Capitolo 1
I CONGEDI DI MATERNITÀ
1.1 Congedi di maternità e astensione obbligatoria
La maternità è uno degli eventi più importanti della vita di una donna e in materia di lavoro
rappresenta una delle cause di sospensione del rapporto di lavoro. Il periodo della gravidanza e
successiva nascita del bambino è tutelato dalla legge e dalla Costituzione italiana. La donna ha
diritto all’astensione da lavoro obbligatoria, prima, durante e dopo il parto, per un totale di 5 mesi,
in alcuni casi prorogabile.
La Costituzione italiana riconosce la funzione fondamentale della donna nella famiglia e ne
sancisce i diritti nel periodo di gravidanza ed, in generale, in tutta la propria vita lavorativa. Sulla
base del principio costituzionale, l’ordinamento italiano in materia di maternità ha tutelato l’evento
quando ricade durante il periodo lavorativo della donna. Il percorso legislativo che ha portato alla
tutela della maternità e della paternità, è iniziato negli anni ’70 con le leggi 30 Dicembre 1971, n.
1204 sulla “Tutela delle lavoratrici madri” e 9 Dicembre 1977, n. 903 sulla “Parità di trattamento tra
uomini e donne in materia di lavoro”, è proseguito con la legge 8 Marzo 2000, n. 53 sulle
“Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla
formazione e per il coordinamento dei tempi della città” e si è concluso con il “Testo Unico della
maternità” col Decreto legislativo 26 Marzo 2001, n. 151.
La lavoratrice ha diritto al congedo di maternità durante il periodo di astensione obbligatoria di 5
mesi e in questo periodo di assenza dal lavoro ha diritto a percepire l’indennità di maternità dal
proprio ente previdenziale, cioè una prestazione che viene erogata tramite il datore di lavoro o
direttamente tramite l’INPS. Si tratta di un’indennità sostitutiva della retribuzione ed è pari all’80%
della retribuzione media giornaliera percepita nel mese immediatamente precedente l’inizio
dell’astensione.
L’istituto dell’astensione obbligatoria può essere inteso come composto di due sotto-fattispecie
autonome, l’astensione pre-parto e quella post partum.
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La prima, motivata dall’esigenza di tutelare la salute della donna e del feto nell’ultimo periodo della
gravidanza, consiste nel godimento di un periodo pari a due mesi precedente al parto decorrendo a
partire da due mesi prima della data presunta del parto indicata nel certificato e titolare di questo
diritto è la sola lavoratrice gestante.
La seconda fattispecie, giustificata dal bisogno di particolari cure del neonato o del bambino accolto
nella famiglia adottiva o affidataria, consiste nel godimento di un periodo di sospensione del
rapporto di lavoro successivo al parto o all’inserimento nella famiglia, il quale decorre diversamente
a seconda che la lavoratrice interessata sia madre naturale o adottiva. Nel primo caso questo periodo
decorre dal giorno della data presunta del parto prolungandosi per un tempo anche superiore ai tre
mesi canonici a seconda di quando si sia verificata la nascita del bambino; ciò riguarda l’ipotesi in
cui il parto avvenga in un momento antecedente la data indicata nel certificato, parto prematuro,
ipotesi per la quale si è previsto che la lavoratrice abbia diritto a fruire, successivamente alla nascita
del bambino e cumulandoli ai tre mesi di astensione post partum, dei giorni di astensione pre-parto
non goduti. Invece, per quanto riguarda la madre adottiva o affidataria, la fruibilità dell’astensione
può iniziare dal giorno dell’effettivo ingresso del bambino nella famiglia, prolungandosi per tre
mesi esatti
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.
Prima dell’inizio del periodo di interdizione dal lavoro di 5 mesi, esattamente prima del
compimento del settimo mese di gravidanza, la lavoratrice deve consegnare al datore di lavoro e
all’INPS, il certificato medico indicante la data presunta del parto. Questa certificazione è conditio
sine qua non per l’erogazione dell’indennità di maternità per il periodo di astensione obbligatoria.
Il periodo di 5 mesi di astensione dal lavoro può essere fruito in vari modi, secondo una flessibilità
concessa alla donna e, soprattutto, in relazione alle condizioni di quest’ultima e del nascituro
durante la gestazione. La gestante può decidere di fruire del diritto, anziché con la formula “due più
tre”, ovvero due mesi di astensione prima della data presunta del parto e tre dopo questo, con la
formula “uno più quattro”, cioè optando per la posticipazione di un mese dell’inizio dell’astensione,
sospendendo la propria prestazione lavorativa un mese prima della data presunta del parto e fruendo
dei restanti quattro mesi a decorrere dalla medesima data, questa alternativa è sorretta da cautele a
garanzia della salute della lavoratrice e del nascituro: in questo caso è necessario che il medico
specialista del Servizio Sanitario Nazionale e quello competente ai fini della prevenzione e tutela
della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della
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Del Punta R., Lazzeroni L., Vallauri M.L., (2000), I congedi parentali, in Le modifiche al regime dell’astensione
obbligatoria; la fattispecie del parto prematuro e la “flessibilizzazione” del periodo di astensione,Milano: Il Sole 24 Ore,
pag. 17-18-19.
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gestante e del nascituro. Dunque, è una doppia certificazione: una del medico specialista a garanzia
dell’imparzialità della visita e della attestazione e una del medico competente a garanzia della
correttezza della certificazione in relazione alla conoscenza dell’ambiente e delle condizioni di
lavoro in cui la lavoratrice gestante svolge la propria prestazione.
1.2 Dall’astensione facoltativa della lavoratrice madre ai congedi parentali
Il destinatario naturale della disciplina contenuta nell’originaria formulazione dell’art. 7 della legge
30 dicembre 1971, n. 1204, era senza dubbio la lavoratrice, madre biologica. Si prevedeva che la
prestatrice d’opera avesse diritto di assentarsi dal lavoro, una volta trascorso il periodo di astensione
obbligatoria, per un periodo di sei mesi entro il primo anno di vita del bambino. Durante tale
periodo, la lavoratrice aveva diritto alla conservazione del posto e alla corresponsione di
un’indennità pari al 30% della retribuzione. Il diritto era esercitabile dandone semplicemente
comunicazione al datore di lavoro e all’istituto assicuratore eventualmente tenuto al versamento
della relativa indennità, senza nessun’altra formalità. Il periodo di astensione poteva essere goduto
indifferentemente in un’unica soluzione oppure frazionato nel tempo, purché la modalità prescelta
fosse comunicata all’imprenditore per consentirgli di organizzare la propria attività.
Successivamente, questo diritto fu esteso anche alle lavoratrici adottive o affidatarie e ai lavoratori
padri biologici o adottivi/affidatari. Le prime avevano diritto ad assentarsi dal lavoro per sei mesi
entro il primo anno dall’effettivo ingresso del bambino in famiglia a condizione che il minore non
avesse superato i tre anni di età, previa comunicazione al datore di lavoro della volontà di astenersi
dalla prestazione e dietro presentazione di documentazione attestante l’introduzione in famiglia del
minore e l’età di questi.
Per quanto riguarda i lavoratori padri, questi avevano il diritto di assentarsi dal lavoro solamente in
alternativa alla madre che vi avesse espressamente rinunciato, o nel caso in cui il figlio fosse stato
loro affidato in via esclusiva.
La rivisitazione quasi totale della disciplina dell’istituto dell’astensione facoltativa è la novità
principale introdotta dalla legge 8 Marzo 2000, n. 53. Qui il Legislatore alla locuzione «astensione
facoltativa» sostituisce quella di «congedo parentale»
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giungendo a dare effettività al principio della
parità sostanziale fra uomo e donna all’interno delle mura domestiche e consentendo ad entrambi i
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Direttiva 96/34/CE del 6 Giugno 1996 di recezione dell’Accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE,
dal CEEP e dalla CES. Si veda in particolare la clausola 2 rubricata “Congedo parentale”
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genitori lavoratori di accudire i figli nei primi anni di vita senza dover rinunciare a proseguire e
coltivare la propria carriera professionale.
Dunque, sia madre che padre godono della facoltà di sospendere la rispettiva prestazione per
accudire il figlio, indipendentemente dalla condizione lavorativa in cui versi l’altro genitore, sia
esso lavoratore autonomo, libero professionista, lavoratore a domicilio, addetto ai servizi domestici
inoccupato. Rimangono, invece, esclusi dal godimento del congedo parentale i lavoratori e le
lavoratrici a domicilio, gli addetti ai servizi domestici e gli addetti ai lavori socialmente utili i quali
sono ammessi unicamente a fruire del congedo per maternità e paternità.
La nuova astensione facoltativa si estende lungo un arco di tempo più vasto, potendo essere fruita
nel corso dei primi otto anni di vita del bambino, anziché entro il primo. Una volta trascorso il
periodo dell’astensione obbligatoria i genitori possono complessivamente fruire di dieci mesi di
astensione dal lavoro, ciascun genitore per un massimo di sei mesi e la sospensione può essere
continuativa o frazionata. Inoltre padre e madre possono assentarsi dal lavoro anche
contemporaneamente e accudendo assieme il figlio, sempre nel rispetto del limite massimo di dieci
mesi.
Il padre che esercita il proprio diritto per più di tre mesi avrà un prolungamento del periodo della
sua astensione fino a sette mesi, mentre il termine cumulativo si dilata fino a undici mesi; questo per
predisporre un meccanismo che incoraggi gli uomini a sospendere la propria prestazione per
accudire i figli per un periodo di tempo significativo. Nel caso, poi, in cui uno dei genitori sia
rimasto solo, questi potrà fruire individualmente di dieci mesi di congedo.
La domanda di fruizione del congedo parentale deve essere accompagnata dal certificato di nascita
da cui risulti la maternità e la paternità, da una “dichiarazione non autenticata di responsabilità”
dell’altro genitore relativa agli eventuali periodi di congedo parentale già goduti per lo stesso figlio
e da una dichiarazione relativa alla qualità di non avente diritto all’astensione. La comunicazione al
datore di lavoro dovrà essere data almeno quindici giorni prima dell’inizio dell’astensione: dovrà
contenere l’indicazione del periodo durante il quale il lavoratore si assenterà dal lavoro, essere
corredata delle dichiarazioni sopra ricordate e inviata anche all’Inps.
Per quanto riguarda il trattamento economico spettante ai genitori che fruiscono del periodo di
astensione, dopo i cinque mesi obbligatori e entro il terzo anno di vita del bambino, esso sarà del
30% della retribuzione per un periodo massimo di sei mesi, e hanno altresì diritto alla contribuzione
figurativa.
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