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CAPITOLO 1
LE PREMESSE BIBLICHE DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI.
1.1 La malattia e la guarigione nella Storia della salvezza.
La malattia e la guarigione sono due realtà da sempre presenti nella vita
dell’uomo; in maniera particolare esse hanno sempre dato origine a
domande e teorie circa la loro provenienza. Anche nella Sacra Scrittura
queste due realtà sono state analizzate a partire dai libri della Legge fino
alla venuta di Gesù che fissa il pensiero biblico e quello successivo.
1.1.1 La malattia nell’Antico Testamento.
Per fare un’analisi della malattia nell’Antico Testamento dobbiamo
analizzare attentamente i Salmi e il libro di Giobbe, dando uno sguardo
anche ai libri sapienziali e ai libri storici.
Proprio il Salmo 88 ci introduce nella visione della malattia per il
popolo ebraico: «Perché, Signore, mi respingi, perché mi nascondi il tuo
volto? Sono infelice e morente dall’infanzia, sono sfinito, oppresso dai tuoi
terrori. Sopra di me è passata la tua ira, i tuoi spaventi mi hanno
10
annientato»
1
. Il malato sembra quasi irritato nei confronti di Dio, causa del
male inflittogli. Nel Salmo 73 troviamo, invece, la speranza nella
guarigione che non arriva, trasformata in sconcerto per il mancato
intervento di Dio: «Invano dunque ho conservato puro il mio cuore»
2
.
Questi salmi mostrano la dottrina della retribuzione presente nella
mentalità ebraica nel periodo che va dall’ XI secolo a.C. : Dio premia la
fedeltà e punisce i peccati; questo è il cardine della religione ebraica.
Il centro del problema della malattia sta nella condotta di vita
dell’uomo che ha causato una reazione negativa da parte di Dio. La malattia
è, quindi, un prezzo da pagare per i peccati commessi dal malato o,
addirittura, dai suoi familiari. Questa concezione della malattia trova
conforto nei passi che seguono: «Chi viene a visitarmi, dice il falso, il suo
cuore accumula malizia e uscito fuori sparla. Contro di me sussurrano
insieme i miei nemici, contro di me pensano il male»
3
.
«Sono divenuto il disgusto dei miei vicini, l’orrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge»
4
.
Partendo dall’analisi di alcuni passi del Levitico e del Deuteronomio,
fino a giungere a Giobbe, si nota una progressione sulla concezione della
malattia.
1
Sal 88, 15 – 17.
2
Sal 73, 13.
3
Sal 41, 7 – 8.
4
Sal 31, 12
11
Nel Levitico leggiamo: «Ma se non mi ascolterete e se non metterete in
pratica tutti questi comandi, se disprezzerete le mie leggi e rigetterete le mie
prescrizioni, non mettendo in pratica tutti i miei comandi e infrangendo la
mia alleanza, ecco che cosa farò a mia volta; manderò contro di voi il
terrore, la consunzione e la febbre, che vi faranno languire gli occhi e vi
consumeranno la vita. Seminerete invano il vostro seme, se lo mangeranno i
vostri nemici»
5
.
Ancora più sconcertante è ciò che si legge nel Deuteronomio: «Ma se
non obbedirai alla voce del Signore tuo Dio, se non cercherai di eseguire
tutti i suoi comandi e tutte le sue leggi che oggi io ti prescrivo, verranno su
di te e ti raggiungeranno tutte queste maledizioni; sarai maledetto nella città
e maledetto nella campagna. Maledette saranno le tue ceste e la tua madia.
Maledetto sarà il frutto del tuo seno e il frutto del tuo suolo; maledetti i parti
delle tue vacche e i nati dalle tue pecore. Maledetto sarai quando entri e
maledetto quando esci. Il signore lancerà contro di te la maledizione, la
costernazione e la minaccia in ogni lavoro a cui metterai mano, finché tu sia
distrutto e perisca rapidamente a causa delle tue azioni malvagie per avermi
abbandonato. Il Signore ti farà attaccare la peste, finché essa non ti abbia
eliminato dal paese, di cui stai per entrare e prender possesso. Il Signore ti
colpirà con la consunzione, con la febbre, con l’infiammazione, con
l’arsura, con la siccità, il carbonchio e la ruggine, che ti perseguiteranno
5
Lv 26, 14 – 16.
12
finché tu non sia perito»
6
. Sembra certo che il peccatore e la malattia siano
in relazione e che il giusto non debba temere nulla; eppure analizzando il
libro di Giobbe ci ritroviamo in una situazione che nella mentalità ebraica
spiazza il lettore.
L’autore del libro è sconosciuto e l’ambientazione storica è atemporale,
in quanto non c’è nessun elemento utile a fornire collegamenti con
personaggi o fatti conosciuti. Inoltre Giobbe non è ebreo, così come i suoi
amici; eppure essi spiegano e commentano le idee e le concezioni degli
ebrei pur essendo distinti dal contesto dell’alleanza sinaitica. L’unico dato
che traspare è l’ambientazione geografica che, come detto in precedenza, si
situa al di fuori della terra di Israele.
I protagonisti del racconto non sono, quindi, ebrei, ma sia Giobbe che i
tre amici, provenienti da diverse regioni dell’Arabia, conoscono JHWH
(così chiamato da Giobbe) e le teorie tradizionali della religione ebraica (i
tre amici di Giobbe ne sono i sostenitori).
In definitiva, il testo si preoccupa di rispondere ad una questione
alquanto spinosa per gli ebrei: “Può la punizione della malattia non essere
conseguenza del male fatto?”; o, detto in termini più vicini alla mentalità
ebraica: “Dio punisce i giusti con malattie e sofferenze?”
6
Dt 28, 15 – 22. Il testo prosegue con le maledizioni che Dio manda a chi non osserva la
sua parola, maledizioni che mostrano una virulenta azione vendicativa.
13
La fede di Israele, rappresentata nel libro dai tre amici, mostra senza
dubbio che il peccato è l’unica causa che porta alla malattia e la teoria di
Giobbe, secondo cui Dio dispone degli uomini come vuole, viene intesa
come offensiva.
Giobbe afferma: «Egli, come in una tempesta mi schiaccia, moltiplica
le mie piaghe senza ragione, non mi lascia riprendere il fiato, anzi mi sazia
di amarezze. Se si tratta di forza, è lui che dà vigore; se di giustizia chi
potrà citarlo? Se avessi ragione, il mio parlare mi condannerebbe; se fossi
innocente, egli proverebbe che io sono reo»
7
.
A queste parole di Giobbe, i tre amici si sentono offesi, poiché Dio, che
è Giustizia, non può commettere ingiustizie, così come afferma Elifaz:
«Quale interesse ne viene all’Onnipotente che tu sia giusto o che vantaggio
ha, se tieni una condotta integra? Forse per la tua pietà ti punisce e ti
convoca in giudizio? O non piuttosto per la tua grande malvagità e per la
tua iniquità senza limite?»
8
.
Questo equilibro tra le due tesi proposte da Giobbe e dai suoi amici non
si spezza fino al capitolo trentadue e all’ingresso di un nuovo personaggio
che propone un’idea nuova che, se anche non propone una risposta
definitiva al problema, apre la via a un’ipotesi che verrà ribadita
dall’intervento diretto di Dio.
7
Gb 9, 17 – 20.
8
Gb 22, 3 – 5.
14
Eliu, questo il nome del nuovo personaggio, rimprovera i tre amici e
Giobbe: i primi per non aver dato una risposta a Giobbe nonostante la loro
sapienza proveniente dalla loro età; Giobbe perché ha accusato Dio di
essere insensibile alle vicende umane. Parlando di Dio, Eliu afferma: «Ma
egli libera il povero con l’afflizione, gli apre l’udito con la sventura. Anche
te intende sottrarre dalla gola dell’angustia: avrai in cambio un luogo
ampio, non ristretto e la tua tavola sarà colma di vivande grasse»
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.
A questo punto interviene Dio in prima persona che interroga Giobbe:
«Il Signore riprese e disse a Giobbe: Il censore vorrà ancora contendere con
l'Onnipotente? L'accusatore di Dio risponda! Giobbe rivolto al Signore
disse: Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere? Mi metto la mano
sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non replicherò, ho parlato due volte,
ma non continuerò»
10
. In ben quattro capitolo (dal capitolo trentotto al
capitolo quarantuno) Dio mostra la sua grandezza e l’impotenza di tutto il
creato davanti a Lui. Dopo questo grande discorso di Dio, Giobbe può
solamente rispondere: « Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è
impossibile per te. Chi è colui che, senza aver scienza, può oscurare il tuo
consiglio? Ho esposto dunque senza discernimento cose troppo superiori a
me, che io non comprendo»
11
.
9
Gb 36, 15 – 16.
10
Gb 40, 1 – 5.
11
Gb 42, 1 – 3.
15
Il libro si chiude con un rimprovero di Dio ai tre amici e
conseguentemente con la condanna delle idee da loro sostenute: «Dopo che
il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz il Tamanita:
La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non
avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. Prendete dunque
sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in
olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinché io, per
riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me
cose rette come il mio servo Giobbe»
12
. Giobbe viene, quindi, riabilitato da
Dio e riceve il premio per la sua fedeltà.
In definitiva, la risposta al quesito posto da Giobbe, cioè se la malattia è
anche per i giusti, non viene trovata. L’autore del libro suggerisce una
teoria: anche la malattia del giusto ha un senso nel piano di Dio che rimane,
però, incomprensibile alla mente dell’uomo; la malattia è legata alla
condizione umana e non ha nulla a che vedere con le colpe personali
specifiche.
La sofferenza e la malattia hanno valore quando vengono affrontate con
fede in Dio; infatti, la malattia può portare ad un premio ben più grande del
dolore patito.
Importante novità del testo è la concezione del male che comincia ad
essere attribuito a Satana: non è Dio che invia piaghe e malattie, ma un
12
Gb 42, 7 – 8.
16
angelo della sua corte celeste chiamato “l’accusatore”. Il cambiamento di
prospettiva si nota analizzando altri passi presenti nel secondo libro di
Samuele e nel primo libro delle Cronache.
Nel libro di Samuele troviamo scritto: « La collera del Signore si accese
di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo in questo modo: Su
fa il censimento d’ Israele e di Giuda»”
13
. In questo versetto Dio muove
ogni cambiamento emotivo dell’uomo, compresi quelli negativi.
Nel primo libro delle Cronache si afferma: «Satana insorse contro
Israele. Egli spinse Davide a censire gli Israeliti»
14
. La differenza tra i due
testi risulta evidente e, probabilmente, la spiegazione si ritrova
nell’evoluzione del pensiero giudaico: il male non può venire da Dio che,
tuttavia, lo permette per forgiare la fede dei giusti; Satana, presente
nell’Antico Testamento solo tre volte con il suo nome proprio, è colui che
causa il male e induce l’uomo a causare la sofferenza. La presenza di
Satana risale, come già detto, a testi alquanto recenti, quali il libro delle
Cronache e in Zaccaria: «Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè,
ritto davanti all’angelo del Signore, e Satana era alla sua destra per
accusarlo»
15
.
13
2Sam 24, 1.
14
1Cr 21, 1.
15
Zc 3, 1.
17
La progressione sulla provenienza della sofferenza e della malattia per i
giusti, si cristallizza con i testi di Maccabei e Sapienza fino al Nuovo
Testamento dove Gesù offrirà una risposta non più teorica, ma reale.
Nel libro della Sapienza leggiamo: «Le anime dei giusti, invece, sono
nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve
che morissero; la loro fine ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una
rovina, ma essi sono nella pace»
16
.
Nel libro dei Maccabei, uno dei testi più recenti, troviamo scritto:
«Allora molti che ricercavano la giustizia e il diritto scesero per dimorare
nel deserto con i loro figli, le loro mogli e i greggi, perché si erano
addensati i mali sopra di essi»
17
.
In conclusione, possiamo affermare che l’elaborazione del concetto di
malattia ha subito, nell’ambiente ebraico, una modifica progressiva:
dall’azione vendicatrice di Dio che castiga i peccati ad una presenza
inevitabile di un male che è solo permesso da Dio, ma che porta i suoi frutti
in un futuro prossimo.
16
Sap 3, 1 – 3.
17
1Mac 2, 29 – 30.
18
1.1.2 La guarigione nell’Antico Testamento.
Dopo aver scrutato l’orizzonte della malattia nella visione israelitica
attraverso i testi dell’Antico Testamento, non possiamo che giungere,
attraverso lo stesso percorso, alla componente complementare della
malattia: la guarigione.
Se la malattia risulta essere, comunque, vincolata ad una dimensione
trascendente, sembra ovvio che anche la medicina deve essere sacra e il
guaritore per eccellenza dovrà essere Dio. «Venite, ritorniamo al Signore:
egli ci ha straziato ed egli ci ridarà la vita e il terzo giorno ci farà
rialzare»
18
.
Analizzando i salmi, notiamo che essi sono spesso attraversati da
suppliche di sofferenti che pongono la loro fiducia nel Dio guaritore:
«Signore, Dio mio, a te ho gridato e tu mi hai guarito»
19
. Il concetto di
guarigione, così come quello della malattia, appare legato alla teoria della
retribuzione che, come già accennato, ha come protagonista Dio che
punisce o premia l’uomo a seconda del suo comportamento.
Nel contesto della guarigione che viene da Dio, significativa è la
centralità del tempio, il luogo nel quale la folla di malati deve radunarsi per
implorare la salvezza, come è attestato nella parole di Dio che, in risposta
18
Os 6, 1 – 2.
19
Sal, 30, 3 – 4.
19
alla preghiera di Salomone per la consacrazione del tempio, afferma: «Ho
ascoltato la tua preghiera … se il mio popolo, sul quale è stato invocato il
mio nome, si umilierà, pregerà e ricercherà il mio volto, perdonerò il suo
peccato e risanerò il suo paese»
20
.
Proprio perché la malattia è connessa alla colpa, Dio che assolve
diventa, di conseguenza, un Dio guaritore che, assolvendo l’uomo e
rimettendogli il peccato, gli offre anche la guarigione.
Il Salmo 41 ci mostra questo stretto legame tra perdono del peccato
commesso e guarigione: «Pietà di me, Signore, risanami, contro di te ho
peccato!»
21
. L’implorazione ed il perdono, la confessione della colpa, la
certezza della liberazione dal male sono, in questo salmo, segni evidenti
della concezione del Dio confessore e guaritore.
Un testo che può evidenziare in maniera abbastanza chiara questo
pensiero è il capitolo 15 dell’Esodo: «In quel luogo il Signore impose al
popolo una legge e un diritto; in quel luogo lo mise alla prova. Disse: Se tu
ascolterai la voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se
tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non ti
infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli egiziani, perché Io
Sono il Signore, colui che ti guarisce»
22
.
20
2 Cr 7, 12 – 13.
21
Sal 41, 5.
22
Es, 15, 25b – 26.