5 Premessa
Il primo principio generale su cui si fonda la nuova disciplina della
Società a responsabilità limitata e, prima ancora, la legge delega n.
366/2001 è quello della rilevanza centrale del socio e della sua, di
conseguenza, ampia autonomia nei rapporti contrattuali. È evidente la
contrapposizione di tale principio con quello diametralmente opposto
della centralità dell’azione, principio che ispira la disciplina della S.p.a.
Nell’intento del legislatore, la nuova S.r.l. si presenta come un modello
societario dotato di grande elasticità e dotato di ampia autonomia,
discostandosi dunque dal modello originariamente disegnato dal
legislatore del 1942, all’interno del quale veniva concepita come una “
piccola s.p.a. modificata ”. Tale nuova impostazione ha fatto sì che
addirittura alcuni autori parlassero di “ un nuovo modello di società di
persone ”. In effetti, sono molteplici gli istituti che costituiscono indici di
questa “ personalizzazione ” che deriva dal nuovo modello riformato,
come il fatto che nelle s.r.l. di più modesta capitalizzazione , il controllo
contabile e legale sia affidato al socio; si può altrimenti pensare al
pervasivo diritto di informazione e ispezione o ancora alla possibilità di
esercizio individuale dell’azione di responsabilità contro gli
amministratori.
6 I nuovi ed ampi spazi di rilevanza del socio, in verità, si registrano non
tanto nella disciplina legale, quanto nella possibilità dei soci di operare
scelte di autonomia statutaria, in relazione al funzionamento e
all’organizzazione, e dunque nel quadro della governance della stessa
società, i quali sono quelli sottoposti ad attenzione in questa analisi.
7 Capitolo primo
LE COMPETENZE DEI SOCI
1. Diritti particolari e potere gestionale dei soci
Una disciplina su cui la riforma del diritto societario del 2003 ha
inciso notevolmente, è quella che riguarda gli organi della società a
responsabilità limitata, la quale adesso, a differenza di come accadeva
nella disciplina preesistente, non vive essenzialmente di rinvii a
norme disciplinatrici la S.p.a. Il legislatore ha voluto creare una
disciplina dedicata, dotata di una propria specificità, in
considerazione della ristretta base sociale della S.r.l. e di un diretto
coinvolgimento dei soci. E proprio in considerazione di tali ultimi
elementi, è da ritenere come conseguenza la valorizzazione, in
maniera assai rilevante, dell’autonomia dell’atto costitutivo e dunque
dei soci; in proposito, taluno in dottrina, ha parlato di “ impronta
contrattualistica ” della società in questione. Già la legge delega n.
366/2001 ( articolo. 3 ) invitava il legislatore delegato a riconoscere
ampia autonomia riguardo la scelta delle strutture organizzative ; tale
“ principio di libertà ” trova nella disciplina della S.r.l.
8 manifestazione eclatante nell’ambito specifico della funzione
decisoria e nella semplificazione e snellezza dei procedimenti
decisionali. Già l’articolo 2463 c.c., rubricato “ costituzione ”,
dispone che sia l’atto costitutivo ad indicare le norme relative al
funzionamento della società. Ed è subito importante segnalare che ,
rispetto alla disciplina delle S.p.a., le occasioni in cui i soci possono
essere chiamati ad esprimere la loro volontà, sono molto più
numerose. I soci dunque vanno ad assumere un ruolo centrale
all’interno dell’organizzazione potendo adottare atti gestori, senza
dimenticare che tale potere è stato bilanciato dal legislatore
introducendo la responsabilità di cui all’articolo 2476 c.c.
La rilevanza centrale attribuita al socio dalla riforma delle S.r.l. si è
tradotta in un decisivo ampliamento dell’autonomia privata ed inoltre,
nella possibilità di attribuire ai soci diritti particolari circa
l’amministrazione della società, e dunque lo strumento per la
realizzazione degli scopi sociali, e la distribuzione di utili, cioè il fine
ultimo
1
, ex articolo 2468 comma 3, c.c.. Tutto ciò è valso a connotare
fortemente la nuova S.r.l. in senso personalistico, essendo state ampliate
1 M . M a u g e r i , i n R i v i s t a d e l l e s o c i e t à , 2 0 0 4 , G i u f f r è E d i t o r e : “ I l r i c o n o s c i m e n t o a s i n g o l i s o c i d i p o s i z i o n i < < p a r t i c o l a r i > > i n s e n o a l l a c o m p a g i n e s o c i a l e e i n r e l a z i o n e a i d u e s e g m e n t i f u n z i o n a l i d e l p r o g r a m m a s o c i e t a r i o , a t t i n e n t i a l l a r e a l i z z a z i o n e d e l l o s c o p o - m e z z o ( p e r i d i r i t t i c o n c e r n e n t i l ’ a m m i n i s t r a z i o n e d e l l a s o c i e t à ) e / o d e l l o s c o p o - f i n e ( p e r i d i r i t t i c o n c e r n e n t i l a d i s t r i b u z i o n e d e g l i u t i l i ) ” .
9 notevolmente ( almeno in potenza ) le competenze gestorie da porre in
capo ai soci. È da notare come in tale ambito, l’attribuzione di particolari
posizioni societarie sia il risultato di una contrattazione o processo di
negoziazione tra le parti sociali, posto che tale tipo di società è priva di
un mercato azionario delle partecipazioni sociali. Venendo al contenuto
dei diritti particolari, è opportuno distinguere tra quelli a “ contenuto
patrimoniale ” e quelli a “ contenuto amministrativo ”, tenendo
comunque conto che le parti hanno ampia libertà di conformare tali
diritti. Partendo dai primi, e dunque soprattutto in materia di “
distribuzione degli utili ”, si possono immaginare clausole che
attribuiscano ai singoli soci una data percentuale, predeterminata, degli
utili netti di bilancio, ossia dell’attivo economico effettivamente
conseguito a termine di un esercizio sociale. Adottando una concezione
più estesa di utile, inteso come parte attiva dell’intera attività sociale
svolta dalla S.r.l., si potrebbero ipotizzare clausole che attribuiscano, a
seguito di liquidazione, una porzione di attivo residuo più che
proporzionale rispetto alla misura della partecipazione sociale, o ancora
l’assegnazione di un determinato bene dell’attivo, realizzando in tal caso
una sorta di assegnazione in natura. È possibile, ancora, che venga
attribuito un “ particolare ”, circa i profili economici, diritto di recesso,
magari realizzando la distribuzione dell’utile, prevedendo in questo caso
1 0 per il socio, la possibilità di conseguire il valore del proprio
investimento, comprensivo degli utili realizzati e non distribuiti, che
sarebbero altrimenti realizzabili solo vendendo la quota o a seguito di
liquidazione. Sono inoltre, sicuramente possibili clausole che prevedano
particolari diritti in termini di “ formazione dell’utile ”, cioè di
realizzazione dell’attivo economico; si pensi ad esempio ad una clausola
statutaria che preveda a favore di un socio un patto di opzione in ordine
alla stipulazione di un contratto con la società, o ancora una clausola che
preveda un più generale diritto del socio di intrattenere rapporti
economici con la società in via preferenziale. Ancora potrebbero
ipotizzarsi ulteriori situazioni attive insistenti sulla grandezza dell’utile
di bilancio, come ad esempio una suddetta situazione creata da una
clausola che preveda l’attribuzione di un diritto prioritario avente ad
oggetto l’accrescimento della quota a fronte dell’imputazione a capitale
di riserve costituiti con utili non distribuiti che sono stati realizzati in
esercizi precedenti. Si aggiunga che non sembrano esserci ostacoli
normativi alla previsione di un diritto del socio di sottoscrivere
prioritariamente i futuri aumenti di capitale a pagamento, o di effettuare
l’acquisto in via prioritaria della quota del socio recedente.
Sembra molto più delicato il dubbio circa la possibilità che i soci
possano attribuirsi posizioni privilegiate in ordine alla “ partecipazione al
1 1 rischio ” scaturente dallo svolgimento dell’attività sociale e dunque in
ambito di partecipazione alle perdite in tal caso, in modo non
proporzionale alle perdite stesse. In senso contrario si avanza infatti il
rilievo del potenziale contrasto della postergazione con quanto stabilito
dall’art. 2482-quater c.c. Sicuramente ci si potrebbe appellare al
principio di parità di trattamento e al divieto di patto leonino di cui
all’articolo 2265 c.c. contenuto però nella disciplina della S.p.a. e al
quale si può sicuramente fare riferimento.
Passando ora all’esame di particolari diritti a contenuto amministrativo,
il primo interrogativo che ci si pone è se possano essere previste clausole
con cui si superi la proporzionalità tra quota e voto e si creino “ quote a
voto plurimo ”; a tale eventualità ci si oppone facendo leva sull’articolo
2479, comma 5 c.c., assunta a norma imperativa. In tale norma, infatti,
manca qualsiasi tipo di riferimento ad una possibile diversa clausola
dell’atto costitutivo, riferimenti che non mancano invece nella altre parti
del medesimo articolo. Inoltre, sembra che in tal senso debba
rintracciarsi un qualche limite all’autonomia privata nella definizione
delle partecipazioni in materia di riflessi sulla formazione della volontà
sociale. La decisione rimane comunque ancorata all’interpretazione
elaborata dall’interprete, il quale, senza ombra di dubbio, potrebbe
sostenere una soluzione affermativa, posta la centralità attribuita ai soci
1 2 dalla riforma. Trattando poi di altri diritti, sembra indubbia la possibilità
per uno o più soci di nominare uno o più amministratori, e da ciò,
dovrebbe discendere l’irrevocabilità degli stessi se non per mano di chi li
ha direttamente investiti, e “ l’espansione ” delle competenze
assembleari in caso di mancato esercizio del suddetto potere.
Egualmente, deve ritenersi legittima una clausola che attribuisca al socio
il potere di veto in ordine al compimento di determinate operazioni,
anche in caso di amministrazione disgiuntiva. Ancora, è possibile che
venga conferita al socio la carica di amministratore con conseguente
irrevocabilità da parte degli altri, se non per giusta causa. Infine, in tema
di limiti all’autonomia statutaria, ci si chiede se particolari diritti possano
essere attribuiti a “ terzi ”, come ad esempio una banca che abbia
concesso un finanziamento ad una S.r.l. e voglia che le vengano attribuiti
particolari diritti riguardanti il controllo o l’amministrazione. In effetti,
varie disposizioni depongono in senso negativo, come l’articolo 2468,
comma 3 c.c. che restringe espressamente ai soci la cerchia dei possibili
titolari dei diritti, ed ancora la funzione stessa dei diritti particolari che
sono funzionali alla rilevanza del socio cui è ispirata l’intera normativa.
La questione tuttavia richiede maggiore attenzione: ad esempio i terzi
usufruttuari o creditori pignoratizi, i quali, non sembrano portatori di
interessi incompatibili con quello del socio alla conservazione della
1 3 partecipazione sociale; è però comunque da considerare la scelta del
legislatore di attribuire al questi soggetti il diritto di voto ( cfr. articolo
2352 c.c. ). Dunque si comprende il dubbio e la possibilità di interrogarsi
circa l’attribuzione di diritti particolari a terzi non soci.
Dato il processo che può dar luogo a tali diritti, ci si chiede se
l’ordinamento ponga limiti e, se così, di quale natura. Un esame di tale
tema non può prescindere da un confronto con la teorica dei diritti
indisponibili
2
, individuali o insopprimibili del socio che per lungo
tempo ha orientato il dibattito in materia di tutela della minoranza nelle
società di capitali. Il confronto con tale teorica trova risposte già nella
normativa, e precisamente nell’articolo 2468 comma 4 c.c., ove si
prevede che per la modificazione dei diritti particolari dei soci è
necessario il consenso di tutti, quindi anche di quelli che ne sono
sprovvisti. In tal maniera, infatti, si evidenzia sul piano sistematico, una
prospettiva in cui risulta interessata l’intera compagine sociale delle
vicende che riguardano i particolari diritti
3
. Non sembra pertanto
corretto parlare di veri e propri diritti del socio come se questi fosse un
terzo. In particolare, depone in tal senso il sopra citato articolo 2468,
comma 4, c.c. e la regola dell’unanimità per la modifica dei diritti in
2 M . M a u g e r i , “ Q u a l i d i r i t t i p a r t i c o l a r i p e r i l s o c i o d i s o c i e t à a r e s p o n s a b i l i t à l i m i t a t a ? ” , i n “ R i v i s t a d e l l e s o c i e t à ” , M i l a n o , G i u f f r è , 2 0 0 4 . 3 M . P e r r i n o , “ L a < < r i l e v a n z a d e l s o c i o > > n e l l a S . r . l . : r e c e s s o , d i r i t t i p a r t i c o l a r i , e s c l u s i o n e , i n “ G i u r i s p r u d e n z a c o m m e r c i a l e ” , M i l a n o , G i u f f r è , 2 0 0 3 .
1 4 questione, confermerebbe la “ natura organizzativa ” delle posizioni
particolari dei soci, più congeniali ad un’organizzazione “ per persone ”
piuttosto che “ per uffici ” .
A prescindere dalle ipotesi di particolari diritti sopra tracciate, e in tema
di posizioni a carattere patrimoniale e in tema di posizioni a carattere
amministrativo, sembra opportuno individuare come l’ampia autonomia
dei soci rilasciata dal legislatore, prima delegante, poi delegato, possa
manifestarsi e dunque concretizzarsi nelle più svariate ipotesi di “ diritti
particolari ”. A tal fine, inquadrando il problema dalla “ prospettiva
negativa ”, è bene analizzare i limiti posti alla stessa autonomia privata
dei soci. Tali limiti dovranno innanzitutto rinvenirsi nelle norme cardine
di e per ogni iniziativa societaria, ossia gli artt. 2247 e 2265 c.c. In
secondo luogo, costituiscono sicuramente un limite le norme inderogabili
contenute nella stessa disciplina della riformata S.r.l. e relative al
funzionamento degli organi sociali; per esempio, non potrà riservarsi al
singolo socio il potere di imporre agli altri soci l’adozione del metodo
della consultazione scritta, o ancora, il potere di imporre loro, in maniera
unilaterale, una modificazione statutaria ; ciò infatti svuoterebbe di
significato la previsione del metodo collegiale contenuta nell’art. 2479,
comma 4, c.c. Sembra inoltre che, dalle intenzioni del legislatore
delegante, poi accolte nella normativa, l’indipendenza attribuita alla S.r.l.
1 5 dovrebbe consentire di escludere che argomenti di un qualche peso
possano trarsi dall’omessa ripetizione, nella disciplina della società a
responsabilità limitata, di disposizioni esistenti in tema di società per
azioni
4
. Infine, secondo alcuni autori, non potrebbe trarsi alcun limite
dal principio generale della parità di trattamento, in quanto le eventuali
disparità tra diritti dei soci, anche se talvolta particolarmente evidenti e
pesanti, sarebbero “ accettate ” in sede di genesi della società e di
stipulazione del contratto sociale, in virtù dell’autonomia contrattuale dei
soci; tuttavia sembra opportuno precisare che tali eventuali clausole
potrebbero invece essere sindacate alla stregua di limiti che lo stesso
ordinamento ritiene inderogabili. E’, forse, questa la prospettiva da cui
poi poter far discendere un giudizio circa la legittimità e la convenienza
di certe clausole, ossia la prospettiva negativa, muovendo
dall’individuazione di tutti gli eventuali limiti, espliciti o impliciti che
siano, lasciando di conseguenza ampio spazio all’autonomia contrattuale
dei soci circa l’attribuzione di diritti e doveri, entro i limiti suddetti.
4 N o t a i n R i v i s t a d e l l e s o c i e t à , M i l a n o , G i u f f r è 2 0 0 4 , p a g . 1 4 9 7 . “ C o r r e t t a m e n t e , d u n q u e , s i s o t t o l i n e a , s e p u r e a d a l t r o r i g u a r d o , i l r i s c h i o d i s c o r g e r e l a c u n e ( a n c h e d o v e i n r e a l t à n o n c i s o n o ) , c o n t i n u a n d o a p e n s a r e a l l a s o c i e t à a r e s p o n s a b i l i t à l i m i t a t a c o m e a u n a v a r i a n t e d e l l a s o c i e t à p e r a z i o n i ( s e n z a a z i o n i , a p p u n t o ) e q u i n d i a r i t e n e r e i n n a t u r a l e c h e d i s p o s i z i o n i ( s p e c i a l i ) d e t t a t e p e r q u e s t a n o n v e n g a n o r i p e t u t e o r i c h i a m a t e p e r q u e l l a ” : c o s ì M . S T E L L A R I C H T E .