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Introduzione
Il legame tra analisi delle competenze e sviluppo professionale si fonda su un assunto che
vede la conoscenza come apporto individuale specifico, unico, insostituibile all’interno di
ogni contesto lavorativo.
La scoperta del valore dell’apprendimento individuale, della capacità dei singoli di porta-
re all’interno delle organizzazioni conoscenze, abilità, esperienze distintive, diventa un modo
nuovo di considerare il bagaglio professionale che ogni persona porta con sé.
In questa prospettiva, che nasce all’interno degli studi di gestione delle risorse umane, è
il comportamento messo in atto dalla persona nell’esercizio della sua professione a caratteriz-
zarsi come oggetto preminente di studio.
Il valore della conoscenza individuale diventa oggetto di ricerca nei contesti organizzati-
vi fino ad estendersi ad analisi più ampie che studiano, non soltanto come la persona contri-
buisce allo sviluppo organizzativo attraverso un sistema di capacità, conoscenze ed esperien-
ze, ma anche come l’organizzazione stessa possa essere concepita come un’insieme di compe-
tenze indispensabili al fine di raggiungere un significativo vantaggio competitivo.
Disporre di un’analisi delle competenze di una professione significa poter selezionare,
sviluppare, ricompensare, quelle qualità che rendono la performance della persona elemento
di efficacia ed efficienza, per l’ambito dove essa si trova ad operare.
La tesi illustra, partendo dalla sperimentazione del competence model di Levati e Sarao,
gli strumenti a disposizione dell’approccio per competenze. Il lavoro di ricerca non si limita,
dunque, a descrivere le potenzialità dell’approccio per lo sviluppo del ruolo, ma si propone,
innanzi tutto, di sperimentare concretamente il modello attraverso l’analisi di una professione.
La scelta del modello di analisi, tra i molti disponibili, è dovuta alle peculiari caratteristi-
che del costrutto teorico elaborato da due autori in merito al tema della competenza. La chia-
rezza terminologica, la sistematicità dei passaggi del disegno di ricerca, la descrizione accura-
ta dell’uso degli strumenti, determina un’alta utilizzabilità del modello, sia per la precisione
dei riferimenti concettuali, sia per l’applicazione sul campo.
La scelta della professione, è il risultato della combinazione di tre fattori: il primo riguar-
da l’interesse di chi realizza la ricerca per il counseling, il secondo, è relativo all’incontro con
il correlatore della tesi, ricercatore sulla tematica e counselor di professione, il terzo, è rappre-
sentato dalla volontà di apportare un’ulteriore riflessione sulle capacità, i comportamenti,
l’esperienza necessari per conseguire una determinante efficacia operativa di intervento.
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L’esposizione degli argomenti è suddivisa in due parti: la prima parte del testo si concen-
tra nella descrizione degli assunti teorici relativi al tema della competenza, la seconda invece,
tratta gli aspetti applicativi del modello preso in analisi, e comprende una descrizione della
professione di counselor e l’elaborazione concreta delle fasi di ricerca del competence model
preso come riferimento.
Nello specifico, la prima parte comprende tre capitoli, il primo capitolo delinea il conte-
sto generale nel quale si sviluppano i costrutti teorici sulle competenze, e in particolare, ap-
profondisce l’aspetto strategico delle competenze nell’ambito della gestione e organizzazione
delle risorse umane.
Il secondo capitolo esplora il significato delle definizioni attribuite al termine “compe-
tenza” e descrive i principali modelli di analisi, soffermandosi, sulla presentazione del compe-
tence model di Levati e Sarao.
Il terzo capitolo, infine, passa in rassegna le tecniche di rilevazione utilizzate per la map-
patura delle competenze, dedicando una spazio particolare agli strumenti impiegati per
l’individuazione delle attività professionali del counselor.
La seconda parte comprende due capitoli, il quarto capitolo si occupa, di illustrare la pro-
fessione di counselor sotto il profilo storico, teorico, metodologico, e di descrivere quali sono
le caratteristiche del percorso formativo nell’ambito nazionale.
Il quinto e ultimo capitolo, rappresenta la concreta applicazione del modello di Levati e
Sarao. L’applicazione del modello consente, attraverso l’uso degli strumenti e l’analisi delle
informazioni raccolte, di elaborare un elenco delle competenze del counselor individuandone
le diverse componenti: attività, comportamenti, capacità, esperienze e conoscenze.
Il capitolo si chiude con una riflessione sul complessivo valore del modello per la profes-
sione di counselor, ed in particolare, su quali sono i possibili usi dell’elenco per i processi di
selezione, formazione, sviluppo di carriera, valutazione e compensation.
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PRIMA PARTE
I CAPITOLO
LA DIMENSIONE STRATEGICA DELL’APPROCCIO PER
COMPETENZE
Gli obiettivi del primo capitolo
Questo capitolo ha lo scopo di illustrare qual è l’ambito di riferimento in cui si colloca
l’approccio per competenze, quali sono gli strumenti a disposizione del modello e come essi
sono utilizzati al fine di consentire lo sviluppo delle professioni oggetto d’analisi.
Risorse umane e approccio per competenze
L’approccio per competenze è uno degli strumenti strategici utilizzati in ambito organizzativo
nella gestione e nell’organizzazione delle risorse umane.
Questo approccio nasce dall’intenzione, all’interno delle imprese, di un recupero delle
teorie sul capitale umano. Idea che ha portato a considerare il personale non solo sotto
un’ottica di costi d’esercizio, ma anche come un investimento: “sul finire degli anni Ottanta le
nuovi dimensioni della concorrenza internazionale, la dinamica della tecnologia, le nuove
forme di organizzazione della produzione e dei servizi hanno fatto emergere con prepotenza il
ruolo delle risorse umane, delle loro qualità, del loro coinvolgimento in una prospettiva non di
breve periodo nel creare il vantaggio competitivo delle imprese” (Lawer, 1992).
Nella prospettiva della qualità e del coinvolgimento della risorsa umana prende sostanza
il concetto di competenza. Le competenze dell’individuo nell’azienda diventano il capitale di
conoscenza a disposizione dell’organizzazione, il quale costituisce la base per il vantaggio
competitivo.
È la conoscenza la base ultima su cui si fonda la capacità dell’impresa di sviluppare nuo-
vi prodotti, mettere a punto soluzioni organizzative e tecniche innovative, relazionarsi in
modo corretto con il mercato. È ancora sulla capacità di alimentare e orientare questi processi
di generazione della conoscenza che le imprese costruiscono vantaggi competitivi non effime-
ri, ma destinati a durare nel tempo (Collins e Porrass, 1994).
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La competenza diventa, dunque, per l’organizzazione un patrimonio da ricercare, alimen-
tare, orientare e gestire. L’approccio per competenze si propone come uno degli strumenti di
gestione delle risorse umane che può essere utilizzato per:
- migliorare il processo di selezione
- migliorare il processo di valutazione della performance
- facilitare l’autovalutazione e lo sviluppo
- fornire una base al coaching e alla formazione
- offrire un linguaggio comune per spiegare la natura di una performance efficace
(Boam, Sparrow, 1996).
I risultati che assicurano la competitività dell’impresa dipendono sempre meno
dall’organizzazione formale disegnata per raggiungerli e sempre più dalle persone in quanto
tali, meno classificabili in un’organigramma e nei confini rassicuranti di una posizione, e più
riferibili a ruoli in continua evoluzione, e dunque, da una sistema di competenze da mettere in
campo (Auteri, 1998).
L’approccio per competenze offre l’opportunità di utilizzare gli strumenti strategici di
gestione delle risorse umane ponendo come punto di partenza il processo ex post di analisi del
ruolo professionale. Infatti, la prospettiva per competenze analizza il sistema complessivo di
un ruolo professionale: l’analisi non è pensata come un’unità statica, il sistema di classifica-
zione è infatti basato sul soggetto e non sull’oggetto della professione.
La differenza tra queste due posizioni è resa chiara dal confronto tra job evalutation, pro-
spettiva di classificazione oggettiva, e skill evalutation prospettiva di matrice soggettiva, la
quale ha come suo principale strumento di analisi l’approccio per competenze.
Confronto job/skill evalutation. (fonte Costa, 1998).
Variabili Job Evalutation Skill Evalutation
Criterio dominante Reificazione degli attori
Antropomorfizzazione
dell’organizzazione
Rapporto con la posizione L’individuo si adatta alla posizione L’individuo struttura la posizione
Selezione Ricerca del più adatto alla posizione Ricerca anche delle potenzialità
Inserimento Acculturazione Innesto
Sviluppo/incentivazione Addestramento alla prestazione
Formazione delle determinanti della
perforamance
Compensation Paga di posto Skill based pay
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La valutazione delle skills improntata sulla matrice “per competenze” rende chiaro come gli
obiettivi delle politiche di gestione delle risorse umane si focalizzino su un passaggio di pro-
spettiva da competence at work a working whit competencies, e questo è possibile se le perso-
ne sono in grado di riconoscere le competenze, capirle, valutarle, sperimentarle, allenarsi ad
utilizzarle, imparare a comunicarle, applicarle nel lavoro e più in generale, nella vita di tutti i
giorni (Civelli, Manara, 2002).
Il disegno della carriera professionale di un individuo assume, dunque, prospettive diver-
se sia in rapporto con il mercato del lavoro, sia all’interno delle organizzazioni.
Il peso delle capacità professionali di una persona si misura attraverso il bagaglio di
competenze acquisito e nella potenzialità di inserimento e di sviluppo all’interno delle orga-
nizzazioni, cioè, come dicono gli autori sopra citati “è di cruciale importanza per le persone e
le organizzazioni saper sviluppare la “competenza di saper lavorare con le competenze” e
definire forme e strumenti per un sistematico bilancio delle competenze”.
Il bilancio delle competenze identifica il patrimonio personale degli individui, le organiz-
zazioni attuando politiche di employabylity diventano, dunque, abili a valorizzare, integrare,
sviluppare le capacità, le conoscenze e le esperienze professionali al loro interno e affermano
con questa impostazione il concetto di “dejobbing” (Bridges, 1997).
Dejobbing inteso come la progressiva perdita nelle organizzazioni del significato del job
inteso come attività che si “ha”, che si può descrivere attraverso una serie di atti e classifica-
zioni contrattuali (Civelli, Manara 2002).
Il cambiamento organizzativo nella prospettiva per competenze investe anche il concetto
di posizione e di ruolo, inteso come attività dai caratteri statici e “materiali”. L’interazione tra
individuo e ruolo perde il carattere di adattamento per assumere il carattere di morfogenesi:
“l’individuo non si adatta più alla posizione ma la rigenera in base alle proprie caratteristiche
individuali, interpretando gli stimoli e i condizionamenti ambientali. Individuo e posizione (o
ruolo) assumono un'unica forma indistinta, in cui i caratteri si confondono e si evolvono
congiuntamente”(Costa, Gianecchini 2005).
Analisi e valutazione delle competenze
Il fine del processo di analisi e valutazione è quello di determinare la corrispondenza tra
performance desiderata e performance realmente posseduta dai titolari della mansione o dai
candidati ad un ruolo professionale.
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Il processo di diagnosi consta di due fasi distinte, quella di analisi, e quella valutativa ve-
ra e propria. L’analisi porta alla composizione del quadro d’insieme e alla descrizione del
fenomeno, la valutazione invece è l’utilizzo dell’analisi rispetto alle esigenze del contesto.
L’analisi è dunque un momento neutro, che tende ad accertare la situazione di fatto senza
alcun giudizio di merito. La valutazione, invece, raccoglie i risultati dell’analisi e li considera
come termini di confronto tra adeguatezza e inadeguatezza rispetto alle competenze richieste
o riguardo le caratteristiche di performance considerate accettabili.
È importante evidenziare autori, come Boam e Sparrow, considerino oggetto di valuta-
zione la competenza e come altri, invece, abbiano come termine di riferimento la prestazione
(Boyatzis, Spencer et al.): il modello delle competenze che verrà presentato nel capitolo suc-
cessivo pone come termine di riferimento per la valutazione la prestazione. Prestazione intesa
come “insieme delle modalità comportamentali con cui l’individuo raggiunge gli obiettivi che
sono richiesti dal ruolo. Il parametro è il comportamento descritto come obiettivo di riferi-
mento per misurare l’adeguatezza o meno di ciò che l’individuo ha fatto e non di come
l’individuo è” (Levati, Sarao, 1998).
Il comportamento, diventa in questo modello, il dato di osservazione della performance,
il quale è collegato al contesto specifico di chi esercita il ruolo professionale oggetto d’analisi:
“infatti il comportamento in sé non spiega nulla e il suo significato può emergere solo in
relazione alla situazione di contorno che l’ha sollecitato, che è appunto il contesto”(Levati,
Sarao, 1998). Solo il contesto specifica quale è l’obiettivo che il comportamento si prefigge di
raggiungere. Le competenze nel modello analizzato diventano le caratteristiche che consento-
no alla performance di esprimersi, caratteristiche intrinseche all’individuo che corrispondono
ad un insieme di capacità, conoscenze ed esperienze finalizzate.
Il processo di valutazione si avvale di differenti tipologie di strumenti; la scelta della ti-
pologia più indicata per stabilire il set di competenze sottoposte ad audit non è il risultato di
una procedura preconfezionata, per questo, l’efficacia degli strumenti deve essere valutata a
seconda del ruolo e del contesto professionale nel quale esso è inserito, non esiste, infatti, un
consenso unanime su quale sia il metodo di valutazione più appropriato ad ogni specifica
situazione.
I metodi di valutazione possono essere raggruppati in quattro categorie:
- approcci analogici, che mirano a riprodurre gli elementi chiave della mansione; il filo
rosso che lega le tecniche utilizzate in questa prospettiva è il cercare di ricreare, in mi-
niatura, uno o più elementi della mansione. Asher e Sciarrino (1974) descrivono tecni-
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camente questa situazione di analogia come il cercare di stabilire una “corrispondenza
puntuale” tra il processo di valutazione e il lavoro in esame. Se è necessario, un valu-
tatore può prendere in considerazione ogni aspetto della mansione da valutare e poi
identificare i comportamenti di lavoro importanti per la performance efficace. I metodi
analitici possono essere raggruppati in sette tipi principali: esercizi di gruppo, esercizi
alla scrivania, simulazioni di ruolo, presentazioni, relazioni scritte, test psicomotori,
test di addestrabilità.
- approcci analitici, in questo caso il comportamento che determina la performance vie-
ne esaminato per le competenze che esso richiede. Le singole competenze vengono
astratte e vengono testate in termini generici. In questo caso la corrispondenza puntua-
le con la mansione non è un dato di cui si tiene conto, le attività svolte nel test possono
essere molto differenti da quelle svolte effettivamente al lavoro. L’obiettivo di questo
gruppo di test è, infatti, quello di misurare la competenza in quanto tale, senza definire
alcuna corrispondenza al contesto specifico, come invece accade per i metodi di valu-
tazione analogici. Le abilità misurate da questo tipo di test sono ad esempio, l’abilità
di trovare errori, di seguire le istruzioni, di elaborare testi, le abilità numeriche e le
abilità verbali.
- approcci che si basano sul giudizio degli altri, questo tipo di valutazione è detta anche
valutazione a trecentosessanta gradi, questo perché vengono coinvolte tutte le persone
che circondano il soggetto che ricopre il ruolo valutato. In qualche misura anche gli
approcci sopra descritti coinvolgono soggetti terzi per ottenere le informazioni sulla
valutazione, la differenza principale in questo tipo di valutazione è determinata dal
contatto quotidiano con i titolari della mansione o i candidati al ruolo, il metodo è, in-
fatti, basato sull’osservazione dei valutati durante il loro lavoro ordinario. Il vantaggio
di questo tipo di approccio risiede nel fatto che non occorre allontanare i valutati dal
normale lavoro e non è necessario spendere tempo per lo sviluppo di test ed esercizi.
Questo tipo di approccio presenta però anche alcuni svantaggi: la perdita di standar-
dizzazione, la lunghezza dei tempi di valutazione, la possibilità di valutare solo perso-
ne “interne” all’organizzazione.
- altri approcci: in questa categoria sono raggruppati metodi non classificabili negli ap-
procci precedenti, essi sono: le notizie biografiche, la storia delle realizzazioni,
l’autobiografia futura. Le notizie biografiche: questo metodo viene utilizzato raramen-
te per identificare competenze specifiche, molto più spesso viene impiegato per predi-
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re il successo nel lavoro in generale. Ai soggetti valutati viene somministrato un que-
stionario di una sessantina di domande di vario genere, si va da quelle di routine ( tipi
di professioni svolte precedentemente, qualifiche professionali, età…) a quelle che
vertono su test del carattere. Successivamente segue un’analisi statistica che predice il
successo nella mansione, i coefficienti di validità si testano solitamente intorno a 0,4.
- La storia delle realizzazioni: il metodo prevede di analizzare una mansione per identi-
ficare le competenze attraverso l’analisi delle azioni (analisi compiuta dagli stessi par-
tecipanti). Le risposte vengono valutate in base a uno schema di punteggi attentamente
progettato.
- L’autobiografia futura: il metodo proposto da Tuller e Barrett (1976)è uno dei pochi,
tra quelli in uso, per la valutazione delle competenze orientato al futuro.
Nell’autobiografia i canditati o i titolari immaginano se stessi in un futuro professiona-
le lontano, ad esempio dopo cinque anni, e viene chiesto loro di descrivere che cosa
potrebbero realizzare in questo periodo di tempo. Questi racconti vengono valutati in
base ad una serie di competenze identificate con l’analisi.
- Assessment centre: l’assessment centre non si può definire un proprio e vero approc-
cio, in realtà esso si caratterizza come una combinazione di strumenti dei metodi già
presentati. La combinazione scelta è determinata dalla valutazione delle competenze
richieste dalla mansione. La pluridicità delle esercitazioni utilizzate in questa procedu-
ra prende fondamento dal presupposto che per valutare tutte le competenze richieste
nella mansione siano necessari più metodi. Inoltre, l’assessment centre non parcellizza
la valutazione in un periodo di tempo lungo, in genere questa procedura ha la durata di
due giornate e il metodo prevede di costruire una matrice con le competenze nella riga
superiore e gli esercizi nella colonna di sinistra. Normalmente gli esercizi vengono
scelti in modo da dedicare maggiore attenzione ai compiti più importanti. (Boam,
Sparrow, 1996).
Una variante dell’assessment centre è l’individual centre, la differenza fondamentale
tra i due è data dal numero di soggetti coinvolti contemporaneamente: nel primo la va-
lutazione riguarda, in genere, un gruppo di persone (di solito otto per volta), il secondo
prevede, come dice già la parola una misurazione individuale delle competenze posse-
dute.