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IL MUSICAL
1.1 Definizione e struttura
Apparso per la prima volta sui copioni di un burlesque del 1874, intitolato Evangeline,
il termine "Musical" fu utilizzato per decenni in maniera impropria per designare le più
disparate forme di spettacolo cinematografico e teatrale.
Per riscontrare un uso corretto del sostantivo, occorre attendere il 1933, anno in cui fu
adoperato con riferimento al film 42nd Street. Nato in America in ambito teatrale verso
la fine del diciannovesimo secolo, il musical, infatti, si sviluppò nel secolo scorso
anche come genere cinematografico
1
.
A grandi linee, il musical costituisce una tipologia di spettacolo o di film in cui l’azione
è portata avanti sulla scena o sullo schermo da un uso congiunto ed armonizzato di
più tecniche espressive quali la recitazione, la musica, il canto e la danza.
A seconda del musical, si ha una maggiore o minore enfasi su una determinata qualità
artistica, con la conseguente creazione di effetti e combinazioni di volta in volta
differenti. Nel musical ogni occasione è buona per trasformare la scena in una festa e
rappresentare il mondo come un luogo stupendo, in cui le persone vivono felici e sono
sempre pronte a ballare e a cantare, ragion per cui, oltre alla bravura dei performers,
essenziali per la riuscita dello spettacolo sono anche le componenti visive, dalla
coreografia alla scenografia, dalle luci ai costumi.
1
Nei primissimi anni del musical cinematografico per designare il nuovo genere furono coniate anche espressioni come
all talking picture with music (slogan con cui la MGM lanciò nel 1929 The Broadway Melody) e all talking, all singing,
all dancing!
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La semplice presenza delle tre arti (recitazione, danza e canto), all’interno di una
rappresentazione o di un film non è sufficiente a fare di essi un musical.
«A fare un musical non bastano un paio di canzoni oppure due balli infilati in una
vicenda i cui protagonisti, a un certo punto, assistono a uno spettacolo in un night o in
un teatro. Per quanto prestigiosi possano essere, quei numeri se fanno
costituzionalmente corpo a sé, ossia non reagiscono con lo sviluppo narrativo e
psicologico del film, rimangono estranei anche alla dimensione autentica del
musical»
2
.
Vale a dire che, nel musical, è necessario che i vari numeri di canto e di danza non
siano, diversi dal contesto, la semplice occasione di una deliziosa esibizione, bensì siano
coerenti con lo sviluppo della vicenda e funzionali alla costruzione della trama e alla
comprensione psicologica dei personaggi. È importante, inoltre, che non vi sia uno
stacco al momento del numero ma che azione, dialogo e canzoni procedano con una
certa fluidità, nell’unico, gioioso e concluso in sé, numero, che è il musical.
Essendo l’esistenza di un solido intreccio narrativo uno dei connotati fondamentali del
musical, è possibile affermare che esso sia un genere di tipo narrativo.
Tale definizione consente di escludere da un’eventuale collocazione tra i musical tutti
quegli spettacoli o film nei quali i numeri musicali non si dispiegano secondo una logica
narrativa, ma ad esempio in ordine cronologico come avviene nei concerti rock e nelle
sue registrazioni (i film concerto). Le vicende rappresentate nei musical ruotano
prevalentemente attorno ai luoghi di origine, New York e Broadway, anche se un certo
fascino sui registi lo ha esercitato fin dall’esordio del genere anche Parigi. In ogni caso
l’ambientazione assume spesso connotazioni romantiche.
La sontuosità delle scenografie e l’artificiosità degli scenari contribuiscono a generare
atmosfere da sogno o da favola, e solo dagli anni cinquanta, si fa, invece, ricorso ad
ambienti più quotidiani e reali.
2
Cit. da Piero Pruzzo, Musical americano in cento film, Le Mani - Microart‟s Edizioni, Genova, 1995, p.10.
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1.2 Classificazione del musical
Il musical, si è detto, è un genere teatrale e cinematografico, una sua prima
classificazione può essere, dunque, effettuata su questo versante.
Un’altra distinzione si può operare considerando se il musical sia interamente cantato,
oppure includa, insieme alla musica, anche dialoghi parlati. Nel primo caso si parla più
precisamente di operatic o contemporary Musical.
Il termine "operistico" non si riferisce al genere musicale bensì alla struttura: la musica
è sempre presente e non esiste una netta distinzione tra le parti cantate e quelle parlate,
vale a dire che i dialoghi sono in forma di recitativo; il termine "contemporaneo" si
riferisce, invece, al fatto che tale tipologia di musical si sia sviluppato piuttosto
recentemente, ovvero negli ultimi decenni del secolo scorso. Si possono definire
operatic musical: Jesus Christ Superstar (1970), Les Misérables (1980), The Phantom of
the Opera (1986), Sunset Boulevard (1993), etc.
Figura 1 The Phantom of the Opera (versione cinematografica, 2004)
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Secondo la preminenza di un’arte piuttosto che l’altra, all’interno del genere, è possibile,
poi, distinguere tra il Singing musical e il Dance Musical, in cui il ballo diventa,
appunto, elemento narrativo imprescindibile, e in cui notevole rilievo è dato alle
magniloquenti coreografie (es. Cats, 1981).
Con riferimento alle tematiche, invece, si differenziano tre sottogeneri principali: lo
Show Musical, il Fairy Tale e il Folk Musical.
Lo Show o Backstage Musical è senz’altro la tipologia più conosciuta e la più diffusa
in ambito cinematografico
3
. Come si può facilmente evincere dalla stessa terminologia,
esso incentra la sua trama sulla realizzazione di uno spettacolo
4
.
Ambientando, solitamente, le sue vicende tra le quinte e il palcoscenico di un teatro (nel
caso del backstage musical teatrale si ha, dunque, una situazione di "teatro nel teatro"),
il backstage musical attribuisce notevole importanza alla preparazione dello show e non
allo show in sé, ovvero al prodotto finito. Nel backstage musical il mondo è diviso tra
realtà esterna e palcoscenico, luogo di arte e inganno; a metà strada tra i due si collocano
il backstage, i camerini e le sale prove.
È qui che s’incontrano i problemi della vita e quelli dell’arte, dove avvengono le
trasformazioni: l’attore diviene personaggio, le azioni gesti, la vita reale arte.
3
Il backstage musical fu la tipologia alla quale si ricorse maggiormente in ambito cinematografico in quanto,
inglobando nella sua trama, con la minima giustificazione, molti numeri musicali, esso costituiva il mezzo più efficace
ed ideale attraverso cui il cinema da poco sonoro poté esibire le sue potenzialità.
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Tuttavia, raramente, esso mostra l’effettivo lavoro di produzione che sta dietro, necessario realmente alla
realizzazione di uno show: quando il gruppo di adolescenti si ritrova per mettere su lo spettacolo, scene, luci, è già tutto
bello e pronto, a loro completa e gratuita disposizione. L’attenzione, dunque, nel backstage musical, è totalmente
rivolta ai performer, ai loro sacrifici e al duro lavoro, reso ancoro più arduo a causa dei contrattempi che bersagliano il
varo dello spettacolo.
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Tra i due regni diametralmente opposti è stabilita, cosi, una continuità; è nel suo porsi
come finestra su realtà nascoste, soddisfacendo quel naturale desiderio umano di
guardare oltre il velo, il backstage musical ripone la sua forza.
Lo spettatore ha, infatti, come la sensazione di riuscire a spiare nel retroscena dritto fino
alle vite private degli attori e ai segreti della produzione. Sebbene i primi show musical
presentino sviluppi talvolta drammatici, dal 1933, il sottogenere fu sfruttato soprattutto
in chiave ottimista. Il primo show musical di successo fu Broadway melody (1929), ma
modello e simbolo indiscusso di tutti i film imperniati sul mondo dello spettacolo è
42nd Street (1933).
Esso «mette in scena le avventure di giovani talentuosi, che grazie al canto e al ballo
ottengono il trionfo della loro arte, ma anche dei loro sentimenti»
5
.
In realtà quanto espresso può essere applicato a tutto il sottogenere del backstage
musical, in cui altrettanta importanza è data alla formazione della coppia amorosa.
Non a caso i due cliché fondamentali attorno al quale ruota lo show musical sono: "boy
meets girl" e " the show must go on". Nel primo paragrafo, si è detto, che nel genere del
musical la formazione e il successo della coppia sono vincolati a quello della vicenda.
Più che in qualsiasi altro sottogenere, ciò è vero nel backstage musical, dove si assiste
ad un rapporto di reciproca causalità tra show e amore: la coppia, unita dalla professione
comune, si forma sulla scena, e al tempo stesso sono i suoi sforzi a condurre lo
spettacolo al successo. Generalmente, il backstage musical termina con un elogio
all’intrattenimento come in The band wagon (1953) che chiude con il brano That's
entertainment!.
5
Gabriele Lucci, (a cura di, collana I Dizionari del Cinema), Musical, Electa/Accademia dell’Immagine, Milano, 2006, p. 36.
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Il Fairy Tale Musical, derivato dalla lunga tradizione dell’operetta sviluppatesi in
Europa e in America nel corso del XIX secolo, ambienta le sue vicende in mondi onirici e
regni immaginari, proiettando, così, lo spettatore in una dimensione di fiaba.
In ambito cinematografico, senz’ombra di dubbio, prototipo del sottogenere è The Wizard
of Oz (1939), film che vede come interprete la giovane Judy Garland e che rientra nel
filone di musical interpretati da piccoli attori
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ed indirizzati ad un pubblico giovanile.
Mentre tra i musical teatrali appartenenti al sottogenere degno di nota è Wicked
(2003), tratto anch’esso, come Il mago di Oz, dal romanzo di L. Frank Baum.
Figura 2 - Judy Garland ed i suoi fantastici compagni d'avventura in
The Wizard of Oz (1939)
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Altre bambine prodigio protagoniste di musical negli anni trenta furono Shirley Temple e Deanna Durbin.
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Nel sottogenere del folk musical - di cui costituiscono degli ottimi esempi Seven Brides
for Seven Brothers (1954) e The Sound of Music (1965) - si possono identificare due
diverse tendenze: l’una tipica degli anni trenta, in cui la generale propensione del genere a
glorificare il passato raggiunge, attraverso il ricorso della memoria
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, il suo apice; l’altra,
negli anni sessanta e settanta, che insiste sugli aspetti reali della vita americana con
connotazioni di tipo sociale. In entrambi i casi il folk musical è, solitamente, ambientato
in piccoli quartieri cittadini o rurali, e da spazio alla rappresentazione di vicende corali.
Di tutte le caratteristiche del folk musical, quella che maggiormente lo diversifica dagli
altri sottogeneri è l’enfasi posta sulla famiglia
8
, che ha la particolarità di essere multi -
generazionale (talvolta comprendente addirittura ben quattro generazioni).
La presenza delle generazioni più adulte, nel folk musical, ha lo scopo di rassicurare lo
spettatore circa l’abilità delle giovani coppie a rimanere sensibili all’amore anche dopo
la cessazione degli effetti del corteggiamento.
Così come nello show musical, la creazione e il successo della coppia amorosa dipendono
da e determinano il successo dello show, anche nel folk musical la sua costituzione è
parallela e simultanea alla formazione della comunità: la coppia sorge in un contesto
familiare (i membri appartengono alla stessa parentela o al più sono del vicinato) e la sua
unione sconfigge la separazione di due gruppi opposti della comunità che viene così
unificata. A differenza del backstage musical, il folk musical attribuisce una diversa
funzione a musica, canto e danza, che, non più intesi come esibizione e privilegio di una
classe artistica, divengono bisogno e espressione naturali della gioia di vivere, nonché
prolungamenti - sostituzioni di realtà.
Musicisti, cantanti e ballerini professionisti raramente appaiono nel folk musical, dove,
invece, tutti, dal più piccolo al più grande, suonano, cantano e ballano, essendo la
musica parte integrante del ciclo vitale come il mangiare e il dormire.
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La memoria, però, non sempre porta con sé ricordi felici; talvolta può ricondurre alla luce esperienze spiacevoli
volutamente dimenticate (folk musical dai toni drammatici).
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Nello show musical e nel fairy tale le generazioni più adulte non si elevano mai a protagonisti ma costituiscono
sempre personaggi di rango inferiore, spesso rappresentanti una potenziale minaccia alla realizzazione dello spettacolo
o all’unione della coppia. Raramente si riscontra, dunque, in questi due sottogeneri l'idea della famiglia unita; laddove
essi prestino la loro attenzione alle relazioni di tipo familiare vi è certamente una commistione con il folk musical.
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Nel folk musical ogni luogo può assurgere a palcoscenico: la musica scaturisce dalla
natura e dalla vita quotidiana, che con i suoi rumori ne scandisce il ritmo, mentre il folk
dance, lontano dal tradizionale ballo di coppia, diventa una danza di gruppo vincolata a
specifici momenti della vita comunitaria.
Se il musical, come genere, cerca di soddisfare il desiderio dello spettatore di fuggire
dalla monotonia e dal grigiore dell’esistenza quotidiana, ciascun suo sottogenere
appaga tale bisogno di evasione in modo diverso ed avvalendosi di espedienti
differenti: lo show musical coinvolge lo spettatore nella creazione di un spettacolo che è
al contempo reale (lo show, con i suoi attori e materiale di scena, esiste realmente) ed
irreale (tutti gli elementi dello show rappresentano qualcosa che, in realtà, non sono);
il fairy tale crea, per mezzo di visioni oniriche, un modo illusorio; il folk musical,
affidandosi della memoria, proietta lo spettatore in una mitizzata visione del passato.
In parole brevi, i tre sottogeneri soddisfano il desiderio dello spettatore di trovarsi in un
altro corpo (show musical), in altro luogo (fairy tale musical), in un altro tempo (folk
musical)
9
.
La necessità del genere a rinnovarsi continuamente e di trovare sempre nuovi e diversi
poli tematici ha, in realtà, determinato l’insorgenza di tutta una serie di ulteriori, e meno
importanti, sottocategorie o filoni: dal filone acquatico, che vede protagonista
soprattutto la diva dei tuffi e campionessa del nuoto, Esther Williams (es. Bathing
beauty, 1944, Million Dollar Mermaid, 1952), a quello circense, contenente per l’appunto
numeri da circo (es. Billy Rose's Jumbo, 1962), dal musical psicologico, sorto tra la fine
degli anni trenta e l’inizio dei quaranta ed in cui compare il tema della psicanalisi (es.
Carefree, 1938, Lady in the Dark, 1944), a quello incentrato sulla figura della
stravagante e sgargiante portoghese Carmen Miranda (es. Down Argentine Way
1940, That Night in Rio, 1941, Week-End in Havana, 1941), dal filone fondato sul tema
della trasgressione (tematica presente soprattutto in The Rocky horror picture show di
cui esiste sia una versione teatrale del 1973, sia quella cinematografica del 1975), a
quello sulla ribellione giovanile di cui è prototipo indiscusso Hair (1967), ma al quale
appartengono anche quei film in cui assurge a protagonista il mitico Elvis Presley
10
,
9
Cfr. Rick Altman, The American Film Musical, Indiana University Press, Bloomington, 1987, p.127, p.272.
10
In realtà, il problema è qui più controverso di quel che sembra. L’opinione non è, infatti, unanime nell’annoverare i
film del re del rock and roll nel genere del musical cinematografico.
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dal jukebox musical, che nel narrare le proprie vicende prende a prestito brani di
artisti o gruppi musicali famosi (tale è il caso di Mamma Mia!, musical teatrale, 1999, e
cinematografico, 2008, basato sulle canzoni degli ABBA, o del musical teatrale WWRY,
abbreviazione di We will rock you, 2002, fondato sulla musica dei Queen), a quelli che
fanno ricorso alla musica classica, introdotta per la prima volta nel musical da Joe
Pasternak (es. A song to remember, 1945, Song of love, 1947, Song of my heart,
1950),e che rientrano quasi tutti a loro volta in un altro filone, quello del musical
biografico
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, noto anche come biopic e che narra le vicende, dagli inizi della carriera
fino all’agognato successo, di personaggi del teatro e del mondo della musica
12
.
Degni di nota sono ancora gli All-Black Musical e quelli a sfondo religioso.
Gli All-Black musical, come suggerisce la parola stessa, sono musical teatrali o
cinematografici il cui cast è interamente formato da neri. Nella sua variante teatrale, pur
presentando affinità col Musical dei bianchi, esso ha sempre conservato una propria
autonomia ed indipendenza rispetto al mondo di Broadway, essendo rappresentato nei
teatri di Harlem, il ghetto nero di New York.
In ambito cinematografico il primo Musical con soli attori neri fu Green Pastures
(1936). Al 1943 risalgono altri due all-black musical di grande rilievo: Cabin in the sky
e Stormy Weather, quest’ultimo incentrato sulla vita di Bill Bojangles Robinson,
ballerino nero di tip tap dotato di un talento tale da rivaleggiare per anni con Fred
Astaire. Innumerevoli anche i biopics omaggi alla musica nera, ad esempio
dell’incontrastato re del jazz, Louis Armstrong, o del compositore di jazz di colore,
Duke Ellington. Ma capolavoro del sottogenere rimane senz’altro Porgy and Bess, in
cui George Gershwin espresse tutto il dolore che il mondo afroamericano provò a
causa dei bianchi.
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Ben altra cosa sono invece, le biografie con musiche come The Rose (1979, dedicato alla drammatica esistenza della
cantante Janis Joplin), che nulla hanno a che spartire con il musical se non la mera presenza di musica.
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Salvo rare eccezioni, tra cui The Story of Vernon and Irene Castle, 1939, i biopic non prestano molta attenzione alla
vita di ballerini, preferendo, invece, quelle di cantanti e attori, la cui carriera fornisce facilmente l’occasione ed il
pretesto per inserire i numeri musicali. Nato negli anni trenta, è soprattutto nei quaranta e cinquanta che si registra
un’abbondante produzione di biopic: The Great Ziegfeld, 1936, The Benny Goodman Story, 1955, Love Me or Leave
Me, 1955, The Gene Krupa Story, 1959, The Five Pennies, 1959, Funny Girl, 1968, etc.