Introduzione
Le nuove tecnologie, sono ormai entrate in maniera massiccia e
costante nella vita della quasi totalità delle persone del mondo
occidentale ed anche i paesi asiatici sono avviati al medesimo modello
di sviluppo. I costi di queste tecnologie diventano sempre più
accessibili ad una vasta fascia di popolazione. Bambini adolescenti e
genitori sono le categorie a cui i nuovi media si rivolgono
(Buckingham, 2006). I giovani “nativi digitali” hanno buona
dimestichezza nell'utilizzo dei sopracitati mezzi di comunicazione che
divengono sempre più mezzi di produzione di contenuti generati dagli
utenti stessi; si passa quindi da una passiva ricezione ad una possibile
produzione di contenuti creativi ed originali. Il contraltare a questi
aspetti decisamente positivi, è un utilizzo maggiore delle tecnologie di
comunicazione da parte di bambini ed adolescenti che quando non
adeguatamente controllati, possono entrare a contatto con contenuti
pornografici e violenti decisamente non adatti alla loro tenera età. La
possibilità di una comunicazione che pervade ogni istante della vita
degli adolescenti in certi casi porta ad utilizzi distorti, favoriti
sopratutto dalla comunicazione non in presenza e dall'anonimato che
queste tecnologie favoriscono. Questo lavoro prende spunto da una
mia personale voglia di conoscenza più profonda delle dinamiche del
bullismo ed in particolar modo del Bullismo elettronico. Sono anni
che sono a contatto per lavoro con preadolescenti ed adolescenti e nel
quotidiano contatto con loro mi sono reso conto che il disagio
personale di uno si nasconde nella moltitudine del vociare dei molti e
non sempre è facile da cogliere. Spesso inoltre i segnali di disagio che
gli adulti riescono a cogliere sono trattati con superficialità o con un
più menefreghistico “sono cose da ragazzi poi gli passerà”; nella
nostra società l'età adulta, quella produttiva, sembra purtroppo l'unica
a cui è importante rivolgersi, quelle precedenti (infanzia e
3
adolescenza) e quella successiva (la vecchiaia) al mondo oeconomicus
non interessano e la loro cura viene demandata ai professionisti del
settore (insegnanti, assistenti sociali, educatori) che non possono però
contare in modo continuativo su risorse umane e strumentali per far
fronte ai vari problemi. Il bullismo è uno dei temi che circondano la
vita sopratutto di bambini e adolescenti e purtroppo spesso non sono
ragazzate, la ricerca accademica ci mostra come sia i bulli che le
vittime possano andare incontro a seri problemi: i bulli per quanto
riguarda il rispetto delle regole di convivenza civile, e le vittime per
scarsa autostima e problemi di tipo depressivo. Educare le nostre
giovani generazioni alla ricerca del benessere e della felicità
cooperando in una società giusta credo che sia un dovere morale che
ciascuno di noi deve portare avanti giorno per giorno, e non ricordarsi
che la vita può essere terribile anche a 14, 15 o 16 anni solo quando il
telegiornale ci mostra la storia di un quindicenne che si è tolto la vita.
Le tecnologie della comunicazione e quelle informatiche sono uno
strumento molto utile, ma come tutti i mezzi molto potenti hanno un
lato oscuro e possono diventare deleteri se non utilizzati in maniera
corretta. Come nel caso del bullismo che da alcuni anni si è
impadronito di questi sistemi per le sue prepotenze, ma mentre il
bullismo tradizionale è oramai conosciuto dai più quello elettronico
rimane ancora nascosto e un po' alieno al mondo degli adulti che
hanno meno dimestichezza nell'utilizzo di queste tecnologie rispetto ai
giovani. Quando ci capita di osservare degli studenti durante la
ricreazione o al di fuori dei tempi scolastici ci si rende
immediatamente conto che il telefono cellulare è pressoché divenuto
un prolungamento delle loro mani e uno dei loro principali media
ludici, con il quale si scambiano canzoni, video e musica. Il primo
capitolo del lavoro è dedicato ad un'analisi della letteratura scientifica
in materia di bullismo tradizionale, nel secondo capitolo verranno
trattate le caratteristiche salienti del cyberbullismo con particolare
riferimento ai punti di contatto tra bullismo tradizionale ed elettronico,
4
nel terzo capitolo verranno analizzate le strategie di prevenzione atte
a contenere il fenomeno, e le attività informative e formative destinate
ad insegnanti e genitori per sensibilizzare al fenomeno. In fine
presenterò una mia ricerca qualitativa che ho svolto presso la scuola
secondaria di primo grado Besta di Bologna. Ponendo le medesime
domande a docenti e studenti, ho cercato di comprendere la differenza
di atteggiamento e valutazione di questi rispetto al problema del
bullismo elettronico. Quanto è diffuso questo problema? Cosa ne
pensano gli studenti? E i professori? Si riscontrano differenze
significative tra i punti di vista delle categorie prese in esame?
1 Il Bullismo
1.1 Caratteristiche e diffusione
Il termine bullo nella lingua italiana ha in se una connotazione
positiva, infatti il bullo è considerato lo spaccone sicuro di se, un po'
ribelle, che affascina le ragazze, e che spesso si sottrae alle regole
della società. L'origine del termine è tedesca, buble ovvero il ganzo, il
bellimbusto; il termine è stato adottato ai tempi delle invasioni
germaniche, ma resiste ancora con la sua originaria connotazione. Il
termine che invece richiama perfettamente gli argomenti trattati nelle
pagine seguenti è l'inglese bullying da cui il neologismo bullismo
correntemente in uso nella lingua italiana; a differenza del termine
bullo il termine anglosassone bullying denota prepotenze, angherie,
sopraffazioni; il termine italiano quindi possiede solo un'assonanza
musicale ma non semantica (Iannacone 2009). In origine la ricerca sul
mobbing utilizzava anche il termine bullying con lo stesso significato,
alla fine degli anni 80 lo psicologo del lavoro Heinz Leyman
suggerisce di usare per le ricerche sulle vessazioni in ambito
lavorativo solamente il termine mobbing, come conseguenza il
termine bullying andò a restringere il suo significato alle prepotenze
5
scolastiche. Il primo studioso che teorizzo sull'argomento fu il
Norvegese Dan Olweus che può essere considerato il padre di questa
branca di ricerca; lentamente dall'inizio delle sue prime ricerche
sempre più studiosi di diversi paesi si interessarono al fenomeno, ad
oggi grazie all'avanzamento degli studi, molti risultati sono stati
ottenuti nella prevenzione del bullismo tradizionale ma rimane ancora
molto da lavorare per un nuovo tipo di bullismo ovvero il
cyberbullismo dove la ricerca è ancora agli albori. Olweus definisce il
bullismo come “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è
prevaricato o vittimizzato quando viene esposto, ripetutamente nel
corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da uno o più
compagni”
1
(Olweus 1996). Seguendo la definizione proposta l'atto di
bullismo perché venga considerato tale deve possedere delle
caratteristiche ben specifiche ovvero:
_ Una differenza di forza o potere tra bullo e vittima
_ La volonta di nuocere alla vittima da parte del bullo
_ Una ripetitività dell'atto aggressivo da parte del bullo
Il primo aspetto è forse quello che risalta maggiormente agli occhi di
un osservatore infatti quando vediamo due ragazzi più o meno della
stessa stazza che fanno a botte siamo più propensi a pensare di trovarci
di fronte a una rissa tra giovani di pari forza che a un atto di bullismo,
il secondo elemento riguarda la volontarietà di arrecare un danno alla
vittima quindi non l'estemporaneità e ingenuità dell'atto ma un
atteggiamento volto deliberatamente a fare del male, e la persistenza
della condotta bullistica in quanto l'interazione bullo vittima è
caratterizzata da comportamenti di prepotenza protratti nel tempo. I
1
Olweus D. (1996), Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Firenze,
Giunti
6
bulli sono spesso molto abili nel nascondere le prepotenze al mondo
adulto che sembra accorgersene solo quando avviene qualcosa di
eclatante, inoltre è facile per un occhio non attento sottovalutare gli
episodi di bullismo annoverandoli in altre forme di aggressività meno
distruttive e considerate normali tra adolescenti, cioè un normale
conflitto tra pari dove certamente si possono creare tensioni ma in
seguito le due parti sono in grado di negoziare una soluzione che
soddisfi i bisogni di entrambi senza causare una escalation del
conflitto.
Se non sono presenti tutte e tre queste caratteristiche non è possibile
parlare di bullismo ma di altre forme di aggressività. Rigby (Rigby
1996)
distingue tra bullismo malevolo e non malevolo: sostenendo che
alcuni bulli agiscono in maniera pressoché inconsapevole senza la
volontarietà di nuocere alla vittima, altri invece pongono scientemente
in atto atteggiamenti volti ad offendere; inoltre sempre lo stesso autore
riporta episodi di bullismo per finalità educative, in altre parole le
vessazioni subite dalla vittima dovrebbero servire a temprare il suo
carattere. Alcuni autori distinguono l'aggressività in proattiva cioè
l'aggressore agisce senza provocazione da parte della vittima ed è
rivolta al raggiungimento dello scopo da parte del bullo, e
l'aggressività reattiva, ovvero l'aggressore reagisce a una
provocazione subita o a un sopruso. Il più diffuso strumento di
rilevazione dei comportamenti prepotenti è il questionario anonimo di
Olweus che nel 1983 (Olweus, 1993) coinvolse 130.000 studenti tra
gli 8 e i 16 anni per indagare e quantificare meglio il fenomeno; la sua
ricerca dimostrò che il 15% degli alunni delle scuole elementari e
medie erano stati coinvolti negli ultimi due mesi in episodi di
Bullismo. Il 9% dichiarò di avere subito violenze, il 7% di averne
perpetrate, e l'1,6% di essere stato sia bullo che vittima. Da questo
studio emerge che il numero degli studenti vittime, diminuisce con
l'aumentare dell'età. Gli atteggiamenti di prevaricazione sono messi in
atto dai ragazzi più grandi e c'è una minor tendenza all'utilizzo della
7
violenza fisica nelle classi scolastiche superiori rispetto a quelle
inferiori. Il questionario anonimo sulle prepotenze di Olweus venne
tradotto ed adattato alle particolarità del sistema scolastico di molti
altri paesi, lo strumento raccoglie dati quantitativi e qualitativi sul
fenomeno attraverso un'autovalutazione degli allievi, questo aspetto
può costituire anche un punto critico, infatti alcune risposte possono
subire l'effetto di desiderabilità sociale, oppure per quanto riguarda i
bambini delle scuole elementari, questi possono non avere ancora una
piena consapevolezza dei loro comportamenti; inoltre come suggerisce
Ada Fonzi alcune domande possono essere mal interpretate in quanto
viene utilizzata la definizione del comportamento e non la sua
descrizione e questo può essere motivo di mal comprensione del
quesito (Fonzi 1997). Un altro problema nella traduzione del
questionario, riguarda la traduzione italiana del termine bullying che
in italiano può essere interpretato in due modi distinti: nell'accezione
più negativa come persona arrogante, violente, teppista e
nell'accezione più positiva come ragazzo ribelle, sicuro di se che veste
con un determinato look e che possiede un discreto ascendente sulle
ragazze. Per ovviare a questa incertezza semantica si preferì nella
traduzione il termine prepotenze che comprende sia le molestie fisiche
che psicologiche, sia le forme dirette di bullismo, che quelle indirette.
Di seguito la definizione di prepotenze che viene proposta agli alunni
prima della compilazione del questionario:
“ Diciamo che un ragazzo subisce delle prepotenze quando un altro
ragazzo, o un gruppo di ragazzi, gli dicono cose cattive e spiacevoli.
È sempre prepotenza quando un ragazzo riceve colpi, pugni, calci e
minacce, quando viene rinchiuso in una stanza, riceve bigliettini con
offese e parolacce, quando nessuno gli rivolge mai la parola e altre
cose di questo genere. Questi fatti capitano spesso e chi subisce non
riesce a difendersi. Si tratta sempre di prepotenze anche quando un
ragazzo viene preso in giro ripetutamente e con cattiveria. Non si
8
tratta di prepotenze quando due ragazzi, all'incirca della stessa forza,
litigano tra loro o fanno la lotta”
Se dividiamo la popolazione in categorie in base al sesso, alla
provenienza o per alcune caratteristiche personali è possibile
identificare diverse forme di bullismo. Vi è il bullismo razziale, un
tipo di bullismo che è subito da ragazzi e ragazze non di origine
italiana: ai nostri giorni se osserviamo una qualsiasi classe scolastica
di ogni ordine e grado noteremo sicuramente la presenza più o meno
massiccia di giovani di origine non italiana, spesso questo è un tipo di
aggressione che vive sugli stereotipi, che possono essere appresi in
famiglia, questi stereotipi possono rimanere latenti o essere attivati in
determinate situazioni come suggeriscono Elena Buccoliero e Marco
Maggi (Buccoliero, Maggi, 2005) facendo l'esempio delle ragazze
italiane di un istituto professionale che rifiutano le compagne
pakistane sostenendo che puzzano di fritto, a loro volta le ragazze
pakistane sostengono che le italiane puzzano di fumo, le due opinioni
possono essere entrambe vere, la differenza risiede nel fatto che
l'odore di fumo addosso a una persona nella cultura occidentale è
accettata, l'odore di fritto no.
Anche gli omosessuali o chi è considerato tale subisce aggressioni. Si
tratta di ingiurie, canzonamenti e aggressioni nei confronti di quegli
studenti che per loro caratteristiche stereotipate nella cultura
occidentale si avvicinano all'immagine di omosessuale caratterizzato
da tratti e comportamenti effeminati o semplicemente diretti verso
quegli alunni che non presentano le caratteristiche “popolari” attribuite
al genere maschile (forza, sicurezza, estroversione, bassa sensibilità).
Purtroppo anche se negli ultimi anni la sensibilizzazione al problema
da parte di opinon leader e organi di stampa è stata vasta il pregiudizio
è ancora profondamente radicato nel clima sociale italiano. In rete è
possibile consultare il portale www.bullismoomofobico.it che contiene
informazioni e consigli per evitare e contrastare questo tipo di attacco.
9
Nel bullismo di tipo sessuale rientrano i gesti osceni, commenti
volgari su caratteristiche sessuali, ed anche le proposte aggressive di
prestazioni sessuali. Quando non si hanno più solamente offese o
prese in giro ma si passa agli atti veri e propri, non si parla più di
bullismo, ma di atti criminali punibili dal codice penale. Per questa
forma di bullismo le ricerche in Italia sono ancora poche, il fenomeno
è maggiormente oggetto di ricerca negli stati uniti.
Anche gli studenti diversamente abili possono essere oggetto di
derisione prendendo come pretesto all'aggressione alcune loro
particolari caratteristiche, come le difficoltà cognitive fisiche o
comportamentali che richiamano l'attenzione per lo più a scuola;
anche per questa forma di bullismo le ricerche e i dati disponibili in
Italia sono pochi. ( Zbigniew , Ricci, 2010)
Per quanto riguarda il bullismo di tipo tradizionale una grande mole di
ricerche è stata effettuata ed è quindi semplice delineare quali siano le
proporzioni del fenomeno bullismo, già precedentemente ho fornito
alcuni dati sul fenomeno ma risalenti al 1983 in un diverso contesto
geografico e culturale (La Norvegia) ritengo quindi opportuno
integrare con dati più recenti di seguito tabella riassuntiva del rapporto
Eurispes – Telefono Azzurro 2011
10
Tipologia di Bullismo Incidenza del Bullismo in
Italia%
Diffusione di informazioni false o cattive sul
proprio conto
25,2
Ripetute prese in giro 22,8
Offese Immotivate 21,6
Continua esclusione da parte del gruppo 10,4
Danneggiamento di oggetti 10,4
Furti di oggetti o cibo 7,6
Minacce 3,2
Furto di denaro 3,1
Percosse 3
Aggregando i dati relativi alle forme di bullismo diretto (prese in giro,
offese, danneggiamento di oggetti, furti di oggetti o cibo, minacce,
furti di denaro, percosse) abbiamo un 71,7 contro un 35,6 di bullismo
indiretto (diffusione di informazioni false o cattive sul proprio conto,
continua esclusione da parte del gruppo), per quanto concerne la
diffusione del fenomeno per fasce di età viene confermata la
diminuzione delle prepotenze con l'invecchiamento tranne che per gli
item furto di cibo/oggetti, furto di denaro dove è maggiormente
rappresentata la fascia di età 16-18 .Da mettere in evidenze anche la
menzione del cyberbullismo da cui si evidenzia che un quinto dei
ragazzi ha trovato raramente (12,9%) qualche volta (5,6) o spesso
(1,5) informazioni false sul proprio conto pubblicate in rete. Si
registrano anche ma con minore frequenza casi di foto, video,
messaggi dal contenuto offensivo o minaccioso (4,7), medesima
percentuale per quanto riguarda i casi di esclusione da chat on-line
(4,7%). Per quanto riguarda le differenze tra l'italia e gli altri paesi
Ada Fonzi (Fonzi, 1997) rileva che la percentuale del fenomeno in
italia è maggiore che in altri paesi, infatti nel nostro paese le
prepotenze subite da bambini che frequentano le scuole elementari
sono del 41% contro il 27% in Gran Bretagna, il 15% in Spagna e il
6% in Finlandia.
11