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Premessa
La decisione di occuparmi del mercato cosmetico di lusso nasce dalla mia pluriennale
esperienza nel settore. Ovviamente, come la dottrina chiarisce ampiamente, esistono
molteplici sfaccettature dei beni di lusso. Osservando dall’alto verso il basso
un’ipotetica piramide composta da tali beni, notiamo che esistono beni di lusso
inaccessibili, beni di livello intermedio e soprattutto beni di lusso accessibili.
Il settore di cui mi occupo nella mia vita professionale e su cui ho voluto intraprendere
la stesura di questa tesi, riguarda il mondo della profumeria. In particolare, ho
analizzato le politiche distributive degli operatori della profumeria selettiva, ovvero
dell’arena in cui competono tra di loro i marchi considerati alto di gamma. In questo
settore i beni commercializzati appartengono al livello del lusso accessibile, ovvero
molto più cari rispetto alla media della loro categoria di prodotto ma comunque
acquistabili da una discreta porzione di consumatori. Le politiche che si applicano a
questa tipologia di beni di lusso non è così dissimile da quella applicata per i beni di
lusso più elevato.
Per “Strategie della Profumeria” intendo sia quelle adottate dai distributori i quali,
grazie alla concentrazione che sta avvenendo anche in questo particolare settore del
commercio stanno aumentando il loro potere contrattuale nei confronti dell’industria,
anche se in maniera meno marcata rispetto a quanto avvenuto con dieci anni d’anticipo
nella grande distribuzione, sia quelle adottate dalle aziende che commercializzano i
prodotti a marchio di lusso, aziende che si trovano a dover scegliere e adottare le
politiche di presenza sul territorio e di proiezione e protezione della marca nel lungo
periodo, idonee a sviluppare le crescite di fatturato necessarie ma anche a preservare
l’immagine e ad evitare la banalizzazione del marchio.
Tale commistione di interessi e di obiettivi può risultare incongruente in prima analisi,
poiché per sviluppare maggior fatturato occorre, normalmente, aumentare la
distribuzione per vendere di più, ma per proteggere correttamente un prodotto di lusso e
per evitarne la banalizzazione è invece necessario contingentare la distribuzione per
rendere il prodotto più desiderabile perché meno diffuso, anche se questo potrebbe
scontrarsi con l’obiettivo della crescita. Il tutto va poi intersecato con le dinamiche
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commerciali proposte dalle insegne distributive che spesso possono non coincidere con
quelle dell’industria.
In realtà, alcune consolidate esperienze di marchi molto noti dimostrano che per i beni
dell’alto di gamma l’equazione “più sono presente sul territorio e più vendo” non è
valida. In questo mercato è necessario raggiungere un equilibrio distributivo che
consenta di esserci laddove è indispensabile, anche ove ciò comporti una
concentrazione di concessioni in zone circoscritte, ma di rinunciare ad altre opportunità,
magari rispondendo negativamente alle richieste dei distributori, per evitare una
diffusione troppo estesa.
Le tendenze evolutive delle politiche distributive degli ultimi anni, anche in virtù della
ormai sopravvenuta saturazione del settore stesso, stanno puntando l’attenzione
sull’economicità della gestione delle attività. In altri settori, anche del commercio
stesso, tale approccio rappresenta la regola di base per intraprendere qualsiasi decisione
di investimento. Nel settore della profumeria invece, nonostante esistano ormai
strutture distributive mastodontiche a livello europeo, la gestione con criteri di
economicità delle attività è una conquista piuttosto recente che ancora deve estendersi a
livello globale.
Infatti, fino a qualche anno fa, il settore in esame sviluppava notevoli profitti e c’era
spazio per tutte le marche; il livello competitivo tra le industrie era piuttosto limitato
poiché il bacino di consumatori era in grado di assorbire la maggior parte delle proposte
delle aziende, offerte dai distributori.
Come altri settori hanno dimostrato, occorre orientare le attività di tutti i players alla
corretta gestione del conto economico e dei flussi di cassa fino al livello più basso, cioè
del punto vendita. L’equilibrio tra entrate e uscite, ricavi e costi, attività e passività, sta
alla base di ogni successo per gli sviluppi futuri di ogni azienda.
Le clausole dei contratti di concessione che consentono di commercializzare i marchi di
lusso desiderati obbligano però i concessionari all’acquisto dei nuovi prodotti. Questo
comporta due dinamiche imprescindibili:
1) le imprese del lusso sono tentate dal proporre più prodotti nuovi, ma spesso non
innovativi, per colmare le deficienze di fatturato momentanee;
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2) una lenta ma inesorabile saturazione dell’offerta del distributore il quale è costretto a
fare selezione, oggi più che mai, tra i marchi da commercializzare ed altri da
abbandonare.
La tendenza attuale mostra come la scelta di alcuni distributori sui marchi da trattare
stia ricadendo sempre meno sulla contribuzione che le industrie possono fornire, in
termini di sconti in fattura e di premi fine anno, a favore della coerenza tra le dinamiche
commerciali e l’immagine della marca che queste dimostrano nel tempo.
Nella stesura di questa dissertazione che con grande ambizione si propone di offrire una
panoramica mondiale del mondo della cosmetica, ho incontrato qualche difficoltà sul
reperimento dei dati ufficiali di fatturato e delle informazioni sulla struttura distributiva
dei paesi analizzati, difficoltà superate solo grazie ad un’approfondita ricerca sul web e
grazie all’utilizzo di metodi induttivi.
Alcune informazioni presenti mi sono state fornite da alcuni top manager delle aziende
cosmetiche del lusso che operano in Italia, i quali però mi hanno chiesto di restare
anonimi.
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Introduzione
Il settore di cui intendo occuparmi presenta dei confini molto difficili da definire
precisamente. Infatti, solamente in Italia, esistono più di 7000 punti vendita considerati
profumerie ma quelli presi in considerazione dai marchi più importanti del settore per
immagine, ubicazione, bacino d’utenza, qualità e servizio offerto alla clientela, sono
meno di 2000.
Volendo schematizzare, è possibile affermare che il settore della profumeria, sia in
Italia che nel mondo, ha attraversato e continua ad affrontare, profondi mutamenti
dovuti ad aspetti legislativi (soprattutto per il caso italiano), tecnologici ed economici.
Innanzitutto, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Bersani del 1998 sulle
liberalizzazioni del commercio, il settore profumeria, al pari di quasi tutti gli altri settori
del commercio, è stato interessato negli ultimi 15 anni da un profondo cambiamento.
Sono nati format espositivi nuovi ed è aumentata notevolmente la concorrenza sia tra le
insegne distributive che tra le fashion brands.
In aggiunta va considerato l’avvento sempre più determinante del canale digitale che, in
Italia, sta attraversando ancora una fase embrionale per quanto riguarda le vendite on
line, non tanto come presenza ma piuttosto come alternativa all’elevato grado di
servizio offerto nei punti vendita fisici, ma all’estero rappresenta un’esperienza
consolidata, anche se, nonostante sia in forte crescita produce ancora risultati di vendita
marginali rispetto al totale.
La vera rivoluzione prodotta da Internet consiste nell’aumento esponenziale dei flussi
informativi verso i consumatori. Questi ultimi, soprattutto nel settore di cui ci
occupiamo, hanno subìto storicamente l’asimmetria informativa che esisteva a
vantaggio dei produttori e dei distributori. Gli stessi clienti hanno dovuto fidarsi di
qualsiasi argomentazione sia stata fornita loro ed hanno acquistato prodotti, in qualche
caso, a scatola chiusa.
Oggi il mercato è diventato consumer oriented in virtù dell’accresciuta consapevolezza
dei consumatori stessi che non appaiono più come sprovveduti, anzi sono molto
informati e spesso accedono ai punti vendita vantando alcune notizie che le stesse
vendeuse non sono in grado di confermare.
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Quindi, per fidelizzare le consumatrici, occorre elevare il livello di servizio che i
distributori riescono ad offrire al proprio pubblico.
I parametri che incidono sulla qualità del servizio offerto nel settore profumeria
selettiva, oggi più che mai, riguardano l’assortimento, inteso soprattutto nel senso della
profondità più che dell’ampiezza; riguardano la formazione del personale che deve
essere sempre all’altezza nel fornire consulenza alle consumatrici; riguardano gli aspetti
estetici e qualitativi che il punto vendita deve trasmettere ai propri visitatori, nell’ottica
di una vera e propria esperienza sensoriale ed emozionale d’acquisto.
Parlando di settore della profumeria, non posso evitare di considerare anche le imprese
che forniscono i prodotti, spesso di grandi marchi del lusso, che devono
necessariamente evolvere verso e in maniera compatibile con le rinnovate esigenze del
mercato.
Quindi è indispensabile che le aziende intreccino rapporti di partnership con i
distributori e siano più vicine alle esigenze sia dei consumatori che dei distributori
stessi ascoltandone le richieste. Inoltre è necessario che dispongano di una forza vendita
che garantisca una forte presenza sul territorio e che si preoccupi di fornire consulenza
ai concessionari. Solo in questo modo si determinerà il fine ultimo per cui un venditore
svolge la sua attività, ovvero la generazione dell’ordine.
Infine, ma non meno importante, va ricordato che il settore del commercio in generale
ha attraversato nel corso degli ultimi vent’anni, in diverse fasi, delle profonde crisi
congiunturali. Tendenzialmente la profumeria, in passato, ha retto meglio di altri settori
agli effetti indotti dalle crisi. Ovviamente mi riferisco al settore nel suo complesso
poiché all’interno di esso, invece, si è avuta una variazione piuttosto importante delle
quote di mercato tra gli operatori presenti, a vantaggio di coloro che hanno dimostrato
sempre coerenza nelle loro scelte ed hanno ispirato fiducia verso i distributori ed i
consumatori.
La congiuntura negativa, che attualmente sta destabilizzando tutto il Vecchio
Continente, appare più difficile delle precedenti e solo un ripensamento radicale
dell’approccio al settore, operato sia dalle insegne commerciali che dai produttori, potrà
portare a non perdere quote di mercato e di consumatori importanti, a vantaggio di
canali distributivi affini come la farmacia o le erboristerie.
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PARTE PRIMA – Il mercato della cosmetica e i suoi canali di
distribuzione
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Capitolo 1 - Il mercato distributivo della cosmetica
1. Introduzione
I canali distributivi che si possono trovare nelle varie aree geografiche mondiali sono
molteplici e rispecchiano la storia e il percorso evolutivo del Paese in cui si trovano.
Prima di addentrarmi nell’analisi dei Paesi internazionali che contribuiscono in maniera
più importante al totale dei consumi dei prodotti di bellezza e di igiene personale, è
utile definire cosa si intende per prodotto cosmetico ed in questo senso è molto
esaustiva la formula espressa dall’art. 1 della Direttiva Europea in materia di mercato
cosmetico (76/768/EEC) il cui principale obiettivo è quello di garantire la sicurezza dei
cittadini: “un prodotto cosmetico consiste in una sostanza o mistura da applicare sulle
parti esterne del corpo umano, epidermide, capelli, unghie e labbra, sui denti o sulle
mucose della cavità orale con lo scopo di fornire igiene, profumo, miglioramento
dell’aspetto, correzione degli odori e di proteggere e preservare le condizioni delle parti
trattate”.
E’ utile altresì classificare le forme distributive esistenti cercando di individuare tra di
esse dei minimi comuni denominatori, ovvero quei canali che possono essere
individuati ovunque visto che, come si può facilmente intuire, ogni singolo Stato può
avere delle peculiarità che lo differenziano dagli altri.
In generale posso affermare che esiste una differenza sostanziale tra i paesi
anglosassoni e gli altri e tale differenza riguarda la formula distributiva dei drugstores.
Tale formula che rappresenta un mix tra farmacie, parafarmacie, profumerie e
minimarket tutto in uno (i negozi Boot’s del Regno Unito ne sono un esempio), è
presente nei paesi anglosassoni in maniera molto capillare. In tali paesi sono meno
sviluppate le profumerie selettive (gli speciality stores) così come le conosciamo in
Italia. Soprattutto grazie alle catene internazionali come Douglas e Sephora tale format
è stato inserito anche nei paesi dove i drugstores sono presenti.
Inoltre, nonostante l’Italia sia tra i paesi più importanti riguardo i consumi della
cosmetica, la diffusione dei Department Stores (Grandi Magazzini) è molto meno
importante rispetto agli altri paesi top seller di prodotti di bellezza.
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2. Classificazione della distribuzione
Le formule distributive più importanti e più universalmente riconosciute si possono
classificare in base all’ampiezza ed alla profondità della loro offerta di prodotto e di
servizi accessori e in base alla presenza di intermediari tra i produttori e i clienti.
A proposito della presenza di intermediari o meno, prima di addentrarmi nella
descrizione delle varie forme distributive è necessario approfondire la differenza tra
distribuzione indiretta e diretta.
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Le formule distributive indirette sono caratterizzate dalla presenza di intermediari tra il
produttore e i clienti finali. Tali canali di distribuzione consentono alle aziende che
producono prodotti cosmetici di contattare, in maniera rapida, un grande pubblico di
potenziali consumatori sostenendo costi relativamente contenuti. Si tratta di canali di
sbocco in cui l’azienda produttrice si avvale di un distributore per arrivare a valle della
filiera commerciale.
A fronte di vantaggi immediatamente tangibili come la capillare presenza territoriale, la
crescita del fatturato e della quota di mercato, la distribuzione indiretta potrebbe portare
alcuni svantaggi. In primo luogo potrebbe comunicare in maniera errata i valori di un
determinato prodotto ai consumatori; inoltre potrebbe praticare politiche commerciali
disallineate rispetto ai dettami di alcuni brand considerati di lusso che quindi avrebbero
un grave danno alla propria immagine; infine la gestione degli invenduti, se non gestita
in maniera accorta, avrebbe gravi conseguenze facilitando la banalizzazione del
marchio.
Per comprendere meglio i concetti elencati finora è necessario introdurre la
differenziazione che esiste tra cosmetici più democratici, sia a livello di prezzo che di
immagine, e cosmetici di lusso.
Per sopperire agli svantaggi sopraelencati e non subire una banalizzazione della propria
immagine, i brand dei cosmetici di lusso possono differenziare la propria distribuzione
optando su punti vendita gestiti direttamente, ovvero di proprietà dell’azienda stessa
che produce i prodotti di bellezza. In questo modo si praticherebbero tutte le accortezze
necessarie per mantenere elevato il livello qualitativo della comunicazione, della
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Marketing dei beni di lusso, F. Mosca, Pearson, 2010
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commercializzazione e della gestione degli invenduti con conseguente protezione
dell’immagine della marca.
La distribuzione diretta, però, comporta alcuni svantaggi. In primo luogo ha dei costi
molto elevati sia per la gestione dei locali di vendita, sia del personale addetto; in
secondo luogo occorre più tempo per installare una rete di punti vendita con le location
adeguate in modo da raggiungere tutta la clientela potenziale, cosa che si
ripercuoterebbe sulle vendite di breve/medio periodo; infine è sconsigliata nel caso in
cui un’azienda voglia vendere i propri prodotti in una nuova area geografica dove
esistono vincoli legislativi e operativi che bisogna conoscere a fondo prima di poter
commercializzare autonomamente. In questi casi i canali indiretti garantiscono risultati
molto più rapidi.
Con grande approssimazione è possibile dire che un’azienda interessata a distribuire i
propri prodotti in un nuovo mercato è quasi obbligata a rivolgersi a distributori locali,
optando quindi per una distribuzione di tipo indiretto. In un secondo tempo, le aziende
produttrici di prodotti cosmetici interessate a proteggere meglio il proprio marchio,
possono installare i propri punti vendita diretti dopo che siano state acquisite le
conoscenze necessarie per operare nel mercato stesso.
Infatti, le forme di distribuzione indiretta che sono le più diffuse, coinvolgono in
maniera importante tutti i tipi di cosmetici e quelli a prezzi più accessibili detengono la
quota di mercato maggiore. Le forme di distribuzione diretta invece riguardano
soprattutto prodotti a marchio di lusso o di elevata riconoscibilità.
Le forme distributive che prevedono almeno un intermediario e per questo considerate
indirette sono:
- Le profumerie selettive (assortimento ampio in base alle dimensioni del pdv e
profondo e alto livello di servizio)
- I department stores (assortimento ampio e profondo e alto livello di servizio)
- Le farmacie (assortimento poco ampio ma profondo e alto livello di servizio)
- I drugstores (assortimento poco ampio e poco profondo e basso livello di servizio)
- I format del mass market (assortimento ampio e basso livello di servizio)
- I saloni di acconciatura
- I centri estetici e le SPA
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Le forme distributive che non presentano intermediari tra produttori di cosmetici e
clienti e quindi sono gestite direttamente dalle aziende sono:
- I negozi monomarca di proprietà
- Gli shop in shop
- I factory outlet
- I temporary store
- Le vendite per corrispondenza e porta a porta