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Introduzione
E’ sufficiente dare uno sguardo all’offerta formativa per la psichiatria e alle relative brochure anche dei
congressi e dei seminari per la psicologia per comprendere come la figura professionale del Terapista della
Riabilitazione Psichiatrica, sia ancora poco conosciuta e quindi di conseguenza ancora troppo poco
considerata, stimata e infine richiesta dal mercato del lavoro, perché ancora raramente il TRP viene inserito
nell’elenco dei corsi ecm come figura accreditata alla partecipazione.
Indubbiamente è un gap che andrà colmato con la buona volontà di tutti gli addetti del mondo della
psichiatria. E c’è da augurarsi che a farsene promotori attivi siano anche le forze che hanno pensato e
architettato i corsi di laurea per questa giovane professione.
Avranno visto giusto? Siamo veramente ciò che mancava e che ora invece comincia a essere abbastanza
disponibile come figura professionale? Probabilmente la risposta, il polso della situazione, si avranno sul
campo, quando inizieremo la ricerca di un posto di lavoro.
Anche la musicoterapia ha intrapreso da tempo un percorso che la vede impegnata nella intenzione di
progredire nella affermazione di una maggiore evidenza scientifica.
In questo lungo e difficile cammino, traspaiono tutte le difficoltà di coniugare musica e scienza.
La scienza ha ancora molto da scoprire sul cervello e sul suo funzionamento.
Il cervello è in effetti il nostro organo più complesso e per molti aspetti ancora misterioso e sconosciuto.
Nel descriverne la sua complessità Alberto Oliverio, afferma che le neuroscienze, per esempio, nel loro
procedere comunicano e risentono dell’apporto non solo delle scienze matematiche, fisiche, statistiche,
psicologiche ma anche di quelle filosofiche
1
.
In questo variegato panorama scientifico si manifestano le nostre memorie.
In modo del tutto universale, nessuno di noi può definirsi scevro dalle memorie musicali del nostro passato.
In particolare ognuno di noi ha certamente in memoria almeno un motivo musicale, o almeno un frammento
di esso, in comune con altri esseri umani.
Non solo. Ognuno di noi credo abbia fatto, almeno una volta nella sua vita, l’esperienza di cantare a memoria
una canzone nota ai più in un gruppo. Ed è verosimile che questa canzone appartenga in qualche modo alla
cultura del paese di origine, a quello che propongono in larga misura i mass-media, con a capo la omni-
pervadente televisione.
Ricordo con nostalgia e irritazione i primi walk-man, prima vera espressione e mezzo di fruizione personale
della musica (provate voi oggigiorno ad acquistare un semplice lettore portatile di cassette e mi direte se sia
tanto facile reperirne un esemplare funzionante).
1
Alberto Oliverio racconta “Le neuroscienze”, Collana DVD La psicologia, La Repubblica, L’espresso, Roma,
Volume 10, 2012
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Cellulari, MP3 player, lettori USB, tablet, etc. : tutto il mondo della tecnologia digitale moderna concorre a
fornirci sistemi di ascolto musicale personale sempre più sofisticati, veloci, potenti , miniaturizzati e
trasportabili.
Ma nella esperienza descritta in questa tesi, emerge una costante che attraversa trasversalmente l’evolversi
delle esperienza umana a contatto di tutte queste tecnologie: la memoria.
La memoria di un repertorio di canzoni che nel tempo ha lasciato una traccia, una presenza,
indissolubilmente legata a emozioni e altri ricordi.
E’ in questa memoria comune che vi sono dei potenziali evocativi di unione molto forti, come delle
fondamenta di una cultura comune, come solo lo potrebbero essere le comuni origini della cultura ebraico-
cristiana che permeano tutta la cultura europea occidentale.
Per me l’origine di questa cultura è doppiamente legata all’ambiente cattolico: le prime canzoni e le prime
nozioni di chitarra le ho ricevute frequentando per diversi anni i gruppi parrocchiali della comunità San
Benedetto di Torino, allora diretta da Don Giacomo Lanzetti, detto Mino, oggi Vescovo di Alba.
Ho perso il conto di quante volte poi ho cantato e accompagnato in gruppo amici in serate canterine a casa, in
spiaggia, nelle occasioni laiche e religiose più disparate.
Per arrivare in tempi più recenti a un percorso di esibizioni in pubblico, come solista e in formazioni corali.
Nel tempo si è andato a formare un repertorio di canzoni, in larga parte composto dalle più note canzoni del
repertorio di musica popolare Italiana, e in parte straniera: questo repertorio costituisce il “serbatoio” a cui in
parte ho attinto durante l’esperienza di tirocinio.
Certamente il fatto che si sia attinto a un repertorio largamente conosciuto e facilmente disponibile, non ci
dice che questo sia l’unico percorso possibile.
Come vedremo la musica popolare italiana si è evoluta nel tempo attingendo a tanti generi differenti.
Senza dubbio la produzione dei cantautori italiani degli anni ‘60 e ‘70, (per nominarne uno tra tutti Fabrizio
De Andrè), hanno lasciato un segno indelebile in tutti i giovani di quel periodo; e ancora oggi nelle
generazioni contemporanee, i testi e le musiche di questi autori hanno molto da dire.
Senza voler aprire una polemica, sarà comunque parziale oggetto del nostro discorso, una breve digressione
sulla qualità della musica oggi disponibile, sia essa del passato o contemporanea.
Anche nel lavoro di selezione dei brani, svolto in Chiarugi, si è cercato di tenere conto dei fattori legati al
contenuto delle canzoni e alla qualità della musica.
Non è possibile però dimenticare le origini colte della nostra musica, alla quale tanti hanno attinto; origini
che attraverso l’uso del Song Writing
2
, forse sarà possibile far riemergere in maniera qualitativamente e
quantitativamente maggiore.
2
Il Song Writing è una tecnica di composizione musicale, che utilizza prevalentemente brani esistenti, per produrre
nuove composizioni; per esempio scrivendo un nuovo testo su un brano preesistente, mantenendo pressoché
inalterata la musica e la metrica del testo. Cfr. Paolo Alberto Caneva, La composizione di canzoni come strategia di
intervento musicoterapico, Armando Editore , 2007
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Di certo sarebbe bello che fin dalla scuola primaria l’educazione musicale facilitasse il compito dei
professionisti della musica di ogni ordine e grado, permettendo al pubblico di ogni tipo, e non solo ai
pazienti, di accedere a codici musicali il più possibile variegati e ricchi.
La musica leggera è una ricchezza culturale, ma chi ha imparato ad amare la musica classica sa quale
patrimonio di inestimabile valore abbia oggi a disposizione l’uomo. Di certo non sovrapponibile a quello
della musica leggera, ma sicuramente capace di esprimere un valore complementare.
Non dobbiamo dimenticarci che, da sempre e in tutte le culture, la musica ha e ha avuto un profondo
significato sociale; per esempio nello scandire lo scorrere del tempo, nell’ accompagnare l’alternarsi delle
stagioni, il lavoro nei campi, le attività giornaliere.
Nella cultura contadina delle nostre regioni italiane, era facile trovare canti e storie da raccontare ai bambini
o al popolo. Ma oggigiorno cosa capita?
Oggi le persone vivono perlopiù chiuse nelle loro abitazioni, negli uffici, nelle città; e non cantano, se non c'è
motivo. Non cantano, almeno, come si faceva un tempo, nel lavorare a contatto diretto con la natura, e
seguendo il ritmo delle stagioni.
Così oggi i giovani si incontrano per fare festa e per cantare e ballare, e come tutte le generazioni, per trovare
compagnia; ma gli stessi giovani, diventati adulti, dopo aver formato una famiglia, entrano nel “tunnel” della
ricerca di sicurezza economica, e non cantano più: non c'è più tempo, non c'è più motivazione.
Nonostante ciò, i giovani e meno giovani si riconoscono in un repertorio nel quale tutti gli italiani possono
ritrovarsi, e che diventa talora motivo e occasione di aggregazione sociale (per esempio nel karaoke, nei
locali o in casa); o comunque una sorta di idea collettiva con un comune denominatore. Benenzon (2005) ne
attribuisce la valenza di “ISO Gruppale”
3
.
Il percorso seguito nel Centro Semiresidenziale Vincenzo Chiarugi ha delle analogie con questo meccanismo
di aggregazione gruppale, partendo dall’utilizzo di temi musicali noti a tutti i componenti del gruppo.
Da una prima idea di semplice intrattenimento, si è infatti passati a un coinvolgimento attivo di tutti gli
elementi del gruppo. Una canzone evoca un ricordo che ne genera un altro, in un altro componente del
gruppo; e tale ricordo fa pensare ad altre canzoni e le canzoni altri ricordi; così come un fiume, raccoglie le
acque degli affluenti e i loro detriti, senza selezionare ciò che trasporta.
In ultima istanza, occorre precisare che, l'attuale ricerca, da parte di molti musicoterapisti, di tornare alle
origini, alla scoperta dell’efficacia di antichi “codici” terapeutici, in realtà porta con sè una frattura con il
3
Con Iso Gruppale, Benenzon intede “una identità sonoro/musicale propria di un tipo di soggetti”. Cfr. Rolando
Benenzon, Manuale di musicoterapia, Ed. Borla, 2005
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passato. Non vi è realmente la possibilità e la volontà di utilizzarli con le stesse identiche antiche valenze
terapeutiche, ma il tentativo di riscoprirne la veridicità, senza prescindere dalla valenza scientifica. Purtroppo
anche la comunità scientifica, si è accorta del rischio che si corre, nel proseguire la ricerca: la musica
potrebbe non più trovare il suo spazio “antropologicamente” importante: rischiamo di abbandonarne all’oblio
parti importanti, lungo il nostro cammino, come i fili di una tela lacera che il vento disperde, perché non più
ancorati alla matrice.
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Il tema della follia nella musica popolare e colta in
Europa
Solo un breve accenno per ricordare che La “Follia” è un tema musicale fra i più antichi della musica
europea. Si presume sia di origine portoghese o del Sud America.
Le sue origini risalgono probabilmente al tardo Medioevo, come forma di danza popolare e di canto.
Letteralmente il termine folia significa “folle divertimento, baldoria, sollazzo”, o anche “follia”, e viene
utilizzato per designare una festa popolare parecchio movimentata, caratterizzata da danze, musica e grande
allegria.
Infatti a partire dal XVI al XVIII secolo, oltre 150 compositori hanno utilizzato il tema della Folia come base
per comporre serie di variazioni altamente virtuosistiche.
Memorabili quelle di musicisti italiani come Frescobaldi, Corelli, Alessandro Scarlatti, Vivaldi e Bononcini.
Ma anche Jean-Baptiste Lully, Marais e D’Anglebert in Francia; Johann Sebastian e Carl Philipp Emanuel
Bach in Germania, per citare alcuni esempi fra i più significativi.
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E’ quindi molto probabile che anche gli autori moderni europei e italiani abbiano ricevuto alcuni semi
germinati tra le pieghe dei motivi popolari ispirati da queste melodie.
4
Tratto dal sito web della “Associazione Culturale Luis de Camoes”
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La musica popolare italiana: origini e sviluppo
Per poter meglio comprendere le origini e la natura della musica alla quale ho attinto per l’attività di
tirocinio, è necessario tentare un breve excursus sulla musica popolare italiana.
A ben vedere stiamo parlando di musica italiana popolare. Mi spiego: ho condotto alcune ricerche sulle
origini dei termini musica pop, musica popolare, musica folk, musica leggera. E’ infatti noto che attorno a
questi termini sono sorti moltissimi dibattiti e studi in tutto il mondo e da diversi anni.
In particolare la associazione IASPM, fondata nel 1981, tiene a riguardo diverse attività a livello mondiale, e
in particolare una conferenza mondiale ogni due anni.
Inoltre i fondatori della IASPM, hanno sancito il desiderio e la necessità degli studiosi di tutto il mondo di
promuovere lo studio della Popular Music e interrogarsi periodicamente su che cosa sia, come si è evoluta e
come si stia evolvendo; i risultati di questi studi vengono periodicamente condivisi in un congresso
internazionale, una volta ogni due anni.
Per maggiori spiegazioni al riguardo è bene vedere il corposo volume degli atti del primo convegno
mondiale.
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Per iniziare a sgombrare il campo da equivoci è bene dire che, dalla lettura degli atti del primo convegno
mondiale della IASPM tenutosi a Reggio Emilia, tra il 19 e il 24 settembre 1983, è emerso che “popular” e
“popolare” hanno accezioni diverse a secondo del contesto culturale e nazionale a cui si riferiscono. E’
pertanto bene non confonderle e in particolare in Italia è bene che siano tenute distinte.
L’abbreviazione pop music che distingue come abbreviazione la popular music anglosassone ha anch’essa
una precisa connotazione, che si riallaccia a una origine più vicina alla musica Rock.
Ritengo sia bene non voler entrare troppo nel merito di queste distinzioni: basti sapere che all’interno dei
dibattiti della IASPM ne discutono eminenti studiosi da anni.
Ma ai fini della nostra trattazione ho trovato utile inserire come riferimento le definizioni di Musica Leggera
e Musica Popolare che ne dà Alberto Basso nel suo DEUMM
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:
“Musica Leggera: sotto questa denominazione, che non si riferisce a un solo genere, ma ne comprende
parecchi assai diversi fra loro (canzonetta, musica da rivista, musica pubblicitaria, commenti sonori, musica
per danza), si raggruppano comunemente tutti i tipi di musica composti, eseguiti e utilizzati in epoca
borghese per intrattenimento e per svago al di là di ogni gerarchia di genere e di ogni valutazione estetica:
la M. L., anche di prima qualità, si differenzia comunque dalla musica colta, anche se si tratta di un
prodotto epigonico artisticamente inutile, poiché il suo obiettivo non è quello di allargare l'orizzonte
culturale di chi l'ascolta, bensì quello di produrre e di vendere facendo divertire o commuovere, sognare o
5
AA.VV., What is popular music, 41 saggi, ricerche, interventi sulla musica di ogni giorno. Conferenza internazionale
della IASPM, Atti a cura di Franco Fabbri, Ed. Unicopoli, 1985
6
Alberto Basso, Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, “DEUMM”, Ed.Utet, 1984
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danzare la più larga fascia di utenti di età e classi sociali diverse. E si differenzia anche dalla musica
popolare, benché in qualche caso venga utilizzata in maniera analoga per ragioni di mercato: infatti, mentre
la musica popolare nasce dall'interpretazione diretta dei bisogni e delle passioni di chi poi la canta o
l'ascolta, la M. L. è prodotta e diffusa da specialisti sulla base di una domanda implicita e spesso indotta.
[…]”
Possiamo già qui iniziare a comprendere come, dal momento che si inizi a parlare di generi musicali, siano
necessarie molto parole per demarcare un confine, che peraltro non è del tutto nitido.
E’ interessante anche vedere come il DEUMM definisce la Pop Music:
“Abbreviazione di popular music, normalmente usata nei Paesi anglosassoni per indicare un’ibrida ed
estremamente varia produzione che non è ne diretta espressione di un gruppo etnico ne appartenente alla
musica di tradizione colta; in tal senso è da considerarsi il corrispettivo anglosassone del nostro termine
musica leggera. Tuttavia nel corso degli Anni Sessanta l’abbreviazione P.M. è venuta acquisendo un
accezione sua propria atta ad indicare un ambito musicale derivato dal Rock And Roll “storico” degli Anni
Cinquanta., destinato ai giovani , da questi suonato e fruito in stretto rapporto con i mezzi di comunicazione
di massa. In questo ambito si possono sicuramente situare altre denominazioni quali beat, rock,
underground music, ecc., non essendovi sostanziali differenze e soluzioni di continuità, fra esse, tranne che
per l’interpretazione dei loro fruitori ed esegeti. […]Risulta impossibile dare una definizione esaustiva di
P.M. in quanto essa sfugge ad ogni rigorosa analisi e classificazione, variando di volta in volta e generi e le
culture musicali da cui deriva, i gruppi sociali verso cui è indirizzata, gli scopi e la volontà dei suoi
musicisti, e infine il rapporto che si instaura fra essa e l’”ordine” stabilito.[…]Questo carattere di collage,
proprio di gran parte della P.M. non costituisce solo una dimensione formale, ma coinvolge i contenuti
stessi del linguaggio, in quanto collegando o solo affastellando frammenti isolati tratti da repertori diversi e
costituiti da materiali contrastanti, si conferisce alla musica un aspetto evocativo e uno spessore drammatico
coinvolgente: citazioni verbali, inserti solo strumentali, rumori e strumenti più o meno riconoscibili, ma
sempre emotivamente connotati, producono nell’ascoltatore delle risposte per lo più non razionali,
sottolineate e dilatate spesso da effetti ambientali contingenti. […]
Questa definizione potrebbe da sola descrivere in sintesi gran parte delle caratteristiche delle musiche
descritte più avanti, ma soprattutto introduce importanti temi che saranno trattati, come il contenuto delle
canzoni, la selezione in base al testo, gli effetti della musica sui pazienti, il contesto da cui provengono le
canzoni e l’utilizzo che in genere ne fanno i fruitori in privato, prima e dopo, nelle sessioni di gruppo.
Pertanto è necessario chiarire che l’accezione “musica popolare italiana” è utilizzata in questo testo per
connotare un insieme di canzoni che hanno prima di tutto la caratteristica di essere basati su un testo in
lingua italiana, composti in Italia, molto conosciuti e quindi connotati dalla caratteristica di essere popolari.
Meglio forse quindi parlare di “musica italiana popolare”.
Stiamo quindi parlando di un repertorio nel quale tutti gli italiani possono ritrovarsi, e che diventa talora
motivo e occasione di aggregazione sociale (per esempio nel karaoke nei locali o in casa); o comunque idea
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collettiva con un denominatore comune. Infatti Benenzon (2005) ne attribuisce la valenza di “ISO
Gruppale”
7
.
Pertanto queste canzoni fanno parte del repertorio di musica leggera, e non appartengono al repertorio della
cosiddetta musica colta, o quanto meno al repertorio che viene fatto oggetto di insegnamento o studio nelle
istituzioni ufficiali quali Università, conservatori o altre istituzioni ufficiali.
In questo quadro occorre ricordare le comuni radici della canzone italiana, a partire dal melodramma e dalla
canzone napoletana, e l’influenza che la musica folk ha indubbiamente esercitato su di essa.
In questo contesto non è quindi possibile utilizzare tout court il termine pop music, poiché in Italia la sua
traduzione in popolare, assume una connotazione più vicina alla musica folk appunto, che non terrebbe conto
dell’evoluzione che la musica leggera in generale, e in particolare la canzone italiana, hanno seguito fino ad
oggi.
Al di la delle problematiche di classificazione che interessano anche la etnomusicologia e la musicoterapia, è
importante notare come indubbiamente negli anni a partire dal secondo dopoguerra ad oggi,si sia attestato un
insieme di canzoni italiane che sono molto conosciute e che, anche per i giovani di oggi, rimangono un punto
di riferimento per svariati motivi sociali, economici, culturali, e artistici.
Mi riferisco in particolare alla produzione dei cantautori italiani degli anni ’60, ’70, fino ad arrivare agli anni
’80. Molta della produzione di questi autori è diventata un vero patrimonio popolare, in quanto
conosciutissimo dagli adulti di oggi, allora giovani, e che continua a mietere successi e ad essere conosciuto
anche dai giovani nostri contemporanei.
Questo processo di trasmissione attraverso le generazioni è stato possibile anche grazie al fatto che alcuni
degli autori più famosi e meritevoli, sono stati citati in alcune antologie per le scuole medie superiori, e
sicuramente anche grazie alla grande facilità di accesso alle canzoni attraverso le nuove tecnologie come il
portale di video Youtube.
Un altro elemento di trasmissione di questo complesso di canzoni è da attribuirsi ai canzonieri , in particolare
quelli compilati e utilizzati in ambienti sociali organizzati come i gruppi scout, i gruppi parrocchiali, fino a
giungere ai moderni canzonieri oggi facilmente disponibili nelle librerie e nei negozi di musica specializzati.
Un altro elemento di diffusione e trasmissione sono state le garage bands, i gruppi musicali giovanili, i
gruppi musicali di base urbani, guidati in prima battuta dalla necessità di mettere in piedi rapidamente un
repertorio non difficile, per iniziare a misurarsi il prima possibile con le esibizioni in pubblico, e magari
anche raggranellare qualche soldo, poiché i loro membri sono perlopiù studenti o lavoratori al primo
impiego. A questi gruppi hanno fatto eco moltissime esperienze condotte dal vivo in occasione di rassegne
musicali cittadine ufficiali o meno, concorsi, concerti auto-organizzati, serate in locali pubblici, ecc.
Tutto questo avvicendarsi di fenomeni e manifestazioni musicali ha contribuito nel tempo ad alimentare e
accrescere in larga misura personaggi della canzone d’autore, le cui composizioni hanno saputo parlare un
linguaggio diretto al cuore della gente, e anche alla loro mente.
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Cfr. Rolando Benenzon, Manuale di musicoterapia, Ed. Borla, 2005, op. cit.
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Non si può non citare come elementi motore di trasmissione di questa forma di cultura popolare le
trasmissioni radio-televisive come Il festival di San Remo, Canzonissima, il Festivalbar, le varie Hit parade
radiofoniche, come quella di Lelio Luttazzi,e i giornali specializzati come Sorrisi e canzoni Tv, per citare le
più famose e storiche. E come non citare le influenze della musica Rock proveniente dagli U.S.A. e
dall’Inghilterra, che tanto influenzarono e ancora oggi influenzano la canzone Italiana e guidano le scelte di
repertorio di innumerevoli gruppi musicali, fino ai giorni nostri nelle formazioni di Psychiatric Bands di cui
parleremo.