2
La contrattazione di massa consente, infatti,
all’imprenditore di:
- semplificare l’attività, trattandosi di condizioni
contrattuali suscettibili di essere applicate a un
numero indefinito di contratti futuri;
- quantificare il rischio economico cui va incontro;
- accelerare la conclusione del contratto, eliminando la
fase della trattativa con il cliente;
- assicurare un trattamento identico a tutti i diversi
contraenti;
- risparmiare in misura notevole sui costi (
1
).
Tale situazione pone, comunque, l’imprenditore in una
posizione di supremazia nei confronti del consumatore
che, trovandosi di fronte al contratto standard, non ha
altra alternativa se non “prendere o lasciare”.
Proprio per riequilibrare tale rapporto l’art. 1341, c. 1
prevede che “Le condizioni generali di contratto
predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei
confronti dell’altro, se al momento della conclusione del
contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto
conoscerle usando l’ordinaria diligenza”.
Il predisponente deve rendere conoscibili tali clausole
contrattuali, redigendole nel rispetto del principio di
trasparenza e il contraente, dall’altra parte, deve
1
Cfr. ALPA G. e PATTI S., Le clausole vessatorie nei contratti con i
consumatori, Milano, 1997, pag. XVIII.
3
impiegare l’ordinaria diligenza per accertare il
contenuto delle clausole contrattuali.
Il 2° comma dell’art. 1341 prevede poi la sanzione della
nullità per tutte quelle clausole particolarmente gravose
per la controparte, se non specificatamente approvate
per iscritto.
Le principali clausole contenute in tale elenco sono
quelle che limitano la responsabilità del predisponente,
limitano la facoltà di opporre eccezioni attraverso
l’applicazione del sistema del solve et repete,
sanciscono decadenze a carico dell’altro contraente,
prevedono proroghe o rinnovazioni tacite del contratto,
stabiliscono la devoluzione di ogni controversia a arbitri
o derogano alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Per quanto concerne il problema della tassatività o
meno dell’elenco ex. art. 1341, c. 2 , la maggior parte
della dottrina propende per una risposta negativa,
facendo prevalere la tutela del consumatore e
scorraggiando eventuali tentativi di elusione della
norma attraverso tecniche contrattuali diverse, aventi
lo stesso risultato. In questo senso si è pronunciata
anche la Cassazione, prospettando la possibilità di un
certo margine di interpretazione (
2
).
2
Cfr. LA GRECA T., Le clausole vessatorie – Disciplina generale, dal sito
internet www.libellus.it.
4
La disciplina volta alla tutela del consumatore verrà,
comunque, ampliata grazie al recepimento della
Direttiva C.E.E. 13/1993 con la legge n. 52/96.
Ritornando all’analisi della disciplina delle condizioni
generali di contratto contenuta nel codice del 1942,
l’art. 1342 prevede che nei contratti conclusi mediante
moduli o formulari le clausole aggiunte prevalgono su
quelle stampate, anche se quest’ultime non sono state
cancellate.
L’art. 1370 si occupa, invece, dell’interpretazione del
contratto prevedendo che “Le clausole inserite nelle
condizioni generali di contratto o in moduli o
formulari predisposti da uno dei contraenti
s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro”.
Prendendo come punto di riferimento proprio gli artt.
1341, 1342 e 1370 c.c. un’autorevole dottrina (
3
) ha
sottolineato come il codice civile italiano del 1942 abbia
disciplinato per primo, a livello europeo, le condizioni
generali di contratto, individuandone 4 principi guida:
- l’efficacia delle clausole è subordinata alla
conoscibilità da parte del contraente debole;
- le clausole vessatorie necessitano di una esplicita
accettazione per iscritto;
- le clausole aggiunte prevalgono su quelle stampate;
3
Cfr. ALPA G. e BESSONE M., I contratti standard nel diritto interno e
comunitario, TORINO, 1997, pag. 2.
5
- l’interpretazione del contratto standard avviene a
favore del consumatore.
Tuttavia, paradossalmente, questi principi, innovatori
per il periodo in cui sono stati enunciati, si riveleranno
negli anni seguenti, e in particolare a partire dal 1970,
insufficienti a garantire una sostanziale tutela del
consumatore.
6
1.1
CRITICHE ALLA DISCIPLINA DELLE CONDIZIONI
GENERALI DI CONTRATTO DEL CODICE CIVILE DEL
1942: LA TUTELA SOLO “FORMALE”
Nonostante gli elementi di modernità inseriti
nell’apparato codicistico, gli interventi giurisprudenziali
dei primi anni successivi all’entrata in vigore del codice
mostrano come tale disciplina, rivolta alla
contrattazione di massa, si riveli al momento dell’
applicazione poco efficace, risolvendosi in sostanza in
un mero controllo formale.
In questo periodo, infatti, il ruolo svolto dalla
giurisprudenza consiste per lo più in una “distratta”
analisi delle clausole potenzialmente vessatorie. I
giudici propendono per una interpretazione letterale
degli artt. 1341, 1342 e 1370 , senza riuscire nella
maggior parte dei casi a sviluppare la potenzialità della
disciplina codicistica.
A titolo esemplificativo si può rilevare come l’intento del
legislatore di richiamare l’attenzione del consumatore
sulle possibili conseguenze del contratto attraverso
l’imposizione dell’approvazione per iscritto delle
clausole “speciali” viene, nella pratica, spesso
vanificato.
7
In altri termini questa previsione del solo obbligo delle
duplice sottoscrizione per le clausole particolarmente
onerose non riesce ad intaccare il potere
dell’imprenditore di imporsi nei confronti del contraente
privato, anzi, tale meccanismo finisce per rivelarsi
vantaggioso per l’imprenditore che, una volta ottenuta
la doppia firma del consumatore, si ritrova in una
posizione contrattuale inattaccabile , nonostante
l’eventuale contenuto vessatorio della clausola da lui
predisposta (
4
).
Influisce, inoltre, negativamente su tale situazione
l’ottica del legislatore rivolta, in molte occasioni, a
tutelare maggiormente gli interessi economici delle
imprese a discapito di quelli non organizzati e non
omogenei del consumatore.
In questi anni, infatti, anche la dottrina prevalente
considera la disciplina del codice sufficiente a soddisfare
le esigenze di equilibrio e correttezza all’interno
dell’attività commerciale fra imprese e consumatore.
Fino al 1970 si assiste così ad una applicazione formale
degli artt. 1341, 1342 e 1370 c.c. che finisce con
l’avvantaggiare il settore imprenditoriale(
5
).
4
Cfr. PODDIGHE E., I contratti con i consumatori – La disciplina delle clausole
vessatorie, MILANO, 2000, pag. 7.
5
ALPA G. e BESSONE M., op. cit., pag. XIX.
8
1.2
LA DIFFUSIONE DEI CONTRATTI DI MASSA DAGLI ANNI
’70 E L’ESIGENZA DI UNA TUTELA FORTE DEL
CONSUMATORE
L’esigenza di un utilizzo di strumenti adeguati a tutela
del contraente debole viene sottolineata con sempre
maggior vigore dalla dottrina italiana a partire dagli
anni ’70, in conseguenza anche della diffusione della
standardizzazione. L’impiego di clausole volte a
pianificare l’attività dell’impresa riguarda ormai ogni
settore: prodotti quali gli elettrodomestici, le
somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, le
attività bancarie, assicurative, di trasporto.
L’attenzione rivolta dall’ordinamento al consumatore
non può più esaurirsi in una sporadica valutazione “a
posteriori” delle condizioni generali di contratto (come
prospettato dal Codice del 1942), ma deve
concretizzarsi in un controllo preventivo ed efficace.
In particolare parte della dottrina sottolinea alcuni
aspetti negativi di tale disciplina: l’uso di espressioni
quali “cliente” e “aderente” non sufficientemente
qualificanti, la mancata distinzione fra contratti per
adesione generali e contratti per adesione stipulati con i
consumatori, una tutela formale che non riesce ad
incidere sulla distribuzione dei rischi fra le parti.
9
Fra il 1977 e il 1987 l’intervento giudiziale diventa più
pregnante e recepisce parte delle critiche
mosse dagli studiosi del diritto; tale cambiamento
viene rappresentato attraverso l’individuazione di tre
direttive (
6
):
- l’uso di un controllo volto a colpire le clausole non
esplicitamente dichiarate come vessatorie dal codice;
- la valutazione delle clausole facendo riferimento alla
specifica qualifica, economica o giuridica, del
contraente;
- l’utilizzo dei principi generali di diritto per compiere
un apprezzamento sostanziale delle clausole,
tenendo anche conto dell’operazione economica
complessiva in cui sono inserite.
Se l’analisi si sposta, inoltre, alle motivazioni delle
sentenze di questo periodo è possibile rinvenire alcune
affermazioni comuni:
- l’accettazione del fenomeno dei contratti standard,
ritenuto dal punto di vista economico assolutamente
necessario e positivo;
- il contemporaneo bisogno di porre sullo stesso piano
impresa e consumatore;
- garantire che le contrattazioni siano conformi ai
principi generali dell’ordinamento.
6
Cfr. ALPA G. e BESSONE M., op. cit., pag.78.
10
Si arriva anche alla richiesta da parte della dottrina più
lungimirante di una riforma legislativa per potenziare la
tutela del consumatore, in conseguenza soprattutto dei
provvedimenti legislativi che vengono adottati a livello
comunitario.
Tra i più significativi vi sono l’AGB- Gesetz tedesca del
1976, l’Unfair Contracts Terms Act inglese del
1977, la legge Scrivener n. 78 francese del 1978.
Il legislatore italiano resta, da questo punto di vista,
indifferente, senza riuscire a dar vita a progetti di
riforma soddisfacenti(
7
); la spinta decisiva verso la
modifica del codice arriverà grazie ad un provvedimento
autoritativo proveniente dalla Comunità Europea, la
“Direttiva del Consiglio concernente le clausole abusive
nei contratti stipulati con i consumatori” del 5 aprile
1993, n. 93/13/CEE.
7
Cfr. PODDIGHE E., op. cit., pag. 8. L’autrice formula un’interessante
osservazione sulla stasi nella situazione legislativa italiana in questo periodo.
11
CAP. 2
LA DIRETTIVA 93/13 E IL SUO RECEPIMENTO
NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
2.1
L’APPROVAZIONE DELLA DIRETTIVA
La tutela del consumatore ha senza dubbio
rappresentato uno dei principali obiettivi perseguiti dal
legislatore comunitario a partire dagli anni ’70,
inserendosi nel contesto di un progetto più ampio
riferito all’unificazione del mercato europeo e alla
derivante esigenza di una legislazione uniforme degli
Stati membri; tale programma europeo inizia nel 1973
con la “Carta europea di protezione del consumatore”,
alla quale seguono altri interventi culminanti con
l’approvazione della Direttiva 93/13.
Il testo definitivo, confrontato con la prima stesura del
1990, presenta alcune salienti differenze, sottolineate
da un’autorevole dottrina (
1
):
- le clausole vengono definite uniformemente come
“abusive”;
- il controllo sull’abusività di una clausola viene
incentrato sulla buona fede e sullo squilibrio giuridico
delle rispettive prestazioni;
1
Cfr. ALPA G., I contratti dei consumatori, Roma, pag. 22.
12
- si opta per un controllo giudiziale ristretto, che non
può essere dilatato fino a comprendere il
sindacato sulla congruità fra valore della prestazione
e prezzo.
- viene precisato il significato di clausola negoziata;
- per quanto concerne la qualificazione delle
conseguenze della dichiarazione di abusività della
clausola, mentre nelle precedenti versioni della
Direttiva si parlava di nullità ora viene sancito che le
clausole in questione non sono vincolanti;
- vengono individuati i principi di carattere generale
cui i vari legislatori nazionali si devono attenere nel
recepimento della normativa comunitaria (il principio
di tutela del consumatore, il principio della
differenziazione dei contratti dei consumatori rispetto
agli altri contratti di massa, il principio della buona
fede intesa come correttezza e leale comportamento
delle parti, il principio dell’equilibrio contrattuale e il
principio di trasparenza nella redazione delle
clausole).
E’ importante, inoltre, sottolineare come la Direttiva
93/13 detti una tutela minimale, nel senso che, per
espressa previsione, gli Stati membri possono
estendere la disciplina sulle clausole abusive per
13
garantire una tutela ancora più forte al consumatore
(
2
).
2
Tale previsione è stata criticata da parte della dottrina in quanto considerata
eccessivamente elastica e conseguentemente produttiva, nella pratica, di
legislazioni di attuazione differenti, a seconda del diverso grado di severità
adottato a protezione del consumatore dai singoli Stati. Cfr. LA TORRE A., Le
clausole “vessatorie” fra libertà contrattuale e controllo giudiziale, dal sito
internet www.popso.it, da Cronache aziendali della Banca Popolare di
Sondrio, n. 74 di agosto 1997.
14
2.2
LA LEGGE N. 52/1996
Gli Stati membri della Comunità Europea avrebbero
dovuto recepire i contenuti della disciplina sulle clausole
vessatorie entro il termine del 31/12/1994.
Il legislatore italiano, come già accaduto più volte in
passato, risulta inadempiente e, per diverse ragioni (
3
),
perviene all’approvazione del testo definitivo di
recepimento della Direttiva 93/13 soltanto nel febbraio
del 1996, con la legge n. 52.
Ai sensi dell’art. 25 di tale legge viene inserito nel
codice civile, con la tecnica della novellazione, un nuovo
Capo, il XIV-bis “Dei contratti del consumatore”,
comprendente 5 articoli: il 1469-bis (Clausole
vessatorie nel contratto tra professionista e
consumatore), il 1469-ter (Accertamento della
vessatorietà delle clausole), il 1469-quater (Forma e
interpretazione), il 1469-quinquies (Inefficacia) ed il
1469-sexies (Azione inibitoria).
Prima di analizzare il contenuto della disciplina è
opportuno segnalare le più importanti e qualificate
critiche che sono state mosse a tale intervento
normativo.
3
Cfr. PODDIGHE E., op. cit.,pag. 13, ove l’autrice individua fra le ragioni del
ritardo nel recepimento della direttiva le vicende politiche italiane, la lentezza
15
Innanzitutto interessanti osservazioni sono state
espresse in merito alla scelta del legislatore
di utilizzare la novellazione e relativamente alla
decisione di introdurre i nuovi articoli nel titolo II del
libro IV del codice civile, dedicato ai contratti in
generale.
Secondo un’autorevole dottrina (
4
) alla base dell’utilizzo
dello strumento della novella o della legge speciale vi è
una differenza di significato: nel primo caso la scelta
del legislatore dimostra la volontà di introdurre norme
che, seppur riferite a determinati soggetti, sono idonee
a esercitare un’influenza più ampia; nel secondo caso,
invece, vi è l’intento di circoscrivere le regole al relativo
settore, senza possibilità di applicazione estensiva ad
altri rapporti.
Assumendo una prospettiva diversa (
5
) è stata
sottolineata la possibilità di ravvisare nella novella al
codice civile o una disciplina specificativa della logica
unitaria che lega ciascun istituto del codice o una
normativa consolidata in un sotto sistema autonomo
rispetto ai principi generali del codice.
dell’iter parlamentare, l’articolato dibattito della dottrina volto ad ottenere un
testo sufficientemente chiaro.
4
Cfr. ALPA G., op. cit., pag. 82.
5
Cfr. RUFFOLO U., in Clausole “vessatorie” e “abusive”, Milano, 1997, pag.
17.