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INTRODUZIONE
Il bullismo è un malessere sociale fortemente diffuso, sinonimo di un disagio
relazionale che si manifesta soprattutto tra giovanissimi e adolescenti, ma
sicuramente non circoscritto a nessuna categoria né sociale né tanto meno anagrafica.
Esso si evolve con l'età, cambia forma, ed in età adulta può trasformarsi in
prevaricazioni sociali, lavorative e familiari
1
. Il bullismo è dibattuto a livello
mondiale ed è stato ed è ancora, oggetto di analisi che cercano di porre rimedi al suo
dilagare. Complesso nelle cause che lo determinano, pericoloso per gli esiti cui può
dare luogo, che vanno dalla caratterizzazione patologica del comportamento, sino a
vere e proprie manifestazioni di microcriminalità minorile, il bullismo è stato spesso
confuso con la naturale instabilità della condotta dei soggetti in età evolutiva.
Le prepotenze, nella scuola e negli ambienti frequentati da ragazzi, sono sempre
esistite, ma negli ultimi 10 anni hanno raccolto una maggiore attenzione, dovuta sia
all’interesse verso il mondo dell’infanzia, sia alla rilevanza data dalla stampa ad
atteggiamenti di intolleranza, di prevaricazione, di violenza tra coetanei.
Per individuare queste situazioni, più volte frettolosamente si fa ricorso al fenomeno
del bullismo, ma per sapere cosa significa e come poterlo prevenire, necessitano
conoscenze e capacità specifiche che costringono ad uscire dai luoghi comuni.
La nostra società, la cultura si sono trasformate profondamente rispetto al secolo
scorso e la figura del guerriero che si imponeva con determinazione e incisività nella
comunità e nel mondo e si collegava all’idea liberale del vince il più forte, adesso è
globalmente criticata in quanto prevalgono i valori di pace, tolleranza e risoluzione
pacifica dei conflitti. Il cupo fenomeno del bullismo è però, spesso,
incomprensibilmente sottovaluto anche quando esso è una manifestazione di un vero
è proprio malessere sociale sia per coloro che commettono il danno che per coloro
che lo subiscono, i primi in quanto a rischio di problematiche antisociali e devianti, i
secondi in quanto rischiano una eccessiva insicurezza caratteriale che può sfociare in
sintomatologie anche di tipo depressivo. Le conseguenze del bullismo sono notevoli,
1
Cfr. http://www.informagiovani-italia.com/bullismo.htm#ixzz2EeCwvsGI (consultato il 20 febbraio
2012).
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a volte purtroppo irreparabili: il danno per l'autostima della vittima si mantiene nel
tempo e induce la persona a perdere fiducia nelle istituzioni sociali come la scuola e
la famiglia, oppure alcune vittime diventano a loro volta aggressori sui più deboli.
Il bullismo, come detto, non è un problema solo per la vittima, ma va oltre
l'individuo oppressore ed oppresso, in quanto il clima di tensione che si instaura va a
influenzare la famiglia, la scuola e le altre istituzioni sociali, nonché il futuro stesso
della persona e della società nel suo complesso
2
.
Infatti, il bullo che mantiene le sue caratteristiche da adulto, è statisticamente
provato, incorrerà a problemi con la giustizia. Anche gli spettatori, subiscono
conseguenze nell’immediato in quanto vivono in un contesto con inquinamento
sociale delle relazioni che può sviluppare paura, ansia e omertà. Sono moltissimi gli
interventi che ci possono aiutare a fermare il bullismo, ma devono essere preventivi
ed estesi a tutto il contesto di vita dei ragazzi. Sia la scuola che la famiglia devono
intervenire nei tempi stabiliti, perchè se uno dei due non lo fa, gli sforzi si
vanificano. Gli interventi devono favorire la consapevolezza e la conoscenza della
problematica, stimolare l’assertività, la prosocialità, l’empatia, l’autostima, la
gestione della rabbia, la gestione dei conflitti, per riuscire a modificare i
comportamenti inadeguati sia del bullo che della vittima.
Il presente lavoro è composto da tre capitoli. Il primo, dal titolo “Il bullismo, una
realtà da non sottovalutare”, esamina il fenomeno del bullismo ed i suoi
protagonisti, individuando anche quali sono i campanelli di allarme che ci
permettono di individuare un potenziale bullo e di distinguere un atto di bullismo da
una ragazzata o da atti di criminalità vera e propria. Il secondo capitolo, intitolato “Il
bullismo, conoscerlo per combatterlo”, studia le cause del fenomeno, i fattori esterni
ed interni che contribuiscono alla nascita del fenomeno e le modalità di intervento
per fronteggiarlo.
Infine, il terzo capitolo, dal titolo “La violenza della società”, è un’analisi della
società, per cercare di individuare i vari tipi di violenza che la caratterizzano.
2
Cfr. http://www.informagiovani-italia.com/bullismo.htm#ixzz2EeDchSQK (consultato il 20 febbraio
2012).
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CAPITOLO I
Il BULLISMO, UNA REALTÁ DA NON SOTTOV ALUTARE
1.1. Un fenomeno in continua crescita
«Il bullismo è prepotenza, una prevaricazione continua, nella quale si costituiscono
dei veri e propri ruoli fissi di persecutore e perseguitato. Esso si fortifica se fatto in
gruppo: se c’è un pubblico, un “coro” che lo tollera, magari lo approva. Esso incide
negativamente sull’andamento disciplinare della classe e sulle relazioni sociali
all’esterno»
3
.
In Italia non c’è una vera e propria definizione di bullismo, mentre quasi tutto il
mondo “sviluppato” considera ufficiale la definizione data da Dan Olweus,
ricercatore norvegese, che si occupò per primo del fenomeno negli anni Settanta del
secolo scorso, a seguito del suicidio di due studenti che non sopportavano più le
offese dei loro compagni.
La definizione è la seguente: «Uno studente risulta vittimizzato nel momento in cui
viene sottoposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in
atto da parte di uno o più compagni di scuola e non»
4
. I dati delle ricerche
internazionali hanno evidenziato che è un fenomeno che si manifesta in tutto il
mondo e che in Italia, circa il 30% dei ragazzi e ragazze ne è coinvolto.
Il termine bullismo è un italizzazione del termine inglese bullying utilizzato per
indicare il mobbing nel contesto scolastico (to mob: assalire, aggredire in massa),
usato in particolar modo in Danimarca e in Norvegia, dove è stato coniato agli inizi
degli anni Settanta, dall’etologo Konrad Lorenz, per indicare il comportamento
aggressivo del branco nei confronti di un animale della stessa specie, isolandolo,
attaccandolo, escludendolo dalla comunità e portandolo persino alla morte.
In particolare il fenomeno del mobbing è stato riscontrato in una specie di
passeraceo, cioè un uccello di piccola taglia, la cutrettola
5
.
3
Concetta Epasto, Le dinamiche relazionali distorte, Samperi Editore – Messina, 2004, pag. 13.
4
Cfr. http://www.bullismo.com/index.php?option=com_content&task=view&id=16&Itemid=35
(consultato il 28 febbraio 2012).
5
Cfr. Nicola Iannaccone, Né vittime, né prepotenti. Una proposta didattica di contrasto al bullismo,
7
In Italia, Ada Fonzi, la prima ricercatrice che negli anni Novanta coordinò un vasto
gruppo di ricerca in molte regioni, partendo proprio dalla Sicilia, ha cercato un
termine che meglio potesse corrispondere a quello inglese, ed ha scelto “prepotenze”,
anche se questo termine, come si è accorta la stessa Fonzi, non esprime la ricchezza
di significato di quello inglese, perché la prepotenza è solo una componente del
bullismo che è da intendersi come un fenomeno multidimensionale
6
.
Molti confondono il bullismo con forme estreme ed occasionali di violenza e
criminalità giovanile o con la normale e sana conflittualità tra coetanei e altri lo
confondono con i disturbi di tipo psicopatologici dell’età evolutiva, in particolare con
quelli che vengono definiti dal (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi
Mentali) DSM-IV, “disturbi da deficit di attenzione e da comportamento dirompente”
che sono: (Acronimo di Attention Deficit Hyperactivity Disorder, in italiano si
utilizza l’acronimo DDAI cioè Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività)
ADHD; il disturbo della condotta; il disturbo oppositivo-provocatorio. La differenza
tra questi disturbi e il bullismo è che il bullo manifesta consapevolezza e
intenzionalità nei suoi comportamenti, cosa che manca a chi manifesta un disturbo
specifico di tipo patologico dove il comportamento è di tipo compulsivo
7
.
«Olweus ha evidenziato la dimensione reiterativa del fenomeno, mentre Sharp e
Smith hanno messo a fuoco l’intenzionalità del bullo nel recare danno alla vittima e
hanno individuato come elemento necessario la condizione di squilibrio di forze tra i
due, ovviamente a vantaggio del bullo»
8
.
Le caratteristiche essenziali del bullismo sono quindi, intenzionalità, persistenza nel
tempo, asimmetria dei ruoli. Il bullo agisce con l’intenzione e lo scopo di dominare
sull’altra persona, di offenderla e di causarle danni e disagi. Sebbene anche un
singolo fatto grave possa essere considerato una forma di bullismo, di solito gli
episodi sono ripetuti nel tempo e si verificano con una frequenza piuttosto elevata.
Inoltre vi è una diseguaglianza di forza e di potere, per cui uno dei due prevarica e
l’altro subisce.
Edizioni La Meridiana, Molfetta (BA), 2007, pag. 16.
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Cfr. Concetta Epasto, Op. Cit., pagg. 16-17.
7
Cfr. Zbigniew Formella-Alessandro Ricci, Il disagio adolescenziale. Tra aggressività, bullismo e
cyberbullismo, Las, Roma, 2010, pag. 46.
8
Luisa Piarulli-Paola Damiani, Il bullismo non esiste. Una questione pedagogica, Edizioni La
Rondine, Catanzaro, 2010, pag. 42.
8
Il bullo non solo è, ma si sente superiore sia fisicamente, ma soprattutto socialmente
rispetto alla sua vittima
9
. Queste dimensioni ci permettono di distinguere una
situazione di bullismo da una ragazzata. È importante saper riconoscere anche un atto
di bullismo da un atto delinquenziale che si manifesta quando vi è l’uso di armi,
quando vi sono minacce di morte, quando vengono prodotti gravi danni fisici e
quando vi è violenza sessuale
10
.
1.2. Identik degli attori del bullismo
Bullismo e scuola non sono due termini necessariamente affiancati, vi sono anche le
strade, i pullman, gli oratori, il cortile sotto casa, il parco giochi, ma oggi, nell’era in
cui il divertimento passa soprattutto attraverso le nuove tecnologie, attraverso
videogames, pc e quant’altro, la scuola rappresenta il centro di aggregazione
giovanile più importante. Per queste ragioni e solo per queste, bullismo e scuola,
sono due termini divenuti quasi inscindibili
11
.
All’interno della scuola, il bullismo non coinvolge solo chi ne prende parte in
maniera attiva, ma tutti gli alunni, coinvolti anche indirettamente. Gli attori di queste
dinamiche relazionali distorte sono: il bullo (chi fa le prepotenze); aiutante (agisce
come seguace del bullo); sostenitore (rinforza il comportamento del bullo
incitandolo, ridendo o solo stando a guardare); difensore (prende le difese della
vittima); esterna (chi non fa niente e non vuole essere coinvolto); vittima (chi
subisce)
12
.
Olweus ha individuato degli “indicatori” sia nella “carta di identità” del bullo sia in
quella della vittima. Quelli del bullo sono indicatori comportamentali e riguardano
l’atteggiamento aggressivo, prevaricatore, di umiliazione ripetuto e rivolto a chi è
percepito come debole, indifeso, isolato; fisici, perché il bullo è o cerca di sentirsi più
9
Cfr. Anna Maria Rospo, Il bullismo, definizione, localizzazione, analisi, metodi e tecniche per
arginare il fenomeno, in
http://www.basilicata.istruzione.it/bullismo/ARospoBullismocomericonoscerlocontrastarlo.pdf, pagg.
3-6 (consultato il 29 febbraio 2012).
10
Cfr. Daniele Fedeli, Strategie antibullismo, Giunti, Firenze, 2007, pag. 53.
11
Cfr. http://www.bullismo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=16&Itemid=35
(consultato il 28 febbraio 2012).
12
Cfr. Nicola Iannaccone, Op. cit., pag. 17.