8
intervento dello Stato nella vita economica e sociale;"
1
peraltro tali
elementi produssero pure la nascita di Stati autoritari) più che al
classico modello dello Stato liberale, si conformarono al modello dello
Stato sociale.
Mortati nell'introdurre la nozione di Stato sociale precisa: "con
essa si vuole indicare l'aggiunta ai caratteri dello "Stato di diritto" di
quelli che devono consentire allo Stato di conseguire i fini sostanziali
di maggiore solidarietà fra i vari gruppi che compongono la società."
2
I due capitoli della Parte II analizzano rispettivamente:
ξ l'organo Capo dello Stato nella Costituzione formale e
nella Costituzione materiale-regime politico anche considerando l'im-
portanza assunta da consuetudini e convenzioni costituzionali;
ξ i differenti modelli di Capi dello Stato.
La trattazione comparata dei Capi dello Stato nella forma di
Stato sociale risulta quindi chiaramente necessaria ma non sufficiente
per inquadrare comparatisticamente il Presidente della Federazione di
Russia. Risulta quindi indispensabile formulare nel capitolo 1 della
Parte III una breve analisi delle funzioni del Capo dello Stato nella
forma di Stato socialista prima del capitolo conclusivo: partendo dallo
studio delle analogie e differenze tra il Presidente dell'URSS ed il suo
omologo della Federazione di Russia si è giunti a delineare
nell'essenziale il modello costituzionale adottato con la Costituzione
1
BISCARETTI DI RUFFIA P., Introduzione al diritto costituzionale comparato,
Milano, 1988, 61.
2
MORTATI C., Lezioni sulle forme di governo, Padova, 1973, 62.
9
della Federazione di Russia approvata il 12 dicembre 1993 con
riguardo all'istituto presidenziale.
In conclusione si analizzeranno i punti di forza e di debolezza
del Presidente della Federazione di Russia indicando come la
Costituzione formale abbia trovato attuazione nelle norme di
correttezza costituzionale.
10
PARTE I:
LE FORME DI GOVERNO.
CAPITOLO 1:
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE.
§ 1. NOZIONI DI FORMA DI STATO E FORMA DI GOVERNO.
Si definisce forma di Stato il modo in cui si atteggiano i rapporti
fra gli elementi costitutivi dello Stato: popolo, territorio, governo. La
forma di Stato considera l'aspetto finalistico del rapporto, così nello
Stato di democrazia classica il fine dello Stato è far sì che il governo
sia espressione della maggioranza, dapprima di una ristretta cerchia di
elettori e poi di tutti col suffragio universale, nel rispetto dei diritti
della minoranza. Questo fine è il punto che unisce ogni forma di
governo, intendendosi con questo concetto il modo con cui le varie
funzioni dello Stato sono distribuite ed organizzate fra i diversi organi
costituzionali
3
, dello Stato di democrazia classica.
Infatti, pur in una categoria amplissima, sicuramente la più
ampia forma di Stato, che ricomprende forme di governo tra loro
diversissime e temporalmente assai lontane, dalle prime
immediatamente successive allo Stato di polizia alle più recenti forme
di governo che stanno consolidandosi nell'Europa centro-orientale, il
fine che tutte accomuna permette al comparatista una valida e
fruttuosa comparazione.
3
MORTATI C., Lezioni, cit., 3.
11
Un concetto importantissimo, per ogni seria trattazione di diritto
costituzionale comparato - che non deve limitarsi all'analisi ed al con-
fronto tra Costituzioni in senso formale, cioè dei testi costituzionali e
delle norme di rango ad essi pariordinate, quali sono in taluni ordina-
menti ad esempio le leggi sulle Corti Costituzionali, od al più in senso
oggettivo: vale a dire dei testi normativi fondamentali, e delle norme
non scritte, che stabiliscono la struttura essenziale dello Stato
4
- risulta
quello di Costituzione in senso materiale, o meglio il combinato di due
concetti: regime politico e Costituzione materiale che trova in Mortati
5
la migliore spiegazione in dottrina sia per chiarezza che per sintesi: la
determinazione del regime politico delinea i fini fondamentali, mentre
quella della Costituzione materiale indica le forze politiche che ne
sono alla base. Quindi la determinazione di alcuni fini, piuttosto che
altri, presuppone che essi siano stati sostenuti da determinate forze
politiche, le quali d'altronde presuppongono la scelta dei fini di cui
esse siano portatrici.
Il campo d'indagine viene limitato, nelle Parti I e II, allo Stato di
democrazia classica; si sottolinea come appaia fondamentale
scorporare i tre principali istituti che scaturiscono dal fine posto alla
base della forma di Stato: 1° divisione dei poteri, 2° elezione popolare
o del solo legislativo nelle forme di governo monistiche, od anche
dell'esecutivo nelle forme di governo dualistiche, 3° la rigidità della
Costituzione, che sola permette un adeguato controllo giurisdizionale
di costituzionalità.
4
BISCARETTI DI RUFFIA P., Introduzione, cit., 594.
5
MORTATI C., Lezioni, cit., 7.
12
La dimostrazione del collegamento di questi tre istituti col fine
"governo della maggioranza nel rispetto dei diritti della minoranza",
proprio dello Stato di democrazia classica, è data dal fatto che in una
forma di Stato con un diverso fine, questi istituti o sono sostituiti da
opposti istituti o perdono il significato che hanno nella forma di Stato
di democrazia classica. Così nella forma di Stato socialista, la cui
finalità è l'instaurazione di una società comunista, non vi è il principio
della divisione dei poteri ma "le principe de l'unité du pouvoir de
l'État qui est à l'opposé du principe de la separation des pouvoirs."
6
Vi è invece l'elezione degli organi del potere statale, ma il significato
di tali elezioni non è quello di scegliere le forze politiche
7
ed il
connesso indirizzo politico, perchè quest'ultimo non muta con la
nuova legislatura - salvo mutare se il partito stesso lo muta - ma è il
partito che determina la linea della politica interna ed estera, in virtù
del principio del ruolo guida del partito.
Da ultimo la rigidità della Costituzione non può servire alla
tutela delle minoranze in una società che è per assiomatico postulato
omogenea; quanto al controllo giurisdizionale di costituzionalità, la
dottrina degli Stati socialisti concordava nel negare, agli organi
giudiziari, la competenza di poter dichiarare costituzionalmente
illegittima una norma di legge, con l'eccezione della Jugoslavia,
6
DRAGANU T., Structures et institutions constitutionnels des Pays socialistes
européens, Paris, 1981, 49.
7
LANCHESTER F. (a cura di), La legislazione elettorale degli Stati dell'Europa
centro-orientale, Milano, 1995, IX-XI e GANINO M., La dinamica della legisla-
zione elettorale in alcune Repubbliche ex sovietiche in ult. op. cit., 188-191.
13
riconoscendo invece una sorta di controllo politico di costituzionalità
agli organi supremi del potere statale ad attività permanente.
Prima di delineare i principali criteri con cui le forme di governo
dello Stato di democrazia classica si possono classificare, e quindi sof-
fermarci sulle differenze tra le forme di governo concretamente forma-
tesi, vogliamo brevemente trattare di quel principio che accomuna le
forme di governo dello Stato di democrazia classica: la divisione dei
poteri (con la sola eccezione della forma di governo assembleare
8
).
Questa scelta ha come base logica la considerazione che una visione
meramente formale del principio della divisione dei poteri (l'attività
formalmente legislativa essendo l'attività svolta dagli organi
legislativi, quella giurisdizionale l'attività del potere giudiziario,
l'attività formalmente amministrativa quella riconducibile al potere
esecutivo o amministrativo) risultava insoddisfacente e non esauriente
"perchè restava fuori di essa proprio quell'attività di indirizzo politico
che la dottrina tendeva a considerare preminente, in quanto
rappresentativa della sostanziale e imprescindibile unità dello Stato e
che, considerata anch'essa funzione, era posta ora accanto, ora al di
sopra delle altre, e non riesce ad assimilare la funzione politica o di
governo che, in realtà, rende possibile il coordinamento del potere
legislativo con l'esecutivo".
9
Parte della dottrina ritiene inequivocabilmente tale funzione di
indirizzo in posizione di supremazia, tra questi il Kelsen secondo il
quale "la funzione politica o di governo finisce per sconvolgere la
8
ORTINO S., Diritto costituzionale comparato, Bologna, 1994, 303-304.
9
MODUGNO F., voce Potere (divisione dei), NSDI, vol. 13, Torino, 1976, 478.
14
struttura organizzativo-funzionale dello Stato quale è delineata dalla
teoria della divisione dei poteri. Mostrata l'impossibilità
dell'uguaglianza dei poteri, l'attività di governo non doveva più
propriamente trovare un suo posto se non al vertice della scala, al
sommo della piramide."
10
Per ciò che concerne la delineazione dell'indirizzo politico, si ri-
tiene più corretto porla come funzione preminente e di raccordo delle
altre tre perchè, come sostenuto da Biscaretti di Ruffia
11
"l'indirizzo
politico generale indica l'orientamento specifico che viene impresso,
all'attività di governo ed esecutiva e anche alla stessa attività legisla-
tiva", è quindi una funzione per atti generali di orientamento.
Da ultimo Modugno appalesa la sua opinione quando parlando
della nostra Costituzione afferma: essa "non sembra contenere, il
principio organizzativo della divisione dei poteri. Essa mostra
viceversa la tendenza spiccata alla molteplicità e alla moltiplicazione
degli organi costituzionali."
12
A nostro giudizio una tale affermazione
è troppo netta, in quanto non si deve ritenere che la tripartizione delle
funzioni richieda la tripartizione dei poteri. In ciò siamo confortati
dall'illustre insegnamento di A.Giannini
13
, che già riguardo
10
Citato da MODUGNO F., in ult. op. cit., 481. Si noti che Kelsen riconosce solo
due funzioni (legislativa ed esecutiva la quale incorpora anche la giurisdizionale):
"legis latio" e "legis executio", quest'ultima viene sminuita nella Costituzione au-
striaca del 1920, che vede in lui il padre, dove viene attuata una fortissima
razionalizzazione in senso parlamentare, che peraltro avrà vita breve: fino alle
profonde modifiche costituzionali del 1929, che la avvicineranno alla Germania di
Weimar.
11
Introduzione, cit., 112.
1
2
MODUGNO F, Potere, cit., 489.
13
GIANNINI A. Tendenze costituzionali, Bologna, 1933, 28.
15
all'ordinamento italiano degli anni trenta, affermava che la divisione
dei poteri comporta che cinque poteri (popolo, Parlamento, Governo,
Capo dello Stato,
14
magistratura) esercitino tre funzioni (legislativa,
esecutiva, giudiziaria) in modo distinto, concorrente e congiunto e che
ad esempio la funzione legislativa può essere esercitata dal
Parlamento, dal Capo dello Stato, dal popolo: nessuno dei tre è il
potere legislativo.
La classificazione cui siamo pervenuti (funzione preminente di
indirizzo politico agente da raccordo delle altre tre funzioni) va
completata ponendo al vertice la funzione costituente
15
, che deve
essere "differenziata in particolare dalla funzione legislativa"
16
.
"Al potere costituente, libero nel fine e sempre indeterminabile
negli strumenti, si contrappone, e non solo nelle Costituzioni rigide,
ma anche in quelle flessibili
17
, il potere di revisione, che a differenza
del primo è un potere costituito, cioè limitato nel suo operato ad
apportare semplici mutamenti e aggiunte che non tocchino la
Costituzione materiale, cioè i principi fondamentali del regime,
1
4
Non condivisibile ci appare l'affermazione "nella carica di Capo dello Stato
(funzione ieri politicamente decisiva, oggi in generale secondaria)" in RESCIGNO
G.U., Forme di Stato e forme di governo, EG, vol.14, Roma, 1989, 16 che, oltre a
sminuire eccessivamente i Capi di Stato odierni, classifica come funzione le attri-
buzioni di un organo costituzionale non rientranti in una sola funzione.
15
CARRÉ DE MALBERG, sostiene che, oltre alle tre funzioni delineate da Monte-
squieu, v'è un potere superiore, il potere costituente, che assicura l'unità dello
Stato: citato da MODUGNO F., in Potere, cit., 480.
16
BARILE P., voce Potere costituente, NSDI, vol. 13, Torino, 1976, 444.
17
Come già sostenuto da BISCARETTI DI RUFFIA P., Sui limiti della "revisione
costituzionale", estratto dagli annali dell'Università di Catania, 1949.
16
poggianti sul consenso delle forze politiche da cui trae effettività
l'ordinamento statale"
18
.
Tra le revisioni della Costituzione formale, quindi sia della
Costituzione in senso documentale che delle altre norme ad essa
pariordinate, occorre annoverare, secondo chi scrive, il recepimento di
norme già appartenenti alla Costituzione materiale ed alla materia
costituzionale. Si condivide perciò l'affermazione di Crisafulli:
"diventa materia costituzionale la materia regolata nella Costituzione
formale"
19
, mentre non è sostenibile, sempre secondo chi scrive,
l'inverso: diventa Costituzione formale tutta la materia costituzionale.
1
8
BARILE P., Potere, cit., 445.
Il rispetto della distinzione tra potere costituente e potere di revisione (anche della
stessa procedura di revisione della Costituzione) è stato oggetto di acceso dibat-
tito, in Francia, al momento dell'approvazione della legge costituzionale del 3 giu-
gno 1958 (MORELLI G., Il Capo dello Stato nella teoria e nella prassi della V
Repubblica francese, Jus, 1969, Milano, 119-126) che delegava al Governo di DE
GAULLE la preparazione di "un progetto di riforma costituzionale" (BISCARETTI DI
RUFFIA P., Introduzione, cit., 276).
Riguardo alla legge costituzionale del 3 giugno 1958, Morelli sostiene "che non ci
sia trasferimento del potere costituente è dimostrato proprio dal fatto che il
progetto di Costituzione doveva rispettare, nel contenuto, determinati principi e,
nella fase di preparazione determinate modalità" (MORELLI G., Capo, cit., 124)
quindi "appare chiara, la intenzionale differenziazione dalla legge costituzionale
10 luglio 1940. Mentre tale legge trasmetteva "ogni potere al Governo della
Repubblica, sotto l'autorità e la firma del Maresciallo Pétain, al fine di promulgare
una nuova Costituzione" e non conteneva che una vaga clausola quanto alla
sostanza e non prevedeva alcun intervento del Parlamento, ben diverse e di
diversa portata sono le condizioni stabilite dalla legge 3 giugno" 1958. (Ult. op.
cit., 122)
Ragion per cui mentre la legge 10 luglio 1940 attua, nella sostanza, "una delega
del potere costituente", la legge 3 giugno 1958 è solo una "delega del potere di
revisione" e, conclude Morelli, "per quanto riguarda poi la Costituzione del 1958
non sembra esatto ritenerla totalmente innovatrice rispetto alla Costituzione
precedente,anche se si vuole ammettere che essa contenga delle innovazioni
profonde." (Ult. op. cit., 126)
19
CRISAFULLI V., Lezioni di diritto costituzionale, vol. 1°, Padova, 1970, 90.
17
Sostenendo quindi che non diventa Costituzione formale tutta la
materia costituzionale riteniamo, logicamente, corretto quanto
sostenuto dallo Spagna Musso: "La materia costituzionale non è
necessariamente tutelata in via completa da norme formalmente
costituzionali."
20
Volendo trovare un istituto, sicuramente rientrante nella materia
costituzionale e anche in diverse Costituzioni formali e materiali come
ad esempio in quella polacca
21
, ma non trattato dalla Costituzione for-
male italiana, basti citare la revoca presidenziale dei ministri.
L'effetto di tali anomie della Costituzione formale è, principal-
mente, la possibilità di ammettere, o viceversa di negare, l'esistenza di
tale istituto nel nostro ordinamento costituzionale e, secondariamente
per chi l'ammetta, di precisarne la portata. La dottrina in siffatti casi
deve rifarsi quindi alla Costituzione materiale o a norme legislative or-
dinarie o alle consuetudini costituzionali e perfino alle convenzioni
costituzionali ed alla prassi, con la maggiore complessità che tali ana-
20
SPAGNA MUSSO E., Diritto costituzionale, Padova, 1986, 100.
21
Art. 37.2 citato da BARTOLE S., Riforme costituzionali nell'Europa centro-
orientale. Da satelliti comunisti a democrazie sovrane, Bologna, 1993, 114.
Il testo dell'art. 37.2 così modificato dalla legge 7 aprile 1989: "sulle modifiche
alla Costituzione della Repubblica popolare di Polonia" è stato pubblicato su
Nomos, n° 4, 1989, 213. L'art.37.2 non è stato mantenuto in vigore, non rientrando
negli articoli della Costituzione ex art. 77 della legge costituzionale del 17 ottobre
1992 (Piccola Costituzione): si veda, da ultimo, WOJTYCZEK K., Un nouveau
regime parlementaire rationalisé: la Pologne, RDP, n° 2, 1994, 379-400.
Più complessa risulta sul punto la normativa costituzionale attualmente vigente in
Polonia: cfr. artt. 57 e 68 della Legge Costituzionale della Repubblica di Polonia
del 17 ottobre 1992: "sulle relazioni reciproche fra Potere esecutivo e Potere legi-
slativo e sull'autogoverno locale" c.d. "Piccola Costituzione" il cui testo è stato
pubblicato in GANINO M., Polonia in: Costituzioni straniere contemporanee, VOL.
II, a cura di BISCARETTI DI RUFFIA P. e di GANINO M., Milano, 1996, 313-325.
18
lisi richiedono rispetto ad una più facile lettura degli articoli di una
Costituzione formale; peraltro anche il dibattito si fa più interessante
per le diverse argomentazioni che la dottrina elaborerà. Per fermarci
all'istituto citato si vedano, tra gli altri, Bozzi
22
che lo ritiene sempre
inesistente mentre, per Virga il Presidente gode di "un potere di revoca
nei confronti dei membri del Gabinetto colpiti da un voto di sfiducia"
solo se questi "si rifiutano di rassegnare le dimissioni. In questa ipotesi
il Presidente agisce nella sua qualità di tutore della Costituzione"
23
e
per Meloni
24
tale istituto è accolto nel nostro ordinamento, così come
per la dottrina precedente la Costituzione: "Il principio che il Capo
dello Stato nomina e revoca i ministri è dominante tanto in regime as-
soluto che in quello costituzionale o parlamentare."
25
22
Nomina, fiducia e dimissioni del governo, Rassegna parlamentare, 1960, 99.
23
VIRGA P., Diritto costituzionale, Milano, 1967, 293.
24
Il potere del Capo dello Stato di revocare i ministri e la Corte Costituzionale,
Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 1957, 321.
25
GIANNINI A., Tendenze, cit., 99.
19
Per una disamina più approfondita sulla materia costituzionale,
sulla Costituzione materiale e su quella formale si vedano, tra gli altri,
D'Albergo
26
, Guarino
27
e Mortati: "La differenziazione di forma e di
materia costituzionale si può poi porre quando si ritenga possibile
attribuire rango costituzionale (o per lo meno posizione sopra elevata
rispetto alle leggi ordinarie) a norme non inserite nel testo, ma affidate
alla legge, o ai regolamenti parlamentari o alla consuetudine, con fun-
zione integrativa del testo medesimo"
28
.
26
Costituzione materiale e potere sociale in Problemi di diritto privato e pubblico.
Aspetti teorici ed esegetici, Torino, 1992.
27
Materia costituzionale, Costituzione materiale, leggi costituzionali, Diritto e
giurisprudenza, Napoli, 1948, 36-46 e Jus, Milano, 1951, 303 ss.
28
MORTATI C., Dottrine generali e Costituzione della Repubblica italiana, ED,
vol. 11, Milano, 1962, 169.
20
§ 2. CRITERI PER CLASSIFICARE LE FORME DI GOVERNO.
"Col predisporre una "classificazione delle forme di governo" si
mira a collocare i diversi ordinamenti statali a seconda della struttura e
dei rapporti reciproci che legano fra loro gli organi costituzionali
(esecutivi e legislativi) degli ordinamenti stessi. Perchè tali raggruppa-
menti, o separazioni, acquistino un significato valutabile, occorre che
gli ordinamenti statali raffrontati appartengono ad un'unica forma di
Stato."
29
La forma di Stato in esame è quella di democrazia classica o "di
democrazia pluralista" secondo la denominazione adottata da Spagna
Musso
30
, per il quale questa forma di Stato "rappresenta l'evoluzione
dello Stato liberale". Forsthoff
31
preferisce usare l'espressione "Stato
sociale di diritto" derivante dalla fusione del concetto di "Stato di di-
ritto" che "è proprio della cultura tedesca"
32
e della nozione di "Stato
sociale" - concetto che si è già precedentemente considerato
rifacendoci alla chiara spiegazione di Mortati - che, è stata fatta
propria, da ultimo
33
, dal costituente russo all'art. 7,1c della nuova
Costituzione della Federazione di Russia.
29
BISCARETTI DI RUFFIA P., Governo, NSDI, vol. 7, Torino, 1975, 1162; si veda
sul punto il diverso approccio alla materia di: ELIA L., Governo (forme di), ED,
vol. 19, Milano, 1970, 635.
30
Diritto, cit., 174.
31
La Repubblica Federale Tedesca come Stato di diritto e Stato sociale, RTDP,
Roma, 1956, 547.
32
SPAGNA MUSSO E., Diritto, cit., 146.
33
Precedentemente dai costituenti della Germania, della Francia e della Spagna
(CUOCOLO F., Forme di Stato e di governo, DDPU, vol. 6, Torino, 1991, 506).
Sulla forma di Stato sociale anche in relazione alla classificazione del modello
della forma di Stato e della forma di governo della Federazione di Russia si
vedano i § 2 e 3 del Capitolo 2 della Parte III.
21
Virga distingue tra "un regime liberale, un regime comunista, un
regime totalitario, un regime socialista, in dipendenza della diversa
formula politica che ispira la Costituzione statale"
34
, mentre poi ritiene
presenti, attualmente, solo "Stati di diritto", "Stati autoritari", "Stati to-
talitari".
35
Vi è quindi una lacuna visto che "il regime socialista", es-
sendo ispirato da una "diversa formula politica"
36
rispetto al "regime
liberale", non può non dar vita allo Stato socialista, con autonome
forme di governo rispetto allo "Stato di diritto", o allo Stato di demo-
crazia classica come altra parte della dottrina lo qualifica; le forme di
governo dello "Stato di diritto" e dello Stato socialista vanno classifi-
cate distintamente se si vuole raggiungere un "significato
valutabile".
37
La classificazione delle forme di governo operata dal Virga ("a-
cancellierato o monarchia costituzionale pura, b- governo
parlamentare, c- governo direttoriale, d- governo presidenziale, e-
governo di democrazia popolare": quest'ultimo "sistema di governo di
democrazia popolare è adottato dall'URSS, dalla Cina, dalla
Jugoslavia"
38
) andrebbe quindi snellita dell'ultima forma di governo
"di democrazia popolare" e la classificazione delle forme di Stato
allargata alla forma di Stato socialista. Mentre correttamente Virga
34
VIRGA P., Diritto, cit., 85.
35
Ult. op. cit., 86-87.
36
O utilizzando la classificazione di RESCIGNO G. U., Forme, cit., 12 da una di-
versa "formazione economico-sociale".
37
Per usare l'espressione di BISCARETTI DI RUFFIA P., Governo, cit., 1162, analo-
gamente, peraltro, si esprime la maggioranza della dottrina, tra cui RESCIGNO
G.U., Forme, cit., 5.
38
VIRGA P., Diritto, cit., 92-98.
22
non ha indicato la, inesistente, forma di Stato comunista perchè, come
ci è noto, il "regime comunista" si concretizza nella società comunista:
stadio successivo al deperimento dello Stato socialista.
§ 3. CRITERIO DEL CARATTERE RAPPRESENTATIVO, O
MENO, DEL CAPO DELLO STATO DERIVANTE DALLA
TRIPARTIZIONE MONARCHIA, ARISTOCRAZIA, DEMOCRAZIA E
DALLA BIPARTIZIONE MONARCHIA, REPUBBLICA.
In ordine temporale non vi è alcun dubbio che la classificazione
delle forme di governo
39
debba partire da Aristotele, a cui si deve il
merito sia di avere, per la prima volta, tripartito con metodo scientifico
le forme di governo in monarchia, aristocrazia, democrazia, sia di
avere individuato le degenerazioni: tirannia, oligarchia, demagogia.
L'insegnamento che, secondo chi scrive, rende ancora attuale una
classificazione ormai superata è il seguente: una forma di governo
(con qualsivoglia metodo classificata) non è un'entità immutabile e
statica ma, se può evolvere, può anche involvere in una forma
degenerata, incontrollabile per mancanza degli opportuni checks and
balances, come negli Stati a forma di governo presidenziale
39
O per CUOCOLO F., Forme, cit., 496-497 delle forme di Stato. Questa classifi-
cazione ci potrebbe condurre ad un analitico esame della differenza tra forme di
governo (attinente alle funzioni dello Stato) e forme di Stato (con riferimento agli
elementi costitutivi dello Stato: territorio, popolo, governo) ma riteniamo preferi-
bile, in questa sede, limitarci a richiamare il § 1 sia per la definizione accolta di
forma di Stato che di forma di governo, con la classificazione delle funzioni costi-
tuente, legislativa, esecutiva, giudiziaria e della funzione di indirizzo politico.
23
dell'America latina, di Haiti, ma anche di Paesi economicamente più
sviluppati (ma carenti giuridicamente) come la Corea del Sud.
40
La critica più grave portata alla classica tripartizione aristo-
telica
41
è del Virga
42
; egli sostiene che la terza forma di governo: la
democrazia "non è una forma di governo", si può però notare sia che
Aristotele non pensasse che la democrazia dovesse essere ancora pre-
sente tra le forme di governo nel 1967 dopo Cristo, sia che a tutt'oggi
esistono pure forme di governo con evidenti punti di vicinanza con la
democrazia indicata da Aristotele, tra cui la landsgemeinde tuttora pre-
sente in alcuni piccoli Cantoni di montagna in Svizzera, come Glarus,
Obwalden, Nidwalden.
43
Macchiavelli addivenne alla bipartizione monarchia-repubblica,
oggi superata dalla bipartizione tra forme di governo con Capo dello
Stato rappresentativo e non rappresentativo visto che le altre
differenze tra monarchia e repubblica possono anche venir meno:
come ad esempio quella del carattere ereditario non sempre presente
nelle monarchie
44
,si pensi al Vaticano, e paradossalmente verificatosi
ad Haiti, la cui forma di governo è la costituzionale pura repubblicana,
o più brevemente, presidenziale.
40
Definita attuazione "non particolarmente felice" della forma di governo presi-
denziale da BISCARETTI DI RUFFIA P., Introduzione, cit., 170.
41
E implicitamente all'analoga di Polibio, su cui si rimanda a RESCIGNO G.U.,
Forme, cit., 4.
42
Diritto, cit., 88-89.
43
BISCARETTI DI RUFFIA P., Introduzione, cit., 368.
44
Ult. op. cit., 110 e VIRGA P., Diritto, cit., 89.