7
Introduzione
Durante il XX secolo con i mercati prossimi alla saturazione, la spinta
verso l’internazionalizzazione assume sempre più rilevo; infatti, gli
imprenditori sfruttando la crescente liberalizzazione dei mercati hanno la
possibilità di accedere a nuove opportunità di business all’estero.
In linea con questa esigenza numerosi studiosi hanno cercato di
comprendere, spiegare le strategie e le tecniche, ma soprattutto le
conseguenze di tale processo.
Infatti, l’espansione estera comporta riflessi non indifferenti
sull’organizzazione aziendale, sulle politiche aziendali, sulle conoscenze
aziendali e sulle perfomance.
Vari studi supportati da analisi empiriche hanno creato modelli validi per
comprendere tali tematiche, con vantaggi e svantaggi connessi ai vari
comportamenti aziendali in fase di espansione.
Emerge chiaramente che lo studio del processo di internazionalizzazione è
molto complesso; inoltre le varie ricerche hanno avuto per oggetto
campioni molto differenti in termini di localizzazione geografica e
dimensione.
Per tali motivi ad oggi non vi è una teoria ben definita che racchiuda
l’insieme delle precedenti; ma vi è una sorta di rappresentazione di varie
casistiche di successo.
Questa tesi ha l’obiettivo di condurre una breve analisi empirica sulle
imprese italiane manifatturiere quotate riguardo le scelte di
internazionalizzazione e il loro legame con la performance; il campione
ricopre il quadriennio 2006-2009.
Inizialmente si illustrano con una breve fase di introduzione teorica le
maggiori teorie ad oggi riconosciute in letteratura; in seguito si mettono in
oggetto di analisi alcune ipotesi rilevanti per il campione in oggetto.
Quindi dopo aver introdotto in modo descrittivo il campione e la sua
evoluzione nel tempo, si procederà alla ricerca e verifica di relazioni tra
8
perfomance ed internazionalizzazione che spieghino le ipotesi oggetto di
analisi.
Obiettivo è comprendere il quadro di espansione delle imprese italiane
manifatturiere e capire quali siano le scelte o condizioni migliori per
espandersi senza perdere di vista la performance e l’efficienza aziendale.
9
CAPITOLO UNO
Internazionalizzazione: ragioni, modalità e
impatto sui risultati aziendali
1.1 Teoria sull’internazionalizzazione
La forte spinta all’integrazione reale e finanziaria delle economie mondiali
ha reso la localizzazione di attività produttive e commerciali, sui mercati
esteri un aspetto centrale nelle strategie di ogni impresa.
Il commercio internazionale sta assumendo ruolo ormai predominante con
forte interdipendenza commerciale e produttiva tra paesi. Spinte cruciali
per il processo di internazionalizzazione delle imprese derivano soprattutto
dalla liberalizzazione dei mercati nonché la diversa di disponibilità di
risorse dei singoli paesi. Tra i principali fattori che spingono le imprese a
un maggiore coinvolgimento internazionale, abbiamo sicuramente la
tendenza continua verso un maggior sviluppo economico, la ripartizione
del rischio fra più ambienti economici e politici, fattori di tipo culturale e la
ricerca di continui vantaggi competitivi.
L’espansione internazionale può essere vista sia come una scelta
improvvisa oppure come il frutto di un cammino incrementale intrapreso
man mano che l’impresa migliora la conoscenza del paese e mercato
oggetto di osservazione.
Infatti, le imprese che crescono all’estero godono di qualche tipo di
vantaggio monopolistico che consente loro di esercitare un potere di
mercato e dunque di conseguire extra-profitti.
Tale vantaggio monopolistico può derivare dal possesso esclusivo di
risorse, tecnologie di processo, prodotti, marchi, goodwill, etc.
Esso può risultare duraturo nel tempo o esaurirsi dopo un certo periodo;
tuttavia permette all’azienda di aprirsi a nuovi orizzonti ed espandersi a
livello internazionale ma anche di crescere e differenziarsi a livello
nazionale.
10
L’internazionalizzazione è un processo che può richiedere in analisi
variabili a tre livelli: macroeconomico (tendenze generali economia
nazionale e internazionale); mesoeconomico (interazione tra le imprese e
il settore di riferimento); microeconomico (che si concentra sulla crescita
internazionale delle imprese).
Il processo di internazionalizzazione è da molto tempo oggetto di dibattito
con il susseguirsi di numerosi modelli teorici interpretativi delle strategie
di espansione delle imprese; è anche chiaro che l’uso di specifiche teorie
riflette i problemi che si vogliono affrontare e le domande che vengono
poste, quali il commercio, la localizzazione, l’organizzazione, l’innovazione
e il movimento dei capitali.
Due temi su cui varie teorie riflettono sono il processo di
internazionalizzazione e la scelta di localizzazione.
Il vero e proprio studio del processo di internazionalizzazione delle
imprese nasce nel 1960 per opera di Hymer; infatti, mentre prima
l’attenzione sul fenomeno era posta a livello di nazione Hymer mette al
centro dell’attenzione l’impresa.
Egli elaborò una teoria basata sulla constatazione che l’impresa che si
insedia in un paese estero è soggetta agli svantaggi connessi alla
cosiddetta “liability of foreignness” ovvero il dover affrontare difficoltà di
insediamento legate alla lingua, le leggi, la cultura, la società locale quindi
adattarsi al contesto economico locale.
Il superamento di tali difficoltà può portare costi notevoli e soprattutto
tempistiche lunghe.
Questo modello mette al centro dell’attenzione l’impresa perché in una
prima fase l’impresa cresce a livello nazionale attraverso un processo di
concentrazione che le consente di ottenere profitti sempre maggiori.
In una seconda fase l’elevato profitto derivante dal grado di monopolio
raggiunto è utilizzabile per investimenti all’estero, aventi come obiettivo
quello di estendere il processo di crescita.
11
I fattori che consentono di superare i naturali svantaggi che caratterizzano
l’operare di un’impresa all’estero rispetto ai concorrenti nazionali sono
l’innovatività di prodotto, il possesso di un marchio, di skills specialistici, la
capacità di raccogliere capitali, le economie di scala, le economie di
integrazione verticale, etc.
Posta l’esistenza di tali vantaggi, l’impresa sceglierà la via delle
esportazioni o quella della produzione in loco secondo le condizioni del
mercato in cui essa si trova ad operare.
Generalmente il vantaggio che un’impresa gode in una nazione straniera è
inferiore rispetto a quello di cui gode nel proprio mercato locale proprio in
funzione delle barriere sopra descritte; può però manifestarsi anche
l’effetto contrario. Questa incertezza è causa dell’internazionalizzazione
delle imprese; ciò fa seguito al concetto che la distribuzione dei vantaggi e
delle risorse sia differente tra le varie nazioni e a volte molto sbilanciato
(Cina, India, Brasile).
L’espansione dell’impresa all’estero non è dunque per Hymer altro che un
momento del processo di sviluppo dell’impresa, in senso geografico e
secondo sentieri di crescita sia orizzontali che verticali.
A seguito degli studi di Hymer presero forza altre teorie non meno
importanti e perfezionate; avendo come obiettivo chiaro sia l’aumento del
potere di mercato e di collusione che l’aumento dell’efficienza.
Ricordiamo la teoria a livello macroeconomico di Vernon (anni settanta)
impostata sul noto concetto del “ciclo di vita del prodotto”, individuando
un particolare meccanismo di crescita internazionale dell’impresa
innovatrice e una particolare direzione dei flussi di commercio
internazionale. L’idea di fondo è che esista una stretta relazione tra ciclo di
vita del prodotto, caratteristiche dei paesi e l’espansione internazionale
delle imprese. Oltre ai costi dei fattori, le forze localizzative potenti sono i
problemi di comunicazione col mercato e le economie esterne.
In sintesi, il modello propone una dinamica localizzativa articolata su tre
fasi:
12
1. ricerca ed introduzione dell’innovazione: produzione per il solo mercato
interno
2. sviluppo e maturità del prodotto: esportazione e/o IDE
3. standardizzazione e declino del prodotto: produzione nei paesi a basso
costo del lavoro
Tale teoria spiega però solo l’internazionalizzazione dei settori
manifatturieri e si fonda su una innovazione tecnologica che è generata in
un solo paese.
La capacità esplicativa del modello di Vernon si è logorata man mano che
la diffusione internazionale degli investimenti diretti esteri si è ampliata in
nuove direzioni ed ha coinvolto nuovi soggetti, con una forte
interdipendenza dei diversi processi di internazionalizzazione, sia nel
tempo che nello spazio.
Concludendo sia Hymer che Vernon trattano il fenomeno
dell’internazionalizzazione legato ad una scansione logica che inizia dal
vantaggio competitivo dell’impresa e si allarga con il suo sfruttamento con
un ingrandimento del potere di mercato dell’impresa.
Si deve invece a Williamson (1985), Caves (1982), Coase (1937) Teece
(1985), l’analisi a riguardo della teoria dei costi di transazione, misurando
le efficienze relative a diverse strutture di governo delle transazioni sulla
base dei costi di produzione e dei costi di transazione (ovvero i costi legati
alla ricerca del cliente, alla gestione delle negoziazioni, alle condizioni
contrattuali, alla funzione di monitoraggio, all’esecuzione dei contratti,
ecc.).
Le imprese vivono in un contesto ove fattori ambientali ed umani
ostacolano le relazioni di scambio; questi elementi possono lievitare fino a
rendere il mercato una struttura di governo delle transazioni inefficiente
rispetto a meccanismi non market che nella situazione estrema portano
alla completa internalizzazione gerarchica delle transazioni, con la nascita
di un’organizzazione (l’impresa multinazionale divisionale) che risulta
efficiente grazie alle sue capacità di coordinamento, controllo,