4
Vuole essere un tentativo di rendere in maniera abbastanza semplice,
per quanto possibile, un insieme di eventi che hanno caratterizzato il
processo di liberalizzazione di questo mercato.
Vuole altresì essere anche un tentativo di rendere in lingua italiana un
insieme di studi e ricerche effettuate all’estero, e pertanto disponibili soltanto
in lingua inglese o dei pesi d’origine.
In Italia solo da pochi anni si è iniziato ad effettuare studi da parte degli
addetti ai lavori, con riflessi di una certo eco sui nostri organi di stampa da
un paio d’anni a questa parte. In Italia, infatti, è da circa due anni che si è
intrapreso il sentiero della liberalizzazione del mercato elettrico, con tutta
una serie di rilevanti implicazioni di carattere economico politico,
industriale, e sociale che una scelta di tal genere nei fatti comporta.
Questo settore è molto strategico per l’evoluzione economica e sociale
che si riverbererà sul Paese proprio per l’unicità del prodotto: l’energia
elettrica.
5
Capitolo 1
1 Evoluzione del sistema elettrico scandinavo
Il settore elettrico in Scandinavia è considerato come uno tra i più
liberalizzati mercati del mondo. Il processo di liberalizzazione è iniziato in
Norvegia nel 1991 ed è stato seguito da riforme simili sia in Svezia sia in
Finlandia: caratteristica comune è stata una completa ed effettiva
deregolamentazione del settore a partire rispettivamente dal 1 gennaio 1996
per quanto riguarda il mercato svedese e dal 1 gennaio 1997 per quello
finlandese. Con la recente liberalizzazione del mercato elettrico in Svezia e
Finlandia, in aggiunta alla prima riforma del mercato norvegese, i paesi
scandinavi (la Danimarca ha seguito lentamente il processo di
liberalizzazione, ma si è gradualmente unita a loro) hanno dato adito ad
un’area interna di libero scambio. “Politicamente le riforme sono state
caratterizzate da un approccio pragmatico piuttosto che da un dibattito
ideologico. Il fatto che tutte e tre le riforme hanno lasciato i rapporti di
proprietà e la struttura organizzativa dell’industria elettrica intatta spiega
l’ampio consenso politico che si è creato attorno a questa problematica”
(Midttun, 1997)
Un carattere distintivo delle riforme attuate nei Paesi Scandinavi è
quello della loro neutralità nei confronti delle altre, riforme che
successivamente poste in essere hanno, infatti, mantenuto quel carattere
d’indipendenza che ha sempre contraddistinto i paesi nordici. All’opposto
delle riforme britanniche, quelle dei paesi nordici non hanno previsto delle
privatizzazioni poiché la proprietà delle imprese elettriche scandinave è
rimasta largamente in mano pubblica. La peculiare miscela fra proprietà
pubblica e contestuale esposizione alla concorrenza del libero mercato
riflette la tradizione pragmatica della socialdemocrazia scandinava.1
1
Midtun Atle, European Electricity System in Transition, Oxford, Elsevier, 1997
6
I tre paesi scandinavi sono stati quindi un modello di come “realizzare”
un sistema di mercato liberalizzato che ha preceduto i piani della
Commissione UE per un libero mercato europeo.Caratteristica delle riforme
scandinave è quella di essere state introdotte e implementate sia dai governi
conservatori sia socialdemocratici, ad eccezione di alcune debolezze del
governo liberale di Carl Bildt; di fatto queste riforme hanno sollevato
modeste controversie politiche.
1.1 Norvegia
La Norvegia è stata la seconda nazione, in Europa, dopo la Gran
Bretagna ad intraprendere il percorso della liberalizzazione. In Norvegia con
l’emanazione del Norwegian Energy Act del 1990 sono state gettate le basi
per la prima area internazionale di scambio sull’energia elettrica che darà
vita al Nordic Power Exchange. Con la liberalizzazione del mercato
norvegese è stato previsto che tutti i clienti potessero liberamente contrattare
la propria fornitura. La riforma norvegese all’inizio è stata gestita dalla
pubblica amministrazione con qualche critica all’interno del Ministero delle
Finanze. In particola modo si lamentava il fatto che le decisioni di
investimento e la determinazione dei prezzi prese all’interno del sistema
elettrico fossero inadeguate. La nascita della riforma norvegese è stata
ispirata da quella britannica e dalle direttive comunitarie: nel 1988 il
ministero delle finanze in collaborazione con quello dell’industria diedero
l’incarico di effettuare uno studio alla Norwegian Business School Lo studio
si concluse con la raccomandazione di costituire un sistema elettrico
decentralizzato e competitivo, di fatto, successivamente adottato dalla
riforma. Il nuovo orientamento ha implicato un completo turn over delle
autorità centrali preposte al controllo che avevano precedentemente avocato
a se una serie di compiti, passando da un’integrazione gerarchica ad un
sistema elettrico integrato verticalmente in venti società.
7
A seguito di diverse integrazioni e modifiche presentate dai diversi
governi e gruppi politici si deve chiaramente riconoscere l’apporto che
hanno dato le amministrazioni locali e le loro società elettriche. La riforma,
con i suoi limiti, ha avuto l’indubbio vantaggio di sostituire quel sistema
pianificato che drammaticamente aveva centralizzato l’industria elettrica
norvegese. Tale centralizzazione andava contro la naturale composizione del
mercato elettrico, In considerazione del fatto che la Norvegia negli anni
Novanta vantava circa 320 società elettriche tradizionalmente caratterizzate
da una politica gestionale indipendente. Un altro vantaggio che la riforma ha
determinato afferisce al sistema industriale. Inoltre i produttori industriali
scrollandosi d’addosso l’obbligo di partecipare ai monopoli locali hanno
potuto operare liberamente sui mercati all’ingrosso, riducendo in tal guisa la
tradizionale politica discriminatoria del prezzo nei confronti delle piccole e
medie industrie a beneficio delle famiglie.
Numerosi produttori hanno visto in questa riforma un’opportunità per
accrescere la loro libertà commerciale e per affrancarsi dai legami con il
potere politico. L’introduzione dell’Energy Act in Norvegia non ha previsto
fasi transitorie per una graduale e progressiva applicazione delle norme in
esso contenute: compito principale di questo provvedimento legislativo è
stato quello di riordinare il sistema elettrico norvegese, diversificando le
funzioni in esso presente ed introducendo la competizione fra alcuni settori.
L’idea alla base delle riforme norvegesi è stata quella di suddividere le
differenti funzioni produttivo-distributive del sistema elettrico in dipendenza
dell’incipiente apertura dello stesso al sistema concorrenziale. Infatti, vi è
stata una suddivisione abbastanza netta delle funzioni: la produzione e
commercializzazione sono state definite come attività che potevano essere
regolate dalla concorrenza di mercato, mentre per le funzioni di trasmissione
(affidata alla Statnett) e distribuzione, assimilate a monopoli naturali sono
state regolate da controlli amministrativi.
8
Per quanto riguarda la produzione è stata ritenuta essenziale
l’introduzione di una effettiva competizione.
Il presupposto di un effettiva concorrenza ha costretto gioco forza gli
attori del sistema elettrico a destinare produttivamente le risorse al fine di
sviluppare un efficiente comportamento organizzativo. Relativamente alla
funzioni di trasmissione e distribuzione, il compito essenziale è stato quello
di assicurare l’accesso a soggetti terzi alla rete ad ogni livello e senza
distinzione (third-party access) e di controllare l’efficienza dei monopoli
naturali. Il provvedimento legislativo ha però lasciato alcuni compiti, aventi
natura prettamente di controllo esclusivo della rete, ad un organismo
pubblico (la Statnett) detto system operator a cui sono stati affidati compiti
monopolistici quali la gestione della rete di trasmissione nazionale e delle
reti di sub-trasmissione.
Carattere distintivo del Norwegian Energy Act del 1990 è stato quello
di permettere che la liberalizzazione del mercato elettrico norvegese sia stata
attuata senza passare attraverso la privatizzazione delle aziende operanti nel
comparto. Difatti in Norvegia è rimasta largamente diffusa la proprietà
pubblica, solitamente a carattere locale (municipalizzate). Alcune
caratteristiche fondamentali delle riforme norvegesi si possono riassumere
come segue:
a) vi è stata una separazione dei sistemi di trasmissione ad alta tensione
dalla società statale pubblica Statkraft;
b) la rete nazionale adesso viene amministrata da una nuova società di
proprietà pubblica chiamata Statnett mentre la Statkraft, riorganizzata come
società orientata alla produzione e alla vendita di elettricità, è rimasta in
mani pubbliche;
c) con l’introduzione del principio dell’accesso delle parti terze
all’intera rete, sia locale che regionale o nazionale, i produttori hanno perso
9
il esclusivo diritto di fornitura per i loro clienti locali divenendo perciò
soggetti alla competizione sul prezzo2.
Dopo la riforma questo mercato è stato ulteriormente differenziato con
la creazione di altri segmenti più specifici attivi ormai da tempo (Elspot,
Elbas, Eltermin, Eloption) e da altri emergenti (contratti giornalieri da poco
istituiti e dall’Area price product, in discussione). Questi mercati sono
amministrati dal Nord Pool, la Borsa Elettrica posseduta pariteticamente
dalla Statnett (il gestore della rete norvegese) e dalla Svenska Kraftnät
(gestore della rete svedese).
Al contrario delle riforme inglesi quelle norvegesi non hanno previsto
fin dall’inizio nessuna restrizione alle diverse tipologie di clienti ammessi
alla negoziazione sul libero mercato dell’elettricità.3. Questa riforma ha
avuto il pregio di far sì che si innescasse un processo di verticalizzazione
delle fasi produttive raggruppando in unica società le attività, che vanno
dalla generazione alla vendita, con l’obbligo della separazione contabile
delle stesse. Ovviamente queste riforme hanno lasciato sul tappeto questioni
che si speravano fossero risolte, come ad esempio l’organizzazione di base
della struttura del vecchio sistema elettrico. Sono degne di nota alcune
questioni che la riforma non è riuscita a cambiare quali:
a) non vi è stata una effettiva liberalizzazione della struttura di
controllo delle società, questo di fatto implica che la maggior parte del
sistema elettrico sia in mani pubbliche;
b) non sono state modificate le modalità per le concessioni che
sfavoriscono fortemente il trasferimento della proprietà pubblica ai privati;
2
Le concessioni ai proprietari delle reti locali sono state associate con l’obbligo di connessione alla
rete nazionale e alla fornitura d’energia elettrica alla stessa, ma le concessioni non permettono loro
di praticare discriminazioni di prezzo nei confronti delle consegne d’elettricità d’altri produttori. Di
contro però le società di produzione e distribuzione non sono obbligate per il lungo periodo a fornire
le loro aree sulla base di un prezzo stabile di lungo periodo; il prezzo di vendita dell’elettricità,
determinato dalla partecipazione dei consumatori sul mercato spot per acquisti occasionali per il
lungo periodo, è stato influenzato dal fatto che gli scambi avvenivano sulla base dei principi del
libero scambio
3
In teoria una famiglia può comprare direttamente elettricità sul mercato spot sebbene, di fatto, ciò
in pratica non avviene
10
c) non è richiesta una separazione organizzativa e gestionale della rete
di distribuzione dalla produzione e dalla vendita di elettricità per quanto
riguarda le municipalizzate. Tutto ciò implica un indebolimento del controllo
nei confronti delle sovvenzioni incrociate tra il monopolio pubblico e le
attività competitive dell’industria elettrica.
d) non è stata rafforzata la struttura della NVE4 al fine di effettuare i
relativi controlli inerenti le modifiche non-competitive del mercato. Il regime
del commercio estero basato sulla concessione di licenze aventi una lunga
durata è rimasto tale, bloccando quindi una preventivata
internazionalizzazione dei commerci.
Concludendo, la riforma norvegese nonostante non ha pienamente
attuato un modello di libero scambio, ha tuttavia introdotto degli elementi
competitivi correggendo le distorsioni tariffarie presenti e orientando gli
investimenti secondo le convenienze di mercato.
Va d’altro canto sottolineato che sia la proprietà pubblica che il
mantenimento dei tradizionali rapporti politici e contrattuali per larga parte
del mercato elettrico hanno contribuito a limitare gli effetti della concorrenza
(Midttun, cit., pag.95). Ciò è stato almeno in parte controbilanciato dalla
crescente partecipazione al mercato di nuovi soggetti come i broker ed i
trader e dal comportamento di alcune società leader che hanno impresso un
nuovo e forte orientamento commerciale all’industria elettrica.
Un’ulteriore spinta all’apertura del sistema elettrico norvegese è venuta
nel 1995 con l’introduzione di nuovi regolamenti da parte delle autorità di
controllo che hanno permesso ai piccoli clienti di effettuare acquisti sulla
base di una curva di domanda standard predeterminata senza necessità di
misurare in modo continuo il prelievo in modo da abbattere i costi di misura.
(Vedi Appendice Norvegia pag. 89)
4
Essa è un’authority che ha il compito di regolare, con apposite direttive, tutti gli aspetti normativo-
gestionali del mercato elettrico
11
1.2 Svezia
Fino al 1996 in Svezia, il sistema elettrico veniva regolato
dall’Electricity Act del 1902. Questo strumento legislativo comprendeva le
più importanti norme e regole per la gestione del mercato elettrico in
generale e la distribuzione in particolare, ed aveva dato ai proprietari delle
reti locali e regionali delle concessioni monopolistiche esclusivamente legate
alla fornitura del servizio ai clienti nelle aree di loro pertinenza. Questo
monopolio veniva bilanciato dall’obbligo di fornire ad un prezzo ragionevole
l’elettricità a tutti i clienti. Nel ‘96 si è resa necessaria l’adozione di una
nuova legge che regolasse il settore elettrico, poiché erano già state gettate le
basi per un mercato deregolamentato in Norvegia. I Paesi dell’area
scandinava, ancorché divisi da un punto di vista politico ed amministrativo,
ma pur sempre appartenenti ad un’area interna di libero scambio, hanno
costituito il naturale punto di incontro per l’emanazione di una nuova legge
che regolasse questo mercato. Questa riforma assieme a quella finlandese si
sono ispirate a quella norvegese ed hanno tratto anche stimolo
dall’esperienza britannica e dalle direttive UE, rimpiazzando in entrambi i
Paesi un sistema d’economia pianificata, con una decentralizzazione
regionale dei monopoli, alimentato dall’apporto delle società statali specie
nel settore riguardante la produzione. Come per la riforma norvegese anche
quella svedese è stata sollecitata dagli apporti della pubblica
amministrazione.
La nascita della riforma svedese è stata per alcuni versi un po’
movimentata in quanto l’iniziativa di esaminare il vecchio electricity act del
1902 è stata presa nel ’90 dalla commissione nazionale energetica (State
Energy Board) al fine di iniziare un’analisi del mercato elettrico svedese ed
“orientarlo” al mercato.
Questa iniziativa si arricchì di contributi presentati nel ’91 dalla
componente politica socialdemocratica. Il processo di riforma subì una forte
spinta in avanti con l’avvento al governo nell’autunno del ’91 della
12
coalizione conservatrice, questo arrivo al governo del Paese coincise con la
presentazione di un Libro Bianco pubblicato dal ministero dell’industria
recante uno studio sul settore elettrico svedese in un contesto di mercato
competitivo. L’obiettivo di questo studio fu quello di “assicurare uno
sfruttamento più razionale della produzione e della distribuzione delle
risorse e di assicurare condizioni flessibili e minimi prezzi di fornitura ai
clienti”.
Ulteriori modifiche furono apportate nella primavera del ’94 e nel ’95,
la riforma poi come già detto entrò in vigore nel gennaio ’96. Anche in
Svezia come in Norvegia l’industria attuò la propria attività di lobbying per
la riforma del mercato elettrico. Infatti, i maggiori produttori svedesi
desideravano di mantenere la loro tradizionale collaborazione
sull’ ottimizzazione della produzione ed obiettarono sull’estensione del
mercato all’ingrosso tra i produttori stessi. Proprio su questo punto furono
efficacemente respinte queste richieste di modo che il governo per il tramite
delle raccomandazioni della Svenska adottasse la soluzione norvegese, in
altre parole orientata verso il mercato
Nel nuovo electricity act il NUTEK5 ha regolato il sistema elettrico
svedese ed ha assegnato alle società le licenze per la gestione delle reti
locali e regionali. Il commercio di elettricità all’interno del sistema svedese
all’inizio era gratuito ma con l’eccezione dei contratti di esportazione aventi
durata superiore ai sei mesi che dovevano essere notificati al gestore della
rete svedese, la Svenska Kraftnät (SVK). La riforma svedese del settore
elettrico ha camminato quasi di pari passo con quella finlandese tanto che le
due riforme hanno in comune molti elementi anche se la Svezia ha avuto
l’abilità di trovarsi al centro della regione non solo geograficamente ma
anche politicamente e quindi ha potuto sfruttare questa peculiarità. Infatti, ad
esempio per quanto riguarda la gestione del mercato spot all’inizio, la SVK è
5
E’ un organismo extra-ministeriale avente il compito di regolare il sistema elettrico. La NUTEK
ha competenze incrociate di settore ed effettua un’attività di supervisione su altri settori industriali,
ad esempio la gestione della rete a bassa tensione (130kV).
13
entrata in cooperazione con l’omologa norvegese, la Statnett, ed ha utilizzato
la borsa norvegese come trampolino di lancio per la costituzione di un
sistema nordico comune. Con la Finlandia invece ha costituito un’unica area
di scambio per quanto riguardo al mercato dei bilanciamenti (Elbas).
Il nuovo strumento legislativo, lo Swedish Electricity act ha apportato
alcune modifiche sostanziali: nella separazione del sistema di trasmissione
ad alta tensione dalla società elettrica statale la Vattenfall. La rete nazionale
è amministrata dalla SVK essa non si occupa della gestione della rete ad alta
tensione ma fa un pesante affidamento agli operatori che lavorano su basi
contrattuali specialmente la Vattenfall.
Anche in Svezia ed in Finlandia come in Norvegia queste riforme
hanno aperto l’accesso all’intera rete (nazionale, regionale e locale) a
soggetti terzi con una separazione dei compiti fra diverse società di gestione
della rete. In Svezia la rete a bassa tensione (inferiore ai 130 kV) è
amministrata dalla NUTEK. Caratteristica fondamentale della riforma
svedese è stata quella di effettuare una netta separazione, come d’altro canto
aveva fatto la Norvegia, fra la gestione della rete da un lato e la produzione e
vendita dall’altro. Le riforme svedesi e finlandesi a differenza di quella
norvegese non hanno permesso all’inizio una piena partecipazione dei
piccoli clienti (famiglie, artigiani ecc.) al mercato. In Svezia le concessioni
relative alle forniture ai piccoli clienti sono state accordate alle
municipalizzate per un periodo di tre anni; mentre in Finlandia a questa
tipologia di clienti (inferiore a 0,5 MW) è stata preclusa la possibilità di
effettuare libere negoziazioni durante i primi due anni. Entrambe le riforme,
sia quella svedese sia quella finlandese hanno ovviamente preferito seguire il
graduale approccio britannico
(Vedi Appendice Svezia a pag 106)
14
1.3 Finlandia
In Finlandia la riforma del mercato elettrico ha sostituito un’economia
pianificata, basata su un sistema applicato ad entrambi i livelli, nazionale e
regionale introdotta con una legge del 1979. Prima del ’79 la produzione e la
distribuzione non erano legalmente regolate eccetto che per gli aspetti di
sicurezza nazionale (legge del 1928). Questo sistema di economia pianificata
era basato sulla concessione di licenze per la produzione di elettricità e per la
gestione delle reti.
Il Paese era stato suddiviso in venti regioni, dove in ognuna era
presente una commissione regionale per la gestione dell’offerta d’elettricità
rappresentativa dei distributori, grossisti e produttori. La riforma finlandese
fu caratterizzata da modeste controversie politiche circa la necessità di
adottare un nuovo modello di mercato elettrico.
Possiamo far risalire al 1990 la data in cui si iniziò ad affrontare la
questione, ma fu soltanto nel ’92 che il governo segnalò la necessità di una
revisione dell’impianto legislativo relativo al mercato elettrico domestico. La
proposta di legge presentata nel 1994 fu approvata nella primavera del 1995
divenendo operativa nella metà dell’anno stesso. L’unica questione che
interessò maggiormente il Parlamento nella discussione della legge fu quella
inerente il sistema di sicurezza dei piccoli consumatori e di come la riforma
doveva regolare la fornitura di elettricità in questi distretti. Quantunque la
riforma non innescò molti problemi all’interno del Parlamento, scaturì fra i
consumatori da un lato e i produttori dall’altro la questione su come
implementare il sistema elettrico. L’industria elettrica finlandese premeva
per uno slittamento di due anni circa il potenziamento della rete.
Quest’attività di lobbying produsse i suoi effetti che si concretizzarono
nell’effettivo slittamento dei termini relativi all’implementazione del
sistema.
15
I produttori nazionali e i responsabili dello sviluppo della rete ad alta
tensione riportavano direttamente al ministro dell’industria, il quale fungeva
anche da coordinatore dei piani regionali. Le società elettriche operanti sul
mercato con delle concessione rilasciate dal ministero dell’industria erano
obbligate ad erogare il servizio nella propria area di distribuzione; le licenze
d’importazione, invece, erano rilasciate dal governo e soltanto alle due
principali società gestori della rete finlandese, la statale Imatran Voinan Oy
(IVO) e la Teollisuuden Voimansiirto Oy (TVO). Soltanto queste due società
possedevano i diritti di importazione ad eccezione di distributori locali situati
nelle aree di confine ai quali venivano rilasciati detti permessi per scopi
locali. A seguito dell’introduzione delle riforme svedesi e finlandesi, la
determinazione del prezzo dei servizi di rete nell’intero sistema nordico è
basata su tariffe differenziate in base al livello di tensione di consegna, ma
non alla localizzazione. Ciò implica che i clienti si trovano di fronte a tariffe
per ciascun livello di rete.
Questo sistema viene utilizzato nella sua forma semplice in Norvegia e
con qualche modifica in Svezia, dove è stata praticata una differenziazione
geografica del Paese implicante il fatto che i produttori si trovano di fronte
tariffe relativamente elevate al nord e ridotte al sud. La Finlandia ha adottato
il modello di tariffazione norvegese senza differenziazione geografica, ciò ha
causato dei conflitti tra il governo e i piccoli produttori da un lato e la TVS e
la IVS dall’altro in merito al fatto che queste ultime hanno cercato di
prendere le distanze dalle clausole regolanti il sistema tariffario. Le riforme
hanno demandato la responsabilità del sistema ai gestori della rete (Statnett
in Norvegia e Svenska Kraftnät in Svezia), ma il bilanciamento di breve
periodo è legato piuttosto a differenti criteri. In Norvegia la Statnett gestisce
il servizio del bilanciamento attraverso un sistema d’asta competitiva nel
cosiddetto mercato per la regolazione; in Svezia la SVK gestisce il
bilanciamento attraverso istruzioni a speciali produttori designati sulla base
16
di un accordo contrattuale. L’IVO in Finlandia è il responsabile del
bilanciamento per il breve periodo anche se la posizione dominante nel
mercato finlandese non permette la presenza di un mercato per la regolazione
dell’elettricità. In Finlandia, come in Svezia e in Norvegia, la responsabilità
del sistema è demandata alle società nazionali di gestione della rete che
svolgono il ruolo di “system operator”.
(Vedi Appendice Finlandia a pag 128)