1
INTRODUZIONE
I metodi più utilizzati dagli analisti finanziari e dagli investitori
professionali per la valutazione dei titoli azionari sono costituiti dall’analisi
fondamentale e dall’analisi tecnica.
Tali metodi sono supportati da teorie scientifiche molto diverse tra loro e
la loro validità è stata comprovata da molti studi empirici in condizioni di
mercato diverse.
L’esigenza di conoscere e comprendere tali metodi nasce dalla necessità,
per i piccoli così come per i grandi investitori, di seguire precise strategie
operative nelle proprie scelte di investimento, dal momento che si tratta di
tecniche di analisi che giungono ad esprimere determinate raccomandazioni
concrete circa la posizione da assumere su un certo titolo.
Nella prima parte di questo studio, dedicata all’analisi fondamentale,
saranno descritte in maniera completa le principali tecniche di valutazione
utilizzate dagli analisti fondamentali.
Nella seconda parte, dedicata all’analisi tecnica, saranno esaminati i
principali strumenti adottati dai cosiddetti analisti tecnici.
Nella terza parte si tenterà di appianare le divergenze tra i due metodi,
cercando, attraverso un sistematico confronto, di rintracciare nella storica
disputa tra fondamentalisti e tecnicisti elementi di contatto e di
complementarietà.
Nella quarta parte, infine, si procederà applicando ad uno stesso titolo
azionario alcune delle più diffuse tecniche sia di analisi fondamentale sia di
analisi tecnica, evidenziando eventuali differenze nei risultati ottenuti. Nel
caso specifico l’analisi prenderà ad oggetto il titolo azionario della società
italiana Fiat S.p.A.
2
CAPITOLO 1.
L’ANALISI FONDAMENTALE
L’investimento è come il matrimonio per un cattolico: per la vita.
(Warren Buffett)
3
1.1 INTRODUZIONE
L’analisi fondamentale è uno dei due metodi di valutazione dei titoli
azionari maggiormente utilizzati dagli operatori nei mercati finanziari di tutto
il mondo allo scopo di stimare il prezzo di un’azione. L’altro è costituito
dall’analisi tecnica.
L’analisi fondamentale ha come obiettivo la determinazione del valore di
un’azienda attraverso un rigoroso e complesso processo teorico di valutazione
e si basa sull’ipotesi secondo cui in ogni attività finanziaria esista un “fair
value”, che può essere calcolato a partire dai dati di bilancio di un’azienda.
La formalizzazione di questo metodo di valutazione si deve
all’economista ed imprenditore statunitense Benjamin Graham (1894-1976), il
primo ad aver sviluppato la teoria del “value investing”, la filosofia di
investimento che considera i dati fondamentali dei titoli. Tale filosofia è stata
divulgata attraverso le sue due opere principali: “Security Analysis”,
pubblicato in quattro edizioni tra il 1934 e il 1962, e “The Intelligent
Investor”, del 1949.
Il classico value investing si basa sostanzialmente su tre parametri: il
valore degli asset (assets value), quello dei margini (earnings power) e le
prospettive di crescita (growth value).
Nelle sue opere Graham enuncia le 7 regole base che definiscono un
approccio assolutamente logico e razionale all’investimento azionario:
1
1. adeguata dimensione dell’azienda: si tratta di escludere
dall’universo dei titoli investibili le piccole aziende perché hanno
più probabilità della media di esser soggette ad eventi sfavorevoli;
2. situazione finanziaria sufficientemente solida: il totale delle attività
deve essere almeno il doppio dell’indebitamento, ovvero il rapporto
debiti/mezzi propri deve essere minore di 0,5;
1
G. Marzoli, Le 7 regole d’oro di Benjamin Graham, www.saperinvestire.it.
4
3. stabilità dei guadagni: l’azienda deve garantire una certa continuità
nella capacità di conseguire guadagni, almeno negli ultimi dieci
anni;
4. dividendi: l’azienda deve aver distribuito dividendi in modo
ininterrotto almeno per gli ultimi 20 anni;
5. crescita degli utili: l’azienda deve verificare il requisito di un
aumento minimo di un terzo degli utili per azione negli ultimi 10
anni, usando medie a tre anni;
6. un moderato rapporto P/E ovvero prezzo/utili: il prezzo corrente
del titolo azionario non deve superare di 15 volte gli utili,
considerando gli ultimi tre anni;
7. un moderato rapporto prezzo/mezzi propri: in particolare il prezzo
corrente del titolo non deve superare di 1,5 volte il valore contabile.
Un rapporto prezzo/utili superiore a 15 può essere giustificato da un rapporto
prezzo/mezzi propri inferiore al massimo consigliato.
Tali regole, dettate per l’investitore difensivo o “value investor”,
eliminano sicuramente dal range di scelte possibili la maggioranza delle
azioni quotate, specie per la regola dei dividendi, perché escludono le aziende
che sono troppo piccole, quelle con una debole situazione finanziaria, quelle
con anche solo qualche deficit negli ultimi 10 anni di attività e quelle che non
hanno una lunga storia di pagamento di dividendi.
L’investitore difensivo che segue tali regole riesce così ad ottenere dal
suo investimento un “buon fattore di sicurezza”, cioè un grado sufficiente di
sicurezza sotto due aspetti: uno qualitativo, che dipende dalle passate
performance e dall’attuale condizione finanziaria dell’azienda, e uno
quantitativo, in termini di guadagni e mezzi propri ottenuti per ogni unità di
denaro investita. Si escludono, quindi, dall’acquisto i titoli il cui prezzo
dipenda per una porzione eccessiva dagli utili futuri previsti sempre crescenti,
perché ciò aumenta di molto i rischi dell’investimento.
5
Graham ebbe una vita così lunga da vedere più volte le sue teorie
confortate dall’esperienza pratica
2
e la sua si è dimostrata una strategia di
investimento di successo: in effetti, sin da quando insegnava Security
Analysis alla Columbia University, i risultati da lui ottenuti furono più che
rispettabili, con investimenti che per un lungo periodo sono cresciuti alla
velocità del 17% annuo, e così anche quelli ottenuti dai suoi più fedeli
seguaci. Il più famoso di questi è l’economista ed imprenditore Warren
Buffett, soprannominato “l’oracolo di Omaha”, dal nome della sua città
natale, dove, appena laureato, si vide affidare da amici e parenti la gestione
dei loro risparmi. Così Buffett fondò la Buffett Partnership, un fondo di
investimento che ancora oggi applica le strategie di investimento insegnate da
Graham, acquistando titoli a prezzo basso da tenere nel lunghissimo periodo
(buy and hold strategy).
Nel 2007 e nel 2008, secondo la rivista Forbes, Buffett è stato l’uomo
più ricco del mondo, mentre nel 2011 è stato il terzo uomo più ricco del
mondo, con un patrimonio stimato di 47 miliardi di dollari, dopo Bill Gates.
3
Straordinariamente esemplificativa è l’allegoria di Mister Market,
elaborata da Graham
4
e spiegata, come segue, da Buffett nella sua lettera agli
azionisti della società Berkshire Hathaway del 1987:
"Immaginiamo che i prezzi di mercato provengano da un tipo molto
accomodante, di nome Mr. Market, che si trova ad essere il vostro partner in
un’attività non quotata. Giorno dopo giorno, senza mai venir meno alla sua
abitudine, Mr. Market si presenta da voi fissando un prezzo a cui è disposto a
rilevare la vostra quota oppure a vendervi la sua. Anche se il business di cui
voi due siete proprietari potrà avere caratteristiche economiche stabili, le
quotazioni di Mr. Market stabili non lo saranno affatto. Triste a dirsi, infatti, il
vostro povero socio soffre di incurabili problemi psicologici. A volte si sente
2
M. Elia, Ragionando su Benjamin Graham, www.saperinvestire.it.
3
www.wikipedia.org.
4
Graham B., The intelligent investor, William Morrow & Co., New York, 2005.
6
euforico e riesce a vedere solo i fattori favorevoli che influenzano la vostra
attività. Quando è in quello stato, il prezzo che offre è molto alto perché teme
che voi gli strapperete la sua quota, derubandolo di guadagni imminenti. Altre
volte è depresso e guardando nel futuro riesce a vedere solo guai per il vostro
business e per il mondo. In questi momenti fisserà dei prezzi molto bassi,
terrorizzato dall’idea che voi siate sul punto di rifilargli la vostra quota. Mr.
Market ha un’altra gradevole caratteristica: non se la prende se viene ignorato.
Se la sua quotazione di oggi non è di vostro interesse, domani ve ne proporrà
comunque una nuova. Ogni transazione è a vostra discrezione. Ed è chiaro
che, a queste condizioni, quanto più il suo comportamento è maniaco-
depressivo, tanto meglio è per voi."
La parabola di Mister Market insegna che il mercato può essere molto
volatile, perché è soggetto a dinamiche molto forti dovute a diversi fattori
psicologici determinati da tutti gli operatori del mercato stesso. Perciò la
strategia ottimale per un investitore difensivo consiste, secondo Graham,
nell’aspettare che il mercato si trovi nella sua fase depressiva per poter
comprare i titoli a sconto, cioè quando il loro prezzo è inferiore al loro valore
intrinseco, e nella sua fase euforica per poter vendere i titoli a premio, cioè
quando il loro prezzo è superiore al valore intrinseco, sapendo che prima o poi
il prezzo di mercato convergerà al valore intrinseco e senza lasciare che la
quotazione giornaliera del titolo espressa dal mercato determini il giudizio
dell’investitore sul proprio investimento.
Quindi fondamentalmente le fluttuazioni del prezzo per l’investitore
dovrebbero avere un solo significato: quello di offrire l’opportunità di
comprare quando i prezzi scendono in modo consistente e vendere quando
salgono procurando un grande guadagno.
7
1.2 ASPETTI GENERALI
Partendo dal presupposto che il prezzo di un’attività possa non
coincidere affatto con il suo vero valore o valore intrinseco, la strategia di
investimento che risulta dall’utilizzo dell’analisi fondamentale deriva dal
confronto tra prezzi di mercato e valori stimati.
5
Occorre, infatti, considerare che, mentre i prezzi sono dati espressi dal
mercato, i valori sono grandezze stimate attraverso previsioni di flussi,
apprezzamento di rischi (e quindi stima dei tassi) e di quantità stock legate da
formule, e perciò sono in parte opinioni, perché comprendono aspetti
soggettivi che dipendono dalle singole scelte dell’analista.
La non coincidenza tra prezzi e valori può verificarsi perché sul prezzo di
mercato di un titolo azionario influiscono alcune variabili, esterne ed interne
all’impresa, che non influenzano il valore dell’impresa stand alone
6
. Le
variabili che operano a valle rispetto al giudizio di valore sono le seguenti:
- tra quelle esterne: la fluidità/rigidità dei capitali destinati alle
imprese (si parla di “capitali fluidi” quando le imprese i cui titoli
sono oggetto di negoziazione sono caratterizzate da transitorietà
degli assetti proprietari e quote molto frammentate e di “capitali
dedicati” quando le stesse imprese presentano assetti proprietari
stabili e quote di partecipazione significative),
l’efficienza/inefficienza dei mercati finanziari (per la capacità dei
mercati di indicare prezzi significativi e negoziabili per le società
quotate, per la capacità di soddisfare la domanda e l’offerta di
capitali d’impresa, e in generale per la prontezza a riflettere nei
prezzi la dinamica delle variabili fondamentali che determinano il
5
Guatri L., Bini M.,La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007.
6
Per valore stand alone si intende quel valore che potrebbe essere attribuito ad un’impresa nelle sue attuali
condizioni di gestione e che prescinde dai possibili effetti derivanti da potenziali acquirenti e dalla
valorizzazione dei “benefici privati”. Quindi, si tratta di una nozione-base di valore.
8
valore), il ciclo della domanda e dell’offerta dei capitali di rischio
(si distinguono due fasi limite, il mercato del compratore con
prevalenza dell’offerta e il mercato del venditore con prevalenza
della domanda, intervallate da fasi di evoluzione positive o
negative), e i processi di concentrazione in atto nel settore (processi
di concentrazione possono verificarsi, specie nei settori maturi, allo
scopo di conseguire vantaggi sinergici, e in tal caso il compratore
sarà disposto a riversare i risultati sinergici sul prezzo di acquisto,
gonfiandolo);
- tra quelle interne: la capacità di diffusione del valore, e quindi la
trasparenza e l’efficacia delle comunicazioni, e la credibilità
strategica e reddituale.
Quindi l’analisi fondamentale ha per oggetto lo studio dei fenomeni di
base che spiegano la formazione dei prezzi di mercato. Tali fenomeni, a
seconda della loro natura, possono essere distinti in quattro tipi: (seguendo
una logica deduttiva, dal generale al particolare)
7
1. fenomeni di quadro economico e di quadro finanziario
2. fenomeni di settore
3. fenomeni di mercato
4. fenomeni d’azienda.
Ne deriva che il processo di analisi fondamentale si articola in altrettanti
livelli:
1. analisi di scenario
2. analisi di settore
3. analisi di mercato
4. analisi d’azienda.
L’analisi fondamentale richiede, quindi, prima di procedere all’analisi
specifica del titolo azionario, l’acquisizione di un’approfondita comprensione
7
Fabrizi P.L. (a cura di), Economia del mercato mobiliare, quarta edizione, Egea, Milano, 2011.
9
del funzionamento del sistema macroeconomico, di quali variabili
influenzano i prezzi delle azioni e con quale intensità, e la conoscenza del
settore di attività in cui opera l’impresa e, quindi, delle dinamiche
competitive.
8
Quanto alle variabili che influenzano il prezzo delle azioni, si possono
individuare:
1. il quadro istituzionale di riferimento, in cui operano imprese
ed investitori,
2. le relazioni tra le variabili macroeconomiche (tassi di
interesse, tasso di inflazione, tassi di cambio) e
microeconomiche (cioè le variabili di settore come: il
livello di competitività dell’azienda, le relazioni tra
domanda e offerta, il grado di concorrenza all’interno del
settore di attività, i costi e il ciclo di vita del prodotto,
l’eventuale stagionalità della produzione, i possibili effetti
della regolamentazione nazionale ed estera) e i mercati
finanziari,
3. i metodi di valutazione delle imprese.
Infatti, anche le politiche adottate dagli organi istituzionali si riflettono sulla
qualità della finanza pubblica, che determina il premio per il rischio richiesto
dagli investitori per investire in quel Paese e, quindi, il livello dei tassi di
interesse espresso dal mercato finanziario.
Si parla anche di indagine strutturale, la quale studia l’ambiente
macroeconomico di riferimento utilizzando modelli di tipo econometrico e
simulando scenari politico-economici nazionali e internazionali alternativi
con un’analisi di tipo “what if”, e di indagine particolare, in cui si distinguono
8
Lettini G., Valutazione d’azienda, CoreBook, 2009.
10
un’analisi di tipo settoriale e una di tipo aziendale, volta ad identificare le
potenzialità economiche, finanziarie e patrimoniali dell’impresa.
9
Una simile ripartizione è presente anche nei report pubblicati sul sito
della Borsa Italiana S.p.A. che rappresentano degli esempi di studi di analisi
fondamentale. Tali report sono, infatti, documenti complessi e sono composti
da una parte di ricerca, che comprende l’analisi di scenario, quella di settore,
quella di mercato e quella d’azienda, e da una parte più sintetica di
raccomandazioni, cioè di consigli rivolti agli investitori sui comportamenti da
assumere rispetto al particolare titolo oggetto di analisi (buy/sell/hold).
10
L’analisi di tipo aziendale rappresenta la parte cruciale dell’indagine.
Essa consiste nello studio dinamico dei bilanci aziendali riferiti a più esercizi
e utilizza comparazioni storiche, valutazioni prospettiche e confronti con
aziende dello stesso settore. È sviluppata partendo dai dati contabili ufficiali e
dalle altre informazioni fornite dalle imprese oggetto di valutazione, che
vengono elaborati attraverso vari metodi di valutazione d’azienda,
riconducibili alle seguenti quattro categorie:
11
1. i metodi dei flussi attualizzati (metodo finanziario e metodo
reddituale)
2. il metodo patrimoniale
3. i metodi misti (tra cui quello patrimoniale-reddituale)
4. i metodi comparativi (metodo dei multipli di mercato e metodo
delle transazioni comparabili).
Le varie categorie si distinguono a seconda delle variabili di volta in
volta considerate più influenti nel determinare il valore dell’impresa. In
particolare, tali variabili sono rappresentate nella prima categoria
rispettivamente dai flussi di cassa e da quelli di reddito attesi, nella seconda
9
www.traderlink.it.
10
Fabrizi P.L. (a cura di), Economia del mercato mobiliare, quarta edizione, Egea, Milano, 2011. Cfr. anche
www.borsaitaliana.it.
11
Fabrizi P.L. (a cura di), Economia del mercato mobiliare, quarta edizione, Egea, Milano, 2011.
11
categoria dalle attività patrimoniali, in bilancio e fuori bilancio (ovvero le
attività intangibili), nella quarta categoria da valori di riferimento espressi dal
mercato.
Il metodo patrimoniale, quello reddituale e quello misto patrimoniale-
reddituale non sono praticamente più utilizzati dagli analisti finanziari per la
valutazione di società quotate o da quotare in occasione di IPO
12
, con
l’eccezione delle società immobiliari pure, ma sono ancora impiegati per le
valutazioni in caso di cessioni aziendali di società non quotate.
13
Prima di descrivere nel dettaglio ognuno dei suddetti metodi, occorre
chiarire il concetto di Giudizio Integrato di Valutazione, approfondendo la
differenza tra valori assoluti, che risultano da modelli e formule, e valori
relativi, basati sui multipli.
12
L'offerta pubblica iniziale (o IPO) costituisce lo strumento attraverso il quale una società ottiene la
diffusione dei titoli tra il pubblico (la c.d. creazione del flottante), che è requisito necessario per ottenere la
quotazione dei propri titoli su un mercato regolamentato. Le offerte pubbliche iniziali sono promosse
generalmente da un’impresa il cui capitale è posseduto da uno o più imprenditori, o da un ristretto gruppo di
azionisti (ad esempio investitori istituzionali o venture capitalists), che decide di aprirsi ad un pubblico di
investitori più ampio contestualmente alla quotazione in Borsa. Fonte: www.borsaitaliana.it.
13
Marchesoni M. A., Analisi fondamentale. Analisi di bilancio, costruzione di previsioni, metodologie di
pricing, Il Sole 24 Ore, Padova, 2012.