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INTRODUZIONE
Il 1989 è l'anno in cui la guerra fredda finisce e il blocco sovietico
cessa rapidamente di esistere. Nel 1989 si chiude un epoca e inizia,
per i paesi satelliti di Mosca, un periodo di transizione che mira a
convertire ordinamenti non democratici in democratici ed economie
pianificate in economie di mercato. L'intento di questo studio è
analizzare le cause politiche, economiche e sociali che hanno portato
Polonia e Ungheria ad attuare nel 1989 "rivoluzioni" pacifiche e
negoziali e di come le differenze tra questi paesi abbiano influenzato i
rispettivi processi e tempi di transizione.
Il seguente lavoro si suddivide in tre capitoli e si sviluppa, analizzando
il percorso storico- politico, in un periodo che va dal 1950 ai nostri
giorni, soffermandosi maggiormente nelle scelte politiche,
economiche e costituzionali che questi paesi hanno adottato negli anni
della democratizzazione.
Nello specifico, il primo capitolo, dopo avere accennato concetti di
democrazia e processi di democratizzazione, effettua un'analisi
comparata sui processi di transizione e democratizzazione di Polonia e
Ungheria. Se le transizioni alla democrazia sono processi frequenti del
XX secolo, che assumono le forme di «ondate» [Huntington 1991], la
transizione dal comunismo alla democrazia, che ha trasformato la
fisionomia politica dell'Europa, non ha precedenti storici. L'obiettivo
non è solo quello di descrivere le trattative del passaggio dei due paesi
al post- comunismo, quanto di trarre un confronto sulla transizione
politica ed economica e le sue possibili cause e conseguenze. Un
ulteriore riflessione sarà dedicata agli esiti della transizione,
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prendendo in considerazione diverse arene: società politica,
economica, civile e apparato pubblico e in che misura queste possono
essere influenzate dalle differenze nei singoli percorsi e dalle
rispettive esperienze passate.
Con il secondo capitolo si cerca di realizzare l'obiettivo di
comprendere le cause dei problemi affrontati nel processo di
democratizzazione, tenendo conto del contesto storico, con le
rispettive conseguenze che i due paesi hanno dovuto subire. Dopo un
breve accenno all'influenza sovietica esercitata nei paesi dell'ex URSS
e al successivo crollo del Muro di Berlino, questo capitolo mette in
risalto, nello specifico, le vicende polacche e ungheresi che hanno
portato questi due paesi a superare il dominio comunista e ad
affacciarsi alla democrazia. Mentre in Polonia il processo di
affrancamento dal regime è indissolubilmente legato all'attività del
sindacato dei lavoratori " Solidarnosc", in Ungheria, sebbene non ebbe
prima del 1989 movimenti sociali paragonabili a Solidarnosc, sarebbe
un errore interpretare la transizione come un processo controllato solo
dai riformisti comunisti. Un passaggio fondamentale, verso la fine del
1989, fu la legge sulle associazioni, che spianò la strada verso il
multipartitismo.
L'analisi prende in considerazione anche la fase successiva alla
transizione. Negli anni 90, in Ungheria e in Polonia, si assiste ad una
trasformazione dell'economia attraverso riforme, liberalizzazioni e
privatizzazioni con conseguenze sull' assetto sociale. Dal punto di
vista politico, dal 1990 in poi, si alternano alla guida dei due paesi
coalizioni di centro- destra e socialisti (ex comunisti); nel 1998
troviamo la prima esperienza di governo del leader ungherese Viktor
Orban, attualmente in carica, personalità di spicco del partito
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populista- conservatore Fidesz. In questo mandato, il leader è stato
accusato di manovre illiberali e di un eccessivo accentramento del
potere nelle mani del governo o di autorità ad esso riconducibili.
Il terzo e ultimo capitolo tratta le varie forme di governo, il sistema
partitico e il sistema elettorale. Partendo da un analisi generale sui
diversi sistemi politici democratici e sulla divisione dei sistemi
elettorali in maggioritario e proporzionale, il lavoro si sviluppa
prendendo in considerazione le diverse varianti adottate da Polonia e
Ungheria, mettendo in risalto le analogie e le differenze. Inoltre,
muovendo dall'analisi di Rokkan sui conflitti e fratture che
influenzano la genesi dei sistemi partitici, mi limiterò ad analizzare
quali nuovi conflitti e fratture scaturiscono dagli eventi che segnano il
ritorno dell'Est alla democrazia. Il ripudio del regime a partito unico
porta alla rinascita del pluripartitismo e i partiti si impongono subito
come i principali attori della transizione e della ricostruzione
istituzionale. Una volta oltrepassata la fase dei movimenti e dei gruppi
non strutturati, i partiti stentano a trovare una stabilizzazione e un
radicamento organizzativo e ciò costituisce ancora oggi un persistente
elemento di debolezza delle giovani democrazie est- europee.
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CAPITOLO I
DEMOCRAZIA, DEMOCRATIZZAZIONE
1.1 Concetti di democrazia e processi di democratizzazione
Il lavoro che si è voluto sviluppare in questo capitolo, riguarda i
processi di transizione e democratizzazione avviati all'inizio degli anni
90 in alcuni paesi dell'ex Unione Sovietica (Polonia e Ungheria).
L'apertura alla competizione politica e la fine del partito unico
socialista, sono i principali motivi della differenziazione politica e dei
travagliati percorsi di democratizzazione che i due paesi si troveranno
ad affrontare.
Il carattere dinamico dei processi di democratizzazione, unito alla
specificità che ogni caso si trova necessariamente ad avere, trova un
lavoro di questo tipo complesso ed affascinante.
L'analisi dopo aver accennato concetti di democrazia e processi di
democratizzazione, si concentra nell' obiettivo di realizzare un'analisi
comparata sui processi di transizione e democratizzazione di Polonia e
Ungheria. Élite, istituzioni e partiti costituiscono tre punti di
riferimento cruciali per osservare e studiare le transizioni
democratiche.
Le transizioni che hanno subito i paesi dell'ex blocco sovietico,
avvengono in un epoca in cui la democrazia sembra aver sbaragliato
ogni altra ideologia concorrente (anni 90).
Viviamo nell'era della democratizzazione, e la democrazia si sta
affermando quasi ovunque. Eppure il dibattito sulla democrazia si è
aggrovigliato e confuso. Ma cos'è la democrazia?
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Per secoli si è discusso sulla definizione di democrazia. Shumpeter,
definisce "il metodo democratico come lo strumento istituzionale per
giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui hanno
il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il
voto popolare
1
". Altri, come Sartori, si concentra non solo sulla
competizione, ma "sui rapporti tra maggioranza e minoranza dove
l'influenza della maggioranza è affidata al potere di minoranze
concorrenti che l'assicurano
2
".
Nel cercare di capire quali siano gli aspetti minimi che ci portano a
parlare di democrazia, vi è un'altra definizione empiricamente
rilevante dove si è sostenuto che democratici sono quei regimi che
presentano:
suffragio universale maschile e femminile
elezioni libere, competitive, ricorrenti e corrette
presenza di più partiti
diverse e alternative fonti di informazione
3
.
Un aspetto di fondo che caratterizza un regime democratico è la
presenza di regole e istituzioni che bilanciano principi diversi. Dahl ha
cercato di rispondere alla domanda come si possa realizzare una
migliore democrazia, attraverso due postulati
4
:
1. affinchè un regime sia capace di risposta nel tempo, tutti i cittadini
devono avere simili opportunità; formulare le loro preferenze;
esprimere tali preferenze al governo e ad altri, attraverso azioni
individuali o collettivi; ottenere che le loro preferenze siano pesate
senza discriminazioni.
1
J.Shumpeter, Capitalismo, socialismo, democrazia, Etas (1942,ed. it. 1955), p. 231.
2
G.Sartori, Democrazia e definizioni, Il Mulino, 1957, Bologna, p. 331.
3
Cotta, Della Porta, Morlino, Manuale di Scienza Politica, Il Mulino, 2004,Bologna, p. 92.
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E' la cosiddetta definizione minima, che consentono di stabilire una soglia al di sotto della quale
un regime non possa venire considerato democratico.
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2. affinchè esistano queste opportunità negli attuali stati-nazione
devono esistere almeno 8 garanzie istituzionali: libertà di
associazione e organizzazione, libertà di pensiero, diritto di voto,
fonti alternativi d'informazione, elezioni libere e corrette
5
.
Capacità di risposta dei cittadini e relativa responsabilità sono
elementi importanti ai fini della qualità democratica. A questi si
aggiungono due ulteriori aspetti essenziali: l'esistenza di un
opposizione e l'efficienza degli apparati amministrativo e giudiziario.
Possiamo assumere il punto di vista che la politica sia molte cose: il
desiderio di servire il pubblico, la ricerca cinica del potere, il
soddisfacimento di interessi personali, il soddisfacimento delle
domande sociali e cosi via. Comunque sia, normalmente la politica
determina una separazione tra coloro che sono chiamati ad erogare
quei beni, per se stessi e per gli altri, e la platea vasta di chi è
destinatario di quei beni. Qualcuno vince e qualcuno perde, anche in
democrazia è così. Si capisce allora perchè il funzionamento della
democrazia sia ancora per molti versi controverso, dal punto di vista
teorico, e perchè le scienze sociali abbiano contribuito a creare
confusione contrapponendo diverse visioni e talvolta presentandole
come alternative.
Nell'immediato dopoguerra, alcuni studiosi, hanno cercato di
considerare il complesso di valori che rendono la cultura politica di un
certo paese più adatta per le istituzioni democratiche. Dahl parla di
atteggiamenti che favoriscono una democrazia, come la credenza nella
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Dahl analizza i fattori che possano realizzare una migliore democrazia. Quindi, l'autore, con i due
postulati vuole stabilire come si possa raggiungere una democrazia ideale.