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Introduzione
Il nostro lavoro nasce dall’intento di approfondire il tema del Doppio ed, in
particolar modo, delle sue evoluzioni rappresentative ed interpretative prodottesi
nel tempo attraverso i contribuiti apportati dai diversi approcci e dalle diverse
teorie, e rivisitati dal vertice junghiano.
Nel portare avanti tale analisi, abbiamo scelto di operare secondo una prospettiva
psico-antropologica, che ci consentisse di osservare il continuo divenire, da un
lato, e il perpetuo ritorno dell’uguale, dall’altro, delle rappresentazioni e delle
teorizzazioni di questo tanto affascinante, quanto vasto argomento. Ci siamo
proposti di guardare agli innumerevoli contributi sul Doppio in un’ottica che
cercasse di coglierne sia le trasformazioni sia gli elementi tradizionalmente
presenti e nella loro evoluzione sincronica e nella loro costanza diacronica.
Proprio in virtù di tali osservazioni, abbiamo ritenuto opportuno snodare il nostro
lavoro lungo tre sezioni principali, che, partendo da un’analisi semantico-estetica
sui valori e sui significati storico-culturali e psico-antropologici del mito e della
mitologia –ponendo attenzione, soprattutto nella prima parte al mondo e alla
cultura greca–, si è progressivamente addentrato nel se-duttivo mondo del Doppio,
con l’intenzione di “guardarlo” nella sua complessità, pur tuttavia non
rinunciando ad evidenziarne il quasi “fisiologico” filo conduttore che lo attraversa
trans-temporalmente e trans-culturalmente.
Ci teniamo a sottolineare che evidenziare le differenze tra prospettive non ha
voluto significare alzare barriere e steccati teorici, ma, anzi, consci del fatto che le
teorie altro non sono che possibili interpretazioni epistemologiche della realtà, ne
abbiamo voluto mettere in risalto i singoli ed importanti contributi che esse hanno
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offerto e continuano ad offrire a coloro che, come noi, vogliono provare ad
accostarsi a questo “mitico” Doppio.
Il Doppio tra strumento di individuazione e slatentizzazione del narcisismo
distruttivo.
Il Doppio come altro in me, ovvero il Doppio come specchio che mi spinge a
guardare oltre, ad allontanarmi dalle parti di me più note e conosciute; il Doppio
come elemento perturbante capace di attivare in me un percorso di
“estraniazione”, a volte doloroso, ma pur sempre necessario per far emergere
quelle parti nascoste o “sopite”, quelle potenzialità inespresse del Sé, così da
avvicinare l’individuo alla sintesi armoniosa di elementi opposti (e talvolta
conflittuali) della propria personalità.
Ma anche il Doppio come altro da me, il Doppio come emblema della natura
relazionale dell’individuo, il quale non può mai diventare tale se non ha a sua
disposizione, fin dai primissimi momenti di vita, un altro nel quale specchiarsi,
nel quale e grazie al quale, nel corso del tempo, riconoscersi.
Il Doppio emerge, dunque, nella sua natura complessa ed articolata come
strumento di conoscenza dell’Altro, del diverso da sé che non si trova solo al di
fuori della propria individualità, ma anche nella propria personalità.
Il Doppio come strumento di riflessione per conoscersi, ri-conoscersi,
raggiungersi, trovarsi, ritrovarsi, tuttavia a condizione di dividersi, di separasi, di
distaccarsi dalla parte conosciuta di sé per potersi guardare dell’esterno o da una
nuova prospettiva interna, di riflettersi negli e guardarsi attraverso gli occhi
dell’altro.
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Il Doppio c’è, anche laddove vogliamo negarlo o combatterlo: anzi, quanto più
cerchiamo di allontanarlo, tanto più egli si presenterà prorompentemente dinnanzi
a noi, nei nostri sogni, nei nostri sintomi, negli occhi delle persone cui siamo più
legati, nel transfert che guida le nostre dinamiche relazionali…
Il mito del Doppio risulta quindi intimamente legato alla dimensione dell’alterità,
da un lato, e dell’identico, dall’altro. Già Platone, nel quinto secolo a. C., aveva
intuito che, se è vero che la categoria dell’Altro va definita in opposizione
all’Identico, è pur vero che tale individuazione dell’Identico può avvenire solo in
rapporto con l’Altro; poiché, laddove l’Identico rimanga chiuso
autoreferenzialmente in sé, non ci sarà possibilità alcuna di pensiero.
Tra l’individuo e le diverse dimensioni dell’Altro si realizza un reciproco gioco di
rispecchiamenti in cui colui che guarda è intrinsecamente inseparabile da colui
che viene visto (e viceversa), in cui si instaura un legame per cui al sentimento
dell’esser due si affianca e si mescola quello dell’unità e dell’inscindibilità.
Nella parte iniziale del nostro studio ci siamo serviti dei contributi di alcuni tra i
più insigni studiosi di mitologia del Ventesimo secolo, da Campbell a Vernant, da
Kirk a Brelich, da Buxton a Kerényi, allo scopo di dimostrare come il mito, in
apparenza semplice racconto narrativo, in realtà sia una “creazione” prettamente
antropologica, impossibile da ritrovare in altre specie viventi, nella quale l’uomo
proietta, identificandosi, il proprio mondo interno: il racconto mitologico è molto
più di una semplice narrazione, il mito attira, il mito se-duce (anche nella opposta
modalità difensiva dell’evitamento e della non credenza) poiché, oltre alla
tradizionale funzione socio-pedagogica, riesce a “con-tattare” le potenzialità
spirituali dell’ántrōpos, i “punti nevralgici” dell’anima, abbattendo le barriere del
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tempo, facendoci sentire vivi e facendoci vivificare a tutt’oggi culture lontane nel
tempo e nelle tradizioni, (Campbell J., 1988).
Volendo evitare una visione panpsichistica, abbiamo ritenuto opportuno
approfondire anche il contesto storico-culturale della Grecia Antica, in modo tale
che emergessero, oltre ai costrutti antropologici, anche gli specifici connotati
dell’epoca e gli specifici contenuti mitologici di quel mondo.
Dopo aver ridefinito questa cornice e dopo aver cercato di creare un humus su cui
far poggiare più saldamente le nostre riflessioni, abbiamo dato inizio al nostro
viaggio lungo i sentieri tracciati dalle molteplici rappresentazioni del Doppio.
Servendoci degli studi sul sýzygos, abbiamo avuto modo di osservare come dietro
quest’icona mitologica si nasconda una duplice anima, talvolta sdoppiata al punto
da far germinare, da essa, due “anime”: il Doppio, da un lato, è visto come un
elemento positivo di crescita, di scoperta, di autoaffermazione del Sé, come un
fedele compagno di viaggio, che aiuta, incoraggia, sostiene; dall’altro, il Doppio
ci appare nella sua veste di avversario terrificante, di sosia portatore di tutti gli
aspetti più destabilizzanti della psiche.
Dall’analisi della dimensione antropologico-culturale del Doppio abbiamo cercato
di estrapolare alcune costanti archetipiche, le quali hanno permesso di agganciarci
alle riletture psicoanalitiche e psico-relazionali di tale mito.
Passando in esame i contributi di alcuni tra i più insigni psicoanalisti (da Rank a
Freud, da Lacan a Winnicott), abbiamo avuto modo di osservare non solo come
tutti questi psicoanalisti ritengano centrale la dimensione del Doppio nella
formazione della personalità, ma anche come con il progredire degli studi
sull’evoluzione della personalità, sia gradualmente mutata la visione negativa e
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perturbante del Doppio a favore di una visione che ne esalta le valenze positive
nel processo di strutturazione, di costruzione e ridefinizione continua del proprio
Sé, al punto tale che, laddove manca la possibilità del rimirarsi, il soggetto rischia
di virare verso la dimensione psicotica.
CAPITOLO 1
Dell’immortalità del mŷthos. Della contestualità del mŷthos.
Principali questioni teorico-psico-antropologiche dal mondo greco alle
“interpretazioni” odierne
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Capitolo 1
Dell’immortalità del mŷthos. Della contestualità del mŷthos.
Principali questioni teorico-psico-antropologiche dal mondo greco alle
“interpretazioni” odierne
1.1. Riferendoci al mito…
Quando si parla di mito, si aprono ai nostri occhi mondi infiniti, innumerevoli
immagini, storie e racconti straordinari che risuonano dentro.
Miti: semplici narrazioni tramandate attraverso la tradizione? Eccezionali produzioni
culturali e letterarie oppure qualcosa di più, di diverso? «La mitologia è una carta
stradale interiore dell’esperienza, disegnata dalla gente che vi ci ha viaggiato […] I
miti rivelano ciò che gli esseri umani hanno in comune. I miti narrano la nostra
ricerca, attraverso i secoli, della verità, del senso e del significato». È con simili
riflessioni che Billy Moyers (1988) si accosta al mito e a ciò che su di esso ha
appreso, grazie anche al contributo di Joseph Campbell, uno tra più importanti
studiosi di mitologia del ventesimo secolo.
Forse sta proprio in questo la “grandezza” del mito: esso ci aiuta ad entrare in
contatto diretto con l’esperienza dell’esser vivi.
«I miti non sono i sogni di un altro popolo, sono i sogni del mondo, sogni archetipici
che riflettono i grandi problemi dell’uomo […] I miti sono metafore delle
potenzialità spirituali dell’uomo» (Campbell J., 1988). E forse oggi, in un mondo
ormai troppo incapace di lasciarsi attraversare da messaggi che, narrando l’anima
dell’uomo, superino le barriere del tempo e ci facciano sentire vivi, è ancora più
importante parlare di mito, poiché «Il mito ti fa vedere la vita come una poesia»; il
mito parla «un linguaggio che non è fatto di parole, ma di azioni che rimandano alla
dimensione del trascendente racchiuso nelle azioni compiute nel qui e ora, in modo
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tale che tu ti senta sempre in accordo con l’essere universale», (Campbell J.,
ibidem)
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.
Tanto contestuale, quanto immortale, il mito ancora oggi irrompe nella nostra vita e
ci invita a conoscerlo e a riconoscerlo.
Ed è proprio da una delle civiltà che ha saputo meglio cogliere l’essenza dei miti, ed
attraversarne le continue metamorfosi, che vuole cominciare il nostro viaggio, il cui
percorso propone uno studio in chiave psico-antropologica sul mito del Doppio e
sulle possibilità che esso ci fornisce di riconoscere le “parti altre” del Sé.
Il nostro viaggio ha inizio nella lontana civiltà greca; tale scelta è motivata da almeno
due ragioni: innanzitutto da motivi di natura culturale -crediamo sia superfluo
spendere ulteriori parole per ricordare la vicinanza e l’influenza culturale di quel
mondo nella nostra civiltà-; in secondo luogo perché è proprio al mondo mitologico
della Grecia Antica che alcuni tra i più grandi “studiosi della Anima” si sono rifatti
nel tentativo di spiegare alcuni tra i più importanti meccanismi di funzionamento
psichico (a partire dal Freud del “Complesso edipico” fino ai più recenti contributi
della psicologia analitica)
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.
Prima ancora però di raggiungere il cuore della nostra dissertazione, riteniamo
opportuno esporre alcune questioni di carattere teorico sullo studio “scientifico” dei
miti e della mitologia, così da rendere più chiara la nostra prospettiva d’analisi del
mito del Doppio.
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Per «trascendente» Campbell intende propriamente «ciò che è al di là di tutti i concetti» e che
oltrepassa pertanto ogni categoria di pensiero. Si veda Campbell J. (1990) , “Il potere del mito”,
Guanda, Parma.
2
Scrive Hillman (1972): «Quando la visione dominante che tiene assieme un periodo della cultura si
incrina, la coscienza regredisce in contenitori più antichi, cercando fonti di sopravvivenza che offrano
anche fonti di rinascita. […] Ma guardar indietro rende possibile andare avanti, perché il guardar
indietro ravviva la fantasia dell’archetipo del fanciullo, fons et origo, il quale è sia il momento
dell’inerme debolezza sia il dischiudersi futuro».