
familiari, le partnership e le associazioni che esercitano regolarmente
un’attività economica, in quanto il fattore determinante è l’attività
economica, non la forma giuridica.
Per comprendere se un’impresa rientra nella classificazione delle PMI,
l’Europa ha introdotto i seguenti tre criteri:
effettivi
3
;
fatturato annuo;
totale di bilancio annuo;
È opportuno notare che, mentre è obbligatorio rispettare le soglie relative
agli effettivi, una PMI può scegliere di rispettare il criterio del fatturato o il
criterio del totale di bilancio. L’impresa non deve soddisfare entrambi i
criteri e può superare una delle soglie senza perdere la sua qualificazione.
La definizione offre questa possibilità di scelta poiché il fatturato delle
imprese commerciali e di distribuzione è per sua stessa natura più elevato
che nel settore manifatturiero. Offrendo l’opportunità di scegliere tra
questo criterio e quello del totale di bilancio, che rappresenta il patrimonio
3
Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE. Art. 5 Gli effettivi:
Gli effettivi corrispondono al numero di unità lavorative-anno (ULA), ovvero al numero di persone che,
durante tutto l'anno in questione, hanno lavorato nell'impresa o per conto di tale impresa a tempo pieno. Il
lavoro dei dipendenti che non hanno lavorato tutto l'anno oppure che hanno lavorato a tempo parziale, a
prescindere dalla durata, o come lavoratori stagionali, è contabilizzato in frazioni di ULA. Gli effettivi
sono composti:
a) dai dipendenti che lavorano nell'impresa;
b) dalle persone che lavorano per l'impresa, ne sono dipendenti e, per la legislazione nazionale, sono
considerati come gli altri dipendenti dell'impresa;
c) dai proprietari gestori;
d) dai soci che svolgono un'attività regolare nell'impresa e beneficiano di vantaggi finanziari da essa
forniti.
Gli apprendisti con contratto di apprendistato o gli studenti con contratto di formazione non sono
contabilizzati come facenti parte degli effettivi. La durata dei congedi di maternità o parentali non è
contabilizzata.
11
totale dell’impresa, si garantisce che le PMI attive in diversi settori di
attività economica siano trattate in modo equo.
Come mostra il grafico 1, le tre categorie delle micro, piccole e medie
imprese comprendono imprese che impiegano meno di 250 persone e il cui
fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio
non supera i 43 milioni di euro.
Le piccole imprese sono definite come imprese che impiegano meno di 50
persone e il cui fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 10 milioni
di euro.
Le microimprese sono definite come imprese che impiegano meno di 10
persone e il cui fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 2 milioni di
euro.
Grafico 1. Classificazione delle imprese
Categoria
d’impresa
Effettivi: unità
lavorative anno
(ULA)
Fatturato annuo
(milioni di Euro)
Totale di
bilancio annuo
(milioni di Euro)
Medie < 250 ≤ 50 ≤ 43
Piccole < 50 ≤ 10 ≤ 10
Micro < 10 ≤ 2 ≤ 2
Le PMI sono quindi aziende le cui dimensioni rientrano entro certe soglie
occupazionali e finanziarie predeterminate. Per questa ragione, ed anche
per le oggettive difficoltà di attrarre capitali, Unione europea, Stati e
Regioni mettono in atto politiche di sostegno verso le PMI.
È importante considerare che queste imprese si comportano talvolta in
modo decisamente diverso da quelle di dimensioni maggiori, sia per la
diversa tipologia di organizzazione, considerando che sono per lo più
ancora gestite direttamente dal proprietario, e sia per la limitata
disponibilità di capitali e le conseguenti differenti politiche gestionali.
12
1.2 La situazione italiana
Le PMI costituiscono il 99,8% delle imprese europee, e in particolare il
91,2% sono microimprese. Il peso delle PMI è determinante in termini di
contributo alla crescita e all’occupazione, basti pensare che il 55% della
ricchezza dell’Unione dipende da queste realtà imprenditoriali. Il rapporto
tra PMI e grandi aziende o multinazionali varia da Paese a Paese e
caratterizza i rispettivi sistemi economico-produttivi: l'Italia ad esempio è
nota per avere una forte diffusione di PMI rispetto alle grandi aziende con
implicazioni sul suo assetto economico.
La peculiarità italiana risulta ancora più evidente se confrontata con la
situazione degli altri grandi Paesi europei. Si pensi che, mentre in Italia
l’81% della forza lavoro è impiegato in una PMI (la metà in una
microimpresa), nel Regno Unito la percentuale scende al 46% e in
Germania e in Francia addirittura al 39%
4
. In altre parole, se il ruolo della
PMI è importante per l’Europa, in Italia esso diventa ancor più decisivo,
rappresentando la spina dorsale e il vero motore dell’economia.
Il Paese Italia, attualmente, sta affrontando una durissima recessione, con
una chiusura in media di 1000 imprese al giorno
5
, di cui 1000 imprese al
mese per fallimento
6
, e la crescente diminuzione di imprese si ripercuote tra
l’altro sull’occupazione. Ad aprile 2008 gli occupati erano 23 milioni e 541
mila mentre a dicembre 2012 secondo l'Istat gli occupati sono 22 milioni e
723 mila, 818mila meno rispetto a quella rilevazione. Si è passato dal 63%
di occupati legati alla fascia d'età 20-64 anni, al 61%, ben lontano
4
RENDA A., LUCCHETTA G., L’Europa e le piccole e medie imprese - Come rilanciare la sfida della
competitività, Dipartimento Politiche Europee – Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2010.
5
Si veda articolo “Allarme Unioncamere: chiudono 1000 imprese al giorno” del 24 gennaio 2013 su
www.corriere.it
6 Si veda articolo “Nel 2012 boom di fallimenti in Italia: oltre 100 casi al mese” alla sezione News
dicembre 2012 sul sito www.cribis.com
13
dall’obiettivo fissato dal trattato di Lisbona di portare la quota al 67-69%
entro il 2020. Dato ancora più preoccupante è che rispettando le previsioni
di variazione dell'occupazione pubblicate nel Documento di economia e
finanza del governo per il triennio 2013-2015 si tornerà al livello pre-crisi
soltanto nel 2025
7
.
Di conseguenza come risulta anche da un’analisi di Rete Imprese Italia
8
, i
dati sullo stato di salute del nostro Paese sono allarmanti con un netto calo
dei redditi e dei consumi, e un aumento della pressione fiscale.
Le piccole e medie aziende italiane soffrono spesso la concorrenza di
grandi aziende e multinazionali, concorrenza che non riguarda solo la
vendita di beni e servizi, ma anche altri fattori rilevanti, come il ricorso al
credito degli istituti bancari per promuovere i propri investimenti in ricerca
e sviluppo o altri progetti finanziari, ricorso che però spesso è valutato
più rischioso dagli istituti di credito e quindi concesso da questi meno
favorevolmente e frequentemente.
Bisogna evidenziare, quindi, che alle grandi potenzialità delle PMI, si
contrappongono fattori di debolezza che portano ad una minore stabilità
economica rispetto ad altri Paesi con una prevalenza di grandi
imprese/industrie che regolano la competitività a livello internazionale.
I maggiori limiti delle PMI italiane possono essere sintetizzati nei seguenti
punti
9
:
assetto proprietario prevalentemente familiare e troppo chiuso;
7
Si veda articolo “La recessione più grave del Dopoguerra ha cancellato 480 posti al giorno” del 10
febbraio 2013 sul sito www.controlacrisi.org
8 Si veda articolo “Crollano i redditi e i consumi, Rete Impresa: Indietro di 27 anni” del 22 gennaio 2013
sul sito www.ilfattoquotidiano.it
9 www.nexstone.com
14
sbilanciamento degli investimenti in asset materiali e la scarsa
attenzione negli intangibles aziendali (relazioni, uomini,
organizzazione, competenze, ecc.);
continuità di impresa non sufficientemente programmata;
corporate governance di carattere personalistico - familiare;
primaria importanza del ricorso al finanziamento bancario;
alto utilizzo di strumenti di finanziamento a breve termine;
minor ricorso al mercato dell’equity e scarsa patrimonializzazione
con dirette conseguenze sul merito creditizio.
Quest’ultimo punto è di rilevante importanza, infatti il nostro sistema
industriale/produttivo si è trovato nell’attuale crisi dei mercati mondiali con
uno scarso livello di patrimonializzazione e ciò ha aggravato la
conseguente necessità di iniezione di liquidità, quantomeno per
fronteggiare le maggiori problematiche in essere: riduzione di fatturato,
allungamento dei tempi di pagamento, fatture clienti non evase, magazzini
pieni. Tutto ciò comporta la necessità di rendere sempre più coerenti i piani
di sviluppo industriale e commerciale valutando con attenzione
l’attivazione di processi di ricapitalizzazione, soprattutto aprendosi ai
mercati finanziari al fine di poter finanziare i processi di innovazione e
sviluppo rispetto al modello di business storico.