Introduzione
Nelle società moderne le risorse finanziarie mobilitate dal sistema fiscale per
finanziare la spesa pubblica sono di proporzioni notevoli. Nel 2012, in Italia, il
livello di pressione tributaria si è attestato intorno al 47% del Prodotto interno
lordo (PIL). Pertanto, l’influenza di tale processo sulla distribuzione del potere di
acquisto, del benessere dei cittadini e sull’efficienza delle scelte economiche è,
senza dubbio, rilevante e va valutata con attenzione. L’interrogativo principale ha
da sempre riguardato la struttura ottimale dei sistemi fiscali e su quali potessero
essere gli strumenti più appropriati per realizzare obbiettivi di equità e di
efficienza. Nel corso del tempo, la risposta al quesito è sempre stata diversa ed è
stata influenzata dalle trasformazioni nella distribuzione del reddito tra gli attori
della società e dai cambiamenti degli assetti produttivi. Nella fase storica attuale
l’eccessiva onerosità del prelievo fiscale è vissuta con particolare insofferenza: la
sensazione che siano sempre più una minoranza quelli che si accollano i costi di
un sistema che tra evasione, sprechi, corruzione, fa ritornare sulla collettività solo
una misera parte delle risorse che sottrae, e l’aver a che fare con un sistema che
lascia spazio a “furbizia ed astuzia” e che permette a chi non paga di aver gli
stessi vantaggi di chi paga, costituisce l’altro elemento di iniquità che il cittadino
avverte nel suo rapporto con il fisco, i sistemi sono accusati di essere complessi,
vessatori, intrusivi della libertà economica ed iniqui.
Nel nostro Paese, a partire dagli anni ’90, il sistema tributario ha subito diverse
modifiche. Negli anni passati gli studi condotti sull’Irpef hanno animato il
dibattito in dottrina sui temi della progressività, sulla scelta della base imponibile
e della normalizzazione del reddito mentre minore importanza è stata assegnata al
tema della tassazione dei redditi familiari. La questione del trattamento fiscale dei
nuclei familiari, invece, è emersa nuovamente nell’ambito del dibattito sulla
recente riforma del sistema fiscale (legge Finanziaria del 2003), volta ad
introdurre importanti modifiche all’imposta personale sul reddito delle persone
fisiche, riconoscendo deduzioni per carichi di famiglia.
La svolta epocale posta in essere dall’Amministrazione Finanziaria parte dal
2000, sono gli anni in cui nascono il fisco telematico, le compensazioni, le
rateazioni. Ispirandosi alla radicale proposta contenuta nella Legge Delega del 21
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dicembre 2001, l’Esecutivo e la maggioranza parlamentare sono intervenuti sul
sistema fiscale dell’imposizione personale principalmente in due occasioni, legge
Finanziaria per il 2003 (L. 289/02) e legge Finanziaria per il 2005 (L. 311/04).
Numerose sono le problematiche a cui l’introduzione di tali cambiamenti ha
inteso rispondere (ad esempio, tramite interventi di semplificazione
amministrativa, di riduzione del complessivo carico fiscale, a fini di
miglioramento dell’equità orizzontale, introduzione dello Statuto dei Diritti del
Contribuente ecc.) e altrettanto numerosi sono stati gli studi di natura empirica
che si sono interessati all’analisi dei risultati.
L’Irpef risultando una imposta con elevata progressività (ma soltanto per una parte
dei contribuenti, identificabili con i percettori di redditi da lavoro dipendente o
pensioni) è ritenuta di fatto lo strumento principale per realizzare obiettivi di
equità verticale.
In questo lavoro ci si concentra su quello che costituisce uno degli elementi
maggiormente caratterizzanti il prelievo tributario, l’imposta come meccanismo di
correzione della suddivisione delle risorse risultante dall’operare del sistema di
mercato e se ciò crea equità distributiva e benessere, vale a dire eguaglianza (o del
suo opposto, la diseguaglianza). In quest’approccio, il compito principale dello
scienziato politico è quello di verificare in quale direzione e in quale misura
l’azione pubblica garantisce una ripartizione delle risorse (e in particolare, il
reddito) differente da quella prodotta dall’operare dei mercati. Nel presente lavoro
si approfondisce il discorso sull’evoluzione dell’imposizione tributaria partendo
dalla legge finanziara 2003, alle modifiche del dicembre 2004 (legge finanziaria
2005) e del 2007 (legge finanziara 2007), facendo una panoramica sulle varie
tipologie di imposte (dirette e indirette) che colpiscono i cittadini italiani a livello
nazionale, regionale e comunale, confrontando il nostro sistema impositivo con i
sistemi impositivi dei paesi membri dell’Unione Europea al fine di capire come si
è giunti al quadro attuale.
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CAPITOLO I
GLI STRUMENTI DELL’IMPOSIZIONE FISCALE
1.1 L’imposizione tributaria
L’imposizione tributaria trova riscontro, in primis, nei principi costituzionali
fissati dagli articoli della Costituzione: riserva di legge art. 23, principio di
capacità contributiva art 53 c.1, principio di progressività art. 53 c.2.
La riserva di legge all’art. 23 enuncia che: nessuna prestazione personale o
patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge; quindi solo attraverso
la legge si possono imporre tributi e tasse.
Il principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 presenta un duplice
significato normativo. Da un lato è correlato con i doveri inderogabili di
solidarietà (art. 2 Cost.) specificando il dovere per tutti di contribuire alle spese
pubbliche in ragione della capacità contributiva. Dall’altro il principio di capacità
contributiva limita anche il potere legislativo in materia fiscale nel senso che il
legislatore può imporre tributi solo ed esclusivamente in ragione della capacità
contributiva dei soggetti passivi che finiscono, così, per essere tutelati. Sono fatti
espressivi di capacità contributiva ogni fatto di natura economica che esprime
forza economica.
Il principio di progressività all'art. 53, secondo comma, recita: il sistema tributario
è informato a criteri di progressività. Nella giurisprudenza della Corte cost. viene
sottolineato che il principio di progressività non riguarda i singoli tributi ma il
sistema nel suo complesso; non è quindi vietato che singoli tributi siano ispirati a
criteri diversi (Artoni, 2005).
Il principio di progressività, che, inteso nel senso dell’aumento di aliquota col
crescere del reddito, presuppone un rapporto diretto tra imposizioni e reddito
individuale di ogni contribuente. Inoltre, il principio di progressività indica che il
sistema tributario non ha solo lo scopo di fornire i mezzi finanziari allo Stato, ma
anche funzioni redistributive per il raggiungimento dei fini di giustizia sociale
fissati dalla Costituzione.
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1.1.2 Le imposte
Il Tributo è una prestazione patrimoniale coattiva corrisposta allo Stato / Ente
territoriale finalizzata alla spesa pubblica. Con i termini “tributi” ed “entrate
tributarie” si suole identificare una categoria unitaria, comprensiva di quattro
istituti: l’imposta, il monopolio fiscale, la tassa e il contributo.
All’onere derivante dall’erogazione dei servizi divisibili si può far fronte facendo
pagare a ciascuno dei singoli utenti una parte del relativo costo e quindi, una tassa,
mentre ciò non è possibile per i servizi indivisibili, destinati indifferenziatamente
come tali alla collettività: con riferimento a questi ultimi, pertanto, il mezzo di
finanziamento non può che essere costituito dalle imposte, quali prestazioni a
carattere genericamente contributivo ed in quanto tali sganciate da qualsiasi
rapporto di scambio di utilità. L’imposta è definibile come la prestazione che lo
Stato ed altri enti pubblici sono in grado di imporre al fine di procurarsi una
entrata ed in forza della loro sovranità, rispettivamente originaria o derivata, al di
fuori di un nesso di corrispettività e giustificata in via esclusiva, sotto il profilo
costituzionale, dalla titolarità da parte del soggetto passivo di situazioni espressive
della sua attitudine alla contribuzione, ad esempio: IRPEF,IRES,IV A,ICI/IMU
(Russo, Padovani, 2010).
I contributi sociali costituiscono una particolare forma di prelievo, in linea
generale riferita al reddito dei lavoratori dipendenti e autonomi, che ha come
destinazione specifica il finanziamento delle prestazioni sociali (Russo, Padovani,
2010).
Il monopolio fiscale è un istituto giuridico mediante il quale lo Stato si riserva la
produzione e/o vendita di determinati beni o servizi. In tal modo è vietato a terzi
l'esercizio di tali attività. In qualche circostanza il monopolio ha avuto sua ragione
di essere nella esigenza di garantire alla collettività la fruizione di beni a prezzi
accessibili (nel passato, sale e chinino), oggi sembra solo quella di reperire risorse
aggiuntive alle entrate tributarie, infatti il suo scopo è essenzialmente quello di
assicurare all'erario il conseguimento di entrate derivanti dall'esercizio delle
suddette attività. La somma che il privato deve corrispondere per acquistare tali
beni (o servizi) supera l'effettivo costo di produzione sostenuto dallo Stato: la
parte eccedente il costo è, perciò, comprensiva dell'utile industriale e dell'imposta
(costituiscono attualmente monopoli fiscali in Italia quelli relativi alla lavorazione
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